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30 ottobre 2017

Ginevra: delegati italiani sono stati eletti all’unanimità ai vertici di ISDE Internazionale.

Tratto da ISDE

Nomine ISDE Internazionale

Il 23 settembre u.s. si è tenuta a Ginevra l’assemblea di ISDE Internazionale che ha visto l’elezione di  coloro che saranno alla guida dell’Associazione per i prossimi anni.
Erano presenti rappresentanti di ISDE da diversi paesi europei ed extra europei.
E’ con grande soddisfazione che ISDE Italia annuncia che delegati  italiani sono stati eletti all’unanimità ai vertici di ISDE Internazionale.
Infatti Ferdinando Laghi, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Medicina Interna dell’Ospedale di Castrovillari, è stato eletto  Presidente ISDE Internazionale dal 2019 al 2021.
Agostino di Ciaula, internista Dirigente Medico già Presidente ISDE Europa è stato eletto Presidente del Comitato Scientifico Internazionale ISDE.
Roberto Romizi, Medico di Medicina Generale, Presidente di ISDE Italia e membro permanente della Giunta Esecutiva ISDE, è stato confermato Presidente di ISDE Scientific Office.
Questi riconoscimenti premiano  l’impegno scientifico e di advocacy di ISDE Italia e rinforzano ulteriormente il concreto sostegno che, ormai da decenni, ISDE Italia fornisce alle comunità che nel nostro paese  attivamente difendono il proprio territorio e la propria salute.
L’esperienza, maturata in tanti anni di impegno sul campo, la preparazione e l’impegno porteranno ad una collaborazione sempre più costruttiva sia con i colleghi degli altri paesi che con agenzie internazionali quali OMS e UNEP con le quali ISDE Internazionale già collabora.
In un mondo globalizzato e in un pianeta  in cui le criticità  – da quelle climatiche a quelle  ambientali e  socio economiche – sono sempre più incalzanti e mettono a rischio non solo le generazioni future ma tanta parte delle popolazioni attuali, l’ ISDE, sia nelle sedi nazionali che a livello  internazionale, continuerà ad adoprarsi affinchè il diritto di vivere sani non prescinda dal diritto di vivere in un ambiente salubre.

29 ottobre 2017

Re:Common -Fuori dal carbone, ma facendone pagare il conto

Tratto da Re:Common

Fuori dal carbone, ma facendone pagare il conto

[di Antonio Tricarico]
In occasione della presentazione della nuova Strategia Energetica Nazionale ieri in Parlamento, il Ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda ha dichiarato che il piano “ha un obiettivo molto ambizioso: portare l’Italia fuori dal carbone entro il 2025 e ovviamente raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati con Cop21”, aggiungendo: “questa è una grande spinta per la tecnologia e la qualità della vita”.
Sembra, quindi, che il governo spinga per non aspettare il 2030 come inizialmente ventilato e che abbia intenzione di chiudere tutti gli impianti, anche i mammut a carbone di Brindisi Sud e Civitavecchia. Un’accelerazione che stride con i piani di Enel, che sta valutando una chiusura definitiva di tutti gli impianti entro 15 anni, secondo quanto dichiarato a maggio agli azionisti dall’amministratore delegato Francesco Starace.
Certo, come l’esperienza italica insegna, meglio attendere la pubblicazione del testo finale della Strategia il prossimo 7 novembre e il confronto tra Ministeri dello sviluppo economico e dell’ambiente con le Regioni, per evitare che deroghe ed eccezioni siano inserite nel testo della Strategia all’ultimo momento. In ogni caso, l’affermazione di Calenda è uno spartiacque e un riconoscimento importante per la lotta contro il carbone in Italia che ha coinvolto tante associazioni e comitati locali negli ultimi due decenni.
Lasciando per un momento da parte la forte spinta in favore del gas, erroneamente giudicato dal governo come un combustibile pulito e centrale nella transizione energetica che verrà, in realtà molte questioni restano ancora da risolvere ben prima del 2025.
La centrale Enel di Cerano a sud di Brindisi è stata oggetto di un sequestro da parte della procura antimafia solo alcune settimane fa. L’accusa è quella di smaltimento illegale delle ceneri inquinanti dell’impianto. .....
Resta però da chiedersi perché il Ministero dell’ambiente lo scorso luglio, nel caldo torrido e nel silenzio generale, abbia concesso una nuova autorizzazione integrata ambientale all’Enel per il funzionamento di Cerano. Possibile che Calenda e Galletti non abbiano potuto aspettare la definizione finale della strategia energetica, prima di concedere questo favore all’impresa, nonostante i dubbi già espressi dal Ministero della salute e i numerosi studi indipendenti che documentano gli impatti delle emissioni tossiche dell’impianto?
E poi, se Cerano finalmente chiuderà nei prossimi anni in seguito a tutti questi procedimenti e denunce – e si spera anche prima del 2025 – è lecito domandarsi chi pagherà per la bonifica della zona, già martoriata da numerosi insediamenti industriali altamente inquinanti.....
Per gli impianti come Cerano bisognerebbe avere il coraggio di mettere subito la parola fine, risparmiando altri sei anni di inquinamento e gravi danni alla salute delle popolazioni locali.
In molti oggi, inclusa la Commissione Europea, oramai parlano di giusta transizione fuori dal carbone. Ma, oltre alla riconversione dei posti di lavoro, rimane la questione dell’impunità per chi i territori li ha devastati traendone un lauto profitto per anni e, soprattutto, dell’identificazione di chi pagherà il conto salato per la salute e l’ambiente che l’esperienza del carbone al tramonto lascia in Italia. Per questo è cruciale mantenere alta l’attenzione sulla questione, non solo per vedere se a breve il governo terrà fede alle dichiarazioni fatte ieri, ma soprattutto su come e a vantaggio di chi si uscirà, in ultima istanza, dal carbone.
Il 26 ottobre  si apre al tribunale di Savona l’udienza preliminare per il caso di disastro ambientale della Tirreno Power a Vado Ligure. I blocchi a carbone dell’impianto, sequestrati dalla Procura nel 2014 per i rischi che ponevano alla salute della popolazione locale, sono stati definitivamente chiusi. Ma, nonostante l’indagine della Procura sia stata depotenziata e la posizione di tutti gli amministratori locali sia stata archiviata, la domanda di giustizia di tante vittime del carbone rimane forte. 
Sarà indispensabile che anche il processo di Vado e l’accertamento di tutte le responsabilità, inclusa quella per le bonifiche da fare in molti siti italiani, faccia parte della roadmap per seppellire il carbone entro il 2025.

27 ottobre 2017

Anche Greenpeace e WWF nel processo a Tirreno Power :sei associazioni si sono costituite parti civili

Immagine tratta da La Stampa oggi in edicola

Anche Greenpeace e Wwf nel 

processo a Tirreno Power.

Sei associazioni si sono costituite parti civili contro i vertici della centrale

Sei associazioni ambientaliste, Greenpeace, Medicina Democratica, Legambiente, 
Uniti per la Salute, Wwf e Anpana, hanno chiesto di costituirsi parte civile nel procedimento sulla centrale Tirreno 
Power di Vado Ligure.
 La richiesta è stata formalizzata ieri mattina 
nel corso dell’udienza preliminare celebrata 
nell’aula magna del tribunale di Savona davanti 
al giudice Francesco Meloni.

Immagine tratta da Il Secolo XIX oggi in edicola
AL VIA L' UDIENZA PER DISASTRO AMBIENTALE E SANITARIO COLPOSO
Centrale ,sei associazioni chiedono i danni
Ventisei richieste di rinvio a giudizio da parte della Procura .Prime decisioni il 30 novembre

Università di Leiden :Presto mancherà l’acqua per produrre energia da fossili e nucleare

  •  Tratto da Rinnovabili.it                      articolo del luglio 2017
  • Nuova ricerca dell'Università di Leiden

    Presto mancherà l’acqua per produrre energia da fossili e nucleare

  • Gli impianti a carbone, gas e le centrali nucleari utilizzano enormi volumi d’acqua dolce per il raffreddamento. Ma entro il 2030 l’aumento delle temperature e la siccità li renderanno indisponibili
acqua

L’acqua per raffreddare le centrali fossili sarà indisponibile nel 2030

 Ad accelerare la chiusura delle centrali a carbone, a gas e degli impianti nucleari saranno gli stessi effetti del cambiamento climatico che il modello energetico basato sui combustibili fossili ha contribuito a generare. Secondo una nuova ricerca pubblicata dall’Università di Leiden su Nature Energy, la produzione elettrica europea potrebbe subire gravi intoppi proprio a causa dei cambiamenti strutturali che siccità e riscaldamento globale stanno provocando nelle risorse idriche.

Questi impianti, infatti, utilizzano quantità significative di acqua dolce per il raffreddamento, basti pensare che una centrale a gas di grandi dimensioni può consumare una piscina olimpionica al minutoSe una tale mole d’acqua diventa indisponibile o se risulta troppo calda, la produzione elettrica deve essere ridotta o cessare completamente. Le notizie che circolano in Italia in questi giorni, ma che coinvolgono tutta la fascia mediterranea dell’Europa, tracciano un quadro preoccupante, nel quale la riduzione delle risorse idriche e l’aumento delle ondate di caldo estreme saranno un problema con cui fare i conti regolarmente durante i periodi estivi. Ciò significa che la pressione sui sistemi elettrici non potrà che aumentarese non si investe rapidamente denaro nella transizione verso le rinnovabili, sarà impossibile tappare tutti i buchi che gli impianti fossili lasceranno quando saranno costretti a diminuire o cessare la produzione per l’impossibilità di utilizzare l’acqua. Tradotto, i blackout che siamo abituati a considerare un problema strutturale del cosiddetto “terzo mondo”, potrebbero colpire anche casa nostra.

I ricercatori dell’Università di Leiden hanno analizzato oltre 1.300 centrali elettriche, prelevando acqua da 818 bacini idrici. Lo studio ha dimostrato che il numero di regioni con una rete elettrica vulnerabile a causa dell’alta dipendenza dalla disponibilità dell’acqua aumenterà sensibilmente entro il 2030. Neanche a dirlo, le aree più a rischio di carenze idriche si trovano principalmente nella fascia mediterranea e particolarmente in Spagna, Italia, Francia meridionale e Grecia. ...
L’unica soluzione, per gli esperti, è ridurre la dipendenza dall’acqua per la produzione elettrica. E questo si può fare soltanto con una chiusura degli impianti vecchi e inquinanti, per sostituirli con fonti rinnovabili. Altre vie non ce ne sono: soluzioni soft non ne esistono più.

26 ottobre 2017

TARANTO-Il provvedimento è senza precedenti: istituti scolastici chiusi per inquinamento

Taranto, chiuse le scuole nel quartiere Tamburi: il vento alza le polveri dell’Ilva

Tratto da La Stampa
Il provvedimento è senza precedenti: istituti scolastici chiusi per inquinamento
l provvedimento è senza precedenti: scuole chiuse per inquinamento. Oggi a Taranto i cancelli di tutti gli istituti del quartiere Tamburi - asili, primarie e secondarie - rimarranno chiusi. La misura è stata adottata dal sindaco della città bimare, Rinaldo Melucci (Pd), una volta verificata l’incompatibilità tra le condizioni ambientali registrate nelle ultime ore in riva allo Ionio e l’esigenza di tutelare la salute pubblica dei più piccoli. Nell’ordinanza si legge che «gli istituti della zona rimarranno chiusi ogni volta in cui sarà preannunciato un wind day». In queste occasioni, che nella città bimare si verificano ogni qual volta soffiano venti di tramontana o di maestrale, il movimento dell’aria fa sì che le polveri accatastate nel parco minerali dell’Ilva si disperdano sulla città: a partire dal rione Tamburi, adiacente all’acciaieria e già funestato da tassi più alti di incidenza e mortalità per diverse malattie rispetto ad altre aree della città. Condizioni che, come fa sapere il Centro Salute Ambiente della Regione Puglia, «favoriscono la diffusione di inquinanti di origine industriale: in particolare pm10 e benzo(a)pirene». Da qui la decisione del primo cittadino. «Si tratta di un atto doloroso, ma necessario - ha spiegato l’assessore all’ambiente Rocco De Franchi ai colleghi di Inchiostroverde.it. Non possiamo fermare l’intera città, ma serve un atto simbolico a tutela dei più deboli». Finora l’Asl, in concomitanza con queste giornate, s’è limitata a consigliare di tenere le finestre chiuse, di non praticare attività sportiva all’aperto nelle ore centrali della giornata e di ridurre il ricorso ai mezzi di trasporto privati. Ma sulla base di questa decisione, ci si attende il varo di un piano d’azione più restrittivo. 

Tirreno Power:Tutto aggiornato al 30 novembre

Tratto da Rsvn

Tirreno Power. Prima udienza preliminare interlocutoria

Tutto aggiornato al 30 novembre
Savona. Tempi lunghi per l’udienza preliminare legata alla vicenda della centrale Tirreno Power (disastro ambientale e sanitario colposo) reati per i quali dovranno rispondere ventisei tra manager ed  ex manager del gruppo. Quella di questa mattina, la prima, è stata un’udienza di tipo interlocutorio durante la quale il Gup Francesco Meloni ha verificato che le notifiche fossero andate a buon fine e fossero state recepite dagli indagati. Poi c’è stata la costituzione in giudizio di alcune associazioni ambientaliste da GreenPeace a Legambiente fino al WWF..... Prossima udienza il 30 novembre.
In quella sede saranno verificate ed eventualmente ammesse o meno le costituzioni in giudizio. Poi da gennaio comincerà il dibattimento e vero e proprio. Entro questo mese si dovrebbe conoscere anche l’esito dell’udienza preliminare.

Inchiesta Tirreno Power, oggi udienza dal gup per disastro: alla sbarra26 imputati

Tratto da Il Secolo XIX.
Savona - A tre anni dal sequestro dei due gruppi a carbone della centrale termoelettrica Tirreno Power di Vado Ligure, ma soprattutto dopo almeno sei anni di esposti, battaglie legali, consulenze tecniche (eccesso di morbilità e mortalità, oltre che la grave rarefazione della flora lichenica) il fascicolo per disastro colposo a carico di 26 dirigenti e direttori della centrale è arrivato al primo step importante:l’udienza preliminare. Ed è l’ultimo aspetto rimasto in piedi (a dire il vero esiste ancora aperta l’ipotesi di omicidio colposo) della mastodontica inchiesta portata avanti dall’allora procuratore Francantonio Granero che inizialmente indagò 86 persone.
Oggi l’aula magna del palazzo di giustizia sarà invece il teatro della prima udienza di discussione dell’inchiesta che già in fase di avviso di conclusione indagini aveva portato a polemiche e, come detto, soprattutto stralci. L’aspetto sul quale il gup Francesco Meloni è chiamato a giudicare è quello che riguarda il presunto disastro colposo provocato sull’ambiente e soprattutto sulla salute dei cittadini dalle emissioni delle due ciminiere biancorosse di Vado, diventate simbolo degli ambientalisti e dei comitati contro il carbone. Per l’accusa i 26 imputati avrebbero concorso al disastro omettendo di adottare le migliori tecniche disponibili, non ottemperando alle prescrizioni imposte, ma soprattutto non investendo sulla copertura del carbonile ed altre strumentazioni a fronte di una distribuzione di dividendi ai soci.
«Presentando diverse istanze volte a mantenere in esercizio, senza ambientalizzazione, i vecchi gruppi a carbone (VL3 e VL4), più inquinanti ....
«Attendiamo con estremo interesse gli esiti dell’udienza preliminare - è il punto di vista della rete savonese fermiamo il carbone - ma al di là degli accertamenti giudiziari della vicenda, la storia e la scienza hanno già accertato che l’utilizzo del carbone per la produzione di energia elettrica è stata per il nostro territorio una scelta nociva e sbagliata in quanto il carbone danneggia la salute e l’ambiente, dato che la sua combustione causa malattie cardiache e respiratorie, cancro, ictus e minaccia i feti ai primi stadi evolutivi; il carbone deprime settori economici fondamentali (turismo, agricoltura, ecc); il carbone danneggia le comunità, dato che i costi ambientali (doppi rispetto ai benefici economici) ricadono sulla società e non sulle aziende produttrici; il carbone è il peggior nemico per l’equilibrio climatico mondiale perché è il responsabile del 43% delle emissioni di gas serra; il carbone non serve per l’Italia perché la capacità di generazione elettrica italiana è quasi doppia rispetto al più alto picco di consumi mai registrato».
Qui l'articolo integrale

Da www.IlSecoloxix.it del 26 Ottobre 2017


24 ottobre 2017

Inquinamento: non esistono livelli "sicuri". ....

Tratto da Il Cambiamento

Inquinamento: non esistono livelli "sicuri". Ci si ammala e si muore, questa è la certezza

Mah...dovevamo aspettare di sentircelo dire dal New York Times che ha spiegato ai lettori uno studio del New England Journal of Medicine. Fatto sta che è ormai stra-certo che non esistono livelli "sicuri" o "non sicuri" di inquinamento. Anche a livelli definiti "sicuri" dalla legge si muore; lo dimostrano i dati riferiti a 60 milioni di persone esaminate.

Inquinamento: non esistono livelli
Proprio nei giorni in cui l'apposita commissione della rivista scientifica Lancet rilancia i dati OMS del 2015, affermando che l'inquinamento ha ucciso in quell'anno 9 milioni di persone prematuramente (più di Aids, tubercolosi e malaria messi insieme), ecco che il New York Times ci informa di un altro dato che avremmo dovuto già sapere, se non almeno immaginare: non esistono livelli "sicuri" di inquinamento. Si muore comunque! 
Il New York Times ha riassunto i risultati di un grosso studio che, come ha spiegato anche Nadia Simonini per Isde, ha potuto esaminare più di 60 milioni di persone assistite tramite “Medicare” registrando nel periodo sotto studio 22.567.924 morti. Nello studio pubblicato sul New England Journal of Medicine sono stati utilizzati dati satellitari, metereologici ecc. e anche dati raccolti da 3805 stazioni di monitoraggio dell’EPA che hanno permesso ai ricercatori di stimare in modo accurato i livelli di inquinamento dell’aria giornalieri in tutti gli Stati Uniti. Per ogni aumento di 10 microgrammi per metro cubo di PM 2,5 hanno trovato un aumento di 7,3% nella mortalità. Nel periodo studiato il PM 2,5 medio è variato tra 6,21 fino a 15,65. Viene considerato tollerabile un livello di 12. Per ogni aumento di 10 parti per miliardo di ozono hanno trovato un aumento dell’ 1,1% nella mortalità, le concentrazioni di ozono sono variate tra 36,27 e 55,86, il livello considerato sicuro è di 70.
Ecco l'articolo del New York Times


WWF.Uscire dal carbone entro il 2025: ecco come fare


Tratto da Qualenergia

Uscire dal carbone entro il 2025: ecco come fare

Uno scenario prevede il phase-out in Italia della produzione termoelettrica a carbone al 2025 senza la sua sostituzione con nuova potenza a gas, ma con più apporto di rinnovabili, la partecipazione della domanda ai mercati elettrici e il ricorso agli accumuli. Uno studio di REF-E, commissionato da WWF Italia.

Si può e si deve uscire dal carbone in Italia entro il 2025, accelerando il passaggio verso una drastica riduzione delle emissioni di anidride carbonica.
Un report di REF-E (istituto di ricerche di economia e regolazione dell'energia), commissionato dal WWF Italia, dal titolo “Phase‐out del carbone al 2025. Ipotesi e impatti nello scenario elettrico” (allegato in basso), spiega in che modo attuare questo passaggio nel nostro paese.
Molti Paesi europei hanno deciso di uscire dal carbone: la Francia nel 2022 e la Gran Bretagna nel 2025. Il Belgio lo ha già fatto dal 2016. L’Olanda lo ha previsto dal 2030 nell’accordo della coalizione di governo. Finlandia, Portogallo, Irlanda, Austria, Svezia e Danimarca stanno decidendo di uscire dal carbone entro il 2025.
La quota di carbone in Italia pesa relativamente poco in termini di elettricità prodotta (tra il 12 e il 16%), ma incide molto in termini di inquinamento e di emissioni climalteranti: 40% circa delle emissioni del settore elettrico.
Una scelta di andare verso il phase-out del carbone, spiega WWF Italia in un comunicato, potrebbe influire positivamente anche sui Paesi maggiormente dipendenti da questa fonte come Germania e Polonia.   
Partendo dallo scenario delineato dalla Strategia Energetica Nazionale, quali sono dunque le condizioni che possono permettere l’abbandono della generazione nazionale a carbone entro il 2025, riducendo però ulteriori nuovi investimenti in infrastrutture di combustibili fossili?
Lo scenario WWF 2025 è confrontato pertanto con altri possibili scenari che contemplino il ritiro del carbone al 2030 attraverso un incremento della capacità a gas (SEN 2030) o della generazione rinnovabile (RES 2030), che anticipino il ritiro al 2025 con sostituzione con nuovi impianti a gas (SEN 2025) o che non intervengano nell’anticipare il ritiro delle centrali a carbone (SEN inerziale).
Secondo l’associazione ambientalista la fattibilità di tale processo al 2025 esiste e senza incrementare la potenza di gas naturale e considerando lo sviluppo dello storage la partecipazione attiva della domanda ai mercati, il potenziamento dell’infrastruttura di rete e ovviamente spingendo sulle fonti rinnovabili.Continua qui

22 ottobre 2017

WWF: smettere di inquinare è l'unica soluzione...

Tratto da WWf

Smog, smettere di inquinare è l'unica soluzione

Risultati immagini per wwf inquinamento
Di fronte allo sforamento di tutti i limiti degli inquinanti in molte città il WWF sottolinea come sia necessario che le istituzioni locali, regionali e nazionali agiscano con provvedimenti urgenti ma strutturali, non solo contingenti. È certamente positivo, oltreché necessario dare consigli ai cittadini e porre limiti temporanei alla mobilità ma la vera questione è che sono anni che non ci si occupa più in modo serio di intervenire sulle fonti di inquinamento. Sappiamo bene che la responsabilità per questa situazione è del traffico su gomma, dell’uso degli inquinanti in agricoltura e degli allevamenti, delle centrali a carbone, dei riscaldamenti (anche se oggi ancora spenti, per lo più): occorre ridurre l’inquinamento provenienti da tutte queste attività, non c’è più tempo per rinvii.
Il piano di decarbonizzazione che il nostro Paese deve varare sarà delle buone occasioni per farlo con una visione unica e non solo settoriale: abbattere la CO2 killer del clima, infatti, serve anche ad eliminare contamporaneamente altri inquinanti che arrecano enormi danni diretti alla salute. .....Continua qui

20 ottobre 2017

Inquinamento killer. Nove milioni di morti nel 2015 a causa dell’inquinamento: uccide più di guerre e fame

Tratto da Quotidiano sanita'

Inquinamento killer: oltre 9 milioni di morti premature nel 2015, 15 volte di più delle guerre

Almeno 12,6 milioni di persone muoiono ogni anno a causa di cause ambientali evitabili: l'analisi Oms mostra che il 23% delle morti globali (e il 26% dei decessi tra i bambini al di sotto dei cinque anni) sono dovuti a fattori ambientali modificabili. I fattori principali di rischio ambientale dovuto all'influenza dell'inquinamento atmosferico sulle malattie non trasmissibili incidono sulle spese sanitarie e consumano circa il 10% del prodotto interno lordo globale. IL DOCUMENTO DELL'OMS.

20 OTT - L'inquinamento è la più grande causa ambientale della malattia e della morte prematura nel mondo di oggi. Le malattie causate dall'inquinamento sono state responsabili di circa 9 milioni di morti premature nel 2015 - il 16% di tutte le morti in tutto il mondo - tre volte più di morti che da Aids, tubercolosi e malaria combinate e 15 volte più di tutte le guerre e altre forme di violenza. Nei paesi più gravemente colpiti, la malattia correlata all'inquinamento è responsabile di più di una morte in quattro.

Sono dati della Commissione Lancet sull'inquinamento e la salute di Philip Landrigan (Istituto Arnhold per la Salute Globale, Icahn School of Medicine a Mount Sinai, New York) e dei suoi colleghi, che evidenziano, come appena pubblicato dall’Oms, l'impatto che l'inquinamento ambientale ha sulla morte e la malattia e la necessità di aumentare la volontà politica se vogliamo affrontare efficacemente questo problema.

L'Oms ha da tempo riconosciuto l'importante influenza che l'integrità ambientale ha sulla salute umana e lo sviluppo. “Sappiamo – scrivono Maria Neira, Michaela Pfeiffer, Diarmid Campbell-Lendrum, Annette Prüss-Ustün  del Dipartimento di sanità pubblica, determinanti ambientali e sociali della salute dell’Oms - dalla valutazione più recente dell'impatto ambientale sulla sulle malattie dell’Oms che almeno 12,6 milioni di persone muoiono ogni anno a causa di cause ambientali evitabili. Questo è quasi un quarto di tutte le morti annuali. I fattori principali di rischio ambientale dovuto all'influenza dell'inquinamento atmosferico sulle malattie non trasmissibili incidono sulle spese sanitarie e consumano circa il 10% del prodotto interno lordo globale. Inoltre, come sottolineato dalla Commissione, le popolazioni più vulnerabili sono nei paesi a basso reddito e medio reddito (LMIC), maggiormente colpiti. Si tratta di una perdita inaccettabile di vite e di potenziale di sviluppo umano”.

Oggi secondo i responsabili Oms abbiamo più conoscenze, testimonianze e comprensione su come e attraverso quali percorsi il clima e il cambiamento ambientale influenzano la salute. Sappiamo quali politiche e interventi settoriali risolveranno efficacemente le cause della malattia ambientale (ad es. energia, trasporti, alloggi e agricoltura) e in quali situazioni (ad esempio, città, luoghi di lavoro e case) questi interventi hanno probabilmente il maggior impatto. 
  
Ad esempio, le politiche energetiche che facilitano o riducono l'accesso domestico a combustibili puliti per la cottura, il riscaldamento e l'illuminazione nei LMIC, consentiranno di evitare le 3,5 milioni di morti all'anno derivanti dall'esposizione all'inquinamento atmosferico delle famiglie. Conosciamo anche molti dei co-benefici per la salute, l'ambiente e l'economia che potrebbero accumularsi con un approccio più integrato alla politica e alla pianificazione dello sviluppo.....

Quasi il 90% della popolazione che vive in città in tutto il mondo respira aria che non rispetta i limiti di qualità dell'Oms. Dal momento che la maggior parte della crescita della popolazione futura avrà luogo nelle città, l'espansione urbana deve essere progettata e progettata in modi che rendano le città un centro di salute e benessere. Le politiche settoriali specifiche come l'energia, la pianificazione urbana, i trasporti e le infrastrutture dovrebbero essere progettate e implementate con obiettivi chiari e tangibili per la salute e l'ambiente.

Anche la governance delle minacce ambientali per la salute è oggi anche più impegnativa che mai. Come ha spiegato la Commissione Lancet , i fattori di rischio ambientali stanno cambiando in natura, origine e influenza. Alcuni paesi si trovano ad affrontare una serie di sfide irrisolte e nuove in materia di ambiente e salute, in cui, ad esempio, le popolazioni più povere non hanno accesso ad acqua pulita, energia domestica pulita e prestazioni sanitarie e altre popolazioni sono sempre più esposte a sostanze chimiche, inquinamento atmosferico e nuovi e più complessi pericoli professionali. I conflitti e le catastrofi naturali stanno aggiungendo una ulteriore complessità a queste sfide per la  governance.

“In poche parole – commentano i responsabili Oms -  le modalità di gestione delle minacce ambientali non sono più adattate al contesto di sviluppo. Abbiamo bisogno di un approccio diverso e di ulteriori strategie di controllo dell'inquinamento per fissare e regolare le soglie di emissione ambientali e per favorire un maggior utilizzo delle migliori tecniche disponibili e delle migliori pratiche ambientali......

C'è un crescente slancio globale intorno all'accordo di Parigi sul cambiamento climatico, probabilmente uno dei trattati più importanti per la salute pubblica da decenni. Questo slancio, unitamente all'aumento della domanda globale per l'accesso universale all'energia pulita e allo sviluppo urbano più sostenibile, costituisce un'opportunità strategica per gli attori della salute per influenzare le politiche di sviluppo e gli investimenti che possono dare origine a importanti minacce ambientali per la salute.
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  Quotidiano sanita'

PREVENIRE LA MALATTIA ATTRAVERSO AMBIENTI SANI: UNA VALUTAZIONE GLOBALE DELL'ONERE DELLA MALATTIA DA RISCHI AMBIENTALI


Tratto da Fanpage 
9 milioni di morti nel 2015 a causa dell’inquinamento: uccide più di guerre e fame
9 milioni di morti nel 2015 a causa dell’inquinamento: uccide più di guerre e fame
L’inquinamento è una minaccia silenziosa che ogni anno fa milioni e milioni di vittime: ecco come stiamo morendo e perché.
L'inquinamento ha ucciso nove milioni di persone nel 2015, o per meglio dire, 9 milioni di morti sono collegate direttamente all'inquinamento. Ma come è possibile? La risposta arriva da uno studio pubblicato su The Lancet.

Inquinamento atmosferico. L'inquinamento atmosferico, che include smog, particolato nell'aria e combustibili fossili, è da considerarsi responsabile della morte di 6,5 milioni di persone ogni anno: la cause dei decessi variano per lo più da malattie cardiovascolari a malattie respiratorie.

Inquinamento idrico. Grave è anche la situazione legata all'inquinamento idrico per a causa di infezioni gastrointestinali, parassiti, diarrea uccide 1,8 milioni di persone.

Inquinamento sul lavoro. Dati allarmanti arrivano anche in relazione all'inquinamento legato all'ambiente di lavoro, tossine e sostanze chimich, in questo caso parliamo di 0,8 milinoi di morti soprattutto per tumori.

Killer silenzioso. L'inquinamento è da considerarsi un killer silenzios poiché fa parte delle nostre vite e ci uccide senza neanche darci la possibilità di accorgercene. Una persona su sei ogni anno nel mondo muore proprio per cause legate all'inquinamento: malattie cardivascolare e respiratore, infezioni e tumori.

Minaccia per l'umanità. “L'inquinamento è molto di più che un problema ambientale, è una minaccia profonda e pervasiva che affligge molti aspetti della salute umana e del benessere. Merita attenzione da parte dei leader di tutto il mondo, della società civile, dei professionisti della salute, delle persone” spiegano gli esperti.

1 ) Ancora tegole per il carbone 2)Divest-Invest: la campagna per disinvestire dalle fossili supererebbe i 5mila mld di $

Tratto da Riusa.eu

Ancora tegole per il carbone


L'Olanda fa seguito alle decisioni cinese e britannica di fermare l'energia da carbone. Tutti gli impianti a carbone olandesi chiuderanno entro il 2030.

Parlamento olandese
I Paesi Bassi sono il paese che più recentemente ha deciso di fermare l'energia da carbone, fissando come data per chiudere tutti i suoi impianti il 2030. È questo uno dei pilastri dell'accordo tra i partiti politici per formare un governo di coalizione.

Mesi dopo le elezioni politiche del paese, avvenute in marzo, il nuovo governo della coalizione dei Paesi Bassi ha finalmente pubblicato i termini dell'accordo fra i quattro partiti che formeranno un governo di centro-destra guidato dal primo ministro liberale Mark Rutte.

Il patto contiene l'impegno a chiudere i cinque impianti a carbone rimasti in funzione, entro il 2030, secondo l'agenzia Reuters. La decisione è stata accolta con favore dai gruppi verdi, ma ha fatto storcere il naso a molti economisti, in quanto gli impianti, costati miliardi di euro, non sono stati ammortizzati. Alcuni di essi sono entrati in funzione recentemente, anche nel 2015.

Tuttavia, la chiusura è considerata necessaria per raggiungere obiettivi ambiziosi che dovranno essere affrontati dal nuovo governo per ridurre le emissioni di CO2 del 49 per cento tra il 1990 e il 2030.

Al fine di contribuire all'eliminazione dei cinque impianti rimanenti, compreso quello che chiuderà entro i prossimi quattro anni, il patto prevede piani per aumentare il prezzo minimo per le emissioni di carbonio per il settore energetico in aggiunta rispetto al prezzo dell'UE ETS, fino a € 43 per tonnellata entro il 2030.

L'Olanda non è sola: anche la Cina intende fermare o ritardare la costruzione di 151 centrali elettriche a carbone progettate o in fase di costruzione. Pechino cerca di ritardare o chiudere almeno 50.000 MW di progetti a carbone solo quest'anno.

Secondo il sito Unearthed di Greenpeace, l'elenco dei progetti in lista per il ritardo o la cancellazione è equivalente alla capacità operativa di Germania e Giappone messi insieme, per un costo di circa 60 miliardi di dollari.

Il Regno Unito, nel frattempo, ha l'obiettivo di eliminare tutte le sue centrali elettriche a carbone entro il 2025, ma la produzione di carbone nel paese sta già diminuendo bruscamente e i gruppi verdi sperano che le rimanenti strutture potrebbero spegnersi molto prima.


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Divest-Invest: la campagna per disinvestire dalle fossili supererebbe i 5mila mld di $


In cinque anni la campagna ha coinvolto 785 organizzazioni. Sulla sua scia e sulla nuova percezione del rischio legato agli investimenti in combustibili fossili, anche istituzioni finanziarie, come Bnp Paribas, decidono di disinvestire e puntare sulla transizione energetica. ....
Un nuovo soggetto ha deciso di disinvestire dalle fonti fossili: è Bnp Paribas, che ha annunciato di voler escludere dall’accesso al credito bancario quelle aziende che concentrano il proprio business sui combustibili fossili.
In pratica, l’istituto bancario francese non entrerà più in affari con società che svolgono attività di esplorazione, produzione, distribuzione, commercializzazione o negoziazione di petrolio e gas di scisto, o di petrolio provenienti da sabbie bituminose.Cesserà anche il finanziamento di progetti che sono prevalentemente coinvolti nel trasporto o nell’esportazione di questi combustibili. Inoltre, non finanzierà progetti di esplorazione o di produzione di petrolio e di gas nella regione artica.
Una banca che finanzia l’economia del 21° secolo deve agire come acceleratore della transizione energetica”, ha dichiarato Jean-Laurent Bonnafé direttore e CEO di Bpn Paribas .....
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19 ottobre 2017

Inquinamento, la colpa non è della siccità ma della politica....

Tratto da Il Fatto Quotidiano

Inquinamento, la colpa non è della siccità ma della politica: Italia sotto procedura in Ue, Regioni lente a rispettare impegni




AMBIENTE & VELENI

Torna l'emergenza che non è più emergenza: nelle città tornano i blocchi dopo pochi mesi. In realtà il problema non è del clima secco. Ma di misure strutturali che l'Italia non si dà, nonostante le promesse.

In mezza Italia è emergenza smog. Nel Paese europeo dove più persone muoiono ogni anno a causa delle polveri sottili disperse nell’aria (66mila), i blocchi del traffico per gli sforamenti dei livelli massimi di inquinamento atmosferico sono scattati prima ancora di accendere i termosifoni. Colpa del clima secco, senza precipitazioni che disperdono gli inquinanti, ma alla base c’è la mancanza di misure strutturali che porta la situazione a ripetersi sempre uguale, più volte all’anno. Carenze per le quali la Commissione Europea ha già avviato nei confronti dell’Italia due procedure di infrazione per la cattiva qualità dell’aria e la prospettiva è che Bruxelles, visto anche quest’ultimo allarme appena all’inizio dell’autunno, non ci farà sconti. Ma nonostante il richiamo politico e gli sforamenti già fuori norma a primavera (la legge ammette non più di 35 superamenti dei livelli massimi di inquinamento), poco si è fatto in questi mesi. .........
Il primo colpevole ad essere additato è il cambiamento climatico. Nei primi dieci giorni di ottobre, spiegano da Coldiretti, a livello nazionale rispetto alla media è caduto “il 79 per cento in meno di pioggia, con una punta del meno 92 per cento al Nord dove in molti territori è stata addirittura del tutto assente”. In molti casi, infatti, la salvezza delle città asfissiate dagli inquinanti atmosferici è la pioggia, che “lava l’aria” e porta così a terra gli inquinanti altrimenti in sospensione, ad altezza di naso e polmoni. Quest’anno, invece, la siccità asseta la terra in campagna e fa soffocare le città.
Le cause alla base del problema smog, però, sono altre e riguardano le fonti di emissione di quell’inquinamento. A partire appunto dai trasporti. Se è vero che negli ultimi anni, con il rinnovo del parco auto, sulle strade è diminuito il numero dei veicoli più inquinanti (fino almeno agli Euro 3), a mancare sono ancora misure strutturali. Piste ciclabili, piani di potenziamento del trasporto pubblico, misure per favorire la diffusione di veicoli a basso impatto ambientale, come le auto elettriche. E poi c’è l’inazione delle istituzioni di fronte al problema: “Un panorama non esaltante, che – salvo qualche lodevole eccezione – si divide tra ‘ignavia’, ‘ritardatari’ e ‘tutto chiacchiere e distintivo’”, denuncia Legambiente in un rapporto di metà ottobre sul tema. Gli sforamenti di questi ultimi giorni, infatti, non solo erano praticamente certi guardando anche solo le previsioni meteo, ma sono gli ennesimi dopo una primavera nera, in cui molti centri urbani avevano già oltrepassato i limiti di legge: ........ A questo si sommano i ritardi delle Regioni nel dare seguito all’accordo firmato a giugno scorso con il ministero dell’Ambiente per fare fronte comune sul tema della qualità dell’aria:.....Continua qui