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01 ottobre 2019

CARBONE ARDENTE

Tratto da Il Manifesto

A Vado Ligure mortalità in eccesso. E la Tirreno Power è alla sbarra

La ricercaMalattie cardiocircolatorie e tumori ai polmoni. Indagine su 427 morti sospette .Luca Manes 
Liliana Cori ed Elisa Bustaffa sono due ricercatrici dell’Unità di ricerca epidemiologia ambientale dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche- (Ifc-Cnr) di Pisa, co-autrici dello studio sugli impatti sanitari causati dall’impianto a carbone di Vado Ligure, in provincia di Savona. L’impianto di produzione di energia elettrica gestito dalla Tirreno Power, è stato attivo dal 1970 al 2014, quando le autorità giudiziarie lo hanno posto sotto sequestro proprio perché pericoloso per la salute delle persone. «Nel gennaio 2015 abbiamo iniziato lo studio di coorte residenziale, su richiesta dell’Osservatorio Regionale Salute e ambiente della Regione Liguria all’Istituto Tumori di Genova e a Ifc-CNnr. Pensiamo che la spinta dei due Comuni di Vado Ligure e Quiliano, oltre che dei comitati locali come Uniti per la Salute, abbia avuto un ruolo significativo in questa scelta».
I due comuni, e anche gli altri 10 limitrofi coinvolti, hanno collaborato fattivamente allo studio, basato sulla certosina raccolta e analisi dei dati sanitari e ambientali relativi alle oltre 140 mila persone residenti nelle 12 municipalità presenti nell’area interessata dalle emissioni della centrale. Il tutto per un periodo di tempo che va dal 2001 al 2013.


Il principale dato aggregato è da far tremare le vene dei polsi: nelle aree a maggiore esposizione a inquinanti sono stati riscontrati eccessi di mortalità per tutte le cause superiori al 49%. In particolare si sono registrati incrementi dei decessi per malattie del sistema circolatorio (uomini +41%, donne +59%), dell’apparato respiratorio (uomini +90%, donne +62%), del sistema nervoso e degli organi di senso (uomini +34%, donne +38%) e per tumori del polmone tra gli uomini (+59%).
Il lavoro di ricerca è durato due anni. «Nel 2017 abbiamo consegnato i risultati preliminari dello studio alla regione Liguria, e nel febbraio 2018 un approfondimento richiesto dallo stesso Osservatorio regionale», ci spiegano le due ricercatrici. Dopo il sequestro della centrale, le indagini sono proseguite. Nel dicembre dello scorso anno, a Savona, ha avuto inizio il processo che vede alla sbarra 26 manager della Tirreno Power con l’accusa di disastro sanitario e ambientale colposo, e probabilmente anche i dati raccolti da Cnr e Istituto Tumori vengono presi in considerazione. La procura ha indagato su 427 morti definite «anomale» tra il 2000 e il 2007 per malattie respiratorie e cardiovascolari.


La rilevanza e l’importanza dei dati raccolti dal Cnr ha avuto una eco nazionale nelle ultime settimane, grazie alla pubblicazione dello studio sulla rivista Science of the Total Environment.


I numeri e le conclusioni del rapporto non sono piaciuti alla Tirreno Power, che ha parlato di «dati vecchi» e di «eventi avversi teorici». «Questa risposta dell’azienda ci ha dato fastidio, perché noi abbiamo preso in considerazione persone che si sono ammalate e altre che sono purtroppo decedute, quindi nello studio si faceva riferimento ad accadimenti drammaticamente reali, non a previsioni», ribadisce la Cori.


Risultati simili sono stati riscontrati dagli esperti del Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario del Lazio per quel che riguarda una delle grandi centrali a carbone italiane ancora in attività, quella di Civitavecchia, mentre per l’impianto di Brindisi è stato condotto uno studio che però non è ancora pubblico. Entrambi gli impianti sono gestiti dall’Enel. Per le ricercatrici del Cnr è indispensabile chiudere al più presto tutte le centrali italiane alimentate a carbone, quindi anche prima delle scadenza del 2025 paventata dal governo senza dimenticare quindi le altre sei più piccole (La Spezia, Brescia, Portoscuso e Fiumesanto in Sardegna, Fusina e Monfalcone nel Nord-Est) «perché in base a questi studi sappiamo quanto costerà in termini di vite umane e quanto peserà sul sistema sanitario nazionale continuare a bruciare carbone».


Le due ricercatrici auspicano quindi una significativa accelerazione nel processo di decarbonizzazione, che porti a investire su fonti rinnovabili su piccola scala e ben distribuite sui territori.


«A livello internazionale abbiamo la possibilità di intraprendere azioni di concerto per ridurre o eliminare i combustibili fossili per affrontare l’attuale emergenza climatica, mentre in Italia il nuovo governo ha fatto affermazioni che sembrano prefigurare uno scenario positivo e dispone di competenze adeguate per affrontare i problemi. Ora però deve agire concretamente».



 Immagini tratte dall’ inserto de Il Manifesto oggi in edicola
LA RICERCA DEL CNR
A Vado Ligure mortalita’ in eccesso 
più tumori e malattie cardiache 
 di LUCA MANES 




                        CARBONE ARDENTE 
Le centrali a carbone sono tra i grandi imputati del riscaldamento globale e ogni anno provocano decine di migliaia di morti premature





02 agosto 2018

Uniti per la Salute - Comunicato :Stupore e sconcerto.

STUPORE E SCONCERTO

Stupore e sconcerto. Sono queste le parole che ci vengono in mente leggendo le notizie apparse su alcuni media locali circa l’Osservatorio regionale salute e ambiente: è stato o no lo stesso Osservatorio a commissionare lo studio retrospettivo di coorte residenziale al CNR di Pisa? 
Le preoccupanti conclusioni di quello studio sono evidenti e sotto gli occhi di ogni cittadino (si parla tra l'altro di significativi eccessi di mortalità -riportiamo  sotto le conclusioni). 
Ricordiamo che si tratta di uno studio durato anni prodotto dal massimo organismo di ricerca italiano e basato sulle mappe di diffusione fornite da ARPA Liguria e utilizzando l’ospedalizzazione da fonte Schede di Dimissione ospedaliera e la mortalità da fonte registro regionale.
Ci domandiamo perché l’Osservatorio della Regione Liguria, dopo aver commissionato questo impegnativo studio al Consiglio Nazionale delle Ricerche, (che ripetiamo essere il massimo organo di ricerca italiano) abbia ritenuto di doverlo sottoporre ad una ulteriore verifica di scientificità.
E ci domandiamo anche perché quel documento sia stato reso pubblico dalla Regione solo dopo mesi di richieste in tal senso.
A questo proposito riteniamo sarebbe utile render pubblico il criterio di scelta e le competenze specifiche dei componenti di questo comitato chiamati a giudicare il lavoro del Cnr e anche sapere se a questi componenti sia stata richiesta una dichiarazione circa l'assenza di situazioni di conflitto di interesse.
Al di là di ogni altra valutazione e interrogativo, comunichiamo che recentemente questo lavoro del CNR di Pisa è stato vagliato dalla comunità scientifica internazionale che lo ha quindi accettato affinché ne sia presentato un estratto al congresso di livello mondiale di epidemiologia ambientale di Ottawa (Canada) ISES-ISEE 2018 Joint Annual Meeting.
Riteniamo debba essere sottolineata la valenza della valutazione scientifica di un tale livello internazionale che ci pare difficilmente contestabile

UPLS ONLUS

Leggi su IVG 

Tirreno Power, è “guerra” sui risultati degli studi scientifici, Uniti per la Salute: “Valenza del lavoro del CNR non è in discussione”

L'accusa: "Le preoccupanti conclusioni di quello studio sono evidenti e sotto gli occhi di ogni cittadino. La comunità scientifica internazionale lo ha approvato"Leggi tutto 



Lo Studio dell' ISTITUTO DI FISIOLOGIA CLINICA del   CNR 
e'   pubblicato al link  AMBIENTE IN LIGURIA   
Sotto le conclusioni  





02 febbraio 2016

SMOG, la pediatra Marinella Lavelli : “A rischio la salute dei bambini”

Tratto da meteoweb.eu

Smog, la pediatra: “a rischio la salute dei bambini”

L’emergenza smog nelle città diventa sempre più allarmante e a pagarne le conseguenze sono soprattutto i soggetti più deboli , tra cui i bambini. Come spiegato dalla dott.ssa Marinella Lavelli, pediatra del Centro Medico Santagostino di Milano Sono molti gli studi che documentano la relazione tra l’aumentata prevalenza di alcune malattie respiratorie e la qualità dell’aria” .
Un recentissimo studio italiano, coordinato dal Cnr di Pisa ha evidenziato negli ultimi trent’anni un notevole aumento della prevalenza di rinite allergica, asma e broncopneumopatia cronica nonostante le misure adottate in questo periodo per limitare i danni da inquinamento atmosferico“, ha sottolineato la dottoressa.
smog bambini. 2Uno studio del novembre 2015 su 4.880 bambini delle scuole di Londra”, ha proseguito Lavelli, ha indagato l’effetto dell’esposizione a lungo termine all’inquinamento ambientale sulla funzionalità respiratoria. Dai dati riscontrati, emerge una relazione lineare fra livelli di biossido di azoto – indicativo anche per le polveri sottili – e riduzione dei parametri di funzionalità respiratoria. Dall’analisi mediante modelli matematici gli autori hanno quantificato l’aumento di prevalenza di bambini con funzione polmonare alterata in relazione agli aumenti di concentrazione di biossido d’azoto, e hanno così stabilito che l’inquinamento dell’aria è un fattore di rischio certo per asma. Anche nei bambini senza diagnosi d’asma l’esposizione a lungo termine agli inquinanti causa uno sviluppo polmonare inferiore a quello che ci si potrebbe aspettare. Anche se non possiamo ancora esserne sicuri, è probabile che la loro capacità polmonare al raggiungimento dell’età adulta sarà ridotta e che il loro apparato respiratorio sarà più fragile“......
“Da tutto ciò si evince che non solo si può fare qualcosa per limitare i danni alla salute, ma che è necessario farlo abbastanza rapidamente, per non compromettere la salute degli adulti di domani”, ha concluso, “Gli investimenti sul miglioramento della qualità dell’aria saranno compensati da minore spesa sanitaria“.
Continua a leggere  su  meteoweb.eu 

18 aprile 2010

2010/04/18 Picchi di inquinamento? Più morti e più ricoveri

Tratto da Noalcarbone Brindisi

Picchi di inquinamento? Più morti e più ricoveri

Lo evidenzia uno studio condotto da Asl, Cnr e Università di Pisa
di Valeria Cordella Arcangeli (La Gazzetta del Mezzogiorno 17/04/10)

Più morti e più ricoveri quando l’inquinamento atmosferico, nel capoluogo e nel resto della provincia, sfiora picchi da allarme. Lo afferma uno studio che stima l’impatto degli inquinanti urbani sulla mortalità e sui ricoveri ospedalieri per determinate patologie dei cittadini residenti nella città diBrindisi, nel periodo 2003 - 2006. Che conferma la relazione causa-effetto tra la concentrazione di inquinanti, ricoveri per cause respiratorie e decessi. Sono gli anziani e le persone con situazioni cardiovascolari e respiratorie compromesse a finire in ospedale e a rimetterci la vita. Gli esiti della ricerca permettono di quantificare e orientare gli interventi di sanità pubblica. L’indagine rientra in un filone internazionale ed è stata commissionata, alla fine del mandato, dall’ex presidente della Provincia Michele Errico che dell’Ambiente aveva fatto uno dei punti cardine del suo pro gramma. La ricerca è stata condotta dall’Istituto di fisiologia clinica, Cnr di Lecce, dall’istituto di scienze dell’atmosfera e del clima, Cnr di Bologna e di Lecce, dal Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, unitamente all’Unità operativa di Radioterapia, Asl Brindisi (vi hanno collaborato Maria Serinelli, Emilio Antonio Luca Gianicolo, Marco Cervino, Cristina Mangia, Maurizio Portaluri e Maria Angela Vigotti). Ormai alle battute finali sarà stampata a giorni. È il primo studio che si basa sull’acquisizione e l’analisi congiunta di dati sanitari e ambientali finalizzate a valutare, attraverso un disegno analitico, gli effetti acuti dell’inquinamento atmosferico. L’indicazione che ne scaturisce è inquientante. Si descrive, infatti, una situazione giornaliera di rischio dovuta all’inquinamento dell’aria per la quale. secondo gli studiosi, sarebbe opportuno prendere misure cautelative. Non è certo la prima volta che a Brindisi vengono condotte indagini epidemiologiche descrittivi che hanno rilevato eccessi di mortalità. «Potenzialmente attribuibili all’esposizione ambientale e occupazionale», si legge nello studio. Ma è certamente il primo studio che si fonda sull’ac quisizione e l’analisi congiunta di dati sanitari e ambientali finalizzata a valutare, attraverso un disegno analitico, gli effetti acuti dell’inquinamento atmosferico.
IL METODO DI RICERCA - «L’associazione tra le due serie temporali di dati giornalieri di mortalità (2003 - 2005) e di ricovero ospedaliero (2003 - 2006) e la serie delle concentrazioni giornaliere degli inquinanti è stata analizzata mediante il metodo “case- crossover” (si tratta di un disegno particolare caso-controllo, in cui ogni soggetto deceduto (caso) è “matchato” con se stesso, dove i controlli sono giorni in cui l’evento di interesse non si è verificato) e il modello di regressione logistica condizionata» si legge nella relazione. Come variabili sono state considerate: la temperatura media, l’umidità relativa, l’epidemie influenzali, il decremento estivo della popolazione residente e le festività. L’analisi è stata condotta adattando modelli specifici per causa di decesso o di ricovero, genere, età e stagione.
DATI DI PARTENZA- Sono stati presi in considerazione i dati di mortalità relativi alle cause di morte non accidentali, per cause cardiovascolari e per cause respiratorie. Oltre che i dati relativi ai ricoveri ospedalieri non programmati, per cause cardiache, cerebrovascolari e respiratorie.
INQUINANTI - Come variabili di esposizione sono state considerate le concentrazioni dell’inquinante nel giorno stesso e fino a cinque giorni precedenti il decesso o il ricovero.
I RISULTATI - Incrementi della concentrazione di Pm10 (particolato) risultano associati ad incrementi percentuali del rischio di morte sia per le cause naturali che per le patologie cardiovascolari. Gli effetti sono immediati. Se si considerano i ricoveri ospedalieri gli effetti sono statisticamente significativi per le malattie cerebrovascolari tra le donne e gli anziani, considerando la concentrazione media di inquinanti fino a tre giorni precedenti il ricovero.
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Tratto da Unonotizie
PIACENZA / 17-04-2010

L'INCENERITORE DI PIACENZA E' FUORILEGGE / doveva bruciare rifiuti solidi. Ma servizio TG1 racconta di fanghi ricchi di idrocarburi

Ultime notizie Piacenza, gestioni rifiuti -Chissà se si sentiva, l'odore di petrolio, durante la recentissima visita all'impianto di incenerimento di rifiuti di Piacenza, che una tv locale di Parma ha effettuato per dare lustro all'impianto. Probabilmente nessuno se ne è accorto, una dimostrazione del fatto che questi impianti possono nascondere tutto e far sparire tutto ciò che c'è di scomodo da non far vedere.
Fatto sta che addirittura il Tg1 di giovedì 15 aprile ci racconta la nuova miscela che alla Tecnoborgo (Enìa) hanno pensato di utilizzare come carburante per l'inceneritore.
C'è da rimanere increduli: il servizio titolava "Dalla disgrazia del Lambro un opportunità". Bruciare nell'inceneritore di Piacenza 600 tonnellate di rifiuti provenienti dalla barriera di Isola Serafini (Pc), "imbevuti di petrolio ed olii combustibili" (rifiuti speciali potenzialmente pericolosi).
Peccato che non sia possibile a Piacenza, visto che l'inceneritore è autorizzato per soli rifiuti solidi urbani. Nel servizio si vedeva un camion che sversava nella fossa dell'inceneritore fanghi rossastri tipici da fondami di raffineria, provenienti dalla captazione presso la centrale di Isola Serafini (Piacenza). Rifiuti che, provenendo da una raffineria sono considerati rifiuti speciali potenzialmente pericolosi, che per la legge non possono essere mescolati a rifiuti urbani o ancora peggio bruciati in un inceneritore per rifiuti urbani, quale è quello gestito dalla società Tecnoborgo Spa in capo ad Enia.
La notizia sta cominciando a girare: “Fanghi ricchi di idrocarburi bruciati a Piacenza”. Non sono certo rifiuti solidi urbani. Nel servizio del Tg1 si raccontano anche i particolari: "il ragno meccanico mescola la fanghiglia ai rifiuti solidi urbani" . Tutto ciò è ancora più grave perché avviene a Piacenza, una delle città italiane con la maggiore mortalità per cancro. Diversi movimenti stanno valutando azioni legali ed esposti alla magistratura.
Come siamo messi ad autorizzazioni?
E nel caso di irregolarità come può essere accaduto? E quali sono le conseguenze e i rischi per la popolazione? Come si intende intervenire? Come solito il danno è ormai fatto e nessuna eventuale azione giudiziaria saprà riportare indietro i fumi fuoriusciti dall'impianto.
Sempre il servizio del Tg1 dice che "i costi di smaltimento sono coperti dalla Regione Emilia Romagna". La Regione ha autorizzato questa combustione? In base a che norme visto che è vietato per qualsiasi privato mischiare rifiuti contaminati da rifiuti speciali provenienti da una raffineria con rifiuti solidi urbani e bruciarli poi in un inceneritore per rifiuti solidi urbani e non ad esempio trattarli presso un impianto di trattamento (magari chimico) per rifiuti industriali?
Il nostro futuro, a Parma, è questo. Prepariamoci.
Coordinamento Gestione Corretta Rifiuti e Risorse - Uno Notizie Italia - ultime news Piacenza

11 settembre 2009

2009/09/11 "ANCHE A BRINDISI L’INQUINAMENTO URBANO FA MALE..".L'inquinamento aumenta il rischio di morte cardiovascolare"

Tratto da Brundisium.net
Inquinamento: il caso della ricerca commissionata ma mai divulgata.
Di Maurizio Portaluri

ANCHE A BRINDISI L’INQUINAMENTO URBANO FA MALE.
PERCHE’ L’AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE NON DIVULGA I DATI DELLO STUDIO DALLA STESSA COMMISSIONATO?


Che l’aria inquinata faccia male lo capisce chiunque, ma quanto faccia male è stato indagato in Italia solo nell’ultimo decennio.
In uno studio condotto in 15 centri urbani italiani è stato dimostrato che all’innalzarsi della concentrazione di alcuni inquinanti misurati dalle centraline, come le polveri sottili, il biossido di azoto e di zolfo, aumentano subito o dopo pochi giorni sia i decessi che i ricoveri ospedalieri per malattie del cuore e dei polmoni.
Questo studio concluso e pubblicato nel 2004 ha riguardato anche due città pugliesi (Bari e Taranto) ed i ricercatori che lo hanno realizzato hanno stimato che in Italia ogni anno ci sono circa 900 decessi per inquinamento urbano.
All’inquinamento urbano concorre sia il traffico veicolare ma anche l’inquinamento industriale.

All’inizio di quest’anno alcuni ricercatori dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa, che ha una sezione a Lecce, dell’ISAC, Istituto di Scienze dell’Ambiente e del Clima, del CNR di Lecce e dell’Università del Salento (Serinelli, Gianicolo, Cervino, Mangia, Vigotti), in collaborazione con la locale ASL, hanno portato a termine uno studio analogo su richiesta dell’Amministrazione Provinciale che, per la verità, sinora non lo ha divulgato.
Lo studio replica a Brindisi quanto è stato fatto per le 15 città italiane e ritrova gli stessi fenomeni.
Quando le concentrazioni dei tre inquinanti superano un livello soglia, aumentano anche nella nostra città, con un intervallo da 1 a 3 giorni, ricoveri e decessi per malattie del cuore e dei polmoni.

I nostri ricercatori hanno voluto approfondire la questione ed hanno introdotto nello studio un'altra variabile che non era stata presa in considerazione in altre città e cioè il vento.
Introducendo questo nuovo elemento emerge un dato molto interessante per quanto presente nella cultura popolare: in presenza di venti provenienti dai quadranti meridionali, cioè da est, sud ed ovest, gli incrementi di concentrazione degli inquinanti sono più frequenti e con essi i loro effetti sanitari.
In altri termini la tramontana ci mette al riparo dagli effetti dell’inquinamento mentre i venti che provengono da est-sud-ovest aumentano gli inquinanti.


Quest’ultima evidenza è stata presentata a fine agosto ad un congresso internazionale sull’inquinamento ambientale svoltosi a Dublino (Irlanda) mentre la prima parte del lavoro è stata accettata per la pubblicazione su una rivista italiana di epidemiologia e prevenzione.
Al congresso di Dublino il lavoro è stato presentato ai maggiori esperti mondiali della materia tra cui Joel Schwartz, professore di epidemiologia ambientale alla Harvard University di Boston (USA), moderatore della sessione, suscitando molto interesse nella comunità scientifica.

Un buon risultato per i nostri ricercatori ma giunge spontanea la domanda: quali iniziative intendono assumere le istituzioni per ridurre questo rischio che incombe sulla nostra salute?
Cosa intende fare l’Amministrazione provinciale che ha commissionato lo studio?
Ed il Comune, che ha competenza sul traffico?

E la ASL, che è preposta alla tutela della salute, cosa ha da suggerire?
Non vorremmo che mentre da una parte si studia, dall’altra si rimanga inerti.

Maurizio Portaluri
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Tratto da "La Stampa"
L'inquinamento aumenta il rischio di morte cardiovascolare

Il piombo accumulato nelle ossa provoca gravi conseguenze
L'inquinamento aumenta il rischio di morte cardiovascolare.L'esposizione a fattori ambientali tossici come il piombo fa aumentare esponenzialmente il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari e i decessi collegati ad esse.
I ricercatori dell'Harvard School of Public Health (HSPH) e dell'University of Michigan School of Public Health (U-MSPH) hanno scoperto che la presenza di piombo nelle ossa è associata a un maggiore rischio di morte, in particolare a causa di malattie dell'apparato cardiocircolatorio.

Il piombo che si accumula nelle ossa durante il passare del tempo è un grave indicatore di rischio per la salute. Cosa che non avviene per quello che si trova nel sangue che, in genere, viene espulso dall'organismo nel giro di un mese circa, ha sottolineato il dr. Marc Weisskopf coordinatore dello studio.
Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori hanno analizzato i dati provenienti da 868 partecipanti al Department of Veterans Affairs Normative Aging Study, che ha avuto inizio nel 1963. «La presenza di piombo nelle ossa è drammatica e rappresenta un importante predittore di morte cardiovascolare» ha dichiarato Weisskopf.
Il problema non è, quindi, la tossicità acuta, ma quella cronica che si presenta dopo anni di esposizione agli agenti inquinanti o tossici.

Lo studio è stato pubblicato sull'edizione online della rivista "Circulation".
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Tratto da Puglia TV Brindisi
11/09/2009
Brindisi: energia alternativa,le linee sono intasate

Perche’ tanto sforzo per incentivare le fonti energetiche alternative quando poi la rete elettrica nazionale e’ satura e non consente l’immissione di altre fonti di produzione energetica oltre quella gia’ esistente?Lo ha messo in rilievo Giovanni Antonino in una intervista ai nostri microfoni affermando che sono bloccati per questa ragione quattrocento progetti sul fotovoltaico per un totale d’investimenti pari ad un miliardo e settecento milioni di euro.Con blocco,quindi, per le imprese locali, e per l’occupazione per un investimento pari a tre rigassificatori La questione quindi e’ di una gravita’ estrema e rischia di vanificare la voglia di natura nel settore energia che potrebbe anche renedere inutili le tante belle parole messe in piedi dal governo nazionale e regionale.
Se pero’ i comuni ,e quindi anche quello di Brindisi,dovessero dichiarare che gli impianti di energia alternativa sono essenziali e quindi indispensabili per la collettivita’,allora le cose potrebbero cambiare. Infatti e’ il cane che si morde la coda: si vuole diminuire l’uso del carbone ed allora basterebbe dare sfogo all’energia pulita,eolico,fotovoltaico, al posto di parte di quella realizzata, grazie al carbone ed altri mezzi del genere.
Ma non dite ad Enel e company di diminuire quella produzione perche’ da quell’orecchio non sentono e per questo si intasano le linee , impedendo di fatto ogni possibile modifica della situazione attuale. L’aspetto formale viene anche salvato con la legge che obbliga le aziende produttrici di utilizzare in proporzione fonti di energia rinnovabili;per si costituiscono societa’ ad hoc, cosi’ tutto e’ nei limiti di legge.Si puo’ solo sperare che ci sia una vera rivolta di popolo contro questa situazione che, stranamente ,viene nascosta ai cittadini ed agli ambientalisti ,ma che ha visto fino ad oggi tacere anche imprenditori e sindacati.