Esposizione ai campi elettromagnetici e 5G: intervista al dottor Agostino Di Ciaula
Agostino Di Ciaula, medico ambientale ISDE, ci racconta quali sono i possibili effetti dei campi elettromagnetici sull’organismo umano e in che modo l’imminente introduzione del 5G potrebbe rappresentare un potenziale rischio se non affiancata a un controllo parallelo della salute dei cittadini.
Qual è il problema nel riconoscimento e nello studio dell’ipersensibilità ai campi elettromagnetici?
La questione dell’ipersensibilità all’elettromagnetismo è ancora fortemente in discussione nel mondo scientifico. Si tratta di una sindrome che alcuni riconoscono ma dal punto di vista di validazione scientifica le evidenze non sono proprio concordi. Ci sono molti fattori confondenti, almeno negli studi che sono stati fatti fino ad ora, che hanno lasciato margine a diversi dubbi. Dubbi che riguardano non tanto l’esistenza di questo tipo di disturbi, che è fuori discussione sia per l’esistenza di tratti clinici comuni tra tutti i pazienti che per il comune riferimento all’esposizione con l’elettromagnetismo, quanto i reali rapporti fisiopatologici ed epidemiologici tra i disturbiriferiti e l’esposizione a campi elettromagnetici. In sostanza, non viene messa in discussione la presenza dei disturbi ma il meccanismo fisiopatologico che li genererebbe. Da questo punto di vista la letteratura scientifica, anche in termini epidemiologici, non è ancora solida.
Ma ci sono effetti scientificamente riconosciuti dell’elettromagnetismo sul corpo umano?
Indipendentemente dalla sindrome da ipersensibilità all’elettromagnetismo, ci sono numerose altre conseguenze biologiche e fisiopatologiche ben documentate, soprattutto in persone particolarmente vulnerabili come i bambini. Ci sono effetti biologici dell’esposizione a elettromagnetismo ben riconosciuti, studiati e codificati, come ad esempio lo stress ossidativo cellulare, un meccanismo fisiopatologico alla base di numerose malattie croniche e anche del cancro, danni al DNA, alterazioni della fertilità, conseguenze neurologiche, alterazioni comportamentali, del neuro-sviluppo e addirittura metaboliche. Risultati derivanti da recenti studi animali hanno inoltre rafforzato le evidenze epidemiologiche disponibili che descrivono un possibile rapporto causale tra l’esposizione ad elettromagnetismo e insorgenza di cancro. E le evidenze che abbiamo a disposizione ci dicono che conseguenze sanitarie possono insorgere anche per esposizioni notevolmente inferiori ai limiti di legge, che non si basano sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici ma, semplicemente, sugli effetti acuti di tipo fisico. Ci sono numerosi studi scientifici che documentano evidenze di rischio per esposizioni centinaia di volte inferiori a quelle imposte dalla legge.
Quindi, dal momento in cui c’è un numero così alto di effetti biologici verificati, non sarebbe possibile ricondurre tutto sotto un’unica patologia?
Assolutamente no. Il livello di esposizione individuale, i fattori di predisposizione individuale, l’esposizione concomitante ad altri agenti inquinanti e numerose altre variabili modulano l’insorgenza delle possibili conseguenze in termini di rischio e di danno sanitario. È necessario, riflettendo sulle relazioni tra salute e inquinamento ambientale, abbandonare la vecchia logica che valutava le conseguenze delle esposizioni ad ogni singolo inquinante, perché sappiamo che non siamo esposti in camere stagne a singoli elementi ma viviamo tutta la nostra vita, dal concepimento alla morte, immersi in una miscela di inquinanti biologici, chimici e fisici che interagiscono tra di loro, interagiscono con i nostri meccanismi biologici e con le nostre condizioni socio-economiche. Questo, in sintesi, è il concetto di “esposoma”, sul quale si stanno concentrando le più recenti valutazioni scientifiche. Gli effetti che documentiamo in clinica sono sempre la risultante di più esposizioni e dell’interazione tra queste e numerose altre variabili. Conclusione univoca è la necessità di ridurre l’esposizione alle cause ambientali note di danno sanitario, promuovendo strategie di prevenzione primaria.
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