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30 settembre 2019

Fan Page /La mappa delle “bombe ecologiche”: oltre sei milioni di italiani in pericolo

Tratto da Fan Page
La mappa delle “bombe ecologiche”: oltre sei milioni di italiani in pericolo

In Italia, quasi 6 milioni di persone vivono in aree contaminate classificate come pericolose. Da Nord a Sud tutte le regione (eccetto il Molise) hanno almeno una potenziale “bomba ecologica”. Sono i Siti di interesse nazionale (Sin), territori da bonificare per evitare danni ambientali e sanitari. Un recente studio ne ha analizzati 45 e il risultato è allarmante: un eccesso di tumori, ospedalizzazioni e malformazioni congenite. Negli ultimi 20 anni sono stati spesi miliardi di soldi pubblici, ma i risultati sono stati alquanto modesti.

Lo studio, a cui hanno collaborato decine di ricercatori ed esperti, ha preso in considerazione 45 siti che dovrebbero essere sottoposti a bonifica. Aree che includono 319 comuni italiani e una popolazione di 5,9 milioni di persone (secondo il censimento del 2011). Ogni regione ha almeno un’area inquinata, ad eccezione del Molise. Nella particolare mappa delle “bombe ecologiche” italiane, spiccano la Campania, dove a farla da padrone è la Terra dei Fuochi, e il Sulcis-Iglesiente-Guspinese, aree industriali inquinate nel sud della Sardegna. Il quadro generale che emerge dalla ricerca è a dir poco drammatico. Il tasso di mortalità, rilevato in un arco temporale di cinque anni (2006-2013), dimostra un eccesso di 5.267 morti nella popolazione maschile e di 6.725 decessi in quella femminile. Numeri implacabili che sono un campanello d’allarme che non può più essere sottovalutato. I dati – precisa lo studio – sono stati calcolati utilizzando come riferimento i tassi di mortalità, di ospedalizzazione e di incidenza tumorale delle regioni in cui sono presenti questi eco-mostri.

Gli effetti della contaminazione di aria, terra e acqua


 In foto :Il petrolchimico di Porto Marghera a due passi da Venezia. Per i lavori di bonifica sono necessari altri 250 milioni di euro

L'inquinamento può derivare da prodotti di scarto delle lavorazioni della chimica e del trattamento dei metalli. Come accade a Porto Marghera, a pochi passi da Venezia, dove le conseguenze per la salute di oltre 260mila abitanti sono terribili. In uno dei siti industriali più estesi ed importanti del territorio nazionale – evidenzia la ricerca – la mortalità è in eccesso, così come sono oltre i limiti, in uomini e donne, i tumori di colon retto, polmone e il mesotelioma della pleura (la sottile membrana che riveste i polmoni, ndr).

Ci si ammala anche per gli scarichi che finiscono nei fiumi, come nel caso del basso bacino del fiume Chienti, che interessa cinque comuni e quasi 100mila persone nelle Marche. In quest’area, SENTIERI ha osservato eccessi nella mortalità e nelle malattie circolatorie. Per le donne, in particolare, sono in dismisura le patologie dell’apparato digerente, mentre negli uomini dell’apparato urinario. Oppure a Biancavilla, in provincia di Catania, dove la presenza di fluoro-edenite, una particella killer simile all'amianto, ha provocato negli ultimi anni 53 decessi per tumore alla pleura. Un numero cinque volte maggiore rispetto alla media nazionale.

Patologie che non risparmiano neppure i più piccoli. Nei 45 siti contaminati oggetto della ricerca, per quanto riguarda l’incidenza dei tumori nella fascia d’età compresa tra 0 e 24 anni, sono stati diagnosticati 666 nuovi casi, pari a un eccesso del 9%. Sarcomi dei tessuti molli (nei bambini), leucemie mieloidi acute (una malattia che si sviluppa a partire dal midollo osseo e che progredisce velocemente), linfomi non Hodgkin e tumori del testicolo, per quanto riguarda giovani adulti.

L’inquinamento ambientale: un danno da miliardi di euro
in foto: Il fumo di un impianto di incenerimento dei rifiuti a Saint–Ouen, alla periferia di Parigi (Gettyimages)

Il danno ambientale è ingentissimo, anche in termini economici. Secondo le stime fornite dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, il pregiudizio causato dalle emissioni di 14mila impianti industriali più inquinanti nel continente, oscilla tra 329 e 1.053 miliardi di euro nel quinquennio 2008-2012. “In Europa – scrivono gli autori di SENTIERI – le attività industriali hanno lasciato un'eredità di migliaia di aree contaminate da sostanze chimiche tossiche tali da costituire una minaccia attuale o potenziale per la salute delle popolazioni residenti, tra cui i soggetti più vulnerabili quali i bambini”.  Sebbene il contenimento delle emissioni industriali sia migliorato negli ultimi decenni – riconosce lo studio – il settore industriale è comunque responsabile di quantità significative di inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo, nonché della produzione di rifiuti. Insomma, bisogna agire, senza più indugi. A dimostrarlo, ancora una volta, sono i numeri: in ambito europeo, sono oltre 340mila i siti contaminati, dei quali solo il 15% sottoposto a interventi di risanamento ambientale. In Italia, l'Ispra (l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ne ha individuati più di 12mila potenzialmente inquinanti, distribuiti su tutto il territorio italiano. Di questi, 58 sono definiti come gravemente inquinati e a elevato rischio sanitario..Continua su Fan Page

28 settembre 2019

Ansa: Lo smog potrebbe aumentare il rischio di morte dei bimbi


Tratto da Alto Adige 

Lo smog potrebbe aumentare il rischio di morte dei bimbi

(.ANSA) - ROMA, 27 SET - L'inquinamento atmosferico, in particolare dovuto al traffico e all'attività industriale, è risultato collegato ad aumento di mortalità neonatale e infantile. È quanto emerso da un maxi-studio che ha coinvolto quasi 8 milioni di nati e che sarà presentato domenica a Madrid al Congresso della European Respiratory Society International
In particolare lo studio ha evidenziato il ruolo di alcuni inquinanti specifici: il particolato fine (PM10), il diossido di azoto (NO2) - prodotti dal traffico - e il diossido di zolfo (SO2) - prodotto dall'attività industriale - sono associati a un aumento del 20-50% del rischio di morte per i bimbi nati nelle aree più inquinate rispetto ai nati nelle aree meno inquinate. 
Gli esperti hanno esaminato il rischio di morte (dalla nascita fino a un anno di vita) dei nati tra 2001 e 2012 in diverse regioni della Gran Bretagna e diviso i bambini per area di residenza, andando poi a confrontare anno per anno i dati sull'inquinamento di ciascuna area. È emerso che, rispetto ai bambini residenti nelle aree meno inquinate, i piccoli residenti nelle aree più inquinate presentavano un rischio di morte infantile (da zero a un anno di vita) per ogni causa del 20-40% maggiore, un rischio di morte neonatale (nei primi 28 giorni di vita) del 20-40% maggiore e un rischio di morte post-neonatale (mortalità tra 28 giorni e un anno di vita) del 30-50% maggiore. "Abbiamo visto che NO2, PM10 e SO2 sono ciascuno legato a vari livelli di rischio di morte infantile per qualunque causa" - sottolinea l'autrice del lavoro Sarah Kotecha, della Cardiff University School of Medicine - cosa importante perché evidenzia la necessità di prestare attenzione a tutte le differenti fonti di inquinamento. (ANSA).

27 settembre 2019

Savona 27 settembre 2019 : Terzo evento mondiale per il clima.

Oggi a Savona Terzo evento Mondiale per il clima  Ore 16 Piazza Sisto IV
Riceviamo dagli amici di Fridays for Future  e pubblichiamo 
A tutti i cittadini🌍 
di tutte le età, nazionalità, culture,religioni!!!

🌻Venerdì 27 Settembre, domani, si terrà il terzo evento mondiale per il Clima. 
Per questa giornata noi di FridaysForFuture Savona abbiamo deciso di incontrarci tutti in Piazza Sisto dalle ore 16 alle ore 19 per manifestare insieme e far la nostra parte per un futuro migliore. 
Ci saranno laboratori pratici per tutte le età, interventi e letture per informarci e confrontarci, associazioni che ci faranno giocare e ci intratterranno, trucca bimbi e molto altro!  
Siamo tutti coinvolti in questa emergenza! 
Vi chiediamo di spargere la voce fra i vostri amici e  conoscenti, e di partecipare! 🌊Ci aspettano incontri, artisti, laboratori, musica e riflessioni da fare insieme! 
🔥Alle 17.30 ci sposteremo in Piazza Mameli seguendo il codice stradale per il suono della campana! 
🌪Portate amici, conoscenti, parenti: perchè il problema dei cambiamenti climatici e ambientali riguarda TUTTI!!!!
🍃L'evento sarà assolutamente NONVIOLENTO, APARTITICO (no bandiere), e lasceremo dietro di noi ordine e pulizia (NO LACRIMOGENI O FUMOGENI). 
🌻Vi aspettiamo!!!
Il futuro è nelle nostre mani, diamoci da fare!    

25 settembre 2019

Lettera al Presidente del Consiglio: L'ILVA è un climate monster

Tratto da Peacelink
Lettera al Presidente del Consiglio dal Prof. Alessandro Marescotti
Ilva

L'ILVA è un climate monster

E' la prima fonte di CO2 in Italia se si conteggiano anche le due centrali termoelettriche CET2 e CET3 che ricevono i gas di cokerie e altoforni, bruciandoli e liberando una quantità imponente di gas serra
24 settembre 2019
Associazione PeaceLink
Al Presidente del Consiglio 
Prof. Giuseppe Conte

Gentile Presidente,
come tutti noi, anche lei avrà ascoltato le dure parole di Greta Thunberg sui cambiamenti climatici.

Le emissioni di CO2 costituiscono una minaccia per il futuro.
E’ bene non avere reticenze e dire tutta la verità. Ma in Italia la verità sulla CO2 non è ancora stata detta tutta.

UN CLIMATE MONSTER

In Italia infatti la massima fonte globale di emissioni di anidride carbonica (CO2) è costituita dalla somma della CO2 dello stabilimento siderurgico di Taranto con la CO2 delle sue due centrali termoelettriche connesse. 
Le scriviamo per comunicarle i numeri che fanno di tale stabilimento un mostro climatico.
 
Non a caso i suoi impianti sono ancora sotto sequestro e funzionano solo in virtù di deroghe e di proroghe a base di una lunga serie di decreti legge che non fanno onore all’Italia. Le ricordiamo che lo Stato italiano è stato recentemente condannato dalla Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) per non aver protetto la popolazione. Ciò nonostante ad ArcelorMittal è stata garantita l'immunità penale fino al 2023. 

Le scriviamo per sollecitare la sua attenzione sul fatto che lo Stato italiano ha accumulanto un'enorme responsabilità per non aver agito.

Non ha agito per tutelare Taranto. Non solo. Non ha agito per tutelare l'intero Pianeta dal cambiamento climatico, a cui le emissioni di CO2 dello stabilimento siderurgico contribuiscono in modo significativo.
Siamo davanti a una fonte emissiva senza pari in Italia. Infatti lo stabilimento siderurgico di Taranto svetta su tutti superando i dieci milioni di tonnellate annue di CO2 se si considerano anche le centrali termoelettriche connesse. I dati che con questa lettera elenchiamo sono di una evidenza scientifica inoppugnabile e vogliono ristabilire la giusta informazione sulle emissioni del ciclo siderurgico integrale.....

Sommando alle emissioni di CO2 dello stabilimento (4.700.000 tonnellate/anno) anche le emissioni di CO2 delle due centrali termoelettriche CET2 e CET3 (3.046.760 + 2.941.890 = 5.988.650) si ottiene un totale di 10.688.650 tonnellate/anno di CO2 provenienti dal ciclo siderurgico integrale
Con questi numeri lo stabilimento siderurgico di Taranto diventa la prima fonte emissiva di CO2 in Italia.

Perché questa informazione non circola?


UN APPELLO ALL'AZIONE
Signor Presidente, la invitiamo ad occuparsi personalmente della massima fonte emissiva di CO2 in Italia: l'ILVA di Taranto.

Lei ha detto all’ONU che l’Italia è in prima linea per l'ambiente. 
Ce lo dimostri spiegando come intende contrastare la minaccia climatica delle emissioni siderurgiche a Taranto. E agendo di conseguenza.

Cordiali saluti e buon lavoro

Prof. Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink
www.peacelink.it

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Leggi anche su Peacelink
Viviamo accanto a una fabbrica di cancro"

La BBC racconta la lotta delle famiglie di Taranto contro la polvere tossica

Storie e battaglie dei genitori tarantini uniti per tutelare la salute dei loro figli nel racconto della TV britannica.
22 settembre 2019
Denise Hruby & Thomas Cristofoletti
Fonte: bbc.com - 17 settembre 2019
Taranto, Italy
Il dipinto di Carla Lucarelli dopo la morte di suo figlio a 15 anni.
Una madre culla suo figlio. Gli occhi della madre sono affettuosi, ma il suo seno si è trasformato in una ciminiera e sta allattando il suo bambino con fumi tossici invece che con latte nutriente.
Questa è l'immagine ritratta in uno dei primi dipinti di Carla Luccarelli, dopo la morte di suo figlio Giorgio all'età di 15 anni.
Le ciminiere, spiega Carla, raffigurano i camini di Ilva, la più grande fabbrica d'acciaio in Europa. È a Taranto, una città costiera nel sud Italia.
"Viviamo accanto a una fabbrica di cancro", dice.
I suoi dipinti non sono solo un modo per incanalare il dolore, ma una forma di protesta contro l'enorme impianto, il governo che gli consente di operare, e il suo nuovo proprietario ArcelorMittal, il più grande produttore mondiale di acciaio.....
Dal 2011, la Corte di Giustizia Europea (CGE) ha ripetutamente dichiarato che l'impianto di Ilva viola gli standard ambientali. La Corte di Giustizia Europea ha ordinato al governo italiano di agire - con scarso successo. Nella sua sentenza più recente dello scorso gennaio, ha rilevato l'incapacità del governo di proteggere i suoi cittadini dall'inquinamento che mette in pericolo la loro salute.
Nemmeno i tribunali italiani hanno avuto successo....

24 settembre 2019

Il vertice sul clima di New York e l’impegno che servirebbe

Tratto da Qualenergia
Il vertice sul clima di New York e l’impegno che servirebbe: cosa ci dice la scienza
Le maggiori organizzazioni scientifiche mondiali hanno diffuso una sintesi dei dati più importanti sui cambiamenti climatici. Bisogna almeno triplicare gli sforzi per ridurre le emissioni.
Mentre è in corso il vertice speciale dell’ONU sul clima a New York – il Climate Action Summit, l’incontro voluto dal segretario generale Antonio Guterres per fare il punto sulle misure con cui ridurre le emissioni inquinanti – e mentre proseguono le manifestazioni globali di studenti e cittadini contro il cambiamento climatico, le principali organizzazioni scientifiche hanno diffuso un nuovo “super-documento”.
Come ricorda già dal titolo, United in Science, il rapporto è una sintesi di tutta la scienza più recente sul clima, con i contributi, tra gli altri, della World Meteorological Organization (WMO), del programma ambientale dell’ONU (Unep, United Nations Environment Programme) e dell’IPCC, l’organismo internazionale che studia i cambiamenti climatici (Intergovernmental Panel on Climate Change).
messaggi-chiave sono riassunti nello schema seguente.
Il punto fondamentale, rimarcato dagli scienziati, è l’enorme “buco” tra gli obiettivi stabiliti negli accordi di Parigi per la riduzione delle emissioni e i risultati raggiunti finora.
Così le attuali politiche sono del tutto insufficienti.
Gli sforzi per tagliare le emissioni andranno triplicati al 2030 per provare a limitare l’aumento delle temperature medie terrestri a 2 gradi centigradi, perfino quintuplicati per rimanere agganciati al traguardo di +1,5 gradi di surriscaldamento, secondo le stime elaborate dall’Unep.
Intanto nel 2018, si legge nella sintesi online dei dati, le emissioni di CO2 sono cresciute del 2% in confronto ai dodici mesi precedenti, toccando il record di 37 miliardi di tonnellate; peraltro, non c’è alcun segno di un’inversione stabile di tendenza né di un prossimo “picco” delle emissioni.
Mentre la WMO evidenzia che il 2015-2019 con ogni probabilità diventerà il quinquennio più caldo della storia con una media di +1,1 gradi centigradi in confronto all’epoca preindustriale (1850-1900) e una serie di conseguenze negative per il nostro Pianeta, come l’intensificarsi dello scioglimento dei ghiacci artici e il costante aumento della concentrazione di gas-serra nell’atmosfera.
Ricordiamo poi che l’IPCC ha pubblicato ad agosto un rapporto speciale sulle relazioni tra cambiamenti climatici e utilizzo eccessivo dei suoli da parte dell’uomo: il messaggio degli scienziati allora è duplice, perché bisogna non soltanto ridurre con urgenza le emissioni, ma anche definire politiche per tutelare gli ecosistemi, proteggere le foreste e alleggerire la pressione umana sulle risorse naturali.

Greenpeace Summit ONU sul clima: è ora di agire

Tratto da Greenpeace

Summit ONU sul clima: è ora di agire


Non solo annunci e promesse, per cambiare davvero paradigma di sviluppo e contrastare l’emergenza climatica in corso, servono piani concreti: è quello che chiediamo al premier Conte e al suo governo e ai leader riuniti oggi a New York, per il Summit delle Nazioni Unite sul clima.
Il meeting ONU si tiene durante la Global #WeekForFuture organizzata dal movimento Fridays For Future, settimana di manifestazioni per il clima che si concluderà venerdì 27 con uno sciopero globale. Sette giorni di mobilitazioni contro i cambiamenti climatici, appuntamento a cui aderiamo ufficialmente anche in Italia.
In occasione del vertice – convocato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres per rafforzare gli impegni nazionali in materia di clima – abbiamo presentato le nostre richieste al Governo:
  1. rivedere il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) con obiettivi coerenti con l’azzeramento delle emissioni di CO2 entro il 2040, con un piano energetico basato al 100% su rinnovabili ed efficienza energetica;
  2. definire un piano che conduca allo stop dal 2028 della vendita di auto con motore a combustione interna;
  3. eliminare l’uso di biocarburanti di prima generazione, come l’olio di palma;
  4. promuovere l’abolizione dei sussidi agli allevamenti intensivi e utilizzare questi fondi per sostenere aziende agricole che producono con metodi ecologici;
  5. spostare progressivamente i sussidi dati alle fonti fossili verso misure di efficienza e verso la promozione delle rinnovabili.
Il summit ONU di New York si tiene a quasi un anno dall’allarme lanciato dal Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) che, lo scorso ottobre, ha sottolineato come sia urgente agire al più presto per cercare di mantenere la temperatura media globaleentro 1,5°C. Poche settimane fa lo stesso IPCC ha reso noto che la temperatura sulla terraferma è già aumentata di 1,53°C, rispetto a una media globale di 0,83°. Una media che tiene conto della temperatura degli oceani e delle terre emerse.

Non è più il momento di tergiversare, ma occorre intervenire subito, abbandonando le politiche che ci hanno portato alla situazione attuale, e mettere finalmente in pratica provvedimenti incisivi contro i cambiamenti climatici!

23 settembre 2019

Greta Thunberg:"Non è questo il tempo e il luogo per i sogni.Questo è il momento della storia in cui abbiamo bisogno di essere del tutto svegli".

Tratto da Il Cambiamento 
Greta Thunberg: «L'emergenza climatica non è occasione per fare affari, non tollera furberie o scorciatoie»

di Sonia Savioli 23-09-2019
Vi riportiamo il discorso che Greta Thunberg ha pronunciato davanti al Congresso americano, citando anche Martin Luther King. «Questa è prima di tutto un'emergenza e non un'emergenza qualsiasi. Questa è la più grande crisi che l'umanità abbia mai affrontato. E dobbiamo trattarla in quanto tale» ha detto.

Ecco il testo integrale del discorso.

«Mi chiamo Greta Thunberg, ho sedici anni e sono svedese. Vi ringrazio per essere qui con voi, negli Stati Uniti, una nazione che per molta gente è il paese dei sogni.

Anch'io ho un sogno: che i governi, i partiti politici e le grandi aziende colgano l'urgenza della crisi climatica ed ecologica, si uniscano nonostante le loro differenze, come dovrebbe accadere in un'emergenza, e attuino le misure necessarie per salvaguardare le condizioni di una vita dignitosa per tutti sulla terra.


Perché allora noi, milioni di ragazzi in sciopero dalla scuola, potremo tornare di nuovo a scuola.

Ho un sogno: che le persone al potere, così come i media, comincino a trattare questa crisi come l'emergenza esistenziale che è, così che io possa tornare a casa da mia sorella e i miei cani. Perché mi mancano. In effetti io ho molti sogni. Ma questo è l'anno 2019, non è questo il tempo e il luogo per i sogni.Questo è il momento della storia in cui abbiamo bisogno di essere del tutto svegli.

E sì, abbiamo bisogno di sogni, non possiamo vivere senza sogni ma c'è un tempo e un luogo per ogni cosa, e i sogni non possono avere niente a che fare con la necessità di dire le cose come sono. E invece, dovunque io vada, mi sembra di essere circondata dai racconti delle fate. Uomini d'affari, uomini politici di ogni partito che passano il loro tempo inventando e raccontando favolette che ci tranquillizzano, che ci fanno addormentare. Storielle accomodanti su come risolveremo tutto. Su come tutto sarà meraviglioso quando avremo risolto ogni cosa.

Ma il problema che abbiamo di fronte non è l'incapacità di sognare o immaginare un mondo migliore. Il problema ora è che abbiamo bisogno di svegliarci. E' tempo di guardare in faccia la realtà, i fatti, la scienza. E la scienza non parla di "grandi opportunità di creare la società che abbiamo sempre voluto". Ci parla di indicibili sofferenze umane, che diventeranno sempre peggiori quanto più a lungo tarderemo ad agire. A meno che non agiamo subito. E certo, la trasformazione sostenibile della società presenterà molti benefici. Ma dovete capire che questa non è principalmente l'opportunità di creare "lavoro verde", nuovi mercati o una crescita economica "verde". Questa è prima di tutto un'emergenza e non un'emergenza qualsiasi. Questa è la più grande crisi che l'umanità abbia mai affrontato. E dobbiamo trattarla in quanto tale, così che la gente possa capire e cogliere l'urgenza. Perché non potete risolvere una crisi se non la trattate come una crisi. Smettete di dire alla gente che tutto andrà bene perché di fatto, per come è ora la situazione, non potrà andar tutto bene. Questo non è qualcosa che potete confezionare e vendere, o metterci "mi piace" sulle reti sociali.

Smettete di avere la pretesa che le vostre idee di mercato, il vostro partito politico possa risolvere ogni cosa. Dobbiamo comprendere che ancora non abbiamo tutte le soluzioni. A meno che queste soluzioni non significhino semplicemente smettere di fare un certo tipo di cose.

Cambiare una fonte di energia disastrosa con una leggermente meno disastrosa non è un progresso. Esportare le nostre emissioni oltre oceano non significa ridurre le emissioni. Falsare i conti non ci aiuterà, questo è il vero cuore del problema.

Alcuni di voi forse avranno sentito dire che avevamo dodici anni a partire dal 1 gennaio 2018 per ridurre della metà le nostre emissioni di anidride carbonica, ma sospetto che difficilmente qualcuno di voi abbia saputo che così abbiamo il 50% di possibilità di rimanere sotto 1.5 gradi Celsius di crescita della temperatura globale rispetto ai livelli preindustriali. Il cinquanta per cento.

E questi calcoli, i più attendibili scientificamente, non includono punti di non ritorno imprevedibili conseguenti a reazioni come la fuoriuscita del metano, potente gas serra, dal permafrost artico che si sta scongelando rapidamente. O quel riscaldamento che ora si trova intrappolato dall'inquinamento dell'aria. O l'aspetto dell'equità: la giustizia climatica.

Dunque un cinquanta per cento di possibilità, il classico "testa o croce", non può essere considerato sufficiente. Non si può moralmente difenderlo. Qualcuno di voi salirebbe su un aereo sapendo che ha il cinquanta per cento delle probabilità di precipitare? O meglio ancora: mettereste i vostri figli su quel volo?

E perché è così importante rimanere sotto 1.5 gradi? Perché la scienza unanime ci dice che solo questo eviterebbe di destabilizzare il clima, ci darebbe la sicurezza di non dare inizio a una serie irreversibile di reazioni a catena al di là di ogni possibile controllo umano. Anche con 1 grado di riscaldamento stiamo assistendo a un'inaccettabile perdita di vite e di risorse vitali.

E allora da dove cominciamo? Io suggerisco di cominciare dal capitolo 2, pagina 108, della relazione dell'IPCC dello scorso anno. Proprio lì dice che, se vogliamo avere il 67% delle possibilità di limitare la crescita della temperatura sotto 1.5 gradi, il 1 gennaio 2018 ci restavano da emettere non più di 420 gigatonnellate di anidride carbonica. E naturalmente ora questa quantità è molto minore, dato che emettiamo 42 gigatonnellate di anidride carbonica ogni anno. Con le emissioni attuali, la quantità che ci rimane se ne sarà andata in meno di 8 anni e mezzo. Queste cifre non sono mie opinioni. Non sono le opinioni di qualcuno, o delle idee politiche. Questa è la migliore scienza disponibile oggi. Sebbene un gran numero di scienziati suggerisca oggi che questi calcoli sono troppo ottimisti, sono quelli accettati da tutti i paesi attraverso l'IPCC.

Vi prego di notare che questi calcoli riguardano il pianeta globalmente, per cui non considerano l'aspetto dell'equità, stabilito chiaramente dall'accordo di Parigi, che bisogna assolutamente far funzionare su scala planetaria; il che significa che i paesi ricchi devono comportarsi correttamente e raggiungere l'obiettivo di zero emissioni più velocemente, per permettere ai popoli dei paesi poveri di innalzare il loro livello di vita e poter costruire alcune infrastrutture che noi già abbiamo, come strade, ospedali, scuole, acqua potabile ed elettricità.

Gli USA sono il più grande inquinatore e produttore di anidride carbonica della storia. Sono anche il più importante produttore di di petrolio al mondo. E tuttavia siete anche la sola nazione al mondo che ha dichiarato la propria ferma intenzione di abbandonare l'Accordo di Parigi. Perché, è stata la ragione dichiarata, "è un cattivo affare per gli Stati Uniti".

420 gigatonnellate di anidride carbonica rimaste come emissioni dal 1 gennaio 2018 per avere il 67 per cento delle probabilitò di rimanere sotto 1.5 gradi di riscaldamento globale. E ora ci rimangono meno di 360 gigatonnellate. Questi numeri sono molto sgradevoli ma la gente ha il diritto di conoscerli. E la grande maggioranza non ha nemmeno idea che questi numeri esistano. In effetti, nemmeno i giornalisti che incontro sembrano conoscerli, per non parlare dei politici. E nonostante ciò tutti loro sembrano così sicuri che i loro programmi risolveranno la crisi.

Ma come si può risolvere un problema che nemmeno si comprende? Come possiamo ignorare il quadro completo della realtà davanti a noi e gli studi scientifici?

Io credo che questo comportamento sia terribilmente pericoloso. E non importa quali siano i motivi politici che hanno condotto a questa crisi, non dobbiamo permettere che continui ad essere una questione di parte. La crisi climatica ed ecologica è al di là dei partiti politici, e il nostro principale nemico oggi non sono i nostri avversari politici. Il nostro principale nemico oggi è un fenomeno fisico, e non si possono fare affari con un fenomeno fisico.

Tutti dicono che fare sacrifici per preservare la vita della biosfera e per assicurare le condizioni di vita delle generazioni presenti e future è una cosa impossibile. E tuttavia gli americani hanno fatto grandi sacrifici per superare terribili minacce prima di ora.

Pensate ai coraggiosi soldati che sbarcarono per primi in Normandia durante la seconda guerra mondiale. Pensate a Marthin Luther King e agli altri 600 leader per i diritti umani che rischiarono tutto per marciare da Selma a Montgomery. Pensate al Presidente Kennedy che nel 62 annunciò che l'America "avrebbe scelto di andare sulla luna entro un decennio e di fare altre cose non perché sono facili ma perché sono difficili".
 
                                       
Ma per ciò che dobbiamo affrontare bisogna che non passiate il vostro tempo a sognare, e che non consideriate questo problema come una battaglia politica da vincere.
E non dovete giocare a testa o croce il futuro dei vostri figli.
Invece, dovete unirvi al seguito della scienza.
Dovete agire.
Dovete fare l'impossibile.
Perché rinunciare non è mai una scelta».

La Stampa .L’Onu avverte i Grandi sull’ambiente: “Basta centrali a carbone entro il 2020”.

Tratto  da La Stampa

L’Onu avverte i Grandi sull’ambiente: “Basta centrali a carbone entro il 2020”

Il segretario Guterres: «Non è più una questione climatica, ma di sopravvivenza». Trump diserta il summit


PAOLO MASTROLILLI

DALL’INVIATO A NEW YORK. Niente più centrali elettriche a carbone dopo il 2020; stop ai sussidi per l’energia fossile, da trasferire invece sulle fonti rinnovabili; piani concreti per ridurre le emissioni dei gas serra del 45% in un decennio, e arrivare a zero emissioni nel 2050. Sono i principali obiettivi che il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres spera di centrare, o quanto meno avvicinare, con il Climate Action Summit di oggi.

Il suo inviato speciale Luis Alfonso de Alba, che ha preparato il vertice, ha spiegato così l’emergenza a La Stampa: «Gli obiettivi sono molto ambiziosi, perché lo richiede l’emergenza in corso. Non abbiamo più tempo per negoziare, il vertice deve rappresentare l’inizio di un nuovo processo per implementare gli impegni presi. Ma quelli di Parigi non bastano più, perché nel frattempo la situazione è peggiorata. Quindi se vogliamo davvero contenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi, gli Stati dovranno raddoppiare o anche triplicare le loro iniziative concrete».

La situazione è drammatica. Secondo i dati dell’Onu, le emissioni globali stanno raggiungendo livelli record, e non danno segno di rallentare. Gli ultimi 4 anni sono stati i più caldi di sempre, e le temperature invernali dell’Artico sono aumentate di 3 gradi dal 1990. I livelli del mare salgono ovunque, e persino la Grande Barriera corallina australiana sta morendo. Guterres ha avvertito che non è più una questione ambientale, ma una vera minaccia per i sistemi di vita, l’alimentazione, la salute e quindi la sopravvivenza di molti Paesi. Una crisi che a causa della scarsità delle risorse, e i danni già causati dai cambiamenti climatici, sta anche provocando tensioni politiche che alimentano guerre, migrazioni e terrorismo.

Nonostante l’emergenza, l’Onu ritiene ancora che agendo subito, nell’arco dei prossimi 12 anni potremmo contenere l’aumento delle temperature sotto i 2 gradi centigradi, anche a 1,5 gradi sopra i livelli dell’epoca pre industriale. Per riuscirci, de Alba ha elencato così gli obiettivi da ottenere al Summit: «Non costruire più centrali elettriche a carbone dopo il 2020, ma nello stesso tempo i Paesi che lo estraggono dovrebbero anche smettere di esportarlo. Cancellare tutti i sussidi statali per l’energia fossile, altrimenti si continuerà ad alimentarla, ed investire invece i soldi nelle fonti rinnovabili che possono rimpiazzarla. I governi devono presentarsi con piani concreti per aumentare i contributi nazionali alla lotta contro il riscaldamento globale da subito, entro il prossimo anno. E questi piani dovranno essere in linea con l’impegno a ridurre le emissioni dei gas serra del 45% in un decennio, e arrivare a zero emissioni nel 2050».

I lavori saranno suddivisi in 9 coalizioni di Paesi, che presenteranno progetti per altrettanti «portafogli di azione». Anche le aziende private dovranno contribuire, come hanno fatto le circa 90 multinazionali del gruppo «We Mean Business», da Nestlé a Nokia, che ieri hanno annunciato l’impegno ad arrivare a zero emissioni entro il 2050, o almeno applicare alla lettera i parametri dell’accordo di Parigi.

La marcia globale di venerdì originata dalla giovane attivista svedese Greta Thunberg ha dato nuovo slancio al vertice, ma restano forti resistenze. .......Continua su 
La Stampa

Ansa : Amianto, in Italia fa 6 mila morti all'anno

Tratto da Ansa 

Amianto, in Italia fa 6 mila morti all'anno

Società di medicina, 410 mld anno impatto costi in Ue

ROMA - "In Italia 6mila persone all'anno continuano a morire per l'amianto". Così il presidente della Società italiana di medicina ambientale (Sima) Alessandro Miani al convegno 'Amianto: gestione del sistema e tutela della salute', oggi al Cnr a Roma.

"L'esposizione ad amianto, infatti, causa tumore polmonare (mesotelioma pleurico), laringeo e ovarico, oltre a condizioni di fibrosi polmonare - osserva Miani -. Nel mondo, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità sono 125 milioni le persone esposte a rischio amianto". "L'impatto dell'amianto per i soli costi diretti (ritiro dal lavoro, cure e morte) nei 28 Paesi dell'Unione europea (Gran Bretagna inclusa) - continua - è pari allo 0,7% del Pil dell'Unione europea", circa 410 miliardi all'anno. "In Italia - sottolinea - ci sono 96mila i siti contaminati da amianto censiti e presenti nel database del ministero dell'Ambiente".

"Per affrontare il problema in modo strutturale - conclude - è necessaria un'azione coordinata che integri tra loro tutti gli enti statali e le amministrazioni territoriali a vario titolo coinvolte, per integrare le azioni sugli aspetti sanitari, previdenziali e ambientali".
 Geologi, ancora problema irrisolto nel nostro Paese
 "L'amianto nel nostro Paese costituisce ancora oggi un problema irrisolto, nonostante la normativa italiana in tema di amianto sia tra le più avanzate in Europa, a distanza di vent'anni dall'emanazione della legge che stabilisce la cessazione dell'impiego dell'amianto (divieto di estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione, produzione di amianto e di prodotti che lo contengono)". Così Vincenzo Giovine, vicepresidente del Consiglio nazionale dei geologi, al convegno 'Amianto: gestione del sistema e tutela della salute', oggi al Cnr a Roma. Il problema dell'amianto, spiega, "tocca da vicino, oltre che l'aspetto sanitario anche quello geologico. La conoscenza geologica può essere, infatti, fondamentale per consentire l'identificazione e la mappatura dei siti caratterizzati dalla presenza di rocce amiantifere che costituiscono un pericolo per la diffusione delle fibre in modo da contribuire alla bonifica e alla messa in sicurezza di tali aree". "Nel territorio italiano infatti - osserva Giovine - sono ancora presenti milioni di tonnellate di materiali contenenti tale sostanza". Per questo, conclude, "il Consiglio nazionale dei geologi con la Società italiana di medicina ambientale (Sima) intende trattare il tema amianto sotto tutti gli aspetti partendo dalla natura di questo materiale di stretta competenza geologica per arrivare alle implicazioni sanitarie dovute ai tragici effetti causati dalle sue fibre".

22 settembre 2019

«SIAMO INARRESTABILI». I giovani si prendono l’Onu

Tratto da bocche scucite

«SIAMO INARRESTABILI». I giovani si prendono l’Onu

Climate change. Summit degli ambientalisti al Palazzo di Vetro. Il presidente Usa e il collega negazionista brasiliano Bolsonaro convitati di pietra. Greta Thunberg e attivisti da Kenya, Fiji e Argentina: i paesi «fuoriusciti» rientrino nell’Accordo di Parigi

Il giorno seguente lo sciopero climatico che ha portato milioni di persone a manifestare per le strade di tutto il mondo, i giovani leader del movimento per l’ambiente si sono riuniti alle Nazioni unite per chiedere azioni radicali per combattere i cambiamenti climatici dovuti al riscaldamento globale.

L’attivista svedese Greta Thunberg, che solo un anno fa aveva iniziato a manifestare per il clima con la sua protesta solitaria davanti al parlamento del suo Paese, ha ripetuto al segretario generale Onu, Antonio Guterres, che «i giovani sono uniti e sono inarrestabili».

«IERI MILIONI DI PERSONE in tutto il mondo hanno marciato e chiesto azioni concrete sul clima, in particolare i giovani», ha detto Thunberg insieme a centinaia di ragazzi provenienti da nazioni di tutto il pianeta.

L’intervento di Thunberg è stato breve, ha lasciato che i giovani attivisti climatici di Kenya, Fiji e Argentina prendessero il microfono durante una sessione di ascolto mattutina. La sessione dei giovani anticipa di un paio di giorni l’arrivo degli adulti che affluiranno alle Nazioni unite domani, per il vertice dell’Assemblea generale sui cambiamenti climatici, dove Thunberg sarà presente.

Komal Karishma Kumar, la giovane attivista climatica delle Fiji, ha invitato i leader mondiali «a non dubitare della scienza» e ha chiesto ad alcuni di «tornare all’ accordo di Parigi”, che invita i Paesi a ridurre le emissioni inquinanti del 40% entro il 2030 (o almeno di provare a farlo). Inutile ricordare che nel 2017 Donald Trump ha ritirato gli Stati uniti dall’accordo. «Ricordate, vi riterremo responsabili – ha detto Kumar – E se non lo sarete, ricordate, ci mobiliteremo per votarvi fuori dal potere».

Il segretario generale Guterres, che ha detto di essere lì come semplice «ascoltatore di note chiave», alla fine della sessione ha detto agli oratori: «Vi incoraggio a rendere responsabile la mia generazione. Credo che ciò che i giovani stiano facendo oggi, ciò che i movimenti di base stanno costruendo, sia assolutamente essenziale affinché le cose accadano. Vi incoraggio ad andare avanti».

20 settembre 2019

L’inquinamento atmosferico può raggiungere il feto: le particelle di carbonio nero riescono ad attraversare la placenta

Tratto da Greenme 

L’inquinamento atmosferico può raggiungere il feto: le particelle di carbonio nero riescono ad attraversare la placenta


placenta feto inquinamento
Particelle di inquinamento atmosferico sono state trovate sul lato fetale della placenta. E’ questo il risultato di uno studio condotto su 28 donne.
La ricerca, condotta da un team della Hasselt University di Diepenbeek, in Belgio e pubblicata su Nature, ha scoperto che l’aria inquinata respirata dalle madri durante la gestazione può arrivare al bambino non ancora nato.
La ricerca ha esaminato 28 placente di neomamme non fumatrici della città di Hasselt, in Belgio. E, triste scoperta, particelle di inquinamento atmosferico (migliaia di minuscole particelle per millimetro cubo di tessuto) sono state trovate sul lato fetale di tutte le placente prese a campione.
I livelli più alti di particelle di carbonio sono stati trovati in 10 madri, proprio quelle che vivevano in zone più inquinate (2,42 microgrammi di nero di carbonio per metro cubo).
Una situazione che ci fa capire come i bambini non ancora nati siano direttamente esposti all’inquinamento prodotto dal traffico automobilistico e dall’uso di carburanti.
Lo studio dimostra dunque e conferma quanto già scoperto da una precedente ricerca: la barriera placentare può essere penetrata da particelle inspirate dalla madre. Il legame tra l’esposizione all’aria inquinata e l’aumento degli aborti, nascite premature e basso peso alla nascita, inizia così ad essere più chiaro anche se ovviamente sono necessari ulteriori studi per accertare il legame tra smog e problemi durante la gravidanza.
La ricerca ipotizza che le particelle stesse possono essere la causa di tali problemi, non solo la risposta infiammatoria che l’inquinamento produce nelle madri.
Il danno ai feti ha conseguenze per tutta la vita e il professor Tim Nawrot dell’Università Hasselt in Belgio, che ha guidato lo studio, ha dichiarato:
Questo è il periodo più vulnerabile della vita. Tutti i sistemi di organi sono in fase di sviluppo. Per la protezione delle generazioni future, dobbiamo ridurre l’esposizione”
E’ evidente che conoscere meglio come l’azione delle particelle di carbonio o nerofumo agiscono sulla gravidanza è importante per tutelare la salute delle donne e dei bambini che vivono in zone inquinate. Per adesso, il consiglio del professor Nawrot è quello di evitare il più possibile le strade trafficate, ovviamente dovrà poi essere risolto il problema a monte, riducendo lo smog dei nostri centri abitati.