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28 giugno 2019

Qualenergia :Clima, in Italia l’ultimo anno è stato il più caldo di sempre

Tratto da  Qualenergia

Clima, in Italia l’ultimo anno è stato il più caldo di sempre

Il 2018 ha fatto segnare un record per la temperatura media e quattro dei cinque valori più elevati sono stati registrati negli ultimi cinque anni. I dati Ispra.
Su scala globale il 2018 è stato il 4° anno più caldo della serie storica dopo il 2016, il 2015 e il 2017 e in Italia ha segnato il nuovo record di temperatura media annuale, con un’anomalia media di +1.71°C rispetto al valore climatologico di riferimento 1961-1990.

Mentre in questi giorni nello Stivale e in gran parte d’Europa i termometri schizzano creando preoccupazione per la salute pubblica e le infrastrutture (si veda l’avvertimento di RSE per il sistema elettrico), a ricordarci quanto l’equilibrio climatico sia ormai compromesso arrivano i dati Ispra sul clima in Italia nel 2018 (link al report in basso), riassunti meglio che dalle parole dai grafici qui sotto:





Il 2018 è stato il 28° anno consecutivo con anomalia positiva rispetto alla norma e quattro dei cinque valori più elevati di temperatura media sono stati registrati negli ultimi cinque anni: nell’ordine, oltre al 2018, nel 2015, 2014 e 2016, con anomalie comprese tra +1.34 e +1.60°C:



Tutti i mesi dell’anno scorso ad eccezione di febbraio e marzo – si legge nel documento – sono stati più caldi della norma, con punte di anomalia positiva nel mese di aprile al Centro (+3.74°C) e al Nord (+3.69°C):




Un altro elemento saliente della temperatura nel 2018 è stato il nuovo record di anomalia della temperatura minima giornaliera (+1.68°C), che ha superato il precedente record del 2014 (+1.58°C), mentre l’anomalia della temperatura massima del 2018 è risultata la terza di tutta la serie, dopo quelle del 2015 e del 2017.

In altre parole, a rappresentare il 2018 come l’anno più caldo della serie storica hanno contribuito in modo particolare le notti più calde.


Su base stagionale, l’autunno del 2018 è stato il più caldo della serie storica (anomalia di +2.0°C), superando di poco quello del 2014; la primavera e l’estate sono state rispettivamente la terza e la quinta più calde della serie.


Analogamente a quella dell’aria, nel 2018 la temperatura superficiale dei mari italiani è stata nettamente superiore alla norma. Con un’anomalia media di +1.08°C rispetto al valore climatologico di riferimento, il 2018 si colloca al secondo posto dell’intera serie storica, dopo il 2015.

A cambiare non è solo la temperatura, mostra lo studio, ma anche la distribuzione delle piogge: in Italia nel 2018 le precipitazioni in media sono state moderatamente superiori ai valori climatologici ma l’andamento nel corso dell’anno è stato tuttavia piuttosto altalenante e mesi molto piovosi si sono alternati ad altri più secchi.

26 giugno 2019

L'inquinamento rende le donne meno fertili....

Tratto da La Repubblica
L'inquinamento rende le donne meno fertiliUno studio condotto nell'area di Modena e presentato al congresso della European Society of Human Reproduction and Embriology segnala che più alti livelli di inquinanti si associano a più bassi livelli di un ormone considerato un marker della riserva ovarica


L'INQUINAMENTO ha un impatto enorme sulla salute: si stima sia responsabile di più di un quarto delle morti e delle malattie nel mondo, con effetti che non risparmiano nemmeno la salute riproduttiva. A tornare sul tema è oggi uno studio italiano presentato a Vienna nel corso del meeting della European Society of Human Reproduction and Embriology (ESHRE) che mette in luce un legame tra inquinamento e riserva ovarica: maggiore è l'inquinamento, minore è la riserva ovarica, ovvero la quantità di ovociti vitali presenti nelle ovaie. Una conferma del ruolo dei fattori ambientali sulla salute, anche se non è chiaro se quanto osservato produca degli effetti sulla fertilità femminile.

LEGGI - L'inquinamento mette a rischio la fertilità maschile

I dati sono quelli che arrivano dalla presentazione di Antonio La Marca dell'Università di Modena e Reggio Emilia, e riguardano un campione di circa 1400 donne provenienti dall'area di Modena, che hanno vissuto nella zona tra il 2007 e il 2017. Nello studio Ovarian Reserve and Exposure to Environmental Pollutants (ORExPo study), La Marca e colleghi hanno misurato i livelli dell'ormone anti-mulleriano (AMH), prodotto dai follicoli ovarici, ritenuto un marker della riserva ovarica. Test che misurano i livelli di questo ormone possono essere utilizzati per esempio per predire l'insorgenza della menopausa o per aiutare la diagnosi della sindrome dell'ormone policistico, ma possono essere consigliati anche a donne che hanno difficoltà a rimanere incinte. Anche se non è chiaro il legame tra livelli di AMH e fertilità, ammette La Marca. L'ormone anti-mulleriano è piuttosto visto come un potenziale marker di fertilità: “Quello che ad oggi possiamo dire è che bassi livelli di questo ormone non influenzano la possibilità di avere un test di gravidanza positivo, ma le donne con livelli di AMH più bassi hanno una finestra riproduttiva più piccola”. Nel caso delle donne che si sottopongano a fecondazione in vitro però le cose cambiano, riprende La Marca: “In questo caso bassi livelli di ormone anti-mulleriano danno uno svantaggio riproduttivo nella misura in cui determinano un minor recupero ovacitario e una minore disponibilità embrionale”.

LEGGI - "Pfas alterano fertilità della donna"

Ciò premesso, nello studio i livelli dell'ormone sono stati collegati a quelli di alcuni inquinanti, come particolato (PM 2,5 e PM10) e diossido di azoto. Quelli che i ricercatori hanno fatto è stato di fatto di geolocalizzare i vari test sull'AMH, osservando eventuali correlazioni tra livelli dell'ormone e concentrazioni di inquinanti estrapolati indirettamente dagli indirizzi delle donne incluse nello studio. “Dopo aver corretto i dati per tutte le variabili che possono influenzare i livelli di AMH (che diminuisce con l'età o con il fumo, nda) quello che abbiamo osservato è che all'aumentare dei livelli di inquinanti diminuivano quelli dell'ormone – riprende La Marca – o detto in altro modo: le donne con bassa riserva ovarica si trovano soprattutto nelle zone più inquinate. Nel dettaglio abbiamo visto che se una donna vive nelle are con più inquinanti ha un rischio tre volte maggiore di avere una bassa riserva ovarica. E questo in un contesto, come quello modenese, in cui i livelli di inquinanti non superano le soglie imposte dall'Unione Europea”.

Se è pur vero che lo studio non trae conclusioni tra quanto osservato e il tasso di fecondità delle donne, si inserisce in un contesto ben chiaro, conclude il ricercatore: “Alcuni studi ci mostrano che dove l'inquinamento cresce si riduce il tasso di nascita dei bambini, o che esiste una correlazione negativa tra l'esposizione agli inquinanti ambientali e il tasso di fertilità per donna. Non ci stupiremmo di trovare prove a conferma degli effetti dannosi dell'inquinamento anche sulla fertilità, al pari di quanto osservato per il fumo”.

24 giugno 2019

Inquinamento: uno studio ne ha sondato l'impatto sullo sviluppo cognitivo dei bambini.

Tratto da State of mind

Inquinamento: quali pericoli per i nostri bambini?

Inquinamento: uno studio ne ha sondato l'impatto sullo sviluppo cognitivo dei bambini. Le prime ripercussioni sono su attenzione e memoria


Come affermato dal biologo Eugene F. Stoermer, viviamo ormai da più di un secolo nell’epoca dell’Antropocene, termine che indica l’era geologica attuale, nella quale all’essere umano e alla sua attività sono attribuite le cause principali delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche.
Viviamo anche in un momento storico dove le coscienze sembrano essersi svegliate nella lotta all’ inquinamento e nella difesa della natura (come dimostrano le recenti manifestazioni per il clima Fridays for future e i risultati dei Verdi alle elezioni europee).

Inquinamento: l’influenza sulla salute dei bambini


Purtroppo, per vedere i cambiamenti concreti bisognerà aspettare ancora e ahimè, molti danni sono già stati fatti.
Molti studi hanno già suggerito quanto l’esposizione all’inquinamento atmosferico nella prima infanzia possa essere collegato a disfunzioni cognitive.
A questi si aggiunge una recente ricerca realizzata dal Barcelona Istitute for Global Health (ISGlobal).

 E’ stato scoperto che bambini esposti a PM2.5 (particelle con un diametro inferiore a 2,5 μm) nell’utero e durante i primi anni di vita hanno un maggior rischio sviluppare deficit per quanto riguarda la memoria di lavoro (nei ragazzi) e l’attenzione esecutiva (sia nei ragazzi che nelle ragazze).

Inquinamento: lo studio che ne indaga l’influenza sullo sviluppo cognitivo

Lo studio ha anche scoperto che ad una maggiore esposizione al particolato era associata a una riduzione dell’attenzione esecutiva sia nei ragazzi che nelle ragazze. L’attenzione esecutiva è una delle tre reti che costituiscono la capacità di attenzionedi una persona. È coinvolta in forme di attenzione di alto livello, nel rilevamento di errori, nell’inibizione della risposta e nella regolazione di pensieri e sentimenti.
Questa pubblicazione rafforza le precedenti scoperte e conferma che l’esposizione all’inquinamento atmosferico all’inizio della vita e durante l’infanzia può essere considerato una minaccia per lo sviluppo cognitivo ed un ostacolo che impedisce ai bambini di raggiungere il loro pieno potenziale.

23 giugno 2019

I BAMBINI DI OGGI SONO GLI ADULTI DI DOMANI:La Giungla Chimica, Inquinamento e Bambini

La Giungla Chimica, Inquinamento e Bambini

Tratto da Il Sapere.org

Sono i bambini di oggi, gli adulti di domani, a fare le maggiori spese per la situazione ambientale attuale. Nell’aria di casa e in quella esterna, nei cibi, nell’acqua e persino nei giocattoli sono presenti sostanze che quotidianamente mettono a rischio la loro salute. A lanciare il grido d’allarme questa volta sono l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Agenzia Europea per l’Ambiente, con la pubblicazione del rapporto Children’s Health and Environment “A review of evidence” dove vengono analizzati i diversi fattori di rischio per la salute dei bambini, prendendo spunto da una serie di studi effettuati sull’argomento nei diversi paesi europei. Quello che ne viene fuori è un quadro della situazione molto poco incoraggiante.
Oltre il 40 per cento delle patologie causate da fattori ambientali colpisce bambini di età inferiore ai 5 anni. I bambini sono particolarmente vulnerabili all’inquinamento ambientale, in parte perché la loro esposizione precoce a determinati fattori può avere ripercussioni anche a lungo termine, in parte perché in proporzione al loro peso corporeo i bambini respirano, bevono e mangiano più degli adulti, con una conseguente maggiore assimilazione delle sostanze potenzialmente tossiche.
Di quali inquinanti dobbiamo preoccuparci?
Il particolato (PM) e l’ozono sono considerati gli inquinanti dell’aria con l’effetto più importante sulla salute umana. Il particolato è composto da particelle solide o liquide disperse nell’aria. Si chiama PM10 l’insieme delle particelle con diametro inferiore a 10 micrometri (millesimi di millimetro), e PM2.5 l’insieme delle particelle con diametro inferiore a 2,5 micrometri. Secondo le loro dimensioni, le particelle possono depositarsi nelle vie aeree superiori (naso e gola), lungo la trachea e i bronchi, o arrivare fino agli alveoli, le piccole sacche dove avvengono gli scambi di ossigeno e anidride carbonica, causando irritazione e infiammazione.
Il particolato è prodotto dal traffico, dagli impianti per la produzione di energia, dal riscaldamento domestico, da impianti industriali, dall’agricoltura, e anche da fonti naturali, come gli incendi nelle foreste.
L’ozono è un inquinante secondario: non viene emesso direttamente nell’atmosfera, ma si forma quando la luce solare trasforma alcuni gas emessi da veicoli e fonti industriali. I livelli di ozono sono alti soprattutto d’estate, quando la luce solare è più forte.
I bambini sono particolarmente sensibili agli inquinanti. Sono più fragili: i loro polmoni, il loro sistema cardiovascolare, il loro sistema immunitario e il loro cervello si stanno ancora sviluppando. Respirano più spesso con la bocca, specialmente quando sono molto piccoli, e passano più tempo vicino ai tubi di scarico e alle particelle emesse dall’usura di freni e pneumatici. L’esposizione all’aria inquinata può causare l’irritazione di naso, gola e occhi. Con alti livelli di inquinamento aumentano l’assunzione di farmaci anti asma, le richieste di visite pediatriche e i ricoveri in ospedale.


Nell’immagine sopra è indicata la riduzione dell’aspettativa di vita dovuta all’esposizione dei PM 2,5 nell’anno 2000 in Europa.
Inoltre l’effetto dell’inquinamento sui bambini inizia ancora prima della nascita. L’esposizione all’aria inquinata e al traffico durante la gravidanza ha un effetto negativo sullo sviluppo del feto, come hanno recentemente confermato i ricercatori del grande progetto europeo ESCAPE (European Study of Cohorts for Air Pollution Effects). E’ dimostrato che l’esposizione materna aumenta il rischio di basso peso alla nascita, parto prematuro e disturbi dello sviluppo infantile.
Il traffico è un fattore di rischio particolarmente preoccupante per la salute infantile. Alcuni studi hanno osservato che i bambini esposti a livelli più alti di inquinanti prodotti dal traffico sono più spesso asmatici e hanno attacchi di asma più frequenti. Sempre secondo ESCAPE, i bambini sotto i due anni esposti al traffico sono a maggior rischio polmonite rispetto ai bambini che respirano aria più pulita. Per i bambini sotto l’anno di vita, ogni aumento di 5 µg/m3 del PM2.5 moltiplica per 4 il rischio di polmonite. Gli ossidi di azoto (NO2), inquinanti emessi dalle auto, aumentano il rischio di otite media.
All’età di 6-8 anni, i bambini che hanno vissuto in zone più inquinate hanno polmoni che funzionano peggio. E’ un effetto sufficiente ad aumentare significativamente il numero di bambini con bassa funzionalità respiratoria, misurata con la spirometria. Non è chiaro se il danno degli inquinanti possa essere compensato negli anni dell’adolescenza o se, come suggeriscono alcuni studi, i bambini esposti entreranno nell’età adulta – quando la capacità polmonare comincia naturalmente a diminuire – con funzionalità già ridotte.
Fonti: www.terranuova.it, www.genitoriantismog.it

Rsi.ch :Germania, carbone e proteste

Tratto da Rsi.ch
Germania, carbone e proteste
Migliaia di manifestanti hanno occupato l'immensa miniera di Garzweiler, il cui ampliamento previsto causerà la scomparsa di un'intera foresta


Continuano in Germania le manifestazioni di protesta di migliaia di ambientalisti che da venerdì bloccano e occupano l’immensa miniera di carbone a cielo aperto di Garzweiler, a Jüchen, nel Nordreno-Vestfalia. Il sito si estende per 48 km quadrati ed è la fonte d’approvvigionamento principale della vicina centrale di Neurath, situata a una quarantina di km a ovest di Düsseldorf.

Gli attivisti hanno chiesto la chiusura immediata della miniera di carbone, bloccando anche un tratto di ferrovia destinato al trasporto del minerale. Diversi i momenti di tensioni tra poliziotti e manifestanti, con accuse reciproche di un uso sproporzionato della forza. Gli agenti hanno ricordato che il sito minerario non è assolutamente sicuro prima di dare inizio, nella tarda mattinata di domenica, alle prime operazioni di sgombero dei dimostranti, che però oppongono una strenua resistenza.

Oltre alle problematiche legate all’elevato ruolo inquinante del carbone, la protesta contro la miniera di Garzweiler si è acuita dopo che la società che la gestisce ha dichiarato di voler abbattere un’intera foresta per ampliarla.

20 giugno 2019

Terra dei fuochi, il ministro Sergio Costa in Procura per il rapporto su mortalità e tumori

Terra dei fuochi, il ministro Costa in Procura per il rapporto su mortalità e tumori

Tratto da Caserta News

Terra dei fuochi, il ministro Costa in Procura per il rapporto su mortalità e tumori

Lo studio realizzato in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanità


Terra dei fuochi, il ministro Costa in Procura per il rapporto su mortalità e tumori
Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa sarà presente il prossimo 28 giugno al Castello Aragonese di Aversa, sede della Procura della Repubblica di Napoli Nord, dove saranno presentati i risultati dello studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità a seguito dell’accordo di collaborazione concluso con la Procura della Repubblica di Napoli Nord il 23 giugno 2016.
Lo studio riguarda la correlazione tra presenza di inquinanti sul territorio dell’agro aversano e dell’area di Napoli nord e gli eccessi di mortalità, incidenza tumorale e ospedalizzazione per patologie diverse.


Potrebbe interessarti: http://www.casertanews.it/attualita/ministri-costa-procura-studio-tumori-mortalita-aversa.html
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PFAS: l’ennesimo disastro.....

Tratto da Toscanaambiente 
PFAS: l’ennesimo disastro che non risparmia neppure la Toscana

Che cosa sono – e perché sono pericolose per la salute – le sostanze diventate tristemente famose per aver contaminato le acque potabili nel Veneto.
di Vincenzo Cordiano, specialista in Medicina interna, presidente ISDE Veneto
Patrizia Gentilini, oncologa, Giunta nazionale ISDE Italia
pfas-sigla
Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono probabilmente ancora sconosciute alla maggior parte delle persone ma, dietro questo strano nome, si celano agenti chimici che sono molto più vicini a noi di quanto immaginiamo e che ci conviene conoscere meglio per le ripercussioni che hanno sulla salute e sull’ambiente.
Il problema dei PFAS è venuto alla ribalta in seguito a quella che è probabilmente la più grave e ampia contaminazione mai riscontrata al mondo verificatasi in 60 Comuni dislocati fra le provincie di Padova, Vicenza e Verona ed emersa – ricordiamo – soprattutto per merito dell’ISDE che ha di recente pubblicato un accurato Position Paper sulla questione ( https://www.isde.it/pubblicato-il-position-paper-di-isde-sulle-pfas/) Al momento sono coinvolte circa 300.000 persone ma si stima che in tempi non lontani riguarderà ben 800.000 cittadini; oltre al Veneto anche la Toscana, già ora, non è indenne dal problema se pur, fortunatamente, in modo nettamente minore. Come sempre tuttavia andiamo con ordine capendo cosa sono i PFAS, cosa fanno e soprattutto se e come possiamo difenderci.
PFAS: cosa sono?
Le PFAS sono un gruppo eterogeneo di oltre 4.700 sostanze chimiche artificiali formate da una catena di atomi di carbonio di lunghezza variabile, nella quale gli atomi di idrogeno legati agli atomi di carbonio sono tutti sostituiti da fluoro.......Le PFAS sono molecole “eterne”, così definite dalla 3M, la multinazionale americana che le brevettò e in grado – come disse Robert Plunkett, lo “scopritore per caso” del politetrafluoroetilene (PTFE) – di condizionare ogni aspetto della vita moderna: dall’arte culinaria alla scienza missilistica! In effetti sono state utilizzate in lubrificanti, detersivi, adesivi, pesticidi, coloranti, prodotti per la pulizia personale e della casa, impermeabilizzazione di pelli e tessuti, plastificanti, ritardanti di fiamma, schiume antincendio, solventi, antidetonanti, scioline, contenitori per alimenti [2–4].
Le applicazioni commerciali più note sono il rivestimento antiaderente per le pentole da cucina (Teflon®) e la fabbricazione di indumenti impermeabilizzati e traspiranti (Gore-Tex®). Le PFAS sono classificate come molecole PBT (Persistenti, Bioaccumulabili, Tossiche) e grazie alla loro elevata stabilità termica, chimica, fisica e idrosolubilità si ritrovano in tutte le matrici ambientali, nella catena alimentare, in tutti gli animali selvatici e in tutte le popolazioni finora esaminati nei diversi continenti.........
PFAS e salute umana
Le più importanti vie d’esposizione alle PFAS per la popolazione generale sono l’acqua potabile, i cibi contaminati e la polvere di casa. Al pari di altre molecole persistenti, quali ad esempio le diossine, rimangono a lungo nei nostri corpi avendo tempi di dimezzamento variabili da 3,5 a 8,5 anni.
Le PFAS viaggiano nel nostro sangue legate alle proteine, in particolare all’albumina e si distribuiscono elettivamente nel fegato, nei reni, nei polmoni, nel cervello, nei muscoli e nelle ossa [5]. Il legame delle PFAS con l’albumina è quello che più può interferire con la salute umana, l’albumina infatti funziona come un “taxi” adibito al trasporto di ormoni, specie quelli tiroidei ed è ovvio che la presenza di “passeggeri indesiderati” come le PFAS finisce per alterare il normale equilibrio ormonale.
Queste sostanze rientrano fra gli “interferenti endocrini” (6) di cui già si è parlato ed è stata dimostrata la loro capacità di interferire anche con l’attività di estrogeni, androgeni e di alterare le membrane cellulari con conseguente stress ossidativo......
Conclusioni
Le PFAS, inquinanti ambientali persistenti, sono state disperse globalmente nell’aria, nelle acque, nel suolo e, grazie alla loro scarsa o nulla biodegradabilità, si bioaccumulano nella flora, nella fauna selvatica e negli esseri umani. Numerosi studi hanno confermato la pericolosità e la tossicità delle PFAS, intese come categoria, sia per l’ambiente che per la salute umana. Uno degli aspetti più inquietanti è che le stesse patologie riscontrate nelle popolazioni esposte a elevate concentrazioni di PFAS per motivi professionali, o per aver bevuto per decenni acqua “potabile” inquinata da scarichi industriali, sono associate alle basse concentrazioni ematiche di PFAS presenti oramai anche in oltre il 95% della popolazione generale residente a migliaia di chilometri dai siti di produzione di tali molecole.
Ancora una volta conoscenza e consapevolezza dei rischi connessi all’uso di tali sostanze non sono andati di pari passo e anche le PFAS andranno aggiunte al già fin troppo lungo elenco delle “Lezioni imparate in ritardo da pericoli conosciuti in anticipo” (11).Qui L'articolo integrale

Polveri sottili, un problema di tutta la collettività

Tratto da Tenews.it
Polveri sottili, un problema di tutta la collettività
Proviamo a immaginare che mare vedranno i nostri nipoti tra vent’anni e quali sensazioni proveranno immergendosi nelle nostre acque nell’ebbrezza dei primi bagni con i braccioli o la ciambella addosso. Potranno ancora godere delle stesse piacevoli impressioni di chi oggi invade le nostre spiagge o di chi usa la barca per svago o per lavoro vicino alle nostre coste?
Al passato dobbiamo solo dire grazie per averci consegnato una natura ancora intatta, al presente però abbiamo il dovere di chiedere che si faccia tutto quanto è necessario per evitare il pericolo incombente di un progressivo inquinamento ambientale. Stanno accadendo cose che la politca e le istituzioni non possono ignorare e su cui è necessario quanto prima intervenire.
Prendiamo, per esempio, un comune generatore a gasolio, teniamolo acceso tutto il giorno e moltiplichiamo i suoi gas di scarico per mille e 500 volte: questo dà solo un’idea dell’inquinamento prodotto da una nave in sosta in uno dei nostri porti, dove lo iodio è ormai un ricordo ed è pressochè impossibile distinguere l’odore della salsedine da quello della nafta.
Dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità collegano circa 8000 decessi/anno sul territorio nazionale a causa della sovraesposizione alle micro particelle Pm 10. Ebbene, le navi contribuiscono in maniera consistente all’inquinamento atmosferico da micro particelle, tant’è che si quantifica tra 2 e 8 per cento in fase di transito e tra 14 e 15 per cento in fase di stazionamento l’effetto prodotto dalle navi e dai traghetti alla diffusione di polveri sottili, senza contare quello indotto dal resto della flotta minore.
L’Europa ha da tempo accolto queste preoccupazioni. Da oltre un decennio indica misure finalizzate ad abbattere l’inquinamento acustico e atmosferico. 
Chi dovrebbe raccogliere l’invito? La Costituzione (art. 117) riserva la tutela dell’ecosistema alla potestà legislativa dello Stato, mentre sui porti vi è una potestà concorrente tra Stato e Regioni, Quest’ultime hanno, in via generale, la competenza a legiferare in materia. La legge 84/1994 ha poi istituito negli scali più grandi del Paese le Autorità Portuali di Sistema, organismi formalmente di diritto pubblico che agiscono sostanzialmente secondo uno schema privatistico con finalità di legge. Nella legge del ’94 sulle Autorità Portuali non vi sono disposizioni dedicate alla tutela della salute dei cittadini dalle attività del porto, poiché questo aspetto è riservato ad altri piani di governo.
Su un piano normativo, dunque, gli affari e la crescita economica stanno da una parte, mentre la tutela ambientale e della salute dall’altra. La partita, allo stato attuale, sembrerebbe solo tra cittadini e Autorità Portuali, sulla base della lungimiranza e gli interessi delle comunità locali. 
Per quanto concerne il governo dei sindaci, la legge riserva loro il potere di ordinanza nei casi di emergenza sanitaria o d’igiene pubblica (art. 50, comma 5, Tuel) e in quelli di eventuali gravi pericoli per l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, compreso l’inquinamento atmosferico (art. 54, comma 4, Tuel).
Se le Autorità sono pagate dal pubblico, e quindi da ciascuno di noi, che altro dovrebbero fare se non perseguire ed operare a favore degli interessi pubblici? Spesso la risposta è che l’unica medicina in tempi di crisi è quella della crescita conomica, che produce redditto e crea occupazione, ma ciò non può e non deve avvenire a scapito della salute dei cittadini. Il benessere e la ricchezza di una città in termini economici conta ben poco se poi le acque sono inquinate e l’aria è malsana. 
Per questo riteniamo che, almeno per quanto ci riguarda, non sia più rinviabile nel tempo l’elettrificazione obbligatoria di tutte le banchine a servizio delle navi in transito o stanziali nel porto. ....Continua qui

Anna Pigot :È IL CAPITALISMO CHE STA UCCIDENDO LA NATURA, NON L’UMANITÀ


Interessante articolo tratto da The Vision 

È IL CAPITALISMO CHE STA UCCIDENDO LA NATURA, NON L’UMANITÀ

L’ultimo rapporto Living planet del WWF è una lettura piuttosto dura: la fauna selvatica è diminuita del 60% dal 1970, alcuni ecosistemi stanno collassando e c’è una buona possibilità che la specie umana non abbia vita lunga. La relazione sottolinea continuamente come la colpa di questa estinzione di massa sia da attribuire all’uomo e a ciò che consuma, e i giornalisti si sono precipitati a diffondere questo messaggio. Il Guardian ha titolato: “L’umanità ha distrutto il 60% delle specie animali”, mentre la Bbc ha scelto: “Il consumismo ha causato una grossa perdita di fauna selvatica”. Non c’è di che stupirsi: nelle 148 pagine del rapporto la parola “umanità” appare 14 volte, e “consumismo” 54 volte.


C’è un termine, però, che non compare nemmeno una volta: capitalismo. Si potrebbe dire che, ora che l’83% degli ecosistemi di acqua dolce stanno collassando (un’altra delle statistiche inquietanti del rapporto), non abbiamo tempo di disquisire di semantica. Eppure, come ha scritto l’ecologista Robin Wall Kimmerer, “trovare le parole giuste è il primo passo per iniziare a capire.”

Nonostante il rapporto del WWF si avvicini al concetto, parlando del problema come di una questione culturale, economica e di modello produttivo insostenibile, non riesce a identificare il capitalismo come ciò che lega in maniera cruciale (e a volte casuale) tutte queste cose. In questo modo ci impedisce di vedere la reale natura del problema e, se non lo nominiamo, non possiamo affrontarlo perché è come puntare verso un obiettivo invisibile.

Il rapporto del WWF fa bene a evidenziare “il crescente consumo da parte dell’uomo”, e non la crescita della popolazione, come la causa primaria dell’estinzione di massa, e si sforza in maniera particolare di illustrare il legame tra la perdita di biodiversità e il consumismo. Però si ferma lì, non dice che è il capitalismo a imporre questo modello sconsiderato di consumo. Questo –  in particolar modo nella sua forma neoliberista – è un’ideologia fondata sull’idea di una costante e perenne crescita economica, spinta proprio dai consumi: un assunto semplicemente fallace......
Il Guardian, per esempio, riporta che “la popolazione globale sta distruggendo la rete della vita.” Questa frase è totalmente fuorviante: il rapporto del WWF riporta effettivamente che non è tutta l’umanità ad essere consumista, ma non sottolinea abbastanza che è solo una piccola minoranza della popolazione mondiale a causare la maggior parte dei danni.


Dalle emissioni di anidride carbonica all’impronta ambientale, è il 10% più ricco della popolazione ad avere l’impatto maggiore. Inoltre, non si dice che gli effetti del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità abbiano maggiore impatto sulle persone più povere – le persone che contribuiscono al problema in maniera minore. Sottolineare queste differenze è importante perché sono queste il problema, e non l’umanità per sé, e perché le disuguaglianze sono endemiche nei sistemi capitalisti, specialmente per via della sua eredità razzista e colonialista.




“Umanità” è una parola ombrello che tende a coprire tutte queste crepe, impedendoci di vedere la situazione per come è. .....
Ma cosa succederebbe se questa sorta di auto-critica la rigirassimo verso il capitalismo? Non solo sarebbe un target più corretto, ma potrebbe anche darci la forza di vedere l’umanità come una forza benevola.......
Parlare del capitalismo come di una causa fondamentale del cambiamento climatico, al contrario, ci aiuta a identificare tutta una serie di idee e abitudini che non sono né permanenti né fanno parte del nostro essere umani. Così facendo possiamo imparare che le cose non devono andare necessariamente così. Abbiamo il potere di indicare un colpevole ed esporlo.......
Il rapporto del WWF lancia un appello a trovare una “voce collettiva, cruciale se vogliamo invertire il trend della perdita di biodiversità”. Ma una voce collettiva è inutile se non usa le parole giuste. Fin quando noi, e organizzazioni come il WWF, non riusciremo a nominare il capitalismo come la causa principale dell’estinzione di massa, saremo incapaci di contrastare questa tragedia.                             Leggi l'articolo integrale su The Vision 
Questo articolo è stato tradotto da The Conversation.

19 giugno 2019

Codacons:Abbiamo chiesto alla Procura il sequestro dello stabilimento

Tratto da Quotidiano di Puglia
«Abbiamo chiesto alla Procura il sequestro dello stabilimento» 
Il Codacons chiede il sequestro dello stabilimento siderurico. «Dopo gli allarmanti dati emersi nei giorni scorsi dallo studio epidemiologico Sentieri, il Codacons ha presentato una nuova istanza alla Procura della Repubblica di Taranto dove si chiede di porre sotto sequestro gli impianti ex Ilva. Dall’ indagine epidemiologica emerge in modo lampante le gravi ripercussioni sanitarie subite dai cittadini di Taranto spiega il Codacons -. Nell’ arco di 14 anni, tra il 2002 e il 2015, a Taranto sono nati 600 bambini malformati e si sono registrati oltre 40 tumori in età pediatrica. Nella fascia di età 20-29 anni si evidenzia inoltre un eccesso del 70% per l’ incidenza dei tumori della tiroide. Numeri che, per l’ associazione dei consumatori, dimostrano ancora una volta come l’ inquinamento dell’ aria abbia avuto conseguenze pesantissime sulla salute dei residenti, e come niente sia stato fatto per tutelare la popolazione». Per tale motivo il Codacons, «considerato che ad oggi non risultano realizzate e ultimate – ma solo avviate – misure di protezione per la collettività da parte delle Autorità centrali, periferiche e dell’ impianto siderurgico, ha chiesto alla Procura di Taranto di porre sotto sequestro gli impianti ex Ilva, al fine di garantire ai cittadini residenti il diritto costituzionale della salute....Continua qui

18 giugno 2019

Marco Grondacci :SUL PROGETTO DI BIODIGESTORE PREVISTO DAL PIANO DI AREA DELLA PROVINCIA DI SAVONA

Tratto da Uomini Liberi 

SUL PROGETTO DI BIODIGESTORE PREVISTO DAL PIANO DI AREA DELLA PROVINCIA DI SAVONA

Francamente, da un punto di vista giuridico amministrativo che poi è il punto di vista con cui ho approcciato il problema nella mia relazione al Convegno di sabato 15 giugno, le dichiarazioni del Sindaco (che pubblico qui sotto) le trovo inutili e anche un po contraddittorie. Contraddittorie intanto perché il Piano, con il sito per biodigestore nell’area ex centrale Tirreno Power, è stato approvato dal Consiglio Provinciale di SV dove mi risulta fosse presente anche il Sindaco di Vado Ligure. Ma sono dichiarazioni così come sono formulate anche inutili. Non si condivide più quella scelta? Il Sindaco chieda di tornare in Consiglio Provinciale e approvare una deliberazione che avvii una procedura di variante a quel Piano eliminando il sito in questione e quindi il rischio anche solo potenziale che un domani si ritorni con un progetto su quel sito. Peraltro nel caso di Savona essendo già in funzione un impianto simile (quello di Cairo) una tale decisione non creerebbe neppure problemi alla chiusura del ciclo dei rifiuti in ambito regionale a patto che si chiarisca che a Cairo vadano solo gli organici della provincia di SV cosa di cui dubito visto il recente aumento (su questo il ceto dirigente di Vado non ha nulla da dire?) delle quantità trattabili in quell’impianto per non parlare delle problematiche emissive dello stesso.
Marco Grondacci              Continua su Uomini Liberi

Terre di frontiera:L’intermittenza mediatica uccide

Tratto da  Terre di frontiera 

L’intermittenza mediatica uccide

 Leggere il uinto rapporto Sentieri – lo Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento, promosso e finanziato dal ministero della Salute – comporta un’assunzione collettiva di responsabilità. A giocare un ruolo determinante nella conoscenza delle cause e dei rischi per la salute delle comunità è l’informazione. Che deve mettere in campo gli strumenti giusti per la comprensione, pesando i numeri – che in molte situazioni rappresentano veri e propri macigni – e non semplicemente dare i numeri. O accendere e spegnere i riflettori rispondendo esclusivamente a logiche commerciali. L’intermittenza mediatica uccide al pari dell’inquinamento ambientale. Si muore più lentamente e dolorosamente nel silenzio.
Allo stesso modo, gli organi preposti al controllo, chi legifera, chi concede nuove autorizzazioni e proroghe ad impianti che impattano le matrici acqua, aria e suoli, questi numeri dovrebbe studiarli.
Assistiamo, invece, ad una sorta di criminalizzazione di chi sorveglia e vive in territori di frontiera, all’ombra di aziende chimiche, stabilimenti siderurgici, petrolchimici, raffinerie e centrali elettriche. Solo per citare quegli impianti che un territorio oltre ad occuparlo lo alterano nei lineamenti vitali deturpandone l’aspetto e sovvertendone le regole.
Ed è proprio il rapporto Sentieri ad evidenziarne la causa, la mano. «Gli eccessi tumorali si osservano prevalentemente nei siti con presenza di impianti chimici, petrolchimici e raffinerie, e nelle aree nelle quali vengono abbandonati rifiuti pericolosi.»
In evidenza l’eccesso «di patologie in territori caratterizzati dalla presenza nell’ambiente di fonti di esposizione ambientale potenzialmente associate in termini eziologici alle entità patologiche studiate.»
Quanto basta per tracciare su di una mappa i confini di trecentodiciannove comuni italiani che, oggi, ospitano quasi sei milioni di abitanti, distribuiti in quarantacinque Siti d’interesse nazionale nel periodo di riferimento oggetto di studio, che arriva fino al 2016.
L’Istituzione superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), su dati aggiornati al 2018, ne classifica invece quarantuno, per una superficie a terra pari ad oltre 170 mila ettari: «lo 0,57% della superficie del territorio italiano.»
Una mappa, sì reale, tangibile, ma incompleta, perché all’appello mancano molte aree del nostro Paese non perimetrate, non studiate, non conosciute. Una disomogeneità che pare limite insuperabile come la mancanza o la frammentarietà delle informazioni a disposizione di chi indaga: l’assenza di una procedura uniforme per caratterizzare ciascun sito da un punto di vista ambientale; la non capillarità dei Registri tumori regionali; l’insieme di banche dati non interconnesse tra loro; l’assenza di un sistema di studio e di controllo centralizzato; la quasi totale censura di indagini igienico-ambientali; la presenza di studi epidemiologi finanziati a terzi da chi inquina, in molti casi gli unici ad essere presenti.
A nord, a sud e a pochi chilometri da Taranto, a Milazzo, a Gela, in Basilicata, in Sardegna, a Pioltello, a Broni, in Trentino, ad Emarese cosa accade ad uomini, donne e bambini? 

17 giugno 2019

Inquinamento lavoro: il conflitto fra la tutela della salute e la difesa occupazionale.

Tratto da Siracusa live

Inquinamento, connubi, lavoro: il conflitto fra la tutela della salute e la difesa occupazionale

Negli ultimi giorni puzza e miasmi hanno fortemente agitato i residenti dei comuni industriali, con mille denunce ma poche risposte da parte delle istituzioni sibilline e senza la speranza per un futuro migliore. L’inquinamento delle industrie oggi spaventa più del passato. Quella torce che bruciano sinistre, la puzza e i miasmi provocati dalle raffinerie che sono troppe vicine ai centri abitati, hanno fatto alzare l’attenzione sui continui sfiaccolamenti con fumi e puzza registrati copiosi, mentre dovrebbero essere in funzione solo per l’emergenza, per la sicurezza.
Anche la realizzazione del deposito di GNL nel porto di Augusta entra a forza nel gioco degli interessi delle parti; ma si tratta di una bomba ad alto potenziale molto pericolosa. Interessi e posti di lavori che già si stanno “spalmando”.
La raffinazione del petrolio ha gravi conseguenze sull’ambiente e sulle persone, inquina moltissimo; specie nell’aria, alla fine del processo, non si hanno solo i prodotti finiti, ma anche polveri sottili e fumi, che sono bruciati per evitarne la dispersione. In ogni caso, anche se bruciate, le polveri sottili sono un serio problema per la salute di chi abita nei dintorni, perché restano sospese in aria, nonostante tutte le precauzioni da parte dei produttori. Sotto accusa da sempre sono i metalli pesanti e l’inquinamento industriale legato da 70anni di attività del petrolchimico tra connubi e silenzi. Inutile dire che l’inquinamento non si può evitare; occorrono nuove tecnologie costosissime, oppure, come nel caso di Gela, la chiusura degli impianti che inquinano.
Si solleva da più parti un problema di emergenza sanitaria, i cittadini chiedono maggiori controlli. Dopo anni e anni d’indagini, la Procura della Repubblica di Siracusa ha scoperto più volte che nel petrolchimico siracusano l’inquinamento ha superato i limiti di guardia; clamorosa l’operazione Mare Rosso, con una quantità indefinita di mercurio smaltito nei fondali marini. Per direttori e tecnici di stabilimento l’accusa è stata più volte disastro colposo, anche se i ministeri dell’Ambiente e della Salute non si sono accorti di nulla. Tutto, in un contesto d’indagine molto ampio tra omesse bonifiche, violazione dei codici ambientali, gravi ricadute dell’inquinamento sulle comunità locali e sulla catena alimentare. Quello che non si sta facendo è cercare di andare verso la riconversione “green” delle attività di raffinazione; di contro le industrie hanno sempre risposto, ovviamente, confermando di aver rispettato sempre le norme e le prescrizioni imposte dagli organi competenti.
Le inchieste della Procura negli anni hanno riguardato tutto il petrolchimico, comprese le attività dei depuratori per le quali le indagini sono ancora in corso. Si può dire che alla fine la Procura si è sostituita, di fatto, agli Enti preposti al controllo. Compresa la funzione dei sindaci, responsabili della salute pubblica, ma forse non lo sanno ancora.
Il ricordo non può non tenere conto delle inchieste, con successivi processi conclusi il più delle volte con l’assoluzione per sentenze astratte o per l’intervenuta prescrizione dei reati, rimanendo in piedi attivi i tanti fattori di contaminazioni e le responsabilità acclarate.
A parte la farsa delle bonifiche con milioni di tonnellate di veleni ammassati a terra e a mare, non sembrano essere risolutive per la mancanza della volontà politica. Le opere di bonifica se non osservate in maniera totale non saranno del tutto efficaci, né decisivi. Una bonifica parziale non serve a niente. La stessa barriera idraulica sembra avere forti criticità; il tutto condito con il vecchio gioco dello scaricabarile delle parti in causa sulle responsabilità. ..... Pochi quello che denunciano e troppi quelli che difendono le industrie che inquinano, comprese testate giornalistiche che sono diventate organi ufficiali del comparto industriale. Insomma, muti, sordi e ciechi....
L’immagine del petrolchimico siracusano appare oggi quello di un territorio definitivamente compromesso, in cui le responsabilità sono da addebitare a più livelli ..... Chi doveva denunciare, vigilare e controllare non l’ha fatto in maniera efficace; specie sul grave problema sanitario rilevato nelle aree della zona industriale, con tumori e malattie invalidanti. La delicata questione dei controlli appare in crisi, confusa, senza la garanzia del controllore terzo, specie quando si vuole affidare a consorzi formati dalle stesse industrie che inquinano e in proprio pensano alla predisposizione e all’attuazione di analisi e monitoraggi, con il solo obbligo poi di inviarle agli Enti pubblici preposti.
È l’eterno conflitto fra la tutela della salute dei cittadini e la difesa dei posti di lavoro. Un gioco al massacro, nel perverso rapporto di dipendenza che rende funzionale la devastazione ambientale alla crescita dello sviluppo capitalistico delle lobby della chimica e della raffinazione, nell’interesse delle parti.
La speranza per i cittadini comincia a tracciare la regola verso la chiusura degli stabilimenti, ma poi si scopre che ci sono migliaia di famiglia che vivono del reddito prodotto dal lavoro nelle fabbriche che, purtroppo, inquinano. Ed ecco che, ironia della sorte, arriva la necessità che obbliga legge che ci riporta indietro per scoprire che alla fine vince il ricatto occupazionale sulla salute dei cittadini.
Concetto Alota

Effetti dell'inquinamento atmosferico sulla salute

Tratto da Ufficio federale dell’ ambiente svizzero

Effetti dell'inquinamento atmosferico sulla salute




L’inquinamento atmosferico è una causa accertata di affezioni e decessi prematuri. Il pericolo maggiore è rappresentato dai notevoli disturbi generati dalle polveri fini e dall’ozono.

A ogni nostro respiro, gas come il diossido di azoto e l'ozono come pure migliaia di particelle fini entrano nelle nostre vie respiratorie e penetrano nei polmoni. Questi inquinanti vengono immagazzinati nei bronchi e negli alveoli, dove, a breve o a lungo termine, possono produrre effetti nocivi sulla salute.
Più le particelle sono sottili, più penetrano in profondità nei polmoni. La concentrazione eccessiva di tali sostanze aumenta la frequenza dei disturbi e delle affezioni alle vie respiratorie sia nei bambini che negli adulti. Possono verificarsi, ad esempio, episodi di dispnea, tosse cronica e catarro, bronchite acuta e cronica, infezioni delle vie respiratorie.
L'inquinamento atmosferico contribuisce inoltre ad aggravare questi disturbi nelle persone che già ne soffrono. Quanto più inquinata è l'aria, ad esempio nei pressi di strade molto trafficate, tanto maggiore è la frequenza con cui gli attacchi si manifestano. L'aria inquinata provoca una riduzione della capacità polmonare media e, di conseguenza, un aumento degli interventi medici urgenti e dei ricoveri ospedalieri dovuti ad affezioni alle vie respiratorie.
L'aspettativa di vita si riduce: aumentano infatti i casi di decesso giornalieri per disturbi cardiocircolatori e respiratori o cancro ai polmoni.
Secondo uno studio aggiornato nel 2015, l'Ufficio federale dello sviluppo territoriale (ARE) giunge alla conclusione che l'inquinamento atmosferico (attraverso le PM10) causa in Svizzera 2'200 decessi prematuri all'anno, per una perdita complessiva di 22'000 anni di vita.
In Svizzera l'inquinamento atmosferico genera ogni anno costi esterni per miliardi di franchi, che non vengono coperti da chi li causa. Le relative ripercussioni sulla salute della popolazione svizzera sono state quantificate in modo più preciso e tradotte in termini monetari nell'ambito di diversi studi sull'inquinante principale PM10 (polveri fini), considerato come un indicatore di inquinamento rilevante dal punto di vista sanitario. Tali studi sono stati eseguiti da epidemiologi, esperti in materia di qualità dell'aria ed economisti.
Inoltre, sono circa 14'000 i giorni di ospedalizzazione annui in Svizzera dovuti a malattie del sistema respiratorio e cardiocircolatorio provocate dagli inquinanti presenti nell'aria.
L'inquinamento dell'aria che respiriamo causa inoltre circa 12'000 casi di bronchite acuta nei bambini e circa 2'300 nuovi casi di bronchite cronica negli adulti. Infine, per gli adulti si registrano più o meno 3,5 milioni di giorni caratterizzati da una limitazione delle normali attività. Tutto ciò genera ogni anno costi per circa 6,5 miliardi di franchi.
In Svizzera gli effetti a lungo termine dell'inquinamento atmosferico sulla salute sono esaminati nel quadro dello studio della coorte SAPALDIA (Swiss Cohort Study on Air Pollution and Lung and Heart Diseases in Adults).
Questo e altri studi dimostrano anche che la salute dei bambini e degli adulti migliora in modo relativamente rapido se diminuisce il tenore in inquinanti atmosferici. Le misure di miglioramento della qualità dell'aria hanno quindi un effetto positivo misurabile sulla salute della popolazione.

16 giugno 2019

5 STELLE : Evento a Vado Ligure per parlare dell’ipotesi biodigestore

Evento a Vado Ligure per parlare dell’ipotesi biodi Gestore

Tratto da Uomini Liberi
Ricca  presenza di spettatori con rappresentanza dei gruppi politici locali, fra i quali Pietro Bovero(Vado…di tutti), Francesco De Merra (Memoria e Futuro), Rodolfo Fersini (Quiliano Domani), Cinzia Pennestri (Progetto Comune). Naturalmente assente, come di regola, la maggioranza vadese.
Prende la parola il consigliere regionale Andrea Melis sulla delibera 43 del 2/8/2018 riguardante il piano d’ambito elaborato dalla Provincia di Savona in merito alla possibilità di insediamento di un biodigestore nel sito Tirreno Power, avvallata successivamente dalla Regione.
Sono state illustrate le osservazioni al riguardo compiute dal Movimento 5 stelle in sede regionale; le risposte dell’assessorato competente hanno puntualizzato l’assenza di elementi oggettivi per la quantificazione dell’organico da trattare e l’impossibilità di prendere in considerazione l’esistente biodigestore di Ferrania in quanto impianto privato.
Melis ha concluso dicendo che, stando alle carte, per ora sono questi gli atti protocollati, anche se gli amministratori locali hanno detto diversamente (ma non hanno prodotto carte né ci sono state delibere in merito).
Successivo intervento di Marco De Ferrari, altro consigliere regionale pentastellato, che ha posto l’accento sul lavoro effettuato dalle Commissioni Ecomafie 2016: dati allarmanti per la Liguria, una regione agli ultimi posti in Italia per l’impiantistica esistente e ad altro rischio di business criminale.
In Liguria il costo pro-capite per i rifiuti è estremamente alto (più di 200 euro), nel 2016 il 60% dei rifiuti era conferito in discariche (al 2° posto dopo la Sicilia), erano in tale data bonificati solo 52 siti su 174. Terra dei Fuochi bis? Secondo ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – in Liguria si ottiene meno del 50% di raccolta differenziata media a fronte di un valore medio per il nord Italia dal 60 al 74%.
I mega-impianti biodigestori, che di “bio” hanno molto poco, sono altamente impattanti, al contrario degli impianti medio-piccoli che lo sono molto meno; un mega biodigestore a Vado Ligure produrrebbe un aumento smisurato del traffico di camion.
De Ferrari ha ricordato la presa di posizione del febbraio 2013 da parte dell’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente (ISDE) di Viterbo contro i progetti di biodigestori, centrali a biogas e biomasse che ha richiamato l’articolo 32 della Costituzione che afferma: ”La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
E’ stata inoltre ricordata la presa di posizione dei medici di Lodi che nel 2014, nel corso di un summit, deliberarono che una centrale di biogas che lavora per oltre 8mila ore l’anno, equivale al transito quotidiano di circa 600mila vetture con marmitta Euro 4». Le alte emissioni prodotte da queste centrali capaci di bruciare alte quantità di materiale organico per produrre energia oltre a liberare nell’aria polveri sottili, emanano ossidi d’azoto, ozono e altre molecole inquinanti con danno alla è molteplice perché agli effetti diretti degli ossidi d’azoto (Nox), come le malattie respiratorie, si devono sommare quelli dell’ozono e del particolato fine che possono causare infarti e altre patologiecardiocircolatorie, oltre al cancro al polmone.
Soluzioni:
1) porta a porta spinto con tariffazione puntuale: differenzio di più, pago di meno; 
2) in alternativa plurime impiantistiche aerobiche e non anaerobiche, di piccole dimensioni. A San Francisco sono al 98% della raccolta differenziata, basterebbe semplicemente copiare.
La parola poi al consulente di Diritto Ambientale Marco Grondacci, che riferisce sull’esposto al Presidente della Repubblica  del WWF Italia e Uniti per la Salute per il Biodigestore sull’area di crisi complessa Tirreno Power firmato dall’Avvocato Matteo Ceruti.
Il Tar ha bocciato il progetto del biodigestore di Isola del Cantone o meglio gli atti della Regione che lo ritenevano compatibile dal punto di vista ambientale proposto dall’amministrazione regionale di centrodestra.
Grondacci ha poi elencato le manchevolezze procedurali della Provincia, la mancata presa in considerazione del parametro salute pubblica ed ha sottolineato la mancata convocazione di una assemblea pubblica, come previsto dalla legge, a seguito del cambiamento di sito per il biodigestore, in quanto la VAS aveva indicato il sito del Boscaccio.
A seguire, il deputato Roberto Traversi della Commissione Ambiente della Camera.
La situazione rifiuti in Liguria è disatrosa, così come la depurazione delle acque.
Finalmente votato ed implementato il Registro Tumori, elemento che potrà fare molta chiarezza sulle patologie neoplastiche di origine ambientale. L’atteggiamento del Movimento 5 stelle è quello di rifiuti zero, in contrapposizione alla Lega che vorrebbe invece più inceneritori.
Francesco Demerra

Dopo che pochi giorni prima ci sono state dichiarazioni che quasi irridevano questo evento:
Monica Giuliano (Sindaco di Vado ligure):
” Non si forniscano notizie sballate ai cittadini”
Pietro Bovero (Vado di Tutti).
“Non raccontiamo barzellette”
Franca Guelfi (Memoria e Futuro):
Riteniamo che l ipotesi di realizzarlo nelle aree Tirreno Power, sia del tutto superata”
Stando all’esposizione dei fatti, espressi in conferenza, invece ci sono documenti che possono aprire la reale possibilità, della costruzione di un Biodigestore nel nostro territorio.