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Visualizzazione post con etichetta emergenza climatica. Mostra tutti i post
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03 giugno 2021

Al via il primo contenzioso climatico contro lo Stato italiano

Tratto da Isde  
Al via il primo contenzioso climatico contro lo Stato italiano: nella Giornata Mondiale dell’Ambiente arriva il “Giudizio Universale”



Duecento associazioni e cittadini fanno causa allo Stato chiedendo azioni concrete per contrastare l’emergenza climatica.
Sabato 5 giugno si terrà la presentazione della causa legale con la mobilitazione di cittadini e associazioni davanti a Montecitorio e un evento riservato alla stampa per presentare nei dettagli l’azione 
legale.

L’emergenza climatica desertifica i nostri suoli, brucia i nostri boschi, divora le nostre coste, rovina i nostri raccolti, rende più difficile la vita nelle nostre città, trasforma i nostri fiumi e le nostre montagne
in colate di fango. L’Italia è tristemente in cima alla classifica dei Paesi che hanno registrato più vittime climatiche: eppure, di fronte ad un quadro così allarmante, lo Stato italiano ha fatto ben poco per invertire la rotta.

Il 5 giugno, Giornata Mondiale dell’Ambiente, centinaia di cittadini, supportati da associazioni ambientaliste e istituzioni scientifiche, lanceranno il primo contenzioso climatico contro lo Stato italiano per l’inadeguatezza delle politiche climatiche nazionali.

La causa climatica è promossa nell’ambito della Campagna Giudizio Universale, coordinata dall’Associazione A Sud e a cui aderisce anche l’Associazione Medici per l’Ambiente, ISDE Italia.

L’azione legale sarà presentata da Piazza Montecitorio, per dare un forte segnale al Parlamento in vista della prossima 26a Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (COP26).

14 marzo 2020

Luca Manes:l’ emergenza e’ climatica .

Tratto da Recommon

Altro che Coronavirus, l’emergenza è climatica!


Piattaforma in Alaska. foto BSEE / Public domain
[di Luca Manes]
La vera e concreta minaccia per l’umanità? Elementare Watson: la crisi climatica. E se lo dicono gli economisti della banca d’affari JP Morgan ci troviamo di fronte alla prova regina che siamo tutti a rischio per come abbiamo strapazzato il Pianeta in tutti i modi possibili e immaginabili. ....
Partiamo da un primo dato: dalla firma dell’accordo di Parigi, datato dicembre 2015, JP Morgan ha fornito 75 miliardi di dollari (61 miliardi di sterline) di servizi finanziari alle società più attive nel fracking e nella ricerca di petrolio e gas nell’Artico. Ma gli alti papaveri della banca d’affari più amica dei combustibili fossili devono aver compreso che il global warming è un problema reale – forse dovrebbero condividere i loro timori con qualche noto editorialista nostrano – e per capirne di più hanno commissionato una ricerca a due dei loro migliori economisti, David Mackie e Jessica Murray.
Il rapporto è finito nelle mani di Rupert Read, portavoce di Extinction Rebellion UK e docente di filosofia all’Università dell’East Anglia, che lo ha girato al Guardian.
Nell’articolo pubblicato nei giorni scorsi dal quotidiano inglese si leggono stralci dello studio a dir poco eloquenti: la crisi climatica avrà un impatto sull’economia mondiale, sulla salute umana, sulle risorse idriche, sulle migrazioni e sulla sopravvivenza di altre specie sulla Terra. “Non possiamo escludere esiti catastrofici per l’umanità”, segnala il documento, datato 14 gennaio 2020.
Attingendo alla vasta letteratura accademica e alle previsioni del Fondo Monetario Internazionale e del Gruppo Intergovernativo delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (IPCC), il rapporto rileva che siamo sulla buona strada per raggiungere i 3,5°C al di sopra dei livelli preindustriali entro la fine del secolo. Si afferma inoltre che la maggior parte delle stime dei probabili costi economici e sanitari sono troppo basse perché non tengono conto della perdita di ricchezza, del tasso di sconto e della possibilità di un aumento delle catastrofi naturali.
Gli autori sostengono che i governi devono cambiare direzione perché una politica climatica del tipo business as usual “spingerebbe probabilmente la terra in un luogo che non vediamo da molti milioni di anni”, con risultati che potrebbero essere impossibili da invertire.
“Anche se non sono possibili previsioni precise, è chiaro che la Terra si trova su una traiettoria insostenibile” è un altro dei moniti di Mackie & Murray. 
La crisi climatica “riflette un fallimento del mercato globale, perché i produttori e i consumatori di emissioni di CO2 non pagano per i danni climatici causati dalle loro attività”. Per invertire questa tendenza, gli autori evidenziano la necessità di una carbon tax globale, ma avvertono che “non accadrà tanto presto” a causa delle preoccupazioni per l’occupazione e la competitività.
Di conseguenza è “probabile che la situazione continuerà a peggiorare, forse più che in qualsiasi scenario dell’IPCC”.
JP Morgan deve ancora fare tanta strada per una completa redenzione, ma è notizia delle ultime ore che almeno ha deciso di porre fine a tutti i prestiti alle aziende estrattive che operano nell’Artico.

23 settembre 2019

Greta Thunberg:"Non è questo il tempo e il luogo per i sogni.Questo è il momento della storia in cui abbiamo bisogno di essere del tutto svegli".

Tratto da Il Cambiamento 
Greta Thunberg: «L'emergenza climatica non è occasione per fare affari, non tollera furberie o scorciatoie»

di Sonia Savioli 23-09-2019
Vi riportiamo il discorso che Greta Thunberg ha pronunciato davanti al Congresso americano, citando anche Martin Luther King. «Questa è prima di tutto un'emergenza e non un'emergenza qualsiasi. Questa è la più grande crisi che l'umanità abbia mai affrontato. E dobbiamo trattarla in quanto tale» ha detto.

Ecco il testo integrale del discorso.

«Mi chiamo Greta Thunberg, ho sedici anni e sono svedese. Vi ringrazio per essere qui con voi, negli Stati Uniti, una nazione che per molta gente è il paese dei sogni.

Anch'io ho un sogno: che i governi, i partiti politici e le grandi aziende colgano l'urgenza della crisi climatica ed ecologica, si uniscano nonostante le loro differenze, come dovrebbe accadere in un'emergenza, e attuino le misure necessarie per salvaguardare le condizioni di una vita dignitosa per tutti sulla terra.


Perché allora noi, milioni di ragazzi in sciopero dalla scuola, potremo tornare di nuovo a scuola.

Ho un sogno: che le persone al potere, così come i media, comincino a trattare questa crisi come l'emergenza esistenziale che è, così che io possa tornare a casa da mia sorella e i miei cani. Perché mi mancano. In effetti io ho molti sogni. Ma questo è l'anno 2019, non è questo il tempo e il luogo per i sogni.Questo è il momento della storia in cui abbiamo bisogno di essere del tutto svegli.

E sì, abbiamo bisogno di sogni, non possiamo vivere senza sogni ma c'è un tempo e un luogo per ogni cosa, e i sogni non possono avere niente a che fare con la necessità di dire le cose come sono. E invece, dovunque io vada, mi sembra di essere circondata dai racconti delle fate. Uomini d'affari, uomini politici di ogni partito che passano il loro tempo inventando e raccontando favolette che ci tranquillizzano, che ci fanno addormentare. Storielle accomodanti su come risolveremo tutto. Su come tutto sarà meraviglioso quando avremo risolto ogni cosa.

Ma il problema che abbiamo di fronte non è l'incapacità di sognare o immaginare un mondo migliore. Il problema ora è che abbiamo bisogno di svegliarci. E' tempo di guardare in faccia la realtà, i fatti, la scienza. E la scienza non parla di "grandi opportunità di creare la società che abbiamo sempre voluto". Ci parla di indicibili sofferenze umane, che diventeranno sempre peggiori quanto più a lungo tarderemo ad agire. A meno che non agiamo subito. E certo, la trasformazione sostenibile della società presenterà molti benefici. Ma dovete capire che questa non è principalmente l'opportunità di creare "lavoro verde", nuovi mercati o una crescita economica "verde". Questa è prima di tutto un'emergenza e non un'emergenza qualsiasi. Questa è la più grande crisi che l'umanità abbia mai affrontato. E dobbiamo trattarla in quanto tale, così che la gente possa capire e cogliere l'urgenza. Perché non potete risolvere una crisi se non la trattate come una crisi. Smettete di dire alla gente che tutto andrà bene perché di fatto, per come è ora la situazione, non potrà andar tutto bene. Questo non è qualcosa che potete confezionare e vendere, o metterci "mi piace" sulle reti sociali.

Smettete di avere la pretesa che le vostre idee di mercato, il vostro partito politico possa risolvere ogni cosa. Dobbiamo comprendere che ancora non abbiamo tutte le soluzioni. A meno che queste soluzioni non significhino semplicemente smettere di fare un certo tipo di cose.

Cambiare una fonte di energia disastrosa con una leggermente meno disastrosa non è un progresso. Esportare le nostre emissioni oltre oceano non significa ridurre le emissioni. Falsare i conti non ci aiuterà, questo è il vero cuore del problema.

Alcuni di voi forse avranno sentito dire che avevamo dodici anni a partire dal 1 gennaio 2018 per ridurre della metà le nostre emissioni di anidride carbonica, ma sospetto che difficilmente qualcuno di voi abbia saputo che così abbiamo il 50% di possibilità di rimanere sotto 1.5 gradi Celsius di crescita della temperatura globale rispetto ai livelli preindustriali. Il cinquanta per cento.

E questi calcoli, i più attendibili scientificamente, non includono punti di non ritorno imprevedibili conseguenti a reazioni come la fuoriuscita del metano, potente gas serra, dal permafrost artico che si sta scongelando rapidamente. O quel riscaldamento che ora si trova intrappolato dall'inquinamento dell'aria. O l'aspetto dell'equità: la giustizia climatica.

Dunque un cinquanta per cento di possibilità, il classico "testa o croce", non può essere considerato sufficiente. Non si può moralmente difenderlo. Qualcuno di voi salirebbe su un aereo sapendo che ha il cinquanta per cento delle probabilità di precipitare? O meglio ancora: mettereste i vostri figli su quel volo?

E perché è così importante rimanere sotto 1.5 gradi? Perché la scienza unanime ci dice che solo questo eviterebbe di destabilizzare il clima, ci darebbe la sicurezza di non dare inizio a una serie irreversibile di reazioni a catena al di là di ogni possibile controllo umano. Anche con 1 grado di riscaldamento stiamo assistendo a un'inaccettabile perdita di vite e di risorse vitali.

E allora da dove cominciamo? Io suggerisco di cominciare dal capitolo 2, pagina 108, della relazione dell'IPCC dello scorso anno. Proprio lì dice che, se vogliamo avere il 67% delle possibilità di limitare la crescita della temperatura sotto 1.5 gradi, il 1 gennaio 2018 ci restavano da emettere non più di 420 gigatonnellate di anidride carbonica. E naturalmente ora questa quantità è molto minore, dato che emettiamo 42 gigatonnellate di anidride carbonica ogni anno. Con le emissioni attuali, la quantità che ci rimane se ne sarà andata in meno di 8 anni e mezzo. Queste cifre non sono mie opinioni. Non sono le opinioni di qualcuno, o delle idee politiche. Questa è la migliore scienza disponibile oggi. Sebbene un gran numero di scienziati suggerisca oggi che questi calcoli sono troppo ottimisti, sono quelli accettati da tutti i paesi attraverso l'IPCC.

Vi prego di notare che questi calcoli riguardano il pianeta globalmente, per cui non considerano l'aspetto dell'equità, stabilito chiaramente dall'accordo di Parigi, che bisogna assolutamente far funzionare su scala planetaria; il che significa che i paesi ricchi devono comportarsi correttamente e raggiungere l'obiettivo di zero emissioni più velocemente, per permettere ai popoli dei paesi poveri di innalzare il loro livello di vita e poter costruire alcune infrastrutture che noi già abbiamo, come strade, ospedali, scuole, acqua potabile ed elettricità.

Gli USA sono il più grande inquinatore e produttore di anidride carbonica della storia. Sono anche il più importante produttore di di petrolio al mondo. E tuttavia siete anche la sola nazione al mondo che ha dichiarato la propria ferma intenzione di abbandonare l'Accordo di Parigi. Perché, è stata la ragione dichiarata, "è un cattivo affare per gli Stati Uniti".

420 gigatonnellate di anidride carbonica rimaste come emissioni dal 1 gennaio 2018 per avere il 67 per cento delle probabilitò di rimanere sotto 1.5 gradi di riscaldamento globale. E ora ci rimangono meno di 360 gigatonnellate. Questi numeri sono molto sgradevoli ma la gente ha il diritto di conoscerli. E la grande maggioranza non ha nemmeno idea che questi numeri esistano. In effetti, nemmeno i giornalisti che incontro sembrano conoscerli, per non parlare dei politici. E nonostante ciò tutti loro sembrano così sicuri che i loro programmi risolveranno la crisi.

Ma come si può risolvere un problema che nemmeno si comprende? Come possiamo ignorare il quadro completo della realtà davanti a noi e gli studi scientifici?

Io credo che questo comportamento sia terribilmente pericoloso. E non importa quali siano i motivi politici che hanno condotto a questa crisi, non dobbiamo permettere che continui ad essere una questione di parte. La crisi climatica ed ecologica è al di là dei partiti politici, e il nostro principale nemico oggi non sono i nostri avversari politici. Il nostro principale nemico oggi è un fenomeno fisico, e non si possono fare affari con un fenomeno fisico.

Tutti dicono che fare sacrifici per preservare la vita della biosfera e per assicurare le condizioni di vita delle generazioni presenti e future è una cosa impossibile. E tuttavia gli americani hanno fatto grandi sacrifici per superare terribili minacce prima di ora.

Pensate ai coraggiosi soldati che sbarcarono per primi in Normandia durante la seconda guerra mondiale. Pensate a Marthin Luther King e agli altri 600 leader per i diritti umani che rischiarono tutto per marciare da Selma a Montgomery. Pensate al Presidente Kennedy che nel 62 annunciò che l'America "avrebbe scelto di andare sulla luna entro un decennio e di fare altre cose non perché sono facili ma perché sono difficili".
 
                                       
Ma per ciò che dobbiamo affrontare bisogna che non passiate il vostro tempo a sognare, e che non consideriate questo problema come una battaglia politica da vincere.
E non dovete giocare a testa o croce il futuro dei vostri figli.
Invece, dovete unirvi al seguito della scienza.
Dovete agire.
Dovete fare l'impossibile.
Perché rinunciare non è mai una scelta».

26 luglio 2019

Comune di Modena:“DICHIARARE L’EMERGENZA E RIDURRE LE EMISSIONI”

Tratto da Comune di Modena

“DICHIARARE L’EMERGENZA E RIDURRE LE EMISSIONI”

Lo chiede al Comune il Consiglio con un odg della maggioranza. Ok anche alla mozione che chiede al Governo finanziamenti per l’emergenza inquinamento in Pianura Padana
Dichiarare lo stato di emergenza climatica e ambientale, riconoscendo le responsabilità storiche e antropiche del cambiamento climatico, e attuare ogni azione possibile per contenere l’aumento delle temperature e ridurre le emissioni di gas climalteranti. È quanto chiede al Comune di Modena l’ordine del giorno presentato dai gruppi di maggioranza (Verdi, Pd, Sinistra per Modena e Modena solidale) e approvato dal Consiglio comunale, nella seduta di giovedì 25 luglio, con il voto a favore della maggioranza e del Movimento 5 stelle (contrari Lega e Fratelli d’Italia-Popolo della famiglia).
Insieme all’ordine del giorno sull’emergenza climatica, l’assemblea consiliare ha approvato anche una seconda mozione, proposta anche in questo caso dai gruppi di maggioranza, che chiede al governo di decretare lo stato di emergenza sanitaria per la Pianura padana, a causa dell’elevato inquinamento dell’aria, e di conseguenza di finanziare incentivi e progetti, come sostituzione dei veicoli inquinanti ed efficientamento energetico, per diminuire le immissioni di gas inquinanti in atmosfera. Su proposta del M5s, l’ordine del giorno invita anche l’Amministrazione comunale ad anticipare sul territorio comunale il divieto di utilizzare la plastica monouso, applicandolo entro la fine di gennaio 2020 invece che entro il 2021, data prevista dall’Unione europea. L’ordine del giorno è stato approvato con il voto a favore della maggioranza (Verdi, Pd, Sinistra per Modena e Modena solidale) e del Movimento 5 stelle (contrari Lega e Fratelli d’Italia-Popolo della famiglia).
Illustrato in aula dalla consigliera Paola Aime, Verdi, l’ordine del giorno sull’emergenza climatica recepisce le sollecitazioni arrivate dalla mobilitazione mondiale di Friday for future (come hanno già fatto Regno Unito, Irlanda, Scozia e oltre seicento Comuni nel mondo tra i quali anche Milano e Napoli) per chiedere che il Comune di Modena, nell’ambito delle proprie competenze, “metta in atto ogni possibile contributo per contenere l’aumento della temperatura globale entro il limite di 1,5 gradi, fissando l’obiettivo dell’azzeramento entro il 2040 delle emissioni nette di gas climalteranti” e, di conseguenza, adeguando gli obiettivi di riduzione del 40 per cento entro il 2030 previsti dall’Amministrazione nell’ambito del Patto dei sindaci per l’energia e il clima (Paesc).
Chiede, inoltre, che l’Amministrazione garantisca “la massima priorità al contrasto del cambiamento climatico anche valutando gli effetti sul clima di ogni iniziativa o azione amministrativa”, e di trovare le modalità per “responsabilizzare la cittadinanza come singoli e organizzazioni, coinvolgendola nell’individuazione degli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030”. Le misure di contrasto ai cambiamenti climatici, afferma ancora il dispositivo dell’ordine del giorno, devono essere sviluppate “secondo il principio di giustizia climatica in base al quale i costi della transizione non devono gravare sulle fasce più deboli della popolazione ma essere sostenuti soprattutto da chi ha contribuito maggiormente a causare i danni ambientali”.
Presentato da Diego Lenzini, Pd, l’ordine del giorno che richiede al governo la dichiarazione di stato di emergenza per la Pianura padana a causa dell’inquinamento, sottolinea che le province di Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia più colpite dal problema dell’inquinamento dell’aria sono anche quelle che contribuiscono maggiormente al finanziamento dello Stato. Rileva, inoltre, che per abbassare il livello dell’inquinamento è necessario intervenire in modo parallelo e coordinato su veicoli, abitazioni, agricoltura e processi produttivi, ma anche e soprattutto sullo stile di vita e le abitudini delle persone e che, per farlo, le risorse locali e regionali non sono sufficienti........Continua  su Comune di Modena

06 marzo 2015

SPEZIAPOLIS: Cambiamo il sistema, non il clima! Il 14 Marzo a Roma, verso Parigi 2015


Tratto da Speziapolis
Tre di giorni di intensa attività promossi da A SUD, a Roma dal 12 al 14 Marzo prossimi, culmineranno con una assemblea nazionale (il 14 Marzo) di costruzione di un percorso verso la 21° Conferenza sul clima di Parigi. Il 13 Marzo ci sarà la presentazione dell'Atlante italiano dei conflitti ambientali e, il 12, la IV Edizione del Premio Donne Pace e Ambiente WANGARI MAATHAI. Il Comitato SpeziaViaDalCarbone parteciparà a tutti gli eventi.
"In una fase politica nazionale che restringe sempre più gli spazi di partecipazione popolare e l’agibilità politica della società civile organizzata in ogni sua forma è ancor più urgente lavorare alla costruzione di un percorso inclusivo, che utilizzi strumenti diversi, dall’informazione alla mobilitazione, dalla pressione istituzionale alla progettazione territoriale, e che si organizzi per fare della rivendicazione di giustizia ambientale e sociale l’asse portante di un ragionamento unico e capace di incidere sulle scelte politiche".
E' A SUD a lanciare l'appello per un incontro nazionale di discussione, a Roma il 14 Marzoin preparazione alla 21° Conferenza delle Parti Onu sui Cambiamenti climatici che si terrà a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre 2015. A 6 anni di distanza dal vertice di Copenaghen, dopo la Conferenza di Varsavia del 2013 e quella preparatoria di Lima del 2014 è la prima volta che finalmente l’attenzione sarà di nuovo concentrata sull’emergenza climatica. 
"Il tema dei cambiamenti climatici è un tema globale ma con ricadute drammatiche a livello locale ed è strettamente connesso alle battaglie in difesa del territorio che si stanno giocando nel nostro paese -scrivono i sottoscrittori dell'appello, tra cui il Comitato SpeziaViaDalCarbone e NO AL CARBONE di Brindisi. A partire dai conflitti sociali innescati dal decreto Sblocca Italia, contro estrazioni petrolifere in terra e in mare, mega infrastrutture dall’indubbio impatto ma dalla dubbia utilità, incenerimento, privatizzazioni, etc. Alla vertenza nazionale contro il decreto del governo Renzi vanno aggiunte diverse altre esperienze e temi, come le battaglie contro il carbone o le infrastrutture energetiche e militari, i poli produttivi contaminanti ai quali si continua a concedere possibilità di inquinare mettendo a rischio la salute delle comunità, le vertenze per le bonifiche e quelle per il risanamento del territorio dal dissesto idrogeologico, per citare le principali! (dettagli sull'iniziativa qui)
Infine, nel corso di un evento pubblico, il 13 Marzo sarà presentata la prima piattaforma web italiana geo referenziata, di consultazione gratuita, costruita assieme a dipartimenti universitari, ricercatori, giornalisti, attivisti e comitati territoriali, che raccoglie le schede descrittive delle più emblematiche vertenze ambientali italiane. Dal Vajont a Casal Monferrato, da Taranto a Brescia, dalla Terra dei Fuochi alla Val di Susa, dalle zone di sfruttamento petrolifero alle centrali a carbone, dai poli industriali all’agroindustria, dalle megainfrastrutture alle discariche, un atlante delle emergenze ambientali italiane e delle esperienze di cittadinanza attiva in difesa del territorio e del diritto alla salute.

L’archivio, che al momento del lancio conterrà oltre 100 schede italiane di conflitto elaborate nell'ambito del progetto Ejolt - che copre circa 1400 casi di conflitti ambientali in tutti i continenti - è in continua espansione ma di rapida consultazione attraverso un sistema di filtri progressivi ed è pensato per essere utilizzato da ricercatori, giornalisti, docenti, studenti, cittadini, enti locali ed istituzioni pubbliche aventi come mission la salvaguardia dell’ambiente e della salute pubblica. (dettagli qui)


17 febbraio 2015

L’Italia e le emissioni di gas serra: buone notizie per il futuro,ma...... l’Italia non ha raggiunto gli obiettivi di Kyoto

Tratto da IL Cambiamento

L’Italia e le emissioni di gas serra: buone notizie per il futuro, anche se l’Italia non ha raggiunto gli obiettivi di Kyoto

Le conseguenze del mancato raggiungimento degli obiettivi del protocollo di Kyoto sono sotto gli occhi di tutti: lo dimostra quanto sta accadendo in fatto di sconvolgimenti climatici. E l'Italia, seppur fautrice di un taglio alle emissioni, è ancora lontana dagli obiettivi.

di Antonio Lumicisi - 17 Febbraio 2015

Come ogni anno, puntualmente, in occasione della ricorrenza dell’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto (16 Febbraio), appaiono articoli sulla stampa nazionale che fanno riferimento a questo importante evento. A dire il vero, sono sempre di meno questi articoli, come se l’emergenza climatica non ci riguardasse da vicino e le conseguenze degli impatti del cambiamento climatico fossero lontane dal verificarsi; sappiamo invece che non è così e ogni giorno sperimentiamo sulla nostra pelle tali conseguenze, a volte devastanti in alcune aree del nostro pianeta. Ma tornando alla ricorrenza, si fa riferimento, ancora una volta, ad un articolo pubblicato su Repubblica.it dal titolo Gas serra, l’Italia li ha tagliati del 20%”. Nell’articolo si riportano i dati relativi alle emissioni nazionali dell’anno 2014 e – correttamente – si rileva come tali emissioni siano notevolmente diminuite rispetto al 1990 (20%), ma anche rispetto all’anno precedente (6-7%). Facendo direttamente riferimento all’accordo di Kyoto che assegnava all’Italia un obiettivo di riduzione delle emissioni del 6,5% entro il 2012, l’articolo ha però dimenticato di ricordare che il nostro Paese al momento non risulta in linea con gli impegni presi. Sulla base delle più recenti valutazioni, il gap che l’Italia deve ancora colmare per raggiungere il proprio obiettivo di Kyoto è di circa 20 MtCO2 equivalente. Quindi, ben vengano le buone notizie sulla riduzione delle emissioni dell’Italia nel periodo post-Kyoto – peraltro utili per l’impegno che il nostro paese ha assunto in sede europea nell’ambito della politica climatico-energetica al 2030 – ma altra cosa è far finta di non sapere o dimenticare la grave inadempienza del nostro Paese nei riguardi del Protocollo di Kyoto. 
Cogliamo quindi l’occasione per mantenere alta l’attenzione dei lettori de “Il Cambiamento” e anche del governo nazionale affinché possa presto affrontare questo problema ed evitare di incorrere nelle sanzioni previste......