COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE.

QUESTO BLOG UTILIZZA COOKIES ,ANCHE DI TERZE PARTI.SCORRENDO QUESTA PAGINA ,CLICCANDO SU UN LINK O PROSEGUENDO LA NAVIGAZIONE IN ALTRA MANIERA ,ACCONSENTI ALL'USO DEI COOKIES.SE VUOI SAPERNE DI PIU' O NEGARE IL CONSENSO A TUTTI O AD ALCUNI COOKIES LEGGI LA "COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE".

31 maggio 2021

Sentenza storica per l’ Ilva di Taranto, Fabio Riva condannato a 22 anni, Nicola Riva a 20

  Tratto da Il Corriere.it

Sentenza Ilva di Taranto, Fabio Riva condannato a 22 anni, Nicola Riva a 20


Il primo grado del processo sull’Ilva «Ambiente svenduto» si è chiuso con condanne pesanti
: ventidue anni per Fabio Riva, 20 per Nicola Riva, gli ex proprietari del gruppo siderurgico e principali imputati. La sentenza della Corte d’Assise per il processo con 47 imputati relativo al reato di disastro ambientale dell’Ilva con la gestione Riva è stata letta stamattina in aula dalla presidente Stefania D’Errico alle 10.45: è arrivata dopo 329 udienze durate cinque anni (la prima il 17 maggio del 2016). La richiesta dell’accusa era di 28 anni per Fabio Riva e 25 per Nicola Riva, ex proprietari ed amministratori dell’azienda

La confisca degli impianti

La Corte d’Assise di Taranto ha anche disposto la confisca degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto per il reato di disastro ambientale imputato alla gestione Riva, così come era stato chiesta dai pm. Gli impianti dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico ex Ilva erano già stati sequestrati dal gip del tribunale del capoluogo jonico Patrizia Todisco il 25 luglio 2012 (poi venne concessa la facoltà d’uso). Accolta, in questo senso, da una giuria di tutte donne, la richiesta formulata dall’accusa rappresentata in aula dal procuratore aggiunto Maurizio Carbone e dai sostituti Mariano Buccoliero, Remo Epifani, Raffaele Graziano e Giovanna Cannalire. I giudici nella sentenza hanno stabilito la confisca per equivalente del profitto illecito nei confronti delle tre società Ilva spa, Riva fire spa, oggi Partecipazioni industriali spa in liquidazione, e Riva forni elettrici per gli illeciti amministrativi per una somma di 2 miliardi e 100 milioni di euro in solido tra loro

La continuità dell’attività

La confisca degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto non ha alcun effetto immediato sulla produzione e sull’attività del siderurgico di Taranto. La confisca degli impianti è stata chiesta dai pm, ma essa sarà operativa ed efficace solo a valle del giudizio definitivo della Corte di Cassazione, mentre adesso si è solo al primo grado di giudizio. Gli impianti di Taranto, quindi, restano sequestrati ma con facoltà d’uso agli attuali gestori della fabbrica. Gli impianti pugliesi sono infatti ritenuti strategici per l’economia nazionale da una legge del 2012 confermata anche dalla Corte Costituzionale. Per area a caldo si intendono parchi minerali, agglomerato, cokerie, altiforni e acciaierie. Da rilevare che nel passaggio degli impianti dall’attuale proprietà di Ilva in amministrazione straordinaria all’acquirente, cioè la società Acciaierie d’Italia tra ArcelorMittal Italia e Invitalia, è previsto il dissequestro degli impianti come condizione sospensiva. Passaggio per ora collocato entro maggio 2022.

Le condanne dei dirigenti

Tra i condannati c’è anche Adolfo Buffo, ex direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto, ed attuale direttore generale di Acciaierie d’Italia (società tra ArcelorMittal Italia e Invitalia). È stato condannato a 4 anni, i pm avevano chiesto la condanna a 20 anni. A Buffo era contestata anche la responsabilità di due incidenti mortali sul lavoro. Ventuno anni di reclusione sono stati invece inflitti all’ex direttore del siderurgico Luigi Capogrosso (28 la richiesta dei pm) e 21 anni anche per Girolamo Archinà, ex consulente dei Riva per le relazioni istituzionali (28 la richiesta dei pm)

Tre anni e mezzo a Nichi Vendola

Tre anni e mezzo di reclusione sono stati inflitti dalla Corte d’Assise di Taranto all’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola: i pm avevano chiesto la condanna a 5 anni. Vendola è accusato di concussione aggravata in concorso, in quanto, secondo la tesi degli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull’allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per far «ammorbidire» la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’Ilva. Assennato è stato condannato a 2 anni: secondo l’accusa avrebbe taciuto delle pressioni subite dall’ex governatore affinché attenuasse le relazioni dell’Arpa a seguito dei controlli ispettivi ambientali nello stabilimento siderurgico. Il pm aveva chiesto la condanna a un anno. Assennato, che ha sempre negato di aver ricevuto pressioni da Vendola, aveva rinunciato alla prescrizione.



Leggi anche su Peacelink
Condanne durissime, condannati anche  i politici

Sentenza Ambiente Svenduto, confiscati gli impianti dell'area a caldo ILVA

Nessuno aveva mai parlato della diossina a Taranto prima del 2005. Fummo noi a prenderci la responsabilità e i rischi di denunciarlo pubblicamente. Oggi è una grande giornata di liberazione dopo una lunga resistenza e tante vittime. Venivano chiamati "allarmisti" ma avevano ragione noi.
31 maggio 2021
Alessandro Marescotti (presidente PeaceLink)

Era tanto attesa. Ed è arrivata.

La sentenza sull'ILVA farà parlare, farà discutere, farà arrabbiare più di qualcuno.

Quella sentenza è il frutto di una lunga lotta a cui abbiamo dato il via nel febbraio 2008, portando in un laboratorio specializzato un pezzo di pecorino contaminato dalla diossina. Il latte di quel formaggio proveniva da pecore e capre che avevano brucato nei pascoli attorno all'ILVA. Avevamo letto su un giornale che, attorno allo stabilimento, pascolava un gregge. La cosa ci incuriosì. Ci mettemmo alla ricerca del pastore. Una nostra ecosentinella, Piero Mottolese, lo incontrò. Non stava bene. Quel pastore morirà di cancro dopo non molto.

Ma facciamo un passo indietro.

Tre anni prima, nel 2005, avevamo scoperto che a Taranto c'era la diossina. Nessuno aveva mai parlato prima della diossina. La parola diossina era sconosciuta a tutti nella città dell'acciaio. Era come se un segreto venisse gelosamente custodito. I sindacati CGIL-CISL-UIL avevano partecipato a tanti tavoli tecnici e alle riunione degli atti di intesa con l'ILVA, ma la parola diossina non era mai venuta fuori fino al 2005. Fino a quel giorno di aprile in cui PeaceLink la lanciò con un comunicato stampa che venne letto come prima notizia al TG3 della Puglia. Ma quella notizia data dalla RAI con tanta evidenza probabilmente non era di interesse o di gradimento gradimento per la politica perché nessuno ne fece menzione. Eppure la diossina è un cancerogeno classificato dalla IARC il classe I, ed è un formidabile contaminante dell'ambiente e della catena alimentare. Ma come mai nessuno aveva mai pronunciato quella parola a Taranto? Non lo sappiamo, ma possiamo intuirne le ragioni. Sappiamo solo che ci imbattemmo nella diossina scandagliando i dati di un database europeo nel quale c'erano le sigle PCDD e PCDF che - a chi non sa di chimica - non dicevano nulla. Anche in quel caso l'indizio ci incuriosì. E venne fuori la terribile verità. 

Fummo noi di PeaceLink a prenderci quella grave responsabilità nel 2005. E a portare nel 2008 in laboratorio il formaggio.

Per anni e anni abbiamo incontrato persone che ci dicevano scherzando: non vi hanno ancora arrestato?

Avevamo un'etichetta addosso: "allarmisti".

In realtà due sono le parole che hanno guidato la nostra azione: curiosità e responsabilità.

Spirito di curiosità e senso della responsabilità.

Ficcanaso impiccioni che non si facevano i fatti propri, insomma.

Di fronte a chi pensava di cambiare il mondo con le grandi teorie, noi, più modestamente, ci accontentavamo dei dettagli. E dai dettagli ricostruivamo il mosaico generale, in un processo di ricerca e ricomposizione dei nessi. Possiamo definire questa metodologia "la rivoluzione dei dettagli", prendendo in prestito il titolo di un libro della mia amica Marinella Correggia.

Quella rivoluzione dei dettagli ha guidato ricerche sempre più vaste. E se oggi si va a vedere quanto materiale abbiamo accumulato con questa metodologia c'è solo da rimanere sbalorditi. E si rimane sbalorditi per l'immenso lavoro svolto dalla polizia giudiziaria e dai magistrati. A cui diciamo grazie per aver condotto con rigore un'azione scomoda ma necessaria e di somma importanza.

Oggi è una grande liberazione. I ficcanaso impiccioni, quelli che venivano chiamati "gli allarmisti", avevano ragione. 

Sì. Proprio così. Avevamo ragione. 

Oggi fioccano le condanne. E gli impianti pericolosi vengono confiscati.

30 maggio 2021

Fabrizio Bianchi : Perché irrobustire e non alleggerire le valutazioni preventive di impatto ambientale e sanitario


 Riceviamo dall’ Epidemiologo  Fabrizio Bianchi  del CNR

Parlare di scelte sulle quali penso abbiano influito tantissime valutazioni è difficile e penso siano da evitare banalizzazioni.  Guardando in avanti, penso che nelle aree come quella di Vado Ligure che per decenni hanno pagato un prezzo ambientale e sanitario in nome di uno sviluppo tutt'altro che sostenibile ci sia bisogno di progettare un nuovo e diverso futuro. Per imboccare una strada di transizione ecologica nella giusta direzione le aree più fragili sono i banchi di prova per tutti, industria, amministrazioni, cittadini e scienziati. Tutti siamo chiamati ad un salto di qualità per fare il quale occorre definire il razionale di partenza su cui confrontarsi e trovare convergenza. Definire vie di sviluppo in grado di migliorare ambiente e salute, dovrebbe essere l'obiettivo comune di chi ha la responsabilità di tutela dell'ambiente e della salute, di chi ha il compito di studiare e prevenire, di chi investe in attività imprenditoriali. Cambiamenti climatici e pandemia da Covid19 raccontano e indicano errori da non commettere più e scelte alternative da prendere in tempi stretti. Molte vie di cambiamento sono tracciate e dipende dalla consapevolezza e responsabilità imboccarle o insistere su vecchi schemi.

Uso di fonti rinnovabili di energia, diminuzione dei consumi di energia e materie, efficientamento energetico, riduzione drastica degli impatti, possono essere realtà o sloogan, ed è la società nel suo complesso ad essere investita dalla sfida.
In aree complesse e fragili come quella di Vado Ligure e Quiliano sulla quale sono previsti tanti interventi di tipo diverso lo strumento valutativo d'elezione è la valutazione ambientale strategica (VAS), che - se ben fatta - può dare un giudizio sulla sostenibilità degli interventi, considerati nel loro complesso oltre che singolarmente, passando dalle VIA e AIA necessarie.
Io diffido dalle rassicurazioni a-priori su quale sia lo sviluppo buono e sulla bontà degli interventi, in assenza di valutazioni adeguate sul piano tecnico-scientifico e sono preoccupato dalla tentazione di alleggerire le procedure valutative, come contemplato anche nel piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR): https://www.scienzainrete.it/articolo/perch%C3%A8-irrobustire-e-non-alleggerire-le-valutazioni-preventive-di-impatto-ambientale-e

Chi prende posizioni improntate al vecchio modello di sviluppo si assume responsabilità gravi e non sarà premiato ne sul piano civico ne su quello imprenditoriale. Mi piacerebbe poter valutare progetti industriali e sociali nettamente migliorativi, di soddisfazione per la società tutta, non penso sia un sogno ma una possibilità concreta, del resto già in atto in tanti luoghi. Credo che questa sia una delle sfide per il Vostro territorio e i cittadini rappresentano gli attori primari.

Leggi su Scienze in Rete l’ articolo integrale di diFabrizio BianchiMario CirilloMaria Grazia Petronio


J


28 maggio 2021

Shell deve tagliare del 45 per cento le sue emissioni». La storica sentenza del tribunale de l’AIA.

 Tratto da Espresso La Repubblica 

Una vittoria rivoluzionaria e storica per l’ambiente. La Royal Dutch Shell, multinazionale petrolifera anglo-olandese, dovrà diminuire entro il 2030 le emissioni di gas serra del 45% rispetto ai parametri del 2019. Un provvedimento che non riguarda solo l’azienda in sè, ma anche tutti i suoi fornitori e clienti. È il verdetto di un tribunale de L’Aia arrivato mercoledì’ 26, che ha accolto la denuncia del gruppo ambientalista Milieudefensie, associazione della rete internazionale Friends of the Earth, insieme ad altre ong e alla firma di 17 mila cittadini olandesi. 

La portata enorme della sentenza è data dal fatto che per la prima volta un’azienda deve allinearsi con gli Accordi di Parigi sul clima, stretto tra paesi e non da privati con l’obiettivo di mantenere l’aumento medio della temperatura al mondo entro 1,5°. Anche perché in questo caso si tratta di una delle compagnie più inquinanti al mondo. Secondo Milieudefensie la Shell emette una quantità di Co2 nove volte superiore rispetto a quella dei Paesi Bassi. La giudice Larisa Alwin è stata netta: «Shell è responsabile di enormi emissioni di Co2 e contribuisce alle conseguenze disastrose del cambiamento climatico per la popolazione». E quindi deve agire ora, non ritardando più quella transizione ecologica che viene annunciata spesso ma perseguita di rado. 

Esulta l’avvocato di Milieudefensie, Roger Cox dopo la lettura di una «sentenza che cambierà il mondo. Le persone in tutto il mondo sono pronte a citare in giudizio le compagnie petrolifere nel proprio paese, seguendo il nostro esempio». Ma non solo, per Cox da adesso «le compagnie diventeranno molto più riluttanti a investire in combustibili fossili. Il clima ha vinto». Sulla stessa linea le parole di Donald Pols, direttore dell’associazione: «Una gigantesca vittoria per la terra, per i nostri figli e per tutti noi».

Dall’altra parte della campana gli umori sono diversi.....

E adesso le altre compagnie petroliferi mondiali, specialmente occidentali, cominciano a temere che l’appello di Cox si avveri, e che vengano intentate sempre più cause contro di loro. Cosa che in realtà già succede ma che più di battaglie contro le trivelle, finora è sembrata una lotta contro i mulini a vento. Ma la sentenza de L’Aia potrebbe costituire un precedente pericoloso. 

26 maggio 2021

RECOMMON : La Super League del fossile.....

 Tratto da Recomon

La Super League del fossile: Enel continua a tradire la transizione per il gas



In occasione dell’assemblea degli azionisti di Enel prevista oggi pomeriggio a Roma – ancora una volta a porte chiuse per le restrizioni dovute alla pandemia – ReCommon pubblica “La Super League del fossile. Elite del gas vs. transizione ecologica”, un’analisi critica del capacity paymentUn meccanismo che, in nome della sicurezza della rete elettrica nazionale, foraggia sempre più l’espansione delle centrali a gas. Una scelta che pregiudica drammaticamente la transizione ecologica dell’Italia fuori dal fossile.

Download
La Super League del fossile
La Super League del fossile
REPORT PDF | 1.60 MB
SCARICA IL REPORT

In seguito alla decisione di chiudere le centrali a carbone sul territorio italiano entro il 2025, il gestore della rete, Terna, ha segnalato la necessità di avere potenza di generazione elettrica installata con funzione di riserva. Con un approccio conservatore e retrogrado, Terna predilige ancora i grandi impianti fossili ai sistemi di accumulo con batterie o alla gestione intelligente della domanda per far fronte all’intermittenza della produzione elettrica da rinnovabili. Ancora una volta si ricade nel dogma della centralizzazione della produzione energetica su grossi impianti con le dovute conseguenze su territori già da tempo colpiti dagli impatti del carbone.

Continua qui

24 maggio 2021

Il Fatto Quotidiano : La transizione energetica? Anche gli inceneritori diventano “strategici”

 Tratto da Il Fatto Quotidiano del 23 Maggio 

La transizione energetica? Anche gli inceneritori diventano “strategici”








19 maggio 2021

“Primum non nocere”: Covid-19, invece di imparare la lezione e ridurre l’inquinamento pensiamo a vaccinare i bambini.

 Tratto da Il Fatto Quotidiano 

Covid-19, invece di imparare la lezione e ridurre l’inquinamento pensiamo a vaccinare i bambini

                                     Patrizia Gentilini                                           

Lo sconvolgimento che a livello globale il nuovo coronavirus ha comportato ci impone non solo di riflettere, ma di interrogarci sulle possibili soluzioni per uscire da questa crisi planetaria.

Fin dall’inizio si è scritto che più che “pandemia” si doveva parlare di “sindemia”, ovvero dell’interazione nefasta di molteplici fattori (sanitari, sociali, ambientali, economici), tutti comunque riconducibili al rapporto predatorio ed aggressivo dell’uomo col resto del Pianeta. Già in tempi non sospetti autorevoli voci si erano levate denunciando il pericolo sempre più incombente di nuove pandemie e la necessità che il genere umano si impegnasse molto di più “per conservare la natura, preservare i servizi ecosistemici e la biodiversità, comprendendo e mitigando le attività che portano all’emergenza delle malattie”. Di fatto numerosi sono ormai gli studi che attestano come la maggior incidenza e gravità della Covid 19 si registri nelle aree maggiormente inquinate, quasi che da esse si levasse un ulteriore grido d’allarme per farci cambiare rotta.

Un ampio studio condotto negli Stati Uniti ha dimostrato che per ogni aumento di 1 mcg/m3 di PM2,5, si ha un incremento di mortalità da Covid-19 del +11%, dato che, rapportato all’Europa, si traduce in un incremento pari al 19%, e che è ancor più elevato per la Pianura Padana, area fra le più inquinate del continente europeo, ed in cui si sono registrate le più elevate mortalità da Covid-19. Ma non è solo la qualità dell’aria a condizionare la gravità della pandemia: da una ricerca dell’Università di Firenze che ha messo in relazione il numero di casi di Coronavirus con i modelli di agricoltura presenti nelle varie zone del Paese è emerso che nelle aree di agricoltura intensiva si registrano 134 casi ogni 100 km2, rispetto ai 49 casi delle aree non intensive, differenze che si confermano anche considerando i dati demografici.

Ma invece di imparare la lezione che questa crisi epocale ci sta dando ancora una volta sprechiamo l’occasione di ridurre drasticamente l’inquinamento e “fare pace col pianeta” e di fatto si propone come unica soluzione la vaccinazione di massa, addirittura estendendola a giovani e bambini, possibilità questa su cui autorevoli voci contrarie proprio in questi giorni si sono levate.

A questo proposito è stato lanciato un appello dalla Rete Sostenibilità e Salute con cui si richiede la moratoria della vaccinazione anti Covid-19 nei bambini e già sottoscritto da circa un migliaio fra medici e operatori sanitari. All’appello si può continuare ad aderire seguendo le istruzioni che in esso compaiono e l’elenco dei sottoscrittori sarà via via aggiornato.

bambini sono fortunatamente risparmiati da questa pandemia, non hanno un ruolo rilevante nella trasmissione del SARS-CoV-2, ma rischiano di essere le sue più grandi vittime. I vaccini in uso, infatti, riducono ma non azzerano la trasmissione dell’infezione (con alcune varianti in Israele è stato documentato persino l’opposto), hanno durata sconosciuta ed efficacia ridotta su alcune delle varianti sinora emerse, ad oggi non è stata stabilita la necessità e la frequenza di dosi di richiamo e soprattutto ancora troppo poco sappiamo degli esiti a lungo termine di questi trattamenti in organismi che hanno tutta la vita davanti. Perché una sollecitudine analoga a quella che si mostra nel voler vaccinare i bambini per una malattia che fortunatamente non sviluppano non la si dimostra anche nel difenderli dai rischi ambientali e dai comportamenti a rischio?

Confrontiamo qualche numero: dall’inizio della pandemia, oltre 16 mesi fa, fra 0 e 19 anni sono deceduti per Covid-19 26 soggetti, di cui la maggior parte già affetti da gravi patologie. D’altro canto in Italia ogni anno da 0 a 19 si ammalano di cancro oltre 2400 soggetti e 356 ne muoiono, per non parlare dell’autismo (all’origine del quale ci sono anche fattori ambientali) che riguarda ormai un bambino su 7fra 7 e 9 anni.


Ma al di là del “celebrare” queste situazioni dedicando ad esse apposite giornate (15 febbraio per cancro infantile e 2 aprile per l’autismo), cosa si fa di concreto? Direi purtroppo ben poco, eppure molto già sappiamo e molte azioni concrete potremmo mettere in campo per la prevenzione primaria sia dei tumori infantili che dell’autismo. Direi che mai, come in questo caso, mi sembra si usino due pesi e due misure, eppure l’imperativo ippocratico “primum non nocere” è un principio basilare per ogni medico e a maggior ragione dovrebbero esserlo anche per ogni provvedimento di sanità pubblica, specie se riguarda ciò che più importante ogni società dovrebbe avere a cuore: i propri bambini.

Più che mai nei confronti dell’infanzia dovremmo impegnarci invece per farli vivere in un ambiente non inquinato, respirare un’aria pulita, promuovendo un’alimentazione sana (ricca di verdura e frutta fresca e secca oleosa, cereali integrali, legumi, e povera di carni rosse e lavorate, bibite zuccherate, cereali raffinati…) e senza residui, nonché di una salutare attività fisica, fattori tutti fondamentali nel preservare le fisiologiche capacità difensive dell’organismo e contrastare non solo contro le infezioni, ma anche il carico complessivo di malattie croniche da cui sempre più sono afflitti.

17 maggio 2021

A Vado LIgure e a Civitavecchia i nuovi gruppi alimentati a gas non verrano costruiti . “Non sussistono le condizioni”


Tratto da Savona News

Vado, il nuovo gruppo alimentato a gas non verrà costruito. Tirreno Power: "Non sussistono le condizioni" 


La decisione è stata presa a seguito di un attento esame di tutti gli aspetti collegati con l’avanzamento delle autorizzazioni e con il contesto regolatorio

Il consiglio di Amministrazione di Tirreno Power ha valutato che non sussistono le condizioni per proseguire lo sviluppo dei progetti che prevedevano la costruzione di nuovi gruppi alimentati a gas a Vado Ligure e Civitavecchia. 

La decisione è stata presa a seguito di un attento esame di tutti gli aspetti collegati con l’avanzamento delle autorizzazioni e con il contesto regolatorio e, in particolare, in considerazione della perdurante indeterminatezza delle tempistiche per la conclusione degli iter autorizzativi, che non risulta compatibile con gli impegni che la Società dovrebbe assumere per la consegna dei nuovi impianti a ciclo combinato.


Tratto da IVG 

Tirreno Power: Cda dice “stop” al progetto della nuova centrale a turbogas 

Vado Ligure. Dopo mesi di querelle che avevano nuovamente riguardato la centrale di Vado Ligure, oggi l’annuncio ufficiale da parte di Tirreno Power: il Cda ha valutato che non sussistono le condizioni per proseguire lo sviluppo dei progetti che prevedevano la costruzione di nuovi gruppi alimentati a gas, sia nel territorio vadese quanto a Civitavecchia.

Si stoppa, quindi, il dibattito iniziato sul progetto del nuovo impianto, che aveva, appunto, scatenato reazioni contrastanti sul fronte politico e istituzionale, trovando nuove barricate da parte dei gruppi ambientalisti che negli anni si sono battuti con forza contro la centrale termoelettrica.

La decisione è stata presa a seguito di un attento esame di tutti gli aspetti collegati con l’avanzamento delle autorizzazioni e con le condizioni regolatorie e, in particolare, in considerazione della perdurante indeterminatezza delle tempistiche per la conclusione degli iter amministrativi previsti, che non risulta compatibile con gli impegni che la società dovrebbe assumere per la consegna dei nuovi impianti a ciclo combinato......

Per Tirreno Power la realizzazione di impianti a gas a ciclo combinato rimane un punto essenziale per la transizione energetica, ma il Cda ha scelto di non procedere ulteriormente con il nuovo progetto industriale, partito senz’altro in salita e che avrebbe dovuto affrontare procedure e iter lunghi e costosi.

Continua su IVG 

15 maggio 2021

Grondacci: Ma allora la centrale a carbone si può chiudere senza il ricatto della centrale a gas…

Tratto da Note di  Marco Grondacci

Ma allora la centrale a carbone si può chiudere senza il ricatto della centrale a gas…

La sottosegretaria al Ministero della Transizione Ecologica dichiara rispondendo ad una interrogazione dell'ON. Gagliardi: "Ci aspettiamo a breve autorizzazioni per nuovi impianti al Nord, stop a carbone ligure forse entro l'anno” (QUI). 

Questo potrebbe permettere di chiudere la centrale a carbone entro il 2021 a Spezia. 


In realtà i MW per superare il famoso deficit di 500 MWe nel zona nord della rete italiana (dati Terna) hanno già superato da tempo la VIA ordinaria. Ecco tre esempi:

1. Centrale termoelettrica di Tavazzano Montanaso (LO) - Realizzazione di un nuovo ciclo combinato in sostituzione della sezione 8  la sostituzione del gruppo 8, a ciclo convenzionale, della potenza di 320 MWe con un ciclo combinato di ultima generazione di potenza pari a 850 MWe . Ha ottenuto la VIA positiva con   Decreto Ministero Transizione Ecologica del 16 aprile 2021

2. Upgrade delle turbine a gas della centrale termoelettrica di Piacenza A2A gencogas S.p.A :  + 160 MWe  Ha concluso la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA senza andare a VIA ordinaria conDecreto Ministero Transizione Ecologica del 4 marzo 2021

3. Progetto di rifacimento di due unità di produzione esistenti nella centrale termoelettrica Larino (CB) ENEL Produzione S.p.A  800 MWe  Ha concluso la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA senza andare a VIA ordinaria  con Decreto Ministero Ambiente del 19 FEBBRAIO 2021.

 

Quindi anche considerando solo questi tre impianti abbiamo circa 1800 MWe di potenza installata che possono coprire il c.d. buco di 500 MWe

Si conferma quanto sostengo da tempo (QUI e QUI): la tenuta in funzione della centrale a carbone spezzina è conseguenza solo dei ritardi nella approvazione di centrali a gas esistenti da rinnovare. Quindi sarebbe stato sufficiente autorizzati il potenziamento di questi impianti esistenti per chiudere la centrale a carbone almeno entro dicembre 2021 come previsto dall’Autorizzazione Integrata Ambientale del dicembre 2019.

Non solo ma i Decreti di VIA sopra citati sono stati emanati ormai già dal marzo scorso quindi l’autorizzazione finale ormai dovrebbe essere una proforma. Il comunicato del Ministero riportato all’inizio parla di future autorizzazioni, bene si diano una mossa visto che i tre decreti sopra riportati sono di febbraio, marzo ed aprile, quindi sono passati già da 1 a 3 mesi.  

Quindi si stanno delineando le condizioni per chiudere la centrale a carbone entro il 2021 garantendo la stabilità del sistema elettrico e senza dover sottostare al ricatto della nuova centrale a gas spezzina!

12 maggio 2021

Centrali di Spezia e Vado Ligure, l’aiutino di Stato per la corsa al gas che fa a pugni con la transizione ecologica.






 

MORTALITÀ DA PARTICOLATO E PRESENZA COVID-19 IN ARIA INDOOR

Tratto da Note di Grondacci del 22 marzo 2021

STUDI PUBBLICATI A FEBBRAIO SU MORTALITÀ DA PARTICOLATO E PRESENZA COVID-19 IN ARIA INDOOR 

Resi pubblici a Febbraio due studi sul rapporto tra qualità dell'aria che respiriamo e salute pubblica.

IL PRIMOriguarda il rapporto, a livello mondiale, tra le emissioni di particolato fine (PM 2,5: dove 1 micron (μ) corrisponde ad un millesimo di millimetro) e impatto sulla salute pubblica. Dallo studio emerge che oltre 10milioni di morti premature all'anno sono prodotte dall'inquinamento del particolato da fonti fossili.

IL SECONDO analizza la presenza del COVID-19 nell'aria rilevando una significativa presenza negli ambienti domestici. 
 

MORTALITÀ GLOBALE PER INQUINAMENTO DA PARTICELLE FINI ALL'APERTO GENERATO DALLA COMBUSTIONE DI COMBUSTIBILI FOSSILI (DOCUMENTAZIONE INTERNAZIONALE) 

Studio pubblicato su Science Direct (ScienceDirect.com | Science, health and medical journals, full text articles and books.)  

Secondo lo studio (per il testo vedi QUI)  la combustione di combustibili fossili – in particolare carbone, benzina e gasolio – è una delle principali fonti di particolato fine aereo (PM2,5) e un fattore chiave per l’impatto globale della mortalità e delle malattie. Precedenti valutazioni dei rischi hanno esaminato la risposta sanitaria al PM2,5 totale, non solo al PM2,5 dalla combustione di combustibili fossili, e hanno utilizzato una funzione di risposta alla concentrazione con un supporto limitato dalla letteratura e dati a concentrazioni sia elevate che basse. Questa valutazione esamina la mortalità associata al PM2,5 solo a causa della combustione di combustibili fossili, facendo uso di una recente meta-analisi di studi più recenti con una gamma più ampia di esposizione. 

Lo studio ha inoltre stimato la mortalità dovuta a minori infezioni respiratorie (LRI) tra i bambini di età inferiore ai cinque anni nelle Americhe e in Europa, regioni per le quali abbiamo dati affidabili sul rischio relativo di questo risultato per la salute derivanti dall'esposizione al PM2,5. Lo studio ha  utilizzato il modello di trasporto chimico GEOS-Chem per stimare i livelli di esposizione globale al PM2,5 legato ai combustibili fossili nel 2012. I rischi relativi di mortalità sono stati modellati utilizzando funzioni che collegano l'esposizione a lungo termine al PM2,5 e alla mortalità. Lo studio è arrivato a stimare un totale globale di 10,2 (CI 95%: da -47,1 a 17,0) milioni di morti premature all'anno attribuibili alla componente fossile del PM2,5. L'impatto maggiore sulla mortalità è stimato nelle regioni con pm2,5 sostanziali correlati ai combustibili fossili, in particolare Cina (3,9 milioni), India (2,5 milioni) e parti degli Stati Uniti orientali, dell'Europa e del sud-est asiatico. La stima per la Cina precede un sostanziale calo delle emissioni di combustibili fossili e scende a 2,4 milioni di morti premature a causa della riduzione del 43,7% del PM2,5 dei combustibili fossili dal 2012 al 2018 portando il totale globale a 8,7 (95% CI: da -1,8 a 14,0) milioni di morti premature. Abbiamo anche stimato decessi annuali in eccesso dovuti all'LRI nei bambini (0-4 anni) di 876 in Nord America, 747 in Sud America e 605 in Europa. 

Questo studio dimostra che la componente di combustibile fossile di PM2,5 contribuisce a un grande carico di mortalità. La pendenza più ripida della funzione concentrazione-risposta a concentrazioni più basse porta a stime più grandi di quelle precedentemente riscontrate in Europa e Nord America, e il calo più lento della pendenza a concentrazioni più elevate si traduce in stime più grandi in Asia. 

La combustione di combustibili fossili può essere controllata più facilmente rispetto ad altre fonti e precursori del PM2,5 come polvere o fumo di fuoco, quindi questo è un chiaro messaggio ai responsabili politici e alle parti interessate per incentivare ulteriormente il passaggio a fonti di energia pulite.

 

PRESENZA COVID-19 NELL’ARIA INDOOR E OUTDOOR (DOCUMENTAZIONE NAZIONALE)

Studio Arpa Piemonte (QUI), in collaborazione con il Laboratorio di Virologia Molecolare e Ricerca Antivirale del Polo Universitario San Luigi Gonzaga di Orbassano (TO), che individuato un metodo riproducibile e validabile per determinare la presenza del virus in aria, sia essa indoor che outdoor.

I risultati ottenuti con un grado di certezza quantificabile supportano le seguenti considerazioni:

- in ambiente esterno, il virus non è finora risultato rilevabile nell’aria;

- negli ambiti ospedalieri, ed in particolare all’interno dei reparti con presenza di malati anche caratterizzati da elevati carichi virali, le concentrazioni rilevabili del SARS-CoV-2 sono risultate generalmente molto contenute, anche in virtù dell’elevato tasso di ricambio dell’aria realizzato in tali aree (6-8 ricambi d’aria ogni ora);

- in ambito domestico, al contrario, le concentrazioni di virus si sono rilevate più consistenti, fino a 40÷50 copie genomiche del virus al metro cubo di aria. Tali valori risultano fortemente influenzabili dalle frequenze di ricambio d’aria e dal numero di soggetti positivi presenti nelle abitazioni, oltreché dallo sviluppo dei sintomi più comuni della malattia (tosse secca).