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31 gennaio 2014

I cittadini non si fidano ,in questi anni.............dei controlli ufficiali.

      Immagini tratte da Facebook del Medico 
                 ISDE GIOVANNI GHIRGA.





Sardegna :RIPARTE LA SFIGA ANTIECONOMICA E ANTISALUTE DEL CARBONE?


Tratto da Primapaginanews
 Sardegna, parte gara del carbone
 
Roma - 31 gen (Prima Pagina News) 
 La Regione Autonoma della Sardegna, entro il 30 giugno 2016, ha la facoltà di bandire una gara per realizzare una centrale termoelettrica a carbone, dotata di apposita sezione di impianto per la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica prodotta, da realizzare sul territorio del Sulcis Iglesiente, in prossimità del giacimento carbonifero, assicurando la disponibilità delle aree e delle infrastrutture necessarie.
 
Al vincitore della gara è assicurato l'acquisto da parte del Gestore dei servizi energetici S.p.a. dell'energia elettrica prodotta e immessa in rete dall'impianto, dal primo al ventesimo anno di esercizio, al prezzo di mercato maggiorato di un incentivo fino a 30 Euro/MWh sulla base della produzione di energia elettrica con funzionamento a piena capacità di cattura della CO2 e del funzionamento del relativo stoccaggio nonché rivalutato sulla base dell'inflazione calcolata sull'indice Istat, per un massimo di 2100 GWh/anno. Il rapporto tra l'ammontare complessivo di tale incentivo e il costo totale di investimento sostenuto dal vincitore della gara non deve superare le proporzioni consentite dalle norme comunitarie sugli aiuti di Stato e nessun incentivo può essere concesso prima della approvazione da parte della Commissione europea. In caso di funzionamento della centrale termoelettrica in assenza di cattura e stoccaggio della CO2, le emissioni di gas serra attribuite all'impianto sono incrementate del 30%. 



POVERA ITALIA E 
POVERI ITALIANI!!!!!!! 
 
Tratto da Stradeonline

Sulcis, per altri 20 anni pagheremo una miniera inutile 

Schizofrenia normativa. Con il comma 11 dell'articolo 1 decreto-legge Destinazione Italia (il provvedimento che dovrebbe favorire gli investimenti nel nostro paese, ora al vaglio del Parlamento per la conversione in legge) viene chiuso il rubinetto degli incentivi alla miniera di carbone del Sulcis in Sardegna, peraltro soggetti nella forma attuale ad una procedura di infrazione comunitaria.
Ma non esultate: subito dopo, il rubinetto si riapre. I commi da 12 a 14 consentono alla Regione Sardegna di bandire una gara per la realizzazione nei pressi del giacimento di carbone del Sulcis di un nuovo impianto, dotato di CCS (cioè un'apposita sezione di per la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica prodotta. )L'impianto godrà di una generosa rendita di posizione e un cospicuo sussidio pubblico: per 20 anni il Gestore dei servizi energetici S.p.a. dovrà per legge acquistare l'energia prodotta dall'impianto ad un prezzo pari a quello di mercato maggiorato di un incentivo fino a 30 euro per MWh. Come ha segnalato Carlo Stagnaro su Leoni Blog, sono più di 60 milioni di euro all'anno, 1 euro a cittadino italiano, per tenere in vita una produzione di energia anti-economica.
carbone

Non sarebbe meglio, con molte meno risorse e per meno anni, tutelare il reddito e l'occupabilità dei circa 500 lavoratori del Sulcis? Bisognerebbe avere il coraggio di dire e praticare verità, come scelse di fare Margaret Thatcher negli anni Ottanta nel Regno Unito: tenere in piedi una miniera costosa e inutile, a spese del contribuente-consumatore, danneggia tutti. E' lodevole cercare di salvare le persone, non le imprese decotte.
Qui l 'articolo integrale
 

Alta radioattività, chiusa parte centrale nucleare in Inghilterra

 Tratto da Ansa

Alta radioattività, chiusa parte centrale nucleare in Inghiterra

Impianto Sellafield nel nord ovest, è più grande d'Europa

31 gennaio, 12:41
ROMA - La centrale nucleare di Sellafiled, nel nord ovest dell'Inghilterra, è stata parzialmente chiusa dopo che sono stati rilevati livelli alti di radioattività. La struttura è la più vecchia e più grande d'Europa.
 Al personale è stato chiesto di rimanere a casa. Nella centrale rimangono comunque i tecnici che stanno lavorando "normalmente" per permettere alla centrale di continuare a funzionare.
Le autorità della centrale nucleare sottolineano che non ci sono pericoli per i tecnici dell'impianto e gli abitanti della zona.

Non sono state rilevate fughe radioattive e la situazione appare al momento sotto controllo. Le misure precauzionali sono state decise dopo che uno dei monitor che controllano il sito ha rilevato un livello di radiazioni sopra la norma.

..........

Leggi su lafucina

Centrale nucleare inglese fa le bizze, paura in tutta Europa

Rilevati livelli alti di radioattività

Qui l'articolo integrale

CENTRALI A CARBONE: INNUMEREVOLI EFFETTI DEVASTANTI SULL'AMBIENTE E SULLA SALUTE.

Tratto  da  Sasiaimpianti

CENTRALI A CARBONE: GLI EFFETTI DEVASTANTI SULL'AMBIENTE E SULLA SALUTE

Nel sito ENEL si legge questo: 

"... Oltre 1200 nuove centrali a carbone in progetto nel mondo...I nuovi progetti hanno ottenuti finanziamenti  sia dalle banche commerciali che dalle banche di sviluppo. Per esempio, la JP Morgan Chase ha fornito più di 13 miliardi di euro per i nuovi impianti a carbone nel corso degli ultimi sei anni, seguita da City Bank, con 10 miliardi di euro. La Barclays è considerata il quinto più grande sostenitore del carbone, con un finanziamento erogato pari a 9 miliardi di euro, mentre la Royal Bank of Scotland è considerata il settimo sostenitore del carbone a livello mondiale, con 8 miliardi di euro di finanziamenti erogati...." 

Ma andiamo con ordine e vi spiego cosa NON va nelle centrali a carbone.


Attualmente in Italia ci sono 13 centrali a carbone:


Gli effetti devastanti delle centrali a carbone sull’ambiente e sulla salute li possiamo ben immaginare. Solo a titolo di esempio, riporto alcuni dati interessanti, quanto sconcertanti, dal sito di Greenpeace.
Si parla qui di Brindisi. Della centrale a carbone di Enel, la Federico II.
L’Agenzia Europea per l’Ambiente ha indicato nel 2011 la centrale Enel di Brindisi come il sito industriale più inquinante d’Italia. Secondo l’Agenzia le emissioni inquinanti del sito industriale (dati del 2009) causano una mortalità prematura stimabile in 119 casi l’anno. A queste morti premature causate dal carbone andrebbero sommati gli impatti dell’impianto di Brindisi Nord di Edipower, che ha ottenuto l’anno scorso una nuova Autorizzazione Integrata Ambientale per tornare a produrre ed inquinare a pieno regime.
Si legge nel rapporto:

In riferimento alla popolazione di Brindisi, uno studio del 2011 realizzato dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Lecce e di Pisa con l’Unità operativa di Neonatologia dell’ospedale Perrino di Brindisi, la Asl di Brindisi e l’Università di Pisa, segnala un eccesso nelle patologie neonatali riscontrate nel capoluogo pugliese del 18 per cento rispetto alla media europea, con uno scarto che raggiunge quasi il 68 per cento in riferimento alle patologie congenite cardiovascolari.

Gli effetti devastanti delle centrali a carbone, dicevamo, si possono ben immaginare, ma citando i dati è tutto più lampante.
Questi sono i riscontri immediati sulla salute delle persone, ma possiamo immaginare con altrettanta lucidità gli effetti di lungo periodo e su scala globale di questi modelli di produzione energetica: sulle persone, sugli animali, sul Pianeta.
Le zone che accolgono le centrali a carbone sono sotto continuo monitoraggio dalle principali associazioni ambientaliste.
Il carbone risulta essere la tipologia di combustibile fossile più impattante a livello ambientale: i suoi “fumi” che sprigionano biossido di carbonio, sostanza altamente tossica, costituiscono il 43% del totale dei gas serra di tutto il mondo.  Inoltre le polveri ed i residui della combustione che si sprigionano nell’aria attorno alle centrali sporcano le abitazioni, le strade e le colture intorno, minando pesantemente l’ecologia di questi luoghi.

Le centrali di carbone hanno effetti devastanti sul benessere e sulla salute delle persone: molti studi scientifici hanno infatti dimostrato che sono causa di tumori, malattie respiratorie, cardiovascolari e ictus.
La lista potrebbe continuare.

Dunque, cosa contrapporre alle anacronistiche centrali a carbone? A gas o a petrolio?

Le alternative ci sono, sono le fonti rinnovabili. Si tratta di prenderle, studiarle, migliorarle, si tratta di fare (e finanziare) ricerca. Bisogna coniugare la produzione ed il consumo energetico con le nuove tecnologie per ottimizzarne i costi, l’efficienza ed il rendimento. La ricerca in tal senso ha fatto e sta facendo passi da gigante, ma ancora di strada bisognerà farne. 

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SECOLO XIX:Schiavone: «Veleni anche in Liguria, andate e scavate»

Tratto da Il Secolo XIX

Schiavone: «Veleni anche in Liguria, andate e scavate»

La Spezia - «Armi caricate dai servizi segreti, cocaina nascosta anche dentro le palme in arrivo dal Sud America, rifiuti tossici e nucleari dal Nord, movimentati da Licio Gelli e dall’avvocato Cipriano Chianese, transitavano dalla Liguria, nei porti di Genova, e Spezia».
Città scelte per le navi sul mare, ma che avevano anche le discariche: perché le mafie sceglievano «sempre città con le discariche». E per sapere cosa è stato sepolto, «bisogna scavare». Tutto un giro gestito «con le istituzioni dentro, perché senza lo stato non si poteva fare».
Carmine Schiavone, il pentito “Spartacus” che ha consentito allo Stato di spazzare via il clan dei Casalesi, conferma tutto. Conferma al Secolo XIX quanto aveva detto il 7 ottobre del 1997, alla commissione parlamentare di inchiesta, presieduta da Massimo Scalia.
Atti secretati sino a pochi mesi fa. Già vent’anni fa aveva svelato un giro di rifiuti, tale da far ammalare di tumore migliaia di persone. Le menti, erano «Licio Gelli, P2, e l’avvocato Cipriano Chianese, ed i loro amici dei circoli culturali del nord», grazie ai quali si ritiravano i carichi «dalle industrie, oppure in capannoni, o con traslochi da un camion all’altro».
«Se una nave alla Spezia scaricava e c’era una eccedenza - aveva detto - si caricava su un camion e portava giù»....
tutti i dettagli sul Secolo XIX di oggi: leggilo nell’edicola digitale

 

30 gennaio 2014

Energia eolica in Danimarca al 55% per tutto il mese di dicembre

Tratto da Ecoblog

Energia eolica in Danimarca al 55% per tutto il mese di dicembre

Il record danese è avvenuto grazie ai continui investimenti nelle rinnovabili e mostra che la rete è in grado di gestire la potenza intermittente del vento


Durante lo scorso mese di dicembre la produzione eolica ha fornito il 55% dell’energia elettrica della Danimarca. E’ una buona notizia, non solo per i danesi, ma per tutto il mondo, perchè mostra che se si fanno gli adeguati investimenti, la rete elettrica è perfettamente in grado di assorbire e gestire la potenza intermittente del vento, con buona pace di tutti i profeti di sventura che in questi anni hanno più volte detto che era impossibile o troppo problematico.
Il fatto significativo è che questo record è mediato su tutto il mese e non riguarda solo i momenti ecczionali di tempesta, come è accaduto ad esempio in Germania.
Nella notte tra il 30 novembre e il 1° dicembre la produzione danese di energia dal vento ha pesino superato la domanda, raggiungendo il 138%. In questi casi l’energia viene esportata, come mostra in tempo reale il sito Energinet: nel momento in cui scrivo la Danimarca sta esportando circa 1 GW di potenza verso la Germania e la Svezia.
Il record è stato raggiunto anche grazie ai nuovi investimenti che hanno portato nel 2013 il parco eolico da 4,2 a 4,8 MW e la produzione da 10,3 a 11,1 TWh. L’obietivo è il raggiungimento del 50% dei consumi entro il 2020.
Qui è appena il caso di ricordare che l’Italia produce più energia dal vento della Danimarca, visto che nel 2013 ha quasi raggiunto i 15 TWh. Il vento tra il Mare del Nord e il Baltico è più forte che nel mediterraneo, ma i siti italiani disponibili sono più numerosi, compresi quelli in cui alcuni integralisti (utili idioti delle lobby fossili) vorrebbero impedire l’installazione delle turbine.
Stralcio da Il Fatto Quotidiano

Ilva, la magistratura può fermare gli impianti

di
 .....La Corte Costituzionale ritenne infatti di dare un parere di costituzionalità a condizione che l’Aia venisse applicata scrupolosamente e integralmente. L’Aia è l’autorizzazione integrata ambientale che, come è noto, l’Ilva non sta rispettando. Quindi la Corte Costituzionale – per quanto la sentenza abbia fatto discutere – non salvava l’Ilva sollevandola dalle sue responsabilità ma la gravava di nuove responsabilità, come si evince da questo passaggio della sentenza della Corte: “I motivi di tale aggravamento di responsabilità si possono rinvenire nell’esigenza di prevedere una reazione adeguata delle autorità preposte alla vigilanza ed ai controlli rispetto alle eventuali violazioni in itinere delle prescrizioni Aia da parte di una impresa, già responsabile di gravi irregolarità, cui è stata concessa la prosecuzione dell’attività produttiva e commerciale a condizione che la stessa si adegui scrupolosamente alle suddette prescrizioni”. La Corte Costituzionale condizionava cioè il parere di costituzionalità all’applicazione scrupolosa dell’Aia e richiamava l’attenzione sul fatto che la magistratura può intervenire nel caso la non applicazione dell’Aia possa generare situazioni di pericolo. Si legge nella sentenza della Corte: La deviazione da tale percorso, non dovuta a cause di forza maggiore, implica l’insorgenza di precise responsabilità penali, civili e amministrative, che le autorità competenti sono chiamate a far valere secondo le procedure ordinarie“. 
   
Quindi, chiarita la natura dell’Aia riesaminata, che è atto amministrativo e che  “tale rimane … anche secondo la disciplina dettata per l’Ilva di Taranto” (Corte Cost. sent. 85/2013, punto 10.3, pag. 60), i giudici della Corte Costituzionale hanno affermato (punto 10.1, pag. 59): Il richiamo operato in generale dalla legge [all’AIA riesaminata, n.d.r.]  ha il valore di costante condizionamento della prosecuzione dell’attività produttiva alla puntuale osservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento autorizzatorio, che costituisce l’esito della confluenza di plurimi contributi tecnici ed amministrativi in un unico procedimento, nel quale, in conformità alla direttiva n. 2008/1/CE, devono trovare simultanea applicazione i princìpi di prevenzione, precauzione, correzione alla fonte, informazione e partecipazione, che caratterizzano l’intero sistema normativo ambientale”. 
Perché richiamiamo questi passaggi della Corte Costituzionale?
Perché l’ultimo provvedimento Salva Ilva (parliamo della conversione in legge non ancora avvenuta del decreto sulla Terra dei fuochi e sull’Ilva) dichiarerà che l’Ilva è a norma anche se l’Aia non viene applicata per intero e anche se non viene rispettato il cronoprogramma. Per il subcommissario Ilva Edo Ronchi basta che siano fatte settanta prescrizioni su cento per essere a norma. Che trenta importanti prescrizioni rimangano inattuate, non fa nulla, si chiude un occhio. Come a dire: che volete, non pretendete troppo da noi, anche noi non ce la facciamo a fare quello che non ha fatto Riva, apprezzate almento la buona volontà, non ci sono i soldi per fare tutto quello che si dovrebbe fare. 
Ossia l’ultimo provvedimento consente di fare proprio ciò che la Corte Costituzionale si era raccomandata di non fare.
Siamo all’Aia all’italiana, realizzata solo in parte, come a dire che le auto italiane sono autorizzate a circolare con le gomme lisce e senza le luci posteriori funzionanti. Una cosa che la Commissione Europea ritiene abnorme e assurda, tanto da aver aperto una procedura di infrazione. Procedura che qualche europarlamentare chiede che vada accelerata al massimo.
Ma siamo anche fuori dal binario fissato dalla Corte Costituzionale.
Il nuovo provvedimento per l’Ilva è – va ribadito – uno strappo alle raccomandazioni della Corte Costituzionale che non forniva un disco verde senza condizioni.......

Adesso ci sono le condizioni perché a difendere i tarantini scenda di nuovo in campo la magistratura.

Chiudere tutti i camini: a Brindisi si riapre l'AIA della centrale Enel Federico II di Cerano.

Tratto da Speziapolis

foto A. Bertelà
La regione Puglia chiede la riapertura dell'AIA della centrale Enel di Cerano (Brindisi) a causa del ripetuto superamento del limiti di emissione del PM10 nel Comune di Torchiarolo e del nuovo Piano di Risanamento della Qualità dell'Aria. 

Aveva fatto sorridere nel 2011 la guerra ai camini sferrata dal Sindaco Giovanni Del Coco, deciso a combattere le polveri sottili nel suo comune. Il divieto riguardava anche la combustione della legna in campagna.
.............Il provvedimento aveva strappato battute ironiche sui SN e qualche arrabbiatura: vedrai che ora la causa del superamento dei PM sono i camini - si scriveva su twitter - e la centrale dell'Enel con le sue 15mila tons di CO2/anno e tutto ciò che si portano appresso? 
 
  Nel 2011 sapevamo già (ARS) che la combustione della legna è altrettanto inquinante di quella del carbone - a maggior ragione se non ci si cura dei filtri di stufe e camini o addirittura la si brucia all'aperto - ma la IARC non aveva ancora inserito lo smog e la combustione delle biomasse tra i cancerogeni certi per l'uomo. 
Ma nel 2011 sapevamo anche che il contributo della centrale Enel di Brindisi non poteva non essere chiamato in causa.
Si è dovuti arrivare alla fine del 2013 (dopo che si era lasciato andare l'appuntamento dell'AIA del 2012) perchè la Regione Puglia scrivesse una letterina al Ministero dell'Ambiente chiedendo la riapertura dell'AIA, l'inserimento dei regimi transitori nel calcolo delle emissioni e la riduzione del 10% delle emissioni di PM.
.....
p.s.
nel frattempo in Liguria la Regione ha legalizzato la combustione degli sfalci agricoli e a Savona la Procura seguita nella sua inchiesta vs Tirreno Power. Dopo che a Porto Tolle ci sono in ballo oltre trenta miliardi di danni ambientali e qualche anno di prigione, richiesti per la filiera del comando di Enel. Alla Spezia si aspetta l'intervento della magistratura a fronte degli esposti sulla centrale Enel, a partire dalla confusione della politica e dall'ambiguità di Enel (qui). 
E le evidenze scientifiche della nocività del carbone? Quelle magari tra una ventina d'anni, con buona pace nostra e dei cambiamenti climatici.
Postato da

29 gennaio 2014

IL CASO SORGENIA


Il caso Sorgenia, pupilla offuscata del sistema De Benedetti

 

L’energia dell’Ingegnere e del figlio Rodolfo stretta tra combustibili tradizionali e “green”: ora vale zero

La compagnia energetica Sorgenia, di cui la conglomerata debenedettiana Compagnie Industriali Riunite (Cir) è l’azionista di maggioranza, è in crisi di liquidità e nel corso degli ultimi quattro anni ha accumulato debiti complessivi per 2,2 miliardi di euro, tra debiti da rimborsare e crediti verso venti banche, tra cui le principali sette del paese, le più esposte (Monte dei Paschi di Siena, azionista Sorgenia, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi, Bmp, Banco Popolare e Mediobanca). 
Il management di Cir e Sorgenia sta lavorando per cercare un accordo con gli istituti di credito in modo da convincerli a farsi in parte carico di una manovra finanziaria (aumento di capitale, cessione di asset o altro) da almeno 600 milioni di euro per alleviare il fardello
Per capire quanti soldi dovranno uscire da Cir e quanti andranno in carico alle banche oggi si terrà un incontro tra tutte le parti coinvolte, secondo indiscrezioni raccolte sulla piazza milanese. Stando a indiscrezioni di Mf/Milano Finanza e del Messaggero, i De Benedetti dovrebbero sborsare tra i 200 e i 300 milioni di euro – cifra desiderata dalla banche – vincendo così la riluttanza che in passato li ha contraddistinti nell’iniettare soldi liquidi, anziché fare operazioni finanziarie a debito...... Dopo molte operazioni fatte a leva, anzi a levissima, se la proprietà non mette capitale vuol dire che non crede nell’azienda. Sarebbe un’altra storia di capitalismo straccione”. 

Le difficoltà di Sorgenia sono esplose negli ultimi mesi ma erano note. Tant’è che a luglio il vertice di Sorgenia è stato riorganizzato: i De Benedetti hanno chiamato a gestire il riassetto un esperto sia di energia sia di finanza come Andrea Mangoni......
L'ingegnere prende la scossa
Ora Sorgenia viene valutata “zero” dai partner di Cir nell’energia, gli industriali austriaci della Verbund dati in uscita dal capitale appena possibile; alcuni analisti concordano altri dicono valga di più. Fatto sta che a prima della crisi era il quinto operatore nazionale ed era considerata il gioiello della holding debenedettiana. 
Per capire come si è prodotto il dissesto bisogna tornare indietro di dieci anni quando Sorgenia decide di indebitarsi e acquistare al prezzo di 400 milioni di euro quattro centrali termoelettriche prevalentemente a gas stipulando contratti vincolanti (take or pay), di fatto più onerosi rispetto alle forniture sul mercato libero (cosiddetto spot). E’ stato un sovrainvestimento che pesa tuttora considerati i ritorni scarsi che generano gli impianti (il cash flow per Sorgenia è solo di 50-100 milioni di euro), ma è stata una scelta strategica che all’epoca sembrava addirittura profittevole, secondo una visione condivisa da economisti ed establishment. Prima della crisi finanziaria Terna, altro operatore dell’energia, considerava sottodimensionato il fabbisogno energetico italiano, servivano più centrali e impianti. All’epoca le previsioni parlavano di un fabbisogno per 83 gigawatt l’ora (per il 2013).
A causa della crisi economica però oggi i consumi energetici nazionali (legati all’andamento del pil) sono tornati ai livelli di dieci anni fa e quelle stime si sono dimostrate eccessive (siamo a 65 gigawatt). Oggi le centrali sono in numero doppio rispetto al necessario e lavorano in media al 15-20 per cento del loro potenziale. Tant’è che il governo Letta con il riborso del “capacity payment” intende rifondare le utilities per l’energia in eccesso, immagazzinata e da liberare per calmierare eventuali scompensi sulla rete. Abbiamo avuto una overdose di impianti che adesso non sono giustificati in relazione ai bisogni energetici dice Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera e autore del saggio “Soft Economy” con postfazione di Carlo De Benedetti – è stata una politica europea sbagliata: il problema adesso è chiudere gli impianti inquinanti”.
Anche la politica nazionale aveva spinto in questa direzione, sviata dalle stime che la crisi ha sconfessato. Fu infatti nel 2002 che il governo Bersani concesse la privatizzazione della Interpower, oggi Tirreno Power, sulla quale i De Benedetti investirono 145 milioni e di cui Sorgenia è rimasto socio di minoranza assieme ai francesi di Gaz de France. Tirreno Power gestisce la centrale a carbone di Vado Ligure finita sotto inchiesta insieme a parte del management da parte della magistratura savonese per “disastro ambientale”, la stessa fattispecie giuridica dell’Ilva. L’azienda respinge ogni accusa.
In ogni caso, la centrale di Vado versa in una drammatica condizione finanziaria – i revisori non hanno firmato i bilanci dell’anno scorso – ora è ripartita dopo uno stop e ieri è stato nominato un nuovo direttore generale, Massimiliano Salvi, altro ex Acea, che si occuperà del complicato riassetto..........
Qui    l'articolo integrale
di Alberto Brambilla
  

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Leggi su Ivg

Tirreno Power, Burlando: “Copertura parchi essenziale, ma aspettiamo le decisioni dell’azienda”.

Tuttavia circolano sempre più insistenti le voci che le dimissioni dell’ormai ex direttore generale possano rappresentare un disimpegno dell’azienda sui progetti di potenziamento e sostituzione degli impianti, anche in relazione al drastico dei consumi energetici sia privati che delle aziende.  Leggi qui

Primo Febbraio, parte la Class Action a Gela contro le emissioni inquinanti: inizia il countdown.


 Tratto da Visione di oggi.it

Primo Febbraio, parte la Class Action contro le emissioni inquinanti: inizia il countdown.

Rosa Battaglia
Tantissime richieste sono giunte alla nostra redazione in merito all'iniziativa avviata dall'imprenditore David Melfa che chiede danni morali, esistenziali, patrimoniali e biologici per le emissioni inquinanti dell'Eni. Ecco che in città nasce l’Associazione Green Antinquinamento, con il compito di coordinare la prima azione civile, intrapresa da un gruppo crescente di cittadini gelesi che chiedono il risarcimento dei danni subiti a carico della Raffineria di Gela. Lo rende noto David Melfa il primo in città a scegliere di avviare l’azione civile risarcitoria. .......Una piattaforma di monitoraggio sul territorio gestita da legali, cittadini, ambientalisti secondo il principio: chi inquina paga.Leggi tutto

 

SIERRA CLUB: IL PRESIDENTE OBAMA HA PERSO UN' OCCASIONE PER GUIDARE IL MONDO VERSO SOLUZIONI ENERGETICHE PULITE

Riceviamo dal Sierra Club.
NON POSSIAMO AVERE ENTRAMBE LE COSE

"Il cambiamento climatico è un dato di fatto.  
E quando i figli dei nostri figli ci guarderanno negli occhi e chiederanno  se abbiamo fatto tutto il possibile per lasciare loro un mondo più stabile, più sicuro, con nuove fonti di energia, noi vogliamo  essere in grado di dire di sì , lo abbiamo fatto. "
- Il Presidente Obama, 28 gennaio 2014

Obama: “Il 2014 anno della svolta”?

Ma nel discorso di questa sera, il presidente Obama ha perso la sua occasione di impegnarsi veramente a quella visione. Finché la sua amministrazione continua a buttare linee di vita a vecchie fonti di energia come il petrolio e il gas, non saremo in grado di guidare il mondo in soluzioni energetiche pulite come l'eolico e il solare......

Help us fight for the planet:
Take Action

28 gennaio 2014

Rinnovo ai vertici di Tirreno Power.

Tratto da Milano  Finanza

Rinnovo ai vertici di Tirreno Power. L'ex genco controllata al 50% da Gdf-SuezItalia e partecipata al 39% da Sorgenia (con il 5,5% a testa figurano anche Hera Iren azioniste di Enegia Italiana), da pochi giorni nell'ambito dell'adeguamento dello statuto ha rinnovato il consiglio d'amministrazione.
In particolare, come emerge dai documenti consultati da milanofinanza.it, lo scorso 20 gennaio il board ampliato da 10 a 11 membri ha eletto come nuovo presidente Mario Franco Leone, già manager di Gdf Suez e Aceaelectrabel, al posto del dimissionario Aldo Chiarini, al quale andrà un emolumento annuo di 125 mila euro,oltre a un bonus variabile fino a un massimo di 50 mila euro.

Successivamente i soci di Tirreno Power hanno deciso di nominare un nuovo direttore generale del gruppo: l'incarico verrà ricoperto da Massimilano Salvi, già ai vertici di Acea Distribuzione, branch della multiutility romana già azionista dell'ex genco. 
Salvi prenderà il posto di Giovanni Gosio.
Nomine che in qualche modo si inseriscono nel piano di ristrutturazione e riorganizzazione del quale si sta discutendo da settimane con le banche esposte con la società per 750 milioni.


Leggi su Primo Canale 
Tirreno Power, si dimette l'amministratore delegato Gosio
Immagine tratta da Il Secolo XIX oggi in edicola

Tirreno Power: arrivano gli ispettori Ispra e Arpal.

Tratto da IVG

Tirreno Power: arrivano gli ispettori Ispra e Arpal. L’azienda: “Controllo programmato”.

Vado L. Da oggi , martedì 28 gennaio, si svolgerà la programmata ispezione di Ispra e Arpal nella Centrale Tirreno Power di Vado Ligure. “Si tratta di una visita periodica stabilita nell’ambito della verifica di attuazione dell’Autorizzazione integrata ambientale, come avviene per tutti gli impianti autorizzati dal Ministero dell’Ambiente e delle Tutela del Territorio e del Mare” afferma l’azienda in una nota.
La verifica, eseguita da personale dell’Ispra e dell’Arpal, valuterà lo stato di attuazione del’Aia, per dare indicazioni riguardo alle prescrizioni attuate e da attuare ed effettuare le misurazioni indicate nel programma.
L’attività prevede una serie di verifiche e di misurazioni riguardanti aria e acque descritti nel dettaglio nel documento di programmazione annuale di Ispra per tutti gli impianti provvisti di Aia nazionale.

 




27 gennaio 2014

PANORAMA:I problemi di De Benedetti e di Tirreno Power

Tratto da Panorama

I problemi di De Benedetti e di Tirreno Power

La centrale, stretta tra debiti e indagini della procura, rischia l’amministrazione controllata....

di Stella Franceschi

Oltre 750 milioni di debiti. Tre top manager inquisiti per disastro colposo, tra cui il capo dell’impianto Pasquale D’Elia, su iniziativa dei pm di Savona Francantonio Granero e Maria Chiara Paolucci. Un azionista di controllo straniero, il colosso francese Gdf Suez, distante e preoccupato; un secondo socio a sua volta in crisi nera per i debiti, l’italiana Sorgenia, del gruppo Cir, che fa capo alla famiglia De Benedetti e agli austriaci della Verbund, in uscita dalla società. 
......E, secondo le voci che circolano da qualche giorno al ministero dello Sviluppo economico, sull’azienda si profila lo spettro dell’amministrazione controllata.
Nel frattempo l’azionista Sorgenia, assistita da Lazard, sta negoziando con le banche creditrici una ristrutturazione del suo monte debiti, ben 2,2 miliardi di euro complessivi......

 Qui l'articolo integrale