Centrale a carbone di Cerano: chi decide se il rischio sanitario è accettabile?
Martedì 22 novembre, in Commissione Territorio, ambiente, beni ambientali del Senato sono stati auditi tre ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) sulla centrale a carbone Enel di Cerano.
La dott.ssa Mangia, ricercatrice dell’Istituto di scienza dell’atmosfera e il clima (ISAC) del CNR di Lecce, ha focalizzato l’intervento sulla ricerca condotta sulla centrale a carbone di Cerano (
http://www.mdpi.com/1660-4601/12/7/7667/pdf). Ricerca che ha affrontato
il problema del particolato secondario derivante dalle emissioni di gas precursori emessi dalla centrale termoelettrica. Lo studio ha evidenziato che l’area investita dal particolato secondario è molto più vasta di quella interessata dal primario, e che di conseguenza la popolazione esposta è molto più numerosa.
Attraverso un approccio di valutazione d’impatto sanitario, lo studio ha stimato che se si considera solo l’esposizione al particolato primario, sono 4 i decessi attribuibili alla centrale, ovvero i decessi che si stima si sarebbero potuti evitare annualmente se non vi fosse stata esposizione. Se la stima tiene conto anche del particolato secondario, allora il numero dei decessi attribuibili aumenta con una variabilità tra 7 e 44, a seconda dei diversi scenari che si possono assumere.
In conclusione, Mangia ha sottolineato “la necessità che in presenza di grandi emissioni di gas che portano alla formazione di particolato secondario, come è il caso delle centrali a carbone, il particolato secondario entri nelle valutazioni di impatto ambientale e sanitario e che nel caso della centrale di Brindisi, ignorarne il ruolo conduce ad una sottostima notevole dell’impatto sanitario”.
A seguire è intervenuto il dott. Marco Cervino dell’ISAC di Bologna. Cervino ha evidenziato che i decessi all’anno attribuibili al particolato secondario sono solo una parte degli impatti stimabili, in quanto una valutazione di impatto ambientale e sanitario (VIIAS) dovrebbe essere allargata a danni sanitari diversi dal decesso e a tutte le altre emissioni dell’impianto. Ha inoltre specificato che “nello studio i decessi annualmente attribuibili alla centrale si riferiscono a tutte le cause di decesso, non solo tumori”.
Ha sottolineato le differenze fra i metodi e i risultati dello studio e quelli del Risk Assessment (RA) compreso nella Valutazione di Danno Sanitario presentata da ARPA ed ARES Puglia e dall’ASL di Brindisi: quest’ultimo, non comprendendo il particolato secondario, non effettua la stima del danno attribuibile a questo inquinante. “La VIIAS segue un metodo e utilizza dati diversamente da quanto fa un RA, e conseguentemente ottiene risultati diversi. Gli effetti sanitari avversi ricavabili col metodo VIIAS, come i decessi attribuibili, possono essere (e in questo caso, sono) aggiuntivi a quelli determinati dal RA.” Lo studio potrebbe fornire un modo per valutare l’impatto sanitario (almeno per i decessi attribuibili) del particolato secondario. Questa indicazione dovrebbe essere colta dalle autorità competenti, per esempio quelle impegnate nella procedura di rinnovo della AIA.
A questo ultimo proposito Cervino ha rilevato che nelle procedure autorizzative delle nuove centrali termoelettriche di grandi dimensioni, anche alimentate a gas naturale, l’impatto ambientale del particolato secondario è stato preso in considerazione negli ultimi anni, avendo come esito limitazioni all’esercizio o diniego di autorizzazione all’esercizio delle centrali.
L’intervento del dott. Emilio Gianicolo, ricercatore dell’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Lecce, ha avuto come filo conduttore l’accettabilità dei rischi sanitari e i soggetti che devono essere titolati a definirla. Ha specificato che nello studio CNR i ricercatori non hanno assunto a-priori alcuna soglia di accettabilità e ciò per due motivi tra loro interconnessi.
“L’individuazione di una tale soglia, non può essere delegata a tecnici, a cui riconoscendo uno statuto morale superiore, si concede il privilegio di discernere, per una data comunità esposta, tra un rischio accettabile ed uno inaccettabile”. Ma che “questa soglia debba essere il frutto di un percorso consapevole della comunità medesima con la necessità che la popolazione esposta comprenda il livello di rischio. La comunicazione” ha aggiunto ”è, nel percorso di consapevolezza, un elemento imprescindibile. È di tutta evidenza che il comunicare una misura assoluta di rischio, come lo è il numero dei decessi attribuibili ad una fonte di inquinamento, renda la comunicazione scientifica più facilmente fruibile della comunicazione di una potenza 10-x”.
Il ricercatore ha completato l’intervento commentando come i limiti di legge attualmente in vigore “non sono in grado di salvaguardare adeguatamente la salute pubblica. Detti limiti sono, infatti, il frutto di compromessi tra esigenze di salute ed esigenze economiche, politiche e tecnologiche.” Ha inoltre richiamato la necessità di attuare il principio di precauzione ossia che “in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello di prevenzione”. Infine, per quanto concerne la prevenzione e, dunque, la salvaguardia della salute pubblica “un’indicazione operativa deve presupporre come ipotesi di partenza che nessun decesso, attribuibile alle emissioni di una centrale a carbone, possa essere accettabile. Da qui si devono derivare i necessari interventi da compiere sugli impianti, poiché solo interventi efficaci e mirati sull’impiantistica e sulla bonifica ambientale possono eliminare ogni nocività e rischio per le persone.”
Il video degli interventi è disponibile al seguente indirizzo http://webtv.senato.it/4621?video_evento=3142.
ASSOCIAZIONE “SALUTE PUBBLICA” – BRINDISI