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31 gennaio 2016

500 persone in sala civica per ascoltare medici e esperti su Italcementi

Tratto da Merateonline.it 

Calusco: 500 persone in sala civica per ascoltare medici e esperti su Italcementi

..... i comitati sono tornati a far sentire la loro voce e quella di moltissimi cittadini con una assemblea medico-informativa sulle possibili conseguenze sanitarie dell'incenerimento dei rifiuti.


I temi della tutela della salute pubblica e della salvaguardia ambientale - come dimostrato anche dalla manifestazione del 7 novembre che portò in piazza più di 500 persone per dire no alla trasformazione dell'impianto di Calusco d'Adda in un inceneritore - sono più che mai sentiti, e nella serata di venerdì la navata della chiesa vecchia di Calusco, oggi sala civica, ha faticato a contenere quanti non sono voluti mancare all'incontro promosso da Rete Rifiuti Zero Lombardia, La Nostra Aria di Solza e Aria Pulita Centro Adda. L'evento, d'altra parte, ha visto la partecipazione di esperti sul tema come il dottor Paolo Crosignani, responsabile dell'unità di Epidemiologia Ambientale dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, la dottoressa Patrizia Gentilini, medico oncologo e membro del comitato scientifico ISDE Italia (Associazione Medici per l'Ambiente), il dottor Marco Caldiroli, chimico e vice presidente di Medicina Democratica ed il dottor Edoardo Bai, epidemiologo e membro di ISDE Italia. .....
Da sinistra Attilio Agazzi, Raffaella Zigon, Marco Benedetti, dr. Edoardo Bai, dr. Marco Caldiroli, dr.ssa Patrizia Gentilini, dr. Paolo Crosignani

"C'è stata una mobilitazione meravigliosa da parte del nostro territorio e di un'intera comunità non solo per tutelare la salute e l'ambiente ma anche per far valere il dovere civico e la responsabilità decisionale sul proprio futuro da parte dei cittadini. Ricordo in proposito la raccolta firme che ha visto partecipare più di 10mila persone, un risultato storico contro leggi ingiuste che permettono ai cementifici di inquinare fino a 9 volte più degli inceneritori pubblici senza nessun beneficio per la popolazione". Una posizione quest'ultima condivisa dal primo esperto chiamato a prendere la parola, il dottor Marco Caldiroli: "Partiamo da un dato di fatto - ha chiarito il vice presidente di Medicina Democratica - in qualunque modo vengano bruciati i rifiuti si fa un errore perché si entra in un circolo vizioso che porta all'inquinamento e ad un'economia dello spreco. Attualmente, tuttavia, sono 164mila le tonnellate di rifiuti bruciate ogni anno in Italia nei cementifici, e se venissero concesse le autorizzazioni attualmente richieste si triplicherebbe questa capacità di incenerimento. Non è un caso che negli ultimi 6 mesi molti cementifici si siano interessati alla combustione dei rifiuti o alla possibilità di aumentarne la quantità: nella Gazzetta ufficiale dell'Unione Europea è stata infatti pubblicata una normativa, in vigore da metà gennaio, che impone ai cementifici di adeguarsi alle migliori tecnologie ambientali e di diminuire le emissioni inquinanti. Chi produce cemento ha così approfittato di questo obbligo per sostituire i normali combustibili con i rifiuti, molto più a buon mercato......"La pubblicistica prodotta dai cementifici sta però cercando di far passare un rospo, il Combustibile Solido Secondario, come un principe. In realtà tra i Css rientrano diverse tipologie di rifiuti urbani e speciali, alcuni non trasformabili, e per quanto riguarda gli standard qualitativi per diversi parametri sono addirittura peggiori rispetto ai vecchi Cdr (combustibile da rifiuto) che Italcementi già utilizza nell'impianto di Calusco d'Adda. La tendenza è poi quella di un aumento del fattore di emissione dei metalli sottili in corrispondenza alla quantità di Css utilizzato; ma questi dati non sono monitorati da soggetti terzi e sono gli stessi cementifici che li producono e li rielaborano per sostenere le loro tesi"

"Il problema di quello studio è che più si aumenta il combustibile più aumenta la portata dei fumi emessi: non ci si può quindi riferire soltanto alla concentrazione di inquinanti per metro cubo ma anche al flusso giornaliero che varierebbe notevolmente; considerazioni assenti nello studio di impatto ambientale presentato dalla società", ha spiegato ancora il relatore. "Inoltre la tossicità delle sostanze non è tutta uguale. 

L'azienda spinge tanto sull'abbattimento degli NOx grazie ai Css, ma si è guardata bene dal fare rilevazioni su contaminanti molto più importanti come i metalli pesanti: l'incremento di un milligrammo di mercurio, ad esempio, in termini di tossicità equivale a più di 3 tonnellate di ossidi di azoto. Mettersi a bruciare rifiuti introduce dunque nel processo produttivo del cemento elementi che non hanno niente a che fare con il materiale e che hanno un impatto sul territorio e sul prodotto finito. Le scorie finiscono nel cemento e, quindi, nelle nostre case; ed è per questa ragione che Medicina Democratica si è rivolta al Ministero della Sanità perché anche il cemento prodotto con la combustione dei rifiuti sia sottoposto ad analisi sulla tossicità come qualunque altra sostanza chimica immessa sul mercato europeo".

 La parola è poi passata alla dottoressa Patrizia Gentilini che ha affrontato il tema dell'incenerimento dei rifiuti in base alle ricadute sulla salute. Partendo dalle analisi condotte nell'area del forlivese, l'oncologo ha poi citato le più recenti ricerche in ambito medico scientifico. "Dati che preoccupano notevolmente noi oncologi sono quelli riguardanti la probabilità di diagnosi di cancro nel corso della vita: un uomo su due, oggi, si ammala di tumore e lo stesso avviene per un terzo delle donne. 30 anni fa i dati erano molto diversi e nella mia carriera professionale ho visto ammalarsi persone sempre più giovani", è stata l'amara considerazione della dottoressa Gentilini. "Nei registri dei tumori italiani, considerando la fascia di età da 0 a 14 anni, per ogni milione di bambini 190 si ammalano di cancro ed è riscontrato un aumento del 2% all'anno dei casi durante l'adolescenza. Sono dati strettamente legati alle polveri sottili e alle diossine, sostanze classificate come certamente cancerogene dall'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, prodotte dai processi di combustione. Le esposizioni ambientali portano ad una rottura dell'equilibrio metabolico che avviene attraverso il respiro, la pelle, il cibo e l'acqua, condizionando la funzione di organi delicatissimi come il pancreas, il fegato, i polmoni ed il cervello". 

L'attenzione del medico si è rivolta in particolare ai bambini e alle donne in gravidanza, i soggetti più esposti agli inquinanti: "Con i processi di combustione le sostanze tossiche che si formano passano dalla madre al feto nel momento più delicato nello sviluppo del nascituro. Sostanze estranee si trovano anche nel cordone ombelicale ed il New England Journal of Medicine analizzando il problema dell'incremento dei tumori nei bambini lo ha messo in relazione a queste esposizioni prima e dopo il parto". "Negli studi che come ISDE abbiamo svolto in Emilia Romagna nelle aree interessate dalla presenza degli 8 inceneritori della regione abbiamo rilevato nei soggetti residenti entro 4 km dagli impianti un aumento del 70% dei nati prematuri ed un rischio del 44% in più dell'abortività spontanea", ha continuato la dottoressa Gentilini.
 "Gli effetti della presenza di particolato e polveri sottili nell'aria non si fermano qui: la letteratura medica recente ne ha infatti evidenziato il legame con possibili gravi problemi durante lo sviluppo cognitivo nell'infanzia". "Per quanto riguarda alcuni inquinanti i limiti di legge sono un compromesso tra le conoscenze scientifiche e gli interessi economici, e soprattutto non sono pensati su soggetti in via di sviluppo come i neonati", ha detto la dottoressa al termine del suo intervento. 
"In proposito medici per l'ambiente ha pubblicato documenti molto duri contro le scelte dell'attuale governo che, secondo il nostro parere, non vanno nell'interesse della popolazione".
Per tutte queste ragioni i comitati stanno agendo per informare i cittadini sui potenziali rischi per la salute e per evitare che un nuovo flusso di rifiuti sia destinato ad essere bruciato in un'area, la vicina bergamasca, già sottoposta ad un forte stress ambientale.
L' articolo integrale su Merateonline.it 

Nesws dalla Germania: la prima autostrada delle bici - cento chilometri sul vecchio tracciato della ferrovia

Tratto da Dorsogna .blogspot

Germania: la prima autostrada delle bici - cento chilometri sul vecchio tracciato della ferrovia



La Germania ha deciso di aprire una autostrada per le biciclette - cento chilometri fra Duisburg, Bochum e Hamm e attraversando quattro universita'. L'autostrada servira' un bacino di utenza di circa due milioni di persone e si stima che servira' a eliminare il transito di almeno 50,000 viaggi l'anno.
Il tracciato e' lungo vecchie ferrovie della Ruhr Valley.

Non e' la prima volta che si parla di autostrade per le biciclette - ci hanno gia' lavorato in Olanda e in Danimarca. Anche Londra ha in mente un progetto simile per eliminare il traffico. A Francoforte ne progettano una di circa 18 miglia,  Monaco ne sta costruendo una da nove miglia e citta' come Norimberga e Berlino stanno studiando come fare per implementarle nelle loro citta'.

Di solito, le piste ciclabili tedesche sono strette e ogni tanto arrivano macchine parcheggiate, autobus o semplicemente finiscono. Invece queste "autostrade" delle bici sono grandi, hanno corsie per il sorpasso, e non ci si deve fermare ai semafori: ci sono sottopassaggi o soprapedaggi quando si incrociano le strade con le macchine. 

La pista da 100 km e' in via di costruzione: per ora hanno aperto un primo tracciato di circa sei chilometri. Ma.. con che costi hanno  la stanno realizzando questa pista ciclabile? 

La meta' dei costi e' venuto dall'Unione Europea, il 30% dallo stato del North Rhine-Westphalia e il resto da fondi locali, sotto un consorzio detto RVR.Continua a leggere qui

29 gennaio 2016

Tirreno Power: La Rete Savonese Fermiamo il Carbone chiede un incontro urgente alla Regione Liguria.

Risultati immagini per Rete Savonese Fermiamo il Carbone

Tratto da Ninin

           Tirreno Power:  La Rete    Savonese Fermiamo il Carbone bussa per la terza volta alla porta della Regione Liguria

La "Rete savonese fermiamo il carbone", rinnova per la terza volta (già reinviata per posta PEC) la richiesta di essere ascoltata in merito alla situazione sia ambientale che sanitaria relativa alla centrale termoelettrica di Vado-Quiliano. Ricordiamo che si tratta di una “centrale in città” che si trova al centro di un vasto agglomerato urbano densamente popolato


Al Sig. Presidente della Regione Liguria
Ai Sigg. Componenti della Giunta della Regione Liguria

p.c. ai Sigg. Componenti del Consiglio della Regione Liguria
p.c. agli Organi di informazione
p.c. ai rappresentanti delle associazioni ambientaliste nazionali

Oggetto: richiesta incontro urgente in merito alla situazione sia ambientale che sanitaria relativa alla centrale termoelettrica Tirreno Power di Vado-Quiliano

Codesta Giunta ha già convocato o intende convocare diverse realtà del territorio, mentre alle nostre richieste di audizione non è ad oggi pervenuto alcun riscontro.
Si è appreso, dal comunicato ufficiale della Regione del 12 gennaio, dell’apertura di un tavolo in cui “Azienda e Regione stanno lavorando per giungere a una proposta condivisa che coinvolga gli Enti locali e le organizzazioni sindacali. L’azienda ha messo sul tavolo alcune possibili opzioni di breve e medio-lungo periodo…”
Stupisce grandemente ed è fonte di seria preoccupazione constatare che in questo comunicato non vi sia un solo accenno ai gravi problemi sanitari evidenziati dalle pesantissime accuse formalizzate dalla Procura della Repubblica di Savona ( che vedono come indagati a vario titolo per disastro, omicidio e abuso d’ufficio alti dirigenti della stessa azienda, amministratori -anche attuali- e funzionari pubblici anche regionali).
Stupisce grandemente che non vi sia alcun accenno al risanamento di un territorio pesantemente colpito, così come risulta dalle indagini e dalle perizie disposte dalla Magistratura.
Ma la cosa che stupisce di più, è che, nonostante le ripetute richieste, non si siano ancora ascoltate quelle rappresentanze dei cittadini che con grande impegno civico e senso di responsabilità, in questi anni di ”neghittosità degli organi pubblici chiamati a svolgere attività controllo” (così l’ordinanza di sequestro dei gruppi a carbone emessa dal GIP presso il Tribunale di Savona) hanno continuato a denunciare i gravi problemi poi evidenziati in modo ancor più drammatico dalle inchieste giudiziarie.


Non si può pensare che la Regione intenda discutere i propri programmi per tentare di risolvere il problema soltanto con chi pare aver contribuito a provocarlo, rifiutando invece il confronto con chi ha cercato, da tempo, di denunciarlo, tra i primi l’Ordine dei Medici.
E’ nostra convinzione che non si comprenda, o non si voglia comprendere, come anche il problema occupazionale, oltre che da scelte gestionali e dal mercato, discenda dalla sottovalutazione dei problemi sanitari ed ambientali che si sono stratificati nel tempo.
Siamo certi che Codesta Giunta non vorrà ricalcare l'atteggiamento ed il modus operandi della precedente, giacché diversamente se ne assumerà ogni conseguente responsabilità, innanzitutto di fronte ai cittadini.
Da parte nostra, in rappresentanza delle molte realtà di associazioni, comitati, gruppi politici e cittadini (con il sostegno del livello nazionale di Greenpeace, WWF, Legambiente ed ARCI), ci dichiariamo ancora una volta disponibili a un urgente incontro avente finalità costruttive e propositive. Riteniamo a buon diritto che le rappresentanze dei cittadini che da anni sono parte attiva per la tutela della salute anche con diffide ed azioni in sede giurisdizionale, debbano essere invitate ai "tavoli" e nelle sedi dove si discute del nostro futuro, in ossequio ai principi di trasparenza e partecipazione garantiti anche dalla normativa europea.


RETE SAVONESE FERMIAMO IL CARBONE

Comitato Acqua Bene Comune 
Comitato Ambiente Spotorno-Noli 
Comitato Albamare 
Gassa Gruppo Acquisto Solidale 
Legambiente 
Libreria Ubik
 Movimento Consumatori
 Nuovo Filmstudio 
Uniti per la Salute Onlus
 API Alleanza per l’Italia
 MoVimento 5 Stelle 
Noi per Savona 
Rifondazione Comunista 
Federazione dei Verdi 

Con il sostegno di:
 Medicina Democratica 
Associazione “SI alle rinnovabili, NO al nucleare” 

Con il sostegno delle associazioni nazionali: 
Greenpeace Italia 
WWF Italia 
Legambiente 
ARCI Nazionale



Stralcio dall’ordinanza di sequestro dei gruppi a carbone emessa dal GIP presso il Tribunale di Savona:

NO AL CARBONE.

L’azienda punta a trovare una soluzione che garantisca la piena occupazione dei 200 dipendenti dello stabilimento di Vado e  quindi la ripresa del lavoro anche nei due gruppi a carbone  .....


 NOI CITTADINI  NON VOGLIAMO  PIU' CARBONE NEL   NOSTRO FUTURO E  IN QUELLO  DEI NOSTRI FIGLI.
PER   TROPPI  ANNI  LA  COMBUSTIONE DEL CARBONE HA INFLUITO  NEGATIVAMENTE SULLE   NOSTRE VITE E SUL NOSTRO AMBIENTE. 
CI  BATTEREMO , SEMPRE CON  TUTTE LE NOSTRE FORZE, CONTRO  QUALSIASI SOLUZIONE  CHE CONTEMPLI ANCORA  LA  COMBUSTIONE  DEL CARBONE TRA LE NOSTRE CASE.




Per  buona memoria pare opportuno ascoltare o riascoltare con la massima attenzione

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

 https://www.radioradicale.it/scheda/452316/commissione-parlamentare-di


.....BREVE PROMEMORIA  INDELEBILE 
Nè possono essere scordate, al di là di varie gravi patologie, le morti in eccesso attribuibili all'esercizio della Centrale di Vado Ligure, fonte primaria e causa basilare, per varie decadi, dell'inquinamento industriale dell'area Savonese.
     
   
Una stralcio dell'intervento in Conferenza dei Servizi 4 giorni fa dell'avv. Matteo Ceruti, legale delle associazioni nazionali e dei comitati locali -
Gli esiti davvero drammatici, sul piano ambientale e ancor più su quello sanitario, delle ricerche condotte dai tecnici incaricati dalla Procura di Savona sono evidentemente conseguenti alla collocazione della centrale Tirreno Power in piena area urbana densamente popolata: un rapido sguardo alle fotografie pubblicate sul sito web del Comitato Uniti per la Salute rende evidenza di questa ubicazione assolutamente fuori da ogni logica.
Quest'ultima è la ragione di assoluta particolarità che contraddistingue quest'impianto industriale e che dovrete necessariamente tenere presente al momento di decidere.”

 Continua a leggere qui 


Tratto da Uniti per la Salute

Tirreno Power: la Procura indaga tutta l’ex giunta regionale. Tutte le carte dell'inchiesta.


"Tirreno Power peggio dell' Enel". Secondo la Procura i gruppi elettrici obsoleti inquinavano più' che negli anni 90. 

Disastro sanitario, omicidio plurimo e abuso d’ufficio: la gestione “ombra” della centrale ricostruita dai pm

Secondo i pm per 14 anni l'impianto è stato gestito senza dare priorità a salute e ambiente: 427 le morti "accertate" contestate
Immagine tratta da La Stampa

SavonaQuarantaquattro pagine per raccontare quello che è successo intorno alla centrale termoelettrica di Vado Ligure nell’arco di un periodo di 14 anni, dal 1° gennaio del 2000 fino all’11 marzo 2014, data del sequestro dei gruppi a carbone VL3 e VL4.

Nei sei capi d’imputazione elaborati dal Procuratore Francantonio Granero e dal sostituto Chiara Maria Paolucci agli 86 indagati – a vario titolo ed in concorso – vengono contestati i reati di disastro ambientale colposo aggravato, disastro sanitario colposo aggravato, abuso d’ufficio, disastro colposo aggravato e omicidio colposo plurimo.
E’ difficile riassumere in poche righe l’impianto accusatorio elaborato dalla Procura: sono tantissime le condotte, a vari livelli, che secondo gli inquirenti hanno portato a gestire per anni l’impianto di Vado senza dare priorità alla tutela della salute e dell’ambiente.
Si parte dalle accuse ad amministratori e dirigenti di Tirreno Power .........ai quali si contesta il “disastro ambientale doloso aggravato dal verificarsi dell’evento”che, secondo i pm, si sarebbe concretizzato “omettendo volontariamente e consapevolmente di applicare le misure precauzionali necessarie a ridurre l’inquinamento ed assumendo decisioni finalizzate sempre e soltanto alle soluzioni più redditizie”.

E la Procura individua anche gli elementi che dimostrerebbero l’esistenza del disastro ambientale attribuibile alle emissioni della centrale: 
il deterioramento significativo della qualità dell’aria, le condizioni della flora (provato dalla grave rarefazione della flora lichenica.
Nelle contestazioni si legge che i gruppi a carbone VL3 e VL4, secondo i dati forniti dalla stessa azienda (sulla cui bontà peraltro i pm nutrono dubbi), “provocavano emissioni massicce dei macroinquinanti con un quadro emissivo peggiorativo rispetto a quello conseguito dalla gestione Enel fin dalla fine degli anni 90, quando erano in esercizio quattro gruppi a carbone”. Una situazione che, sempre secondo gli inquirenti, poteva essere evitata visto che l’azienda aveva le “possibilità tecniche ed economiche, grazie agli ingenti profitti di quegli anni” per effettuare interventi di ambientalizzazione per “ridurre significativamente le emissioni”.

E ancora si contesta di: “aver ridotto il budget” per l’impianto, di aver scelto carbone di qualità inferiore e meno costosa, di aver usato olio combustibile denso con contenuto di zolfo superiore allo 0,3%, e di non aver adottato soluzioni efficaci per contenere le emissioni del parco carbone, ma anche aver presentato “sempre richieste di modifica delle autorizzazioni in senso peggiorativo per l’ambiente e vantaggiose, in termini economici,per la società”.

Poi c’è il disastro sanitario colposo aggravato dal verificarsi dell’evento per i danni alla salute dei cittadini. La Procura evidenzia “un eccesso di morbilità e di mortalità, tra la popolazione residente nelle aree di ricaduta delle sue emissioni quantificabile in malattie e decessi accertati”Continua a leggere su IVG

Leggi anche 

TIRRENO POWER di VADO LIGURE :LA CENTRALE IN CITTA'

11 NOVEMBRE 2014   
Leggi il "COMUNICATO STAMPA DEL COMITATO 
TECNICO SCIENTIFICO:CONSIDERAZIONI SUL 
Riportiamo il punto7

7) Il progetto presentato dalla Tirreno Power si configura, oltre tutto, in contrasto con le imprescindibili esigenze di tutela dei beni primari della salute e dell’ambiente tutelati dalla vigente Carta Costituzionale rispettivamente negli art. 32 e 9.

Nè possono essere scordate, al di là di varie gravi patologie, le morti in eccesso attribuibili all'esercizio della Centrale di Vado Ligure, fonte primaria e causa basilare, per varie decadi, dell'inquinamento industriale dell'area Savonese.
Continua a leggere qui  il Comunicato integrale 

Aria malata ovunque nelle nostre città.......

Tratto da www.ilcaffe.

Aria malata ovunque nelle nostre città.......

Ma chi amministra, come si dice a Roma, amminestra: alla faccia della qualità dell’aria!
Spesso nell’aria che respiriamo le concentrazioni di inquinanti superano i limiti di legge. Lo documenta l’ultimo “Monitoraggio della Qualità dell’Aria” dell’Arpa Lazio, l’Agenzia Regionale di Protezione Ambientale, relativo al 2014 e parte del 2015. Si tratta del PM-10, un pulviscolo microscopico, del diossido di azoto e dell’ozono, due gas incolori e inodori. Sostanze particolarmente “pericolose e tossiche - spiega l’Arpa - per la salute umana e per l’ambiente”. Lo Stato ammette anche un numero di superamenti annui e giornalieri dei valori massimi, i cosiddetti “sforamenti legali”, ma in alcuni casi l'Arpa rileva superamenti anche di oltre il doppio. 

SOLO AUTO E CAMINI?
Ma chi sono i responsabili di tale inquinamento? A leggere il rapporto di Arpa Lazio sembra quasi un mistero. E sul suo sito internet, l'Agenzia  incaricata di vegliare e informarci su ambiente e salute pubblica spiega che la colpa è dei “processi di combustione e, nelle aree urbane, dei gas di scarico delle automobili e del riscaldamento domestico”. Tutto qui. Ma a ben vedere targhe alterne, interruzione del traffico, divieto di accensione dei camini e limitazione del riscaldamento domestico risultano provvedimenti insufficienti a garantire aria più pulita. Dunque c'è altro che ammorba l'aria. Perché si parla di "combustione" senza specificare se si tratta di fabbriche, inceneritori, fonderie, girarrosto? Costa poi tanto esplicitare che si tratta anche di inceneritori, centrali turbogas e a carbone e altri impianti che si fregiano del prefisso “bio”? L’Arpa Lazio non parla di acciaierie e raffinerie, che ci sono nel Lazio, né dello smaltimento dei rifiuti urbani.  Tutte attività considerate dalla comunità scientifica e dall'Unione europea tra i maggiori responsabili dell’inquinamento atmosferico. Silenzio pure sui cosiddetti “bio”gas e “bio”metano, raccontate anche come impianti a “bio”masse. Fabbriche che estraggono gas dall'immondizia, foraggiate dai sussidi statali, eredi dei nocivi ed antieconomici inceneritori e che stanno letteralmente conquistando i nostri territori soprattutto per accaparrarsi gli incentivi pubblici..... 

SI FA FINTA DI NULLA
Nascosti dietro un muro di silenzi, gli amministratori, certi dirigenti e i politici regionali e locali lasciano i soliti e ben noti monopolisti liberi di amministrare i nostri territori. Accade ad Anzio, Pomezia, Ardea, Aprilia e Latina, dove impianti a “bio”gas e “bio”metano spuntano in ogni dove in spregio del “principio di prossimità” dello smaltimento dei rifiuti imposto dalla legge, che impone di mettere gli impianti di trattamento vicino a dove vengono prodotti i rifiuti che trattano. Riceveranno infatti scarti d'ogni genere da ogni dove e persino da altre regioni. Nuove “fabbriche” che non porteranno alla comunità sviluppo e posti di lavoro, ma solo altro inquinamento. 
Ma chi amministra, come si dice a Roma, amminestra: alla faccia della qualità dell’aria!


Liguria a zero emissioni.Wwf-Enea : con sviluppo green e low carbon oltre 4.500 posti di lavoro in Liguria

Tratto da Greenreport

Wwf: con sviluppo green e low carbon oltre 4.500 posti di lavoro in Liguria (VIDEO)

Studio ENEA sulle opzioni per una transizione verso modelli nearly zero emissions
[28 gennaio 2016]

Liguria centrale a carboneIl Wwf ha commissionato all’ENEA lo studio “Liguria, proposte per un modello di sviluppo nearly zero emissions”, «per approfondire le possibilità di una transizione verso un modello basato su tecnologie e sistemi in grado di ridurre le emissioni di gas serra e, di conseguenza, l’impatto dei cambiamenti climatici – come indicato dal recente accordo di Parigi (COP21) e dagli impegni europei, ma anche di promuovere l’efficienza energetica, favorire lo sviluppo e l’innovazione del sistema produttivo e incrementare i livelli occupazionali, seguendo i principi di un’economia circolare». Da questo documento presentato oggi emerge che « Nei prossimi 15 anni in Liguria, in termini di sola occupazione diretta, potrebbero nascere oltre 4.500 nuovi posti di lavoro dalla transizione verso un modello green e low carbon dell’economia, con particolare riguardo allo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica; tale sviluppo richiederebbe investimenti medi annui pari a 391 milioni di euro».
Secondo lo studio Wwf-ENEA, «L’insieme delle proposte consentirebbe alla Liguria di ridurre di circa 6 milioni di tonnellate annue le emissioni di CO2, di fatto dimezzando le emissioni pro-capite, portandole cioè a circa 3,6 tonnellate di anidride carbonica equivalente (tCO2eq), rispetto alla media nazionale attuale che è di circa 7,1 tCO2eq».
Roberto Morabito, direttore del Dipartimento sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali dell’ENEA, ha sottolineato che «Non si tratta di un piano energetico regionale, ma dell’analisi di alcune opzioni che possono essere sviluppate e percorse da subito e avere piena attuazione nel corso di qualche decennio L’obiettivo è l’individuazione di un modello di sviluppo green e low carbon che possa essere replicabile anche in altre realtà regionali e territoriali».
Complessivamente, il rapporto ha preso in considerazione oltre 30 opzioni tecnologiche e su 15 è stata effettuata una valutazione degli impatti energetici, ambientali, economici ed occupazionali, arrivando ad una rosa di interventi, da poter promuovere in cinque settori strategici: fonti rinnovabili elettriche, rinnovabili termiche, accumulo elettrochimico in batterie, risparmio energetico nell’edilizia, sistema dei trasporti sostenibile. Il Wwf dice che «Alcune delle opzioni individuate risultano promettenti, ma non ancora pienamente mature (ad esempio l’auto elettrica), in quanto la loro affermazione dipenderà dagli investimenti e dalle traiettorie di sviluppo internazionali. In altri casi, si tratta di tecnologie ormai mature e di sicuro sviluppo (ad esempio il fotovoltaico), ma ancora condizionate da costi e limiti organizzativi del mercato. Altre ancora sono tecnologicamente pronte (ad esempio la riqualificazione energetica ad emissioni quasi zero degli edifici), ma ostacolate da inerzie organizzative e disponibilità di accesso a capitali adeguati».
Per quanto riguarda le fonti rinnovabili elettriche e termiche, lo studio prevede che «si possano creare mediamente 2.076 nuovi posti di lavoro, di cui 737 nelle rinnovabili elettriche e 1.339 nelle rinnovabili termiche. Tale sviluppo richiederebbe investimenti medi annui pari a 166 milioni di euro, di cui 103 milioni nelle rinnovabili elettriche e 63 milioni nelle rinnovabili termiche. In questo modo, il 40% dell’attuale domanda di energia elettrica regionale sarebbe soddisfatto da fonti rinnovabili per una valore pari a circa 2,5 terawattora (TWh = 1 miliardo di chilowattora)».
Altro settore con grandi potenzialità è la riqualificazione del parco edilizio: «Con un investimento medio annuo di circa 209 milioni di euro si creerebbero 2.186 nuovi posti di lavoro e gli interventi realizzati su oltre 10 mila appartamenti permetterebbero di ridurre i consumi del 60% rispetto agli attuali livelli. Sull’arco temporale di 15 anni il risparmio energetico sarebbe di 71mila tonnellate di petrolio equivalente (tep), pari a una riduzione di circa il 15% dei consumi termici residenziali».
Il rapporto conclude che «Complessivamente, nel settore delle fonti rinnovabili e della riqualificazione energetica degli edifici si potrebbero creare, come valore medio nei 15 anni, 4.262 nuovi posti di lavoro, che salgono agli oltre 4.500 totali includendo il settore dell’accumulo elettrico».
Un contributo rilevante, anche se di difficile quantificazione sotto l’aspetto occupazionale, potrebbe venire  dai trasporti: «Prendendo in considerazione quattro tipologie di intervento, quali auto elettriche, elettrificazione delle banchine portuali, promozione del traffico pubblico locale e del trasporto ferroviario da e per i porti, si potrebbero ottenere a regime risparmi energetici di circa 310mila tep/anno».
La presidente del Wwf Italia, Donatella Bianchi, conclude: «Questo studio dimostra in modo chiaro e inequivocabile come già oggi esistano una serie di soluzioni concrete e cantierabili che consentirebbero ad una Regione come la Liguria (ma il discorso potrebbe tranquillamente essere esteso all’intero Paese) di fare rotta verso un’economia a bassissime emissioni, capace cioè di contrastare la minaccia dei cambiamenti climatici e, allo stesso tempo, creare nuova occupazione, più durevole e sostenibile».

27 gennaio 2016

AGOSTINO DI CIAULA ISDE: Terra dei fuochi e mortalità infantile,«La prevenzione mancata la pagano i bimbi»


Tratto da Il Sole24ore

Terra dei fuochi e mortalità infantile, Isde: «La prevenzione mancata la pagano i bimbi»

di Agostino Di Ciaula (Coordinatore Comitato Scientifico Isde Italia)
Il recente rapporto dell'Istituto Superiore di Sanità sulla terra dei fuochi ha confermato la presenza, in quell'area, di un eccesso di ricoveri, di tumori maligni e di mortalità.
Ancora una volta (si era già visto nel caso di altri siti inquinati), l'aspetto più inquietante è che questi dati interessano in primo luogo l'età pediatrica. 
La compromissione della salute dei bambini, ancor più che negli adulti, è una chiara e pesante conseguenza della mancata applicazione di criteri di prevenzione primaria, con una inevitabile esposizione a tossici già durante la vita embrio-fetale o, addirittura, prima ancora del concepimento (tossicità su ovuli e spermatozoi genitoriali). In altri termini, condanne già scritte senza processo e senza possibilità di grazia.
Quelle bonifiche che salverebbero vite 

Le malattie e le morti registrate nella terra dei fuochi (come in tutti i SIN italiani) sarebbero state evitabili con la bonifica di suoli a contaminazione nota da decenni e con misure (sorveglianza, rispetto della legalità, adozione di corrette pratiche nella gestione dei rifiuti) finalizzate ad evitare ulteriore inquinamento. 
La grave situazione sanitaria e ambientale della popolazione residente nelle province di Napoli e Caserta non è infatti una novità. È stata ripetutamente denunciata in rapporti ufficiali dell'Istituto Superiore di Sanità a partire almeno dal 2006, oltre ad essere stata oggetto di numerose pubblicazioni scientifiche. 
La prima firmataria di questo ultimo rapporto, Loredana Musmeci, ha dichiarato che i dati “devono essere approfonditi e sviluppati. È come se avessimo guardato il territorio con un elicottero”. Quello che certamente da quell'elicottero si è visto con chiarezza è l'esistenza di una condizione di deliberata discriminazione sanitaria e ambientale di lunga durata rispetto ad altre zone d'Italia.
Danni genetici su almeno due generazioni 

Come per altri italiani attualmente residenti nei SIN (circa sei milioni di persone), qualunque giorno di ritardo nell'applicazione di misure di prevenzione primaria ha significato e significherà replicazione e amplificazione del danno. A causa di ben definiti meccanismi di trasmissione trans-generazionale del rischio (soprattutto di tipo epigenetico), le manifestazioni patologiche dell'inquinamento esistente qui ed ora potranno interessare inevitabilmente almeno due generazioni successive.
A questo si aggiunga che gli stessi inquinanti ambientali responsabili dell'incremento di mortalità e neoplasie generano, sia negli adulti che nei bambini, un aumento del rischio anche per malattie non neoplastiche ad elevato costo e generanti disabilità croniche: patologie cardiovascolari, sindrome metabolica, diabete, obesità, patologie neurodegenerative ed ormonali. 
Nella terra dei fuochi (come in altre aree contaminante e non bonificate) vige un modello distorto di sanità pubblica in cui ci si limita a osservare gli effetti sanitari dell'inquinamento in una popolazione lasciata vivere per decenni in condizioni di rischio, limitandosi a misurare di tanto in tanto il danno e a fronteggiarlo quotidianamente con mezzi sempre insufficienti. Il tutto con elevatissimi costi (altrimenti evitabili) non solo economici ma anche sanitari, umani e sociali. 
La normativa vigente prevede che il Sistema Sanitario Nazionale debba fondarsi su tre colonne: prevenzione, cura e riabilitazione. La demolizione della prima delle tre, certificata proprio dallo stato di salute nelle aree contaminate del nostro Paese, comporta inevitabilmente il crollo di un equilibrio che dovrebbe fondarsi sull'etica, prima ancora che su qualunque altro criterio. 

26 gennaio 2016

STOP-DEVASTAZIONI : 54 INCENERITORI PER DECRETO DIVENTANO DI INTERESSE STRATEGICO…PER GLI AFFARI DI POCHI

Tratto da Stopdevastazioni.wordpress.com

Un impianto di compostaggio, che trasforma la parte umida del rifiuto in terriccio, per il Governo NON E’ strategico.
Un inceneritore, che trasforma rifiuti potenzialmente riciclabili in ceneri pericolose e gas emessi in atmosfera con sostanze quali polveri, anidride carbonica, idrocarburi policiclici aromatici e molto altro, per il Governo E’ un impianto strategico di interesse nazionale.
waste-incinerators
L’economia del riciclo contro l’economia dell’inquinamento.
L’Art.35 del famigerato Decreto Sblocca Italia (http://www.altalex.com/documents/leggi/2014/11/14/sblocca-italia-il-testo-coordinato-del-decreto-legge-in-gazzetta) ha sancito che gli impianti di incerimento, sia quelli esistenti, sia quelli autorizzati che devono essere ancora costruiti sia, infine, quelli che devono essere ancora progettati, saranno d’ora in poi classificati quali opere di interesse strategico nazionale.
Qui sotto l’Art.6 della bozza di decreto attuativo dello Sblocca Italia presentata dal Ministro dell’Ambiente (SIC!) Galletti alle Regioni lo scorso 20 gennaio 2016.
InceneritoriInteresseStrategico
Qui sotto l’elenco degli impianti già esistenti
 che diventeranno di interesse strategico nazionale.
ElencoInceneritori
Qui sotto quelli non ancora esistenti ma già autorizzati.
DecretoRifiutitagliataelenco
A questi si aggiungeranno altri 8 impianti che secondo il decreto sono indispensabili in: Abruzzo, Marche, Lazio, Campania, Umbria, Sicilia (2) e Sardegna.
Questa classificazione è gravida di conseguenze per varie ragioni:
a)POSSIBILITA’ DI ESPRIMERE IL DISSENSO: il Governo Berlusconi classificò l’inceneritore di Acerra, ancora in progetto, quale sito di interesse strategico. Pochi mesi dopo ci fu un’escalation, con il cantiere trasformato in area militare difesa dall’esercito con tanto di mitra spianati.
inceneritoreacerra
b)RICORSI ALLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA (TAR E CONSIGLIO DI STATO): diventa difficilissimo bloccare un’opera o un intervento di modifica su un impianto esistente quando è classificata di interesse strategico nazionale.
c)PROCEDURE AMMINISTRATIVE PER AMPLIAMENTI E COSTRUZIONE: ovviamente le procedure amministrative di autorizzazione per gli interventi sugli impianti, siano essi esistenti o in progetto, vengono facilitate da questa classificazione. Basti pensare alla Valutazione di impatto Ambientale o all’Autorizzazione Integrata Ambientale.
Ormai la raccolta differenziata in alcune città italiane ha raggiunto e superato la quota dell’80% (come, ad esempio, a Trento). Verrebbe da gridare: si può fare! Anzi, si deve fare!
Ora, un amministratore che proponesse una soluzione obsoleta come gli inceneritori (che sono al quarto posto in una scala di cinque opzioni nella direttiva comunitaria, appena prima delle discariche) per non saper fare quello che altri hanno dimostrato di saper fare, normalmente dovrebbe essere cacciato via per completa e acclarata inettitudine.
Come mai, invece Renzi tira fuori lo Sblocca Italia nel 2014 e il Ministro dell’Ambiente (SIC!) pochi giorni fa propone il Decreto attuativo che prevede 8 nuovi inceneritori e la classificazione di quelli esistenti e in progetto (oltre 40 impianti in tutta Italia) quali opere di interesse strategico nazionale?.....
Il documento è stato pubblicato sulla pagina facebook della Legge Rifiuti Zero.
A nostro avviso si sta sottovalutando la portata del decreto, soprattutto per la parte che trasforma tutti gli impianti, anche quelli da realizzare, in siti di interesse strategico nazionale.
Ripetiamo, non sono solo i nuovi 8 inceneritori in arrivo a preoccupare; è la classificazione di interesse strategico per tutti gli impianti elencati a far diventare il provvedimento di gravità inaudita.
Rispetto a questa bozza precisiamo che sembra sia stato tolto il riferimento all’ulteriore inceneritore per la Toscana.....
Un lungo elenco che condanna il paese all’arretratezza. Per decenni dovremo “nutrire” le bocche degli inceneritori anziché curarci della riduzione della produzione del rifiuti, del riuso e del riciclo. Anzi, queste ultime opzioni dovranno essere viste con sospetto perché altrimenti si rischia di “affamare la bestia“.
E’ un provvedimento che premia i soliti noti, le multiutility con posizioni da difendere sul mercato dei rifiuti. Bisognerà impegnarsi a fondo per far fallire questa politica dissennata.
Resta inoltre il passaggio alla Corte Costituzionale, perchè diverse regioni presentarono ricorso contro l’Art.35 dello Sblocca Italia da cui deriva il decreto attuativo. L’udienza si terrà a fine marzo 2016.
Intanto il prossimo 31 gennaio si terrà un referendum locale a San Filippo del Mela e Gualtieri Sicaminò contro l’inceneritore proposto a Milazzo http://noinceneritoredelmela.altervista.org/