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12 settembre 2008

2008/09/12 Quanto costa all´Italia sottovalutare la questione energetica e climatica


TRATTO DA GREENREPORT.IT
11/09/2008 Energia


Quanto costa all´Italia sottovalutare la questione energetica e climatica
font-weight: di Lucia Venturi

LIVORNO. Onorare gli impegni assunti dal vertice dei capi e di governo dell’Unione europea a 25, nel marzo 2007, ovvero ridurre entro il 2020 il 20% dei consumi elettrici, aumentare del 20% l’efficienza energetica e il ricorso alle energie rinnovabili, costerebbe al nostro paese 23 miliardi di euro l’anno tra il 2013 e il 2020. Un totale di 161 miliardi.

I conti li ha fatti il centro studi dell’energia di Bologna, il Rie e sembrano in linea con quelli fatti dal ministero dello Sviluppo. Queste cifre saranno alla base della posizione italiana al Consiglio europeo dei ministri programmato a metà ottobre, per decidere come portare avanti la direttiva.

L’applicazione dello schema 20-20-20, porterebbe secondo le stime dell’Ue ad incidere per lo 0,6% del pil europeo e ad un contributo all’abbassamento delle emissioni globali di anidride carbonica dello 0,3 %, ma permetterebbe all’Europa di avere un ruolo più inciso nella trattativa delle misure previste per gli accordi di Kyoto 2012 che si apriranno a Copenaghen nel dicembre 2009.
Cifre che hanno fatto assumere un atteggiamento cautelativo all’attuale governo che prima di aderire in maniera incondizionata agli impegni vuole verificare quanto costerebbe al nostro paese.

Le valutazioni aggiornate fatte dal ministero dell’Ambiente e riportate oggi da un articolo sul Sole 24 ore, stimano un costo complessivo «di 50 miliardi di euro per lo sviluppo delle risorse rinnovabili e per la riduzione dell’intensità energetica non inferiore a 120 miliardi di euro. Ovvero un costo annuale non inferiore a 15 miliardi di euro l’anno di oneri addizionali per l’Italia nel periodo 2013-2020». Somme cui vanno aggiunti i costi necessari per l’acquisto dei crediti e dei permessi di emissione per rispettare gli obiettivi di riduzione di Co2.

Vale la pena ricordare che l´Italia si è impegnata, nell’aderire al protocollo di Kyoto, per una riduzione delle emissioni di Co2 (tra il 2008 e il 2012) del 6,5% e che, rispetto ai calcoli più recenti, riferiti al marzo 2006, registra emissioni del 9,9% superiori al 1990, ovvero anziché ridurre le proprie emissioni le ha aumentate.
E vale anche la pena sottolineare che il mancato raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto costa ogni giorno al nostro paese, dal 1° gennaio 2008, 4.111.000 € (47,6 € al secondo).

Uno sguardo al contatore che gira nel sito internet del Kyoto Club e che visualizza in tempo reale la crescita di questo debito, porta oggi la cifra a oltre 1 miliardo e 46 milioni, che diventeranno 1,5 miliardi alla fine dell’anno.
Costi che andranno aggiunti anche questi, agli oneri da sostenere per mantenere gli impegni futuri.

Un’emergenza pesante in termini economici, di immagine e di mancate opportunità.
Paghiamo dieci anni di sottovalutazione del problema climatico e di una notevole superficialità rispetto all´entrata in vigore degli accordi previsti con il protocollo di Kyoto.
Ma quanto avrebbe giovato al nostro paese in termini economici ed occupazionali avere avviato invece politiche tese all’efficienza e al risparmio energetico e allo sviluppo di fonti rinnovabili, non solo come produzione energetica ma come avvio di una filiera tecnologico- industriale innovativa? Difficile dirlo in maniera complessiva, ma già il fatto che una azienda come la Stmicroelettronic abbia ridotto a parità di produzione del 5% annuo i consumi energetici in un decennio (1994-2006), risparmiando per questo una cifra pari a 200 milioni di dollari, come ricorda l’ex manager della St Pasquale Pistorio, la dice lunga su quale sia la strada più conveniente.

Certo è che a parte alcuni casi virtuosi, il nostro paese ha avuto una bassa crescita dell’efficienza energetica nell’ultimo decennio, a fronte invece di un costante miglioramento su scala europea, come si evidenzia nel rapporto Ambiente Italia 2008. Mentre è cresciuto di oltre il 15% il consumo interno lordo di energia con una quota di utilizzo dei combustibili fossili ferma attorno al 93-95% . Con il dato della crescita delle fonti rinnovabili, che seppur positivo, rimane ancora marginale.

Settori dove quindi esistono ampi margini di miglioramento e che potrebbero aiutare anche a far uscire il nostro paese dalla crisi economica

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