UNITI PER LA SALUTE E' UNA ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO ODV APARTITICA, PERSEGUE FINI DI SOLIDARIETA' SOCIALE, CIVILE E CULTURALE: PROMUOVE E SOSTIENE INIZIATIVE,INTERVENTI, INFORMAZIONI FINALIZZATI AL MIGLIORAMENTO DI VITA E DI SALUTE DEI CITTADINI DEL TERRITORIO DELLA PROVINCIA DI SAVONA.
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Costa: siamo dentro i cambiamenti climatici, ora servono azioni concrete
ROMA - Luca Parmitano, dalla stazione spaziale Iss, ha lanciato l'ennesimo allarme sull'estensione e l'impatto - visibile dallo spazio - della crisi climatica in atto, definendo il mutamento climatico come il principale nemico dell'umanità. "Ci è arrivata conferma di quello che noi sosteniamo e che ho sempre sostenuto da quando sono diventato ministro: noi non stiamo immaginando di essere nei cambiamenti climatici, noi siamo dentro i cambiamenti climatici".Sergio Costa, ministro dell'ambiente, lo dice intervenendo in un collegamento con Rainews24. Nessuna novità, è quello che "le Nazioni Unite e i piu grandi scienziati della terra dell'Ipcc, il braccio scientifico dell'Onu, il primo ottobre 29018 hanno certificato", sottolinea costa, "qualcosa più che annunciato". Ciò "vuol dire che tutti insieme, Italia per prima, dobbiamo fare delle azioni concrete", prosegue il ministro. Continua qui
Ambiente e salute: non due ambiti separati, ma anzi estremamente interconnessi. Già il papà della medicina Ippocrate nello scritto Aria, acqua, luoghi aveva ben chiaro quale fosse il ruolo delle condizioni climatiche e ambientali nella genesi delle malattie e aveva fornito utili indicazioni ai medici che volessero "indagare" per scoprire perché le persone si ammalano e quali fattori di rischio è utile rimuovere per favorire la guarigione.
La connessione vale ancora di più nel mondo attuale, in cui sono in aumento fenomeni come le ondate di calore, le calamità naturali, l'inquinamento atmosferico e anche le malattie trasmesse da vettori (ad esempio la febbre gialla, la Dengue, la Chikungunya, il West Nile virus).
L'impatto dei cambiamenti climatici in realtà come il nostro Paese sta esacerbando, secondo un recente rapporto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità riferito proprio all'Italia, le conseguenze derivanti da croniche deficienze infrastrutturali, da inquinamento industriale e dalle caratteristiche idrogeologiche e di vulnerabilità sismica proprie di quest'area geografica.
L'Oms stima che, intervenendo in modo strutturale sul risanamento ambientale, si potrebbe ridurre la mortalità del 20% circa nella sola Europa. Il tema viene affrontato nel volume "Inquinamento ambientale e salute" per una medicina responsabile, a cura di Agostino Di Ciaula, Vitalia Murgia e Maria Grazia Petronio, edito da Aboca.
Nel volume si spiega che sempre l'Oms ha recentemente stimato che un quarto delle malattie e delle morti dovrebbe essere oggi attribuito a fattori ambientali modificabili, e quindi prevenibili. Si evidenzia che vi è una diffusa, ma vaga, consapevolezza che tra i determinanti di salute vi siano cause ambientali come l'accumulo di sostanze inquinanti nell'aria, nell'acqua, nei suoli, nei cibi, così come c'è la consapevolezza di nuove insidie, come la diffusione dei campi elettromagnetici, ma non è sufficiente. In questo contesto i medici possono esercitare un ruolo attivo e centrale, trasferendo sia alle comunità che alle istituzioni le informazioni sui rischi legati alle modificazioni ambientali e sui vantaggi che si avrebbero evitandoli. In un capitolo si analizza la situazione ambientale italiana, esprimendo ad esempio preoccupazione per alcuni provvedimenti sulle aree boschive, o per le "problematiche legate a scarsità delle risorse idriche soprattutto nelle aree interne e nelle regioni meridionali, con picchi di criticità durante la stagione estiva, con una riduzione della disponibilità di acqua che sta però diventando un problema anche nelle regioni del Nord a causa della deglaciazione dei ghiacciai alpini (la più importante riserva idrica in Europa)".
In caso di uno scenario caratterizzato da elevate emissioni, è previsto un incremento delle ondate di calore con proiezioni che vanno da circa 10 giorni nel 1990 a circa 250 nel 2100. Uno dei contesti analizzati è anche l'ambiente urbano, con l'esposizione all'inquinamento, al traffico veicolare e al rumore. Le città, pur occupando solo il 2% circa del territorio terrestre, sono responsabili secondo l'Oms del 60% dei consumi energetici, del 70% delle emissioni di gas serra e del 70% del totale dei rifiuti prodotti. "L'obiettivo per il futuro, oltre a puntare sull'alleggerire il 'carico' sui bambini - spiega la dottoressa Vitalia Murgia, pediatra e una delle autrici dello studio - è far comprendere che a ogni livello tutti possiamo fare qualcosa per cambiare la situazione. Il volume è pensato per un lettore evoluto e per medici che vogliono avere maggiore consapevolezza di come l'ambiente influenzi la salute dei loro pazienti e anche farmacisti".
Sono un medico oncologo ed ematologo, ho lavorato per oltre 30 anni nel reparto di Oncologia di Forlì.Ho cominciato ad interessarmi fattivamente delle problematiche ambientali oltre 10 anni fa, in occasione del raddoppio di potenzialità dei due inceneritori della mia città, Forlì. Con 409 medici della mia città facemmo una petizione per chiedere una diversa gestione dei rifiuti tale da evitare l’ampliamento degli impianti: purtroppo, nonostante anche lo strenuo impegno da parte di cittadini ed associazioni, l’obiettivo non fu raggiunto.
In una delle tante iniziative fatte in quel periodo, esattamente per un Consiglio Comunale aperto il 24 novembre 2005, era stato invitato Lorenzo Tomatis ed io, come tanti altri cittadini di Forlì, mai potremo dimenticare quanto il Prof. Tomatis ci disse prendendo la parola: “le generazioni a venire non ci perdoneranno i danni che noi stiamo loro facendo”.
Queste parole sono state pietre miliari per me e per tanti colleghi perché ci hanno fatto capire che non era più sufficiente dedicarsi solo al versante della diagnosi/terapia,ma era di estrema importanza ridurre le fonti di inquinamento.Sono infatti centinaia e centinaia le sostanze tossiche presenti nei nostri corpi e che passano anche al feto durante la gravidanza, compromettendo non solo la nostra salute, ma anche quella delle generazioni future, che non hanno alcuna colpa dei veleni che lasciamo loro in eredità.
L’amicizia che mi ha in seguito legato a Lorenzo Tomatis fino alla sua prematura scomparsa, l’insegnamento e la testimonianza che ci ha lasciato per una Scienza ed una Medicina che siano sempre e comunque al servizio dell’Uomo e della sua dignità, rappresentano un’eredità tanto preziosa quanto impegnativa.
Con altri colleghi abbiamo raccolto questa sfida e ci sforziamo, a nostra volta, di testimoniare questo impegno promuovendo il concetto che, se vogliamo salvaguardare la salute, dobbiamo operare per ridurre l’esposizione delle popolazioni alle sostanze tossiche e cancerogene.
Questa è la Prevenzione Primaria, che “non porta fama o denari, ma protegge tanto il povero quanto il ricco” e che richiede che strumenti di conoscenza, indipendenti e scientificamente validi, vengano messi a diposizione dei cittadini, questo è quanto cerco di fare impegnandomi nel Comitato Scientifico della Associazione dei Medici per l’Ambiente e in Medicina Democratica.
Emissioni a Borgotaro, Muroni (Leu) interroga tre ministri: "Coinvolgere l'Istituto superiore di sanità"
La deputata porta il caso Laminam in Parlamento e cita le analisi eseguite dalla Procura e dal Cnr oltre alla relazione del Comitato tecnico scientifico della Regione
In attesa di conoscere il parere regionale in merito alla richiesta di Laminam di triplicazione della produzione ceramica a Borgotaro, Rossella Muroni, deputato di Leu, già presidente nazionale di Legambiente, in qualità di membro della commissione Ambiente ha depositato alla un’interrogazione a risposta scritta sul caso Laminam a Borgotaro, rivolta ai ministri dell’Ambiente, Salute e Sviluppo economico. Muroni,come si può leggere nel documento depositato sul sito della Camera, dopo aver fatto una breve ricostruzione dei fatti, dal 2016, anno di insediamento della fabbrica ceramica, ad oggi e dopo aver evidenziato i casi di disagio nella popolazione ("irritazione e allergie cutanee, nonché ulcere nasali") evidenzia come Laminam, dopo aver adottato trattamenti specifici delle emissioni, in particolare quella del forno cottura, abbia ripreso la produzione.
"Nonostante le bonifiche - secondo il testo - i fenomeni patologici sono continuati e anzi si sono aggravati; tanto che le segnalazioni, in base a una relazione della regione Emilia-Romagna, hanno raggiunto la cifra di 346, mentre le persone che sono state sottoposte a visita sono state 216". La deputata aggiunge: "Una indagine effettuata dalla Procura di Parma rileva la presenza, nei fumi della Laminam, di sostanze cancerogene, irritanti e allergeniche; gli studi del Cnr dimostrano la presenza di benzene superiore ai limiti stabiliti dal decreto legislativo 155 (per cento microgrammi-metrocubo) in tre località scelte per i controlli: area 36 (5,84) sito 3 (5,84) e sito 1 (14,04); presso le scuole elementare e media sono superati i limiti senza effetti stabiliti dal Reach: 3,98 contro il limite di 3,5; un'altra sostanza cancerogena, secondo le analisi di Arpa Emilia-Romagna, ha raggiunto presso le scuole la concentrazione di 250 mgr/mc, fuori delle aule e di 23 microgrammi all'interno; in altri siti i valori della sua concentrazione alle immissioni supera i livelli capaci di provocare lesioni precancerose come displasia, metaplasia e ulcere nasali". Sempre Muroni, cita anche l’istituzione di un tavolo di garanzia per la qualità dell'aria di Borgo Val di Taro, nonché l’esistenza di un Comitato tecnico-scientifico ambiente e salute che lo supporta, per approfondire le cause dei fastidi legati agli odori e ai sintomi di tipo sanitario segnalati dalla popolazione a partire dal 2017. Ne fanno parte enti locali, aziende sanitarie, sindacati, comitati e associazioni ambientaliste, quali Legambiente; Nel testo si legge inoltre che "le analisi del Cnr e quelle della procura hanno riscontrato nelle emissioni del forno di cottura centinaia di composti chimici, fra i quali molte sostanze cancerogene, irritanti e allergeniche, che possono interagire tra loro e sommare gli effetti” e che “la Laminam ha richiesto la secretazione delle sue analisi per quanto riguarda i fumi del forno di cottura". "Non appare corretto - osserva l'esponente di Leu - accogliere la richiesta di secretazione che di fatto impedisce un'analisi approfondita delle cause dei numerosissimi casi patologici verificatisi a Borgotaro dopo l'attivazione delle produzioni Laminam con la conseguenza anche di negare il diritto di conoscere la probabile fonte di danno alla salute dei cittadini". Chiede in definitiva se i tre ministri siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intendano, nel rispetto del 'principio di precauzione' e tenendo conto delle analisi eseguite dalla procura e dal Cnr e della relazione del Comitato tecnico scientifico della Regione che enumera 216 casi di disturbi di natura irritativa e allergica, adottare le iniziative di competenza per verificare il livello di inquinamento, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, e promuovere un'indagine epidemiologica dell'Istituto superiore di sanità, nell'ottica di evitare che la situazione descritta si perpetui nel tempo"; chiede infine "se non intendano promuovere, per quanto di competenza, una riflessione tecnica sulla questione e al tempo stesso avviare un percorso di coinvolgimento dei cittadini in modo da assicurare la partecipazione attiva nelle decisioni che riguardano la tutela della loro salute
Tratto da Ansa Overshoot Day, al 29 luglio sfruttate tutte le risorse 2019 del Pianeta
Da quel giorno il mondo consuma più di quello che rigeneri
Il 29 luglio l'uomo avrà utilizzato tutte le risorse naturali che la Terra può rigenerare nel 2019. Lo scrive sul suo sito il Global Footprint Network, l'organizzazione di ricerca internazionale che tiene la contabilità dello sfruttamento delle risorse naturali (la cosiddetta "impronta ecologica" dell'uomo). Il giorno del sovrasfruttamento (in inglese, Earth Overshoot Day) segna la data in cui il consumo di risorse da parte dell'uomo eccede ciò che gli ecosistemi della Terra sono in grado di rigenerare per quell'anno. Da quel giorno, l'umanità comincia a consumare più di quello che il pianeta riesce a riformare durante l'anno, bruciando risorse del futuro. Secondo il Global Footprint Network, l'Italia ha raggiunto il suo Overshoot Day 2019 già il 15 maggio. Per soddisfare i consumi degli italiani, servono le risorse di 4,7 paesi come l'Italia. Solo il Giappone al mondo consuma di più in rapporto a quello che produce: 7,7 volte. Dopo vengono Svizzera (4,6), Gran Bretagna (4,0) e Cina (3,8). In media, tutto il mondo consumerà nel 2019 le risorse di 1,75 pianeti. In termini assoluti, il paese che consuma di più sono gli Stati Uniti. Se tutto il mondo consumasse come loro, servirebbero le risorse di 5 pianeti.
NUOVI GUAI PER L'ITALIA SU INQUINAMENTO AMBIENTALE
L'Italia continua ad essere nel mirino dell'Ue per le infrazioni in materia di ambiente.Oltre alle multe multimilionarie già comminate al nostro Paese per gravi violazioni sulla messa in sicurezza delle discariche pericolose per la salute umana e per altre situazioni inquinanti, potremmo presto dover accollarci altri pesanti fardelli a causa dell'incuria ambientale.
La Commissione europea ha infatti appena deciso di inviare all'Italia un parere motivato (seconda fase della procedura di infrazione, prossima dunque al deferimento alla Corte di Giustizia Ue e alle multe) per il mancato trattamento delle acque di scarico rubane in ben 13 Regioni (Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia e Toscana). Sono 237 gli agglomerati urbani con oltre 2.000 abitanti a non disporre di adeguati sistemi di raccolta e trattamento delle acque di scarico urbane. Sulle acque reflue ci sono anche altre procedure aperte. Per una di queste stiamo già pagando. L'Italia ha già versato 25 milioni di euro, più 30 milioni per ogni semestre di ritardo nella messa a norma di oltre settanta centri urbani o aree sprovvisti di reti fognarie e adeguati depuratori.
Non è finita qui. La Commissione europea ha inoltre aperto due nuove procedure di infrazione contro l'Italia per mancata notifica delle sanzioni adottate a livello nazionale in caso di violazione delle norme Ue sui gas fluorurati a effetto serra e sulla trasposizione delle regole Ue sui biocarburanti sostenibili. Infine, l'esecutivo Ue ha deferito alla Corte di giustizia Ue il nostro Paese per il mancato recepimento delle norme di sicurezza per la protezione contro l'esposizione alle radiazioni ionizzanti.
Riguardo alla lettera inviata all'Italia dalla Commissione europea sulla questione delle fogne e dei depuratori, il Ministro Costa ha fatto sapere che "è stata approvata nella legge Sblocca Cantieri la norma che amplia i poteri del commissario alle acque, secondo il modello già funzionante per le discariche, dove la commissione europea sta scomputando le procedure. Anche su questo, quindi, siamo sulla buona strada".
Lo chiede al Comune il Consiglio con un odg della maggioranza. Ok anche alla mozione che chiede al Governo finanziamenti per l’emergenza inquinamento in Pianura Padana
Dichiarare lo stato di emergenza climatica e ambientale, riconoscendo le responsabilità storiche e antropiche del cambiamento climatico, e attuare ogni azione possibile per contenere l’aumento delle temperature e ridurre le emissioni di gas climalteranti. È quanto chiede al Comune di Modena l’ordine del giorno presentato dai gruppi di maggioranza (Verdi, Pd, Sinistra per Modena e Modena solidale) e approvato dal Consiglio comunale, nella seduta di giovedì 25 luglio, con il voto a favore della maggioranza e del Movimento 5 stelle (contrari Lega e Fratelli d’Italia-Popolo della famiglia).
Insieme all’ordine del giorno sull’emergenza climatica, l’assemblea consiliare ha approvato anche una seconda mozione, proposta anche in questo caso dai gruppi di maggioranza, che chiede al governo di decretare lo stato di emergenza sanitaria per la Pianura padana, a causa dell’elevato inquinamento dell’aria, e di conseguenza di finanziare incentivi e progetti, come sostituzione dei veicoli inquinanti ed efficientamento energetico, per diminuire le immissioni di gas inquinanti in atmosfera. Su proposta del M5s, l’ordine del giorno invita anche l’Amministrazione comunale ad anticipare sul territorio comunale il divieto di utilizzare la plastica monouso, applicandolo entro la fine di gennaio 2020 invece che entro il 2021, data prevista dall’Unione europea. L’ordine del giorno è stato approvato con il voto a favore della maggioranza (Verdi, Pd, Sinistra per Modena e Modena solidale) e del Movimento 5 stelle (contrari Lega e Fratelli d’Italia-Popolo della famiglia).
Illustrato in aula dalla consigliera Paola Aime, Verdi, l’ordine del giorno sull’emergenza climatica recepisce le sollecitazioni arrivate dalla mobilitazione mondiale di Friday for future (come hanno già fatto Regno Unito, Irlanda, Scozia e oltre seicento Comuni nel mondo tra i quali anche Milano e Napoli) per chiedere che il Comune di Modena, nell’ambito delle proprie competenze, “metta in atto ogni possibile contributo per contenere l’aumento della temperatura globale entro il limite di 1,5 gradi, fissando l’obiettivo dell’azzeramento entro il 2040 delle emissioni nette di gas climalteranti” e, di conseguenza, adeguando gli obiettivi di riduzione del 40 per cento entro il 2030 previsti dall’Amministrazione nell’ambito del Patto dei sindaci per l’energia e il clima (Paesc).
Chiede, inoltre, che l’Amministrazione garantisca “la massima priorità al contrasto del cambiamento climatico anche valutando gli effetti sul clima di ogni iniziativa o azione amministrativa”, e di trovare le modalità per “responsabilizzare la cittadinanza come singoli e organizzazioni, coinvolgendola nell’individuazione degli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030”. Le misure di contrasto ai cambiamenti climatici, afferma ancora il dispositivo dell’ordine del giorno, devono essere sviluppate “secondo il principio di giustizia climatica in base al quale i costi della transizione non devono gravare sulle fasce più deboli della popolazione ma essere sostenuti soprattutto da chi ha contribuito maggiormente a causare i danni ambientali”.
Presentato da Diego Lenzini, Pd, l’ordine del giorno che richiede al governo la dichiarazione di stato di emergenza per la Pianura padana a causa dell’inquinamento, sottolinea che le province di Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia più colpite dal problema dell’inquinamento dell’aria sono anche quelle che contribuiscono maggiormente al finanziamento dello Stato. Rileva, inoltre, che per abbassare il livello dell’inquinamento è necessario intervenire in modo parallelo e coordinato su veicoli, abitazioni, agricoltura e processi produttivi, ma anche e soprattutto sullo stile di vita e le abitudini delle persone e che, per farlo, le risorse locali e regionali non sono sufficienti........Continua su Comune di Modena
Le aree più povere d’Europa sono quelle più colpite dall’inquinamento atmosferico
Quasi la metà dei quartieri più poveri di Londra ha superato i limiti di biossido di azoto fissati dall’UE nel 2017, rispetto al 2% delle aree più ricche.
Le regioni più povere, meno istruite e con più disoccupazione d’Europa stanno sopportando il peso della crisi dell’inquinamento atmosferico, più di chiunque altro. Risultati analoghi sono stati riportati in Francia, Germania, Malta, Paesi Bassi, Galles e Vallonia, secondo l’analisi dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA).
Shirley Rodrigues, il vicesindaco di Londra, ha affermato che il governo ha “un obbligo morale” di intervenire sui 9.000 morti precoci. Morti correlate all’inquinamento della città.
“C’è una grande disuguaglianza a Londra tra le aree più ricche e quelle più povere”. Ha detto. “Le aree più ricche possiedono la maggior parte delle auto, ma le persone nelle aree più svantaggiate hanno la peggiore qualità dell’aria”.
La madre di Ella Kissi-Debrah, morta per un attacco d’asma legato all’inquinamento atmosferico, vuole che questo sia registrato sul certificato di morte, per focalizzare il dibattito sulle questioni veramente importanti.
Nel 2012 l’Italia ha registrato il maggior numero di decessi prematuri attribuibili a polveri sottili, ozono e esposizione al biossido di azoto.
Ora la domanda è:cosa si sta facendo a livello politico?
In Europa, oltre mezzo milione di persone muoiono prematuramente ogni anno a causa dell’esposizione al particolato fine (PM2,5), all’ozono (03) e al NO2, ma tutto questo viene sempre sottovalutato.
Diarmid Campbell-Lendrum, responsabile del team sanitario dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha dichiarato: “A livello globale i paesi più poveri sono molto più esposti all’inquinamento. È scioccante vedere che queste ingiustizie esistono anche all’interno di uno dei continenti più ricchi del mondo”.
I dati del rapporto EEA mostrano che infarti e ictus cardiaci rappresentano l’80% delle morti premature per inquinamento, seguiti da malattie polmonari e tumori. L’aria inquinata è inoltre sempre più correlata al diabete di tipo 2, all’obesità nei bambini, all’infiammazione sistemica, alla malattia di Alzheimer e al deficit di QI. Inoltre sono proprio le persone anziane e i bambini nelle aree urbane della classe lavoratrice che hanno maggiori probabilità di soffrirne.
Il commissario per l’ambiente dell’UE, Karmenu Vella, ha dichiarato: “È nostro dovere fondamentale rispettare il principio di precauzione, e intraprendere azioni preventive anziché correttive per promuovere la giustizia sociale. L’esposizione è destinata a continuare a meno che non intraprendiamo azioni più decisive”.
Il 40% dell’energia elettrica mondiale proviene da centrali a carbone mentre acqua, sole e vento contribuiscono solo per il 25%. Perché? Perché i combustibili fossili continuano a godere di condizioni di favore: sovvenzioni alla produzione, garanzie sui prestiti bancari, assicurazioni sulle vendite all’estero, esenzioni fiscali. Ma la distorsione più ampia, ricorda Francesco Gesualdi, è rappresentata dalla possibilità di calcolare i prezzi dei combustibili fossili senza tenere conto dei costi umani, sociali, ambientali connessi alla loro produzione e al loro consumo
Questa estate infuocata contribuisce a farci capire che dobbiamo impedire alla temperatura terrestre di innalzarsi ulteriormente. Dal 1880 ad oggi è aumentata appena di un grado centigrado e già si vedono gli effetti. I cambiamenti climatici non riguardano solo il futuro dei nostri figli e nipoti, sono realtà già oggi.Si verificano tempeste sempre più violente, incendi sempre più frequenti, penuria d’acqua per riduzione dei ghiacciai, innalzamento dei mari per scongelamento delle calotte polari. Nessuno ha più certezza del destino del proprio territorio: l’alterazione delle piogge può trasformare ridenti paesaggi in deserti, città costiere in un intreccio di canali per l’avanzare del mare, ampi territori in distese d’acqua per lo straripamento dei fiumi. Con ricadute sociali inimmaginabili. Dal 2008 al 2018, nel mondo si sono avuti 265 milioni di sfollati per disastri naturali, molti di loro per l’instabilità del clima.
I cambiamenti climatici sono l’effetto indesiderato della nostra crescita economica. Per definizione la produzione esige energia, la sua scarsità è il motivo per cui in passato la produzione rimaneva pressoché stazionaria. Limite che la rivoluzione industriale ha superato con l’accesso ai combustibili fossili (carbone, petrolio, gas) e l’invenzione di macchine capaci di trasformare il loro enorme potenziale energetico in movimento, calore, elettricità. Peccato che attraverso questa operazione si siano messe in libertà miliardi di tonnellate di anidride carbonica, in misura ben superiore alla capacità di assorbimento di oceani e sistema vegetale. Da cui l’accumulo di anidride carbonica in atmosfera con conseguente intrappolamento dei raggi solari, aumento della temperatura terrestre e cambiamento del clima che porta con sé calamità, alterazione della piovosità e quindi riduzione della produzione di cibo e migrazioni.
Gli scienziati ci dicono che per arginare la situazione dobbiamo dimezzare le emissioni di anidride carbonica da qui al 2030 e azzerarle entro il 2050. Detta in altri termini dobbiamo abbandonare i combustibili fossili. Ci stiamo provando, ma in maniera ancora troppo lenta. Basti dire che di tutta l’energia che consumiamo a livello mondiale, l’80% proviene ancora dai combustibili fossili. Non solo petrolio e gas, che assieme coprono il 53% del fabbisogno energetico mondiale, ma anche il carbone (assai più inquinante) che interviene per il 28%. E se guardiamo al modo in cui produciamo energia elettrica, per certi versi la situazione è ancora più riprovevole. Benché disponiamo di ottime tecnologie nel settore delle rinnovabili, i fossili la fanno ancora da padroni. Il 40% dell’energia elettrica mondiale proviene da centrali a carbone mentre acqua, sole e vento contribuiscono solo per il 25%.
A detta di tutte le istituzioni internazionali, una delle ragioni per cui procediamo in maniera troppo lenta sulla strada della transizione energetica è perché i combustibili fossili continuano a godere di condizioni di favore che li rendono artificiosamente convenienti. Tre sono le vie attraverso le quali il loro prezzo può essere distorto rendendo conveniente il loro consumo. La prima strada è quella delle sovvenzioni alla produzione: soldi pubblici dati alle imprese energetiche a sostegno dei loro investimenti estrattivi. Secondo l’Ocse, nel 2017 sono ammontati a 24 miliardi di dollari ed hanno visto in prima linea Stati Uniti, Russia, Cina, Australia, Brasile che usano i soldi dei cittadiniper sostenere l’estrazione di carbone e degli idrocarburi più reconditi come le scisti bituminose e i gas da argille. L’Organizzazione britannica Overseas Development Institute parla di energia zombie e si riferisce a tutti quei combustibili che senza sovvenzioni rimarrebbero dove sono perché non sarebbe conveniente portarli alla luce. Un ammontare che produce ogni anno più di 1 miliardo di tonnellate di anidride carbonica corrispondente al 3% del totale emesso nel 2015. La stessa quantità emessa dal traffico aereo a livello mondiale.
I contributi in denaro sono la modalità più diretta di aiuto pubblico alla produzione, ma non l’unica forma di sostegno. Ne esistono anche di indirette come le garanzie sui prestiti bancari, le assicurazioni sulle vendite all’estero, le esenzioni fiscali. E sono proprio quest’ultime la seconda grande strada utilizzata dagli stati per sostenere i combustibili fossili non solo dal lato della produzione, ma anche del consumo. Valgano come esempio i tagli alle tasse accordati alle compagnie aeree, alle centrali termoelettriche, agli autotrasportatori, sugli acquisti di carburante.Esenzioni ad impatto negativo non solo per l’ambiente, ma anche per le casse pubbliche. In Italia, anno 2016, hanno determinato un mancato introito pari a 16 miliardi di euro. A livello dei 44 paesi più ricchi del mondo, la perdita è stata di 300 miliardi di dollari. Somme preziose mancate alla transizione energetica e al sostegno ai più paesi deboli contro i cambiamenti climatici.
Nella dichiarazione rilasciata dai capi di stato a conclusione del G20 di Osaka, è compreso anche l’impegno ad eliminare ogni forma di supporto ai combustibili fossili, ma è necessario che alle parole seguano i fatti. Ad esempio non è di buon auspicio che dopo quattro anni di costante riduzione, nel 2017 i sostegni siano tornati a salire registrando un aumento del 5% sul 2016.
E tuttavia le sovvenzioni e le esenzioni sono solo una minima parte dell’intera distorsione di prezzo permessa ai combustibili fossili.La distorsione più ampia è rappresentata dalla possibilità di calcolare i prezzi senza tenere in alcun conto i costi umani, sociali, ambientali connessi alla loro produzione e al loro consumo.Aspetti che gli economisti definiscono esternalità, a rimarcare il diritto delle imprese di ignorarli perché fuori dal perimetro dei costi di produzione. Un modo di concepire la formazione dei prezzi che ci fa vivere perennemente in tempo di saldi, realizzati però alle spalle del nostro pianeta e della nostra salute. Secondo una ricerca del Fondo Monetario Internazionalei danni ambientali e sanitari provocati dai combustibili fossili sono stimabili in 5mila miliardi di dollari, il 6,3% del Pil mondiale realizzato nel 2017.Se dovessimo includere nel prezzo dei combustibili fossili anche il risarcimento dei danni che provocano, il prezzo del carbone dovrebbe aumentare del 100%, quello del petrolio del 20%. Una prospettiva che ci fa tremare pensando al fiume di denaro che vedremmo uscire dai nostri portafogli, ma che ridurrebbe le emissioni di anidride carbonica del 28% e le morti da inquinamento del 46%.
Nell’Unione Europea si è cercato di mettere una toppa a questa distorsione con un sistema piuttosto complicato che impone alle imprese più inquinanti di pagare una sorta di tassa per ogni tonnellata di anidride carbonica emessa. Ma l’importo pagato si aggira sui 15 euro a tonnellata, mentre a detta di molti dovrebbe essere almeno di 40 euro. Il sistema insomma è da perfezionare e in ogni caso deve accompagnarsi anche ad altre misure per evitare che gli inevitabili aumenti di prezzo al consumo finale aggravino ulteriormente le condizioni di vita delle fasce più deboli. La rivolta dei gilet gialli deve servirci da monito per ricordarci che oltre a intervenire sui prezzi per riportarli a livelli più realistici bisogna intervenire sulla spesa pubblica per dotare la comunità di servizi pubblici capaci di sopperire i bisogni non più esaudibili per via privata a causa dei prezzi elevati.
Tutto questo per confermare come sociale e ambientale siano due dimensioni inscindibili e come la difesa dell’ambiente vada cercata all’interno di un più ampio progetto di società.
Esposizione a inquinamento atmosferico durante ultima settimana di gravidanza collegata a rischi per nascituro
Un’interessante dato è stato scoperto da una ricerca apparsa su Annals of Epidemiology.Le donne incinte che sono state esposte ad inquinamento atmosferico nel corso della settimana prima del parto sono più a rischio di mettere al mondo bambini che debbono poi essere ricoverati in unità di terapia intensiva neonatale.
È quanto hanno scoperto i ricercatori dei National Institutes of Health statunitensi secondo i quali, a seconda della tipologia di inquinamento a cui le madri possono essere esposte, le probabilità di ricovero dei bambini in terapia intensiva possono aumentare dal 4% fino al 147% rispetto ai bambini le cui madri non sono state esposte ad alcun inquinamento atmosferico durante l’ultima settimana.
Secondo Pauline Mendola, ricercatrice del Kennedy Shriver National Institute, se questi risultati venissero poi confermati da altre ricerche, le donne incinte dovrebbero considerare fortemente di limitare il proprio tempo all’aperto durante le ultimissime fasi della gravidanza se la qualità dell’aria non è ottimale. Qualche studio in precedenza aveva rilevato collegamenti tra l’inquinamento atmosferico e rischi più elevati di diabete gestazionale e di preeclampsia nonché di parto pretermine.
Tuttavia questo è il primo studio che mette in relazione i rischi di ricovero in terapia intensiva neonatale con l’inquinamento atmosferico a cui è esposta alla madre durante l’ultima settimana del parto. I ricercatori hanno analizzato i dati di 223.000 nascite in 12 strutture cliniche degli Stati Uniti dal 2002 al 2008 riscontrando oltre 27.000 ricoveri in unità di terapia intensiva neonatale.
Tra vari inquinanti che i ricercatori hanno analizzato, hanno trovato che l’esposizione a elevate concentrazioni di composti organici nell’aria poteva essere associata ad un aumento di rischio del 147% di ammissione del bambino in terapia intensiva neonatale.
Noaa: «Giugno 2019 è stato il più caldo mai registrato nel mondo»
La copertura del ghiaccio marino antartico ridotta al nuovo minimo storico.....
Secondo l’autorevolissima National oceanic and atmospheric administration del Dipartimento del commercio Usa, «il mese scorso, la Madre Terra ha lavorato sudando. Le temperature torride hanno reso il giugno 2019 il giugno più caldo mai registrato al mondo. E, per il secondo mese consecutivo, il caldo ha portato la copertura del ghiaccio marino antartico a un nuovo minimo per giugno».
A livello globale, la temperatura superficiale terrestre e oceanica è stata di 1,71 gradi Fahrenheit sopra la media del XX secolo di 59,9° F ed è stata la più alta per giugno nel periodo 1880-2019. Giugno 2019 ha battuto di 0,04° F il record precedente stabilito nel 2016. Nove dei 10 giugni più caldi si sono verificati a partire dal 2010. Nella top ten dei giugni più caldi c’è quello del 1998, attualmente classificato come l’ottavo giugno più caldo mai registrato. Giugno 2019 segna anche il 43esimo giugno consecutivo e il 414esimo mese consecutivo con temperature, almeno nominalmente, superiori alla media del XX secolo. Le temperature più calde registrate nel giugno del 2019hano colpito l’Europa centrale e orientale, la Russia settentrionale, Asia, Africa, Sud America, Oceano Indiano settentrionale e aree del Pacifico e dell’Oceano Atlantico. A giugno 2019 nessuna area terrestre o marina ha registrato temperature minime record.
La temperatura media della superficie terrestre a giugno è stata di 2,41° F sopra la media del XX secolo di 55,9° F. E’ la temperatura più alta registrata sulle terre emerse a giugno nei 140 anni per i quali esistono registrazioni globali, superando il precedente record di + 2,34° F fissato nel 2015. Le più importanti escursioni termiche rispetto alla media sono state registrate nell’Europa centrale e orientale, nella Russia centro-settentrionale, nel nord-est del Canada e nel Sud America meridionale, dove le temperature sono state in media superiori di 3,6° F rispetto alla media 1981-2010 e anche superiori. Gli unici casi di temperature inferiori alla media di giugno sono state registrate in alcune zone dell’Asia occidentale e dell’Antartide, dove le temperature sono state s di almeno 1,8° F al di sotto della media delle minime 1981-2010. Continua qui