Segnali negativi per le centrali a carbone europee
Il valore delle prime cinque compagnie elettriche europee, E.ON, RWE, GDF Suez, EDF ed Enel, è crollato di 100 miliardi di euro tra il 2008 e il 2013, pari a circa il 37% delle loro azioni. Secondo il rapporto di Carbon Tracker Initiative una delle cause di questa perdita economica è legata alla crescita dei loro investimenti in centrali a carbone.
Il valore delle prime cinque compagnie elettriche europee, E.ON, RWE, GDF Suez, EDF ed Enel, è crollato di 100 miliardi di euro tra il 2008 e il 2013, pari a circa il 37% delle loro azioni (il mercato azionario in Germania è cresciuto invece del 18%). Una della ragioni, secondo il rapporto di Carbon Tracker Initiative (vedi allegato in basso), è dovuta agli investimenti di questi anni in centrali a carbone che hanno causato molte perdite economiche.
Calo della domanda elettrica (-3,3%) e legislazione a favore delle fonti rinnovabili (nuova potenza da rinnovabili dal 2000 al 2013 pari a 203 GW) hanno portato in Europa, nel periodo considerato, ad una diminuzione dell’uso del carbone del 4,2%. Al contempo, invece, le cinque grandi utility (60% dell’offerta elettrica europea) hanno aumentato la loro quota complessiva di questa fonte di circa il 9%.
Valore del mercato azionario delle 5 compagnie elettriche (fonte: Bloomberg LP data)
Il rapporto, dal titolo “Coal: Caught in the EU Utility Death Spiral” (33 pp.), spiega come nonostante fossero in programmazione più di 100 centrali termoelettriche a carbone, ne siano state realizzate solo 19. E, viste le dismissioni, la potenza di elettricità da carbone in Europa è calata di 19 GW.
Generazione da carbone (in GWh), lignite inclusa, dal 2008 al 2013 delle 5 compagnie (fonte: Bloomberg LP data)
Tra le 5 aziende elettriche, Enel ha retto al calo del mercato separando nel 2008 le attività nelle energie fossili da quelle nelle rinnovabili, la cui quota aziendale è aumentata dal 4 al 12% (vedi anche il suo attuale piano di dismissioni di centrali obsolete). Nel 2014 anche E.On ha seguito questa strategia. RWE, che offre più della metà della sua generazione elettrica con il carbone, si è mossa in direzione opposta e risulta essere quella con la peggiore performance relativamente al suo valore azionario.
Insomma, queste compagnie sembrano essere state sorprese dal calo della domanda e dall’ impetuosa crescita delle rinnovabili elettriche, quest’ultima però ben delineata dai target europei al 2020 che certo non potevano essere trascurati. Un po’ quello che è accaduto anche in Italia con la corsa ai cicli combinati a gas, che oggi lavorano in media meno di 2000 ore all’anno, contro le oltre 4mila ore previste dai business plan. Un vero fallimento del mercato.
Tornando al carbone europeo, vanno analizzati alcuni fattori che rendono le prospettive per questo settore non certamente luminose: gli obiettivi UE al 2030, una domanda che potrebbe mantenersi pressoché stabile e le prossime riforme sui limiti alle emissioni e per il prezzo della CO2 che, anche fossero moderate, lascerebbero intravedere un futuro grigio per questa fonte.
Il rapporto di Carbon Tracker Initiative avverte che proseguire in investimenti basandosi sull’ immutabilità del mix energetico può comportare ulteriori rischi economici per le aziende del settore. Per RWE e soprattutto per E.On i dati di bilancio sono stati molto negativi anche nel 2014.
Due sono le raccomandazioni indicate nello studio: gli azionisti di queste società dovrebbero opporsi a nuove centrali alimentate a carbone e le utility devonomutare il loro modelli di business adeguandoli alle differenti condizioni del mercato e del contesto energetico e climatico.
Report 'Coal: Caught in the EU Utility Death Spiral' (pdf)
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