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31 dicembre 2010

BUON 2011 DA "UNITI PER LA SALUTE"



Buon Anno e Tanti Cari Auguri a tutti!

Il countdown per il 2011 e’ iniziato, ancora poche ore ed entreremo nel nuovo anno lasciandoci alle spalle un 2010 con non pochi problemi.

Il nuovo anno si preannuncia anch’ esso denso di problemi tuttavia almeno oggi vogliamo pensare in positivo e festeggiare in allegria la fine del 2010.

Brilla in questa notte di frizzante allegria il nostro brindisi,
alziamo il calice assieme a tutti coloro che sognano un anno  decisamente migliore .

Riformuliamo i nostri migliori auguri a tutti voi che ci leggete e
a tutti coloro che per noi sono stati dei collaboratori preziosi.


Auguri a chi ci ha aiutati a crescere nella conoscenza ed un grande grazie a coloro che credono in noi e ci spingono a proseguire .....

Infine....auguri a tutti quelli che si prodigano,come noi, affinchè la nostra salute sia sempre tutelata.

Auspichiamo che il nuovo anno sia prodigo di gioia e serenità per tutti .


BUON 2011 DA "UNITI PER LA SALUTE"

30 dicembre 2010

1)Cina: iniziata la costruzione della prima centrale elettrica ad energia solare.2)Il video shock sui fumi del carbone

Tratto da Italian.cri.on
Cina: iniziata la costruzione della prima centrale elettrica ad energia solare da un milione di Watt

Giorni fa nel Gansu, una provincia della Cina nord-occidentale, è iniziata la costruzione della prima centrale termoelettrica cinese ad energia solare da un milione di Watt.

Il progetto conta su 300 milioni di Rmb di investimenti. Dopo la costruzione, la centrale potrà utilizzare la risorsa sostenibile dell'energia solare per affiancare la produzione di energia elettrica, risparmiando ogni anno più di 10 mila tonnellate di carbone.

Secondo gli esperti, la sua entrata in funzione renderà la Cina uno dei pochi paesi al mondo che padroneggiano completamente la tecnologia della produzione elettrica fotovoltaica.

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Il video shock sui fumi del carbone

Tratto da Centumcelle news

CIVITAVECCHIA – Sta riscuotendo interesse sul noto social network facebook un video che riprende la ciminiera della centrale di Torre Valdaliga Nord in piena attività. Sorprende ed inquieta vedendo il video velocizzato l’addensarsi sopra la struttura (quindi sopra le nostre teste) di una minacciosa e (almeno apparentemente) poco salutare nuvola nera. Visione pestifera, aggravata dal fatto che non è solo quello che si vede a colpire di una centrale a combustibile fossile: in un documento dell’Esercito Usa, (non di Greenpeace) “Energy Trends and Their Implications for U.S. Army Installations”, di Donald F. Fournier and Eileen T. Westervelt (September 2005), pubblicato dal Centro di Ingegneria per la Ricerca e lo Sviluppo, a pag. 21 si legge “Risulta interessante il fatto che il radon presente nel carbone è responsabile di livelli di radiazioni, nel territorio intorno ad una centrale a carbone, superiori a quelli causati da una centrale nucleare”. Legambiente ha ricordato che le 12 centrali italiane che bruciano carbone contribuiscono solo per il 15% alla produzione elettrica nazionale, a fronte di oltre 44 milioni di tonnellate di CO2 (MtCO2), pari al 33% delle emissioni delle centrali termoelettriche (133 MtCO2) e al 7,5% del totale nazionale (583 MtCO2).

Un apporto, dunque, tutt’altro che irrilevante in un contesto di forte ritardo rispetto agli obblighi di riduzione (-6,5% entro il 2012 rispetto alle emissioni del 1990, di cui ad oggi si stima un +15%) . Questo a fronte ovviamente di tutte le rassicurazioni che erano state fatte, da parte di Enel e politici pro carbone, e all’accusa di farneticazione ed ecoterrorismo da parte di qualcuno verso gli allarmi lanciati nel corso di anni di tentativo di sensibilizzazione.

Peggio di così si può?

Qualche settimana fa è stato rilanciata l’idea di bruciare il cdr nella centrale di Civitavecchia, in questi giorni sta iniziando la campagna di informazione sul nucleare.

Al peggio non c’è mai fine.

Per vedere il video clicca qui: http://www.facebook.com/#!/video/video.php?v=123684351030610&comments

Ed ora leggetevi l' articolo di Simona Ricotti dei Nocoke di Civitavecchia che come al solito ringraziamo per la sensibilità l'umanità ed l'efficacia e pubblichiamo integralmente per "QUELLI CHE PROMUOVONO...........L'AMPLIAMENTO A CARBONE a Vado Ligure CONVINTI che PORTEREBBE MENO INQUINAMENTO!!!!!!"

Tratto da Noalcarbone

Civitavecchia, Alto Lazio: bilancio di una situazione critica

Pubblichiamo l'articolo di S. Ricotti "Perchè non va alterato il sistema ambientale", dal numero di Dicembre 2010 della rivista FuturaMente.

Civitavecchia, poco più di 50.000 abitanti, 71 Km2 di territorio.

Due centrali termoelettriche (ma fino a pochi anni fa erano tre) per un totale di 3500 MW di potenza installata, 110 Km di elettrodotti, un porto tra i più grandi del Mediterraneo, un cementificio, una boa petrolifera posta al largo del porto, sei depositi costieri per oli minerali di cui quattro sottoposti a direttiva Seveso, un centro chimico militare per lo smaltimento delle armi chimiche della prima guerra mondiale (in particolare iprite) e al cui interno vi è lo stoccaggio dell’arsenico utilizzato per inertizzare quest’ultime; due discariche per RSU in fase di post mortem, una in fase di esaurimento, due discariche per rifiuti speciali e pericolosi ed infine, a pochi Km di distanza, la centrale di Montalto di Castro, in odore di riconversione nucleare.

Un territorio dove il mare non è balneabile, se non per piccoli tratti, l’acqua è in deroga per superamento dei parametri di arsenico, fluoruro, vanadio e selenio da oltre tre anni, dove le percentuali di mortalità e morbilità per neoplasie all’apparato respiratorio, per leucemie e linfomi e quant’altro sono al di sopra delle medie regionali e nazionali e dove, a fronte del ricatto occupazionale utilizzato per sponsorizzare questi impianti veleniferi, la disoccupazione supera il 20 %.

Sono sufficienti questi pochi dati per comprendere quali siano le conseguenze del vivere nel raggio di azione di una servitù energetica e, nel contempo, come questa comunità, succube del ricatto occupazionale e considerata variabile dipendente dei bilanci aziendali delle varie lobby agenti sul territorio, prima fra tutte l’ENEL, sia condannata a logorarsi al proprio interno.

Narrare di Civitavecchia significa narrare la storia di una colonizzazione lunga anni, la storia di un territorio artatamente e metodicamente preparato ad essere aggredito, privato della sua anima e del suo futuro, inquinato nelle coscienze prima ancora che nelle sue risorse naturali, significa narrare dell’inerzia, quando non subalternità, delle istituzioni, Comune in testa, ma anche dell’intero ceto politico del comprensorio, che ha consentito che ciò avvenisse, abbagliato dai milioni di euro per compensazioni ambientali riversati nelle casse dei comuni.

Come un leitmotiv si sente ripetere che la politica si deve misurare con la vita reale dei cittadini.

Ebbene le vite reali e materiali dei cittadini in questo territorio, come in tanti altri, costituiscono la concretezza di quelle percentuali di mortalità e morbilità per tumore bronchiale e pleurico, per asme ed allergie, per insufficienza renale cronica etc…, aspetti sui quali è palesemente e colpevolmente lacunosa la Valutazione di Impatto Ambientale come dichiarato dal Ministero dell’Ambiente e da quello della Salute.

Le vite materiali sono quelle dei lavoratori del cantiere, quasi tutti precari, che, dopo il becero ricatto occupazionale usato per far digerire il progetto, come hanno a più riprese denunciato i Sindacati, sono stati costretti a ritmi di lavoro serrati e ad operare nella sovrapposizione di operazioni lavorative di diverso genere, pagando con decine d’infortuni, come quelli che sono costati la vita a Michele Cozzolino, ad Ivan Cuffary e a Sergio Capitani, la totale latitanza dell’Enel che, in qualità di committente, avrebbe dovuto invece garantire l’andamento in sicurezza dei lavori.

Vite materiali su cui, la riconversione a carbone falsamente definito “pulito”, riverserà tonnellate di veleni: basti sapere che ogni ora la centrale emetterà 6.300.000 mc di emissioni, per 17 ore al giorno e 6500 ore l’anno, che significheranno l’immissione nell’atmosfera di 3450 t/a di ossidi di azoto, 2100 t/a di anidride solforosa, 260 t/a di polveri, 24 t/a di metalli pesanti quali mercurio, vanadio, nichel, cadmio, cromo, ammoniaca etc (dati ENEL).

Una riconversione, quella a carbone, che ha contrapposto lavoratori e popolazione contraria, ed ha costituto, negli anni scorsi, il nodo della grave lacerazione del tessuto sociale di Civitavecchia che si ritrova solo quando, unita nel dolore, quando piange i propri figli, morti sul lavoro o per neoplasie di vario tipo.

Un territorio che, però, rischia di rimanere rinchiuso nel suo dolore e nelle sue contraddizioni; di non trovare più l’orgoglio di pretendere rispetto nemmeno quando deve salvaguardare i propri figli, accettando silente che, ad esempio, dopo l’altisonante annuncio del sindaco Moscherini della chiusura per quindici giorni dell’impianto di Torrevaldaliga Nord, a seguito della infortunio costato la vita a Sergio Capitani, il cantiere venisse riaperto dopo poco più di 72 ore, tempo certo non sufficiente né a verificare a fondo, né tantomeno a ristabilire le condizioni di sicurezza.

Gli occhi dei lavoratori velati di lacrime al funerale di Sergio, offuscati da rabbia mista a rassegnazione, narravano della loro paura/certezza che tutto sarebbe tornato, come è tornato, a girare come prima, in quel cantiere della morte e che le loro vite sarebbero continuate ad essere, come lo sono, sacrificabili sull’altare della ricerca smodata di profitto.

Dubbi non certo infondati visto il silenzio assordante delle istituzioni, primo fra tutti proprio il Comune di Civitavecchia, sulle tante irregolarità rilevate in quella centrale.

Nulla sulle reiterate denunce dei sindacati e dei lavoratori che, a più riprese, e da svariato tempo, avevano espresso le proprie preoccupazioni riguardo la sicurezza, legate ai serrati ritmi lavorativi imposti e alla sovrapposizione di operazioni lavorative di diverso genere, oltre al non controllo di maestranze fortemente variabili e precarizzate, nella totale latitanza dell’Enel che, in qualità di committente, avrebbe dovuto garantire l’andamento in sicurezza del cantiere.

Nulla sulle inquietanti nubi, a volte rosse a volte bianche, che si alzano dalla centrale e che Enel, con arroganza offensiva, si affretta ad assicurare essere composta, a seconda dei casi, di ruggine o vapore acqueo e comunque confinata (sic!) nell’area di cantiere, come se, peraltro fosse normale che cittadini e lavoratori del cantiere siano costretti a respirare aria satura di ruggine!

Nulla sul rumore sordo e continuo che da tutte le parti della città stanno lamentando.

Nulla sui cumuli di rifiuti pericolosi accatastati e forse interrati in aree non autorizzate, né sulla gestione e stoccaggio delle ceneri a cielo aperto (ma che il progetto prevede debbano essere trattate in impianti sigillati e depressurizzati); fatti denunciati dal Movimento con video consegnatigli in forma anonima, che hanno condotto la Procura della Repubblica a sequestrare diverse aree del cantiere e a richiedere il rinvio a giudizio di ben undici persone.

Nulla sulle diverse deroghe ai limiti emissivi e alla gestione dei materiali pulverulenti richieste da ENEL al Ministero dell’ambiente; deroghe, che è bene specificarlo, non costituiscono solo un fatto teorico ma un’ulteriore immissione d’inquinanti nell’atmosfera con relative ricadute sulla salute.

Nulla sulla mancata ottemperanza di buona parte delle prescrizioni disposte dal decreto di Valutazione d’Impatto Ambientale.

Nulla, infine, sul fatto che l’impianto di Torrevaldaliga Nord sia in esercizio dal 24 dicembre 2008 in assenza di autorizzazione, motivo per il quale, a seguito della denuncia del Movimento, è stato avviato un procedimento che ha condotto il procuratore Capo Gianfranco Amendola a richiedere il sequestro dell’impianto successivamente rigettato dal Giudice per le Indagini Preliminari Giorgianni e che, dopo una prima richiesta di archiviazione ed una nostra opposizione alla stessa, è ancora in itinere.

Fatti che pongono in evidenza come la scelta del carbone a Civitavecchia, rappresenti l'eccellenza di scelte dissennate, irrispettose delle esigenze dei territori, dei cittadini che li abitano e della stessa legalità. Scelte antistoriche, il cui fallimento è immortalato nell’immagine di un pianeta sull’orlo del collasso ambientale ed energetico, incapaci, per loro stessa natura, di sostenere nuove strategie economiche che sappiano affrontare il nodo improcrastinabile della via d’uscita dalla produzione energetica da combustibili fossili.

Scelte che, al contrario, necessiterebbero di grande determinazione e forte radicalità politica, tale da superare le resistenze culturali di uno scientismo funzionale all'attuale sistema, i vincoli e i ritardi legislativi costruiti a difesa della filiera energetica da fonti fossili e la volontà tutta politica di garantire e perpetuare il modello di sviluppo.


Il vero partito del “No” non sono i territori che si contrappongono a scelte dissennate, ma il partito trasversale della “rinuncia”: la rinuncia a contrapporsi al pensiero dominante neoliberista e sviluppista, antidemocratico per definizione, vera causa della sofferenza di 4/5 dell’umanità e del processo galoppante di espulsione della nostra specie dal pianeta; quel partito che rinuncia a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici e l’avvelenamento della terra per garantire una speranza di futuro.

A Civitavecchia come altrove.

Simona Ricotti


Movimento No Coke Alto Lazio

29 dicembre 2010

1)Ca' del Bue, il comitato attacca:In giudizio contro le omissioni 2)Ritorna l'allarme diossina a Taranto

Tratto da l'Arena

Ca' del Bue, il comitato attacca:In giudizio contro le omissioni

Zevio. «Se gli attuali tentativi di bloccare l'avvio del termovalorizzatore di Ca' del Bue dovessero risultare vani, a tempo debito il Coordinamento dei comitati contro l'inceneritore si costituirà parte civile contro i responsabili che non hanno tutelato il bene Comune». Il severo monito è stato inviato, nero su bianco, al presidente della Regione, Luca Zaia, dal Coordinamento dei comitati contro Ca' del Bue presieduto da Leonardo Bray. Un'ulteriore fiammata contro il temuto «bruciarifiuti» avversato da una pletora di associazioni ecologiste e dai Comuni contigui di San Giovanni Lupatoto, San Martino Buon Albergo e Zevio.
La missiva è stata inviata anche al presidente della Provincia Giovanni Miozzi, al procuratore Mario Giulio Schinaia, al sindaco di Verona Flavio Tosi e al vescovo Giuseppe Zenti. La preoccupazione del Coordinamento costituitosi con atto notarile è sempre quella: che il funzionamento dell'inceneritore determini possibili effetti negativi sulla salute dei cittadini e dell'ambiente.
Nel documento Bray sottolinea il vasto consenso riscosso dalla manifestazione di ottobre a Verona con sindaci, associazioni e cittadini: «Ha ricordato come la salute non sia un bene da barattare». Secondo il Coordinamento la temuta apertura di Ca' del Bue sarebbe poi in contrasto con la chiusura di altri impianti del genere e il «porta a porta» adottato da numerosi Comuni nella raccolta delle immondizie, «che ha sensibilmente ridotto i volumi recuperando risorse economiche dal pattume». Per Bray sarebbero molti gli studi scientifici, anche europei, che porrebbero in evidenza effetti sulla salute causati dagli inceneritori, in primis il Rapporto della società britannica di medicina ecologica e il convegno di Forlì del 2007. Stando a questi studi, in sostanza, gli inceneritori di ultima generazione funzionanti ad alte temperature immetterebbero nell'ambiente polveri finissime, «rischio sanitario ben più grave del Pm 10». Altra presunta controindicazione: «Gli inceneritori emettono centinaia di sostanze di cui è sconosciuto l'impatto sulla salute. Così come non risultano ancora indagati gli effetti sinergici dei vari inquinanti», ovvero ciò che può determinare la somma di queste materie.
La presa di posizione del Coordinameto punta quindi dritto sull'ambiente e sull'economia contadina: «Un decreto legislativo stabilisce inidonee a ospitare inceneritori le zone agricole caratterizzate per qualità e tipicità dei prodotti». Ciò premesso per l'agricoltura veronese il Coordinamento teme guai: «L'inceneritore potrebbe abbattersi come uno tsunami sui nostri campi ad alta specializzazione e sulla zootecnia». I 750 mila euro concessi dalla Regione per forestare intorno a Ca' del Bue Bray li liquida così: «Un palliativo, oltre che uno spreco di denaro».
La missiva a Zaia prosegue citando polemicamente le conclusioni di uno studio pubblicizzato dal sindaco Tosi quando ricoprì il ruolo di assessore regionale alla Sanità. All'epoca Tosi, «data la correlazione tra patologie respiratorie e asmatiche e la presenza nell'aria di inquinanti, sottolineò la necessità di interventi a livello legislativo per incedere in maniera non spot sulle emissioni degli inceneritori di vecchia generazione. Mentre per gli impianti con filtri e tecnologie più moderne lo stesso studio verificò che i più alti livelli emissivi erano quelli da rifiuti urbani, con rischio di ammalarsi di sarcoma correlato a durata e intensità dell'esposizione». Il Coordinamento chiude auspicando da parte di Zaia «comprensione e determinazione nel farsi carico del problema, anche per l'incarico di ministro dell'Agricoltura svolto prima di diventare governatore del Veneto».

Piero Taddei
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Altre centinaia di pecore contaminate: domani saranno abbattute

Ritorna l'allarme diossina a Taranto

PeaceLink: "Chi ha inquinato paghi, si bonifichi il terreno". La diossina è un inquinante persistente che si accumula nel tempo nei terreni e nell'organismo. L'emergenza non è pertanto superata.
28 dicembre 2010 - Associazione PeaceLink

Taranto, ritorna l'allarme diossina.

Domani mattina centinaia di pecore saranno infatti abbattute in altre masserie.

Nelle loro carni sono state riscontrate concentrazioni di diossina superiori ai limiti di legge.

Le pecore sono di due allevamenti. Il primo è di 550 capi ed è situato presso la Salina Grande, tra Taranto e Talsano. Il secondo è di oltre 100 capi ed è sulla Circummarpiccolo.

PeaceLink esprime solidarietà verso gli allevatori. Essi sono le vittime, assieme a tutti noi, di chi ha in questi anni inquinato il territorio. La magistratura ha il compito di fare giustizia e di ristabilire il principio che “chi inquina paga”. Nel frattempo occorre premere sui parlamentari perché approvino il progetto di legge di indennizzo degli allevatori, sull'esempio di quanto è avvenuto in Campania con l'emergenza “mozzarella di bufala”, in attesa che la magistratura faccia il suo corso.

PeaceLink esprime apprezzamento per il lavoro fin qui svolto dal Dipartimento di Prevenzione della ASL di Taranto che, con pazienza e perseveranza, ha svolto un controllo minuzioso, nonostante tutte le difficoltà incontrare.

La ASL e la Regione Puglia hanno tenuto conto delle osservazioni da noi avanzate. Infatti avevamo ipotizzato che vi potessero essere animali il cui latte fosse a norma e la cui carne superasse i valori di legge. E così è stato. ....

La contaminazione dei terreni persiste. E non è finita con l'abbattimento delle 1200 pecore dell'11 dicembre 2008 né con la legge antidiossina, che ha potuto solo limitare l'inquinamento ma non risanare il territorio contaminato. Infatti la diossina è un inquinante persistente che si accumula nel tempo nei terreni e nell'organismo. L'emergenza non è pertanto superata. Va tenuta sotto controllo, senza ritenere superficialmente che il peggio sia alle nostre spalle. Come dimostrano le pecore che domani saranno abbattute, la contaminazione è in atto. Occorre una bonifica dei terreni.

PeaceLink in questi giorni ha contattato la Regione perché venga attivato il campionamento in continuo sul camino E312 dell'Ilva, così come previsto dall'articolo 3 della legge regionale antidiossina. Il Presidente della Regione Nichi Vendola nella trasmissione “Le Iene” si è impegnato a verificare che l'Ilva “certifichi in continuo” la diossina sotto il livello di 0,4 nanogrammi a metro cubo fissato dalla legge regionale. Attendiamo che l'impegno sia mantenuto.

leggi l'articolo integrale

28 dicembre 2010

ILVA ,RIVA QUERELA Fabio Matacchiera:Altamarea solidarizza con Matacchiera e contrattacca

Tratto dal "Blog del Comitato per Taranto"

Riva ha la querela facile. Ma non ci fa paura!

Esprimiamo solidarietà a Fabio Matacchiera, querelato dall'Ilva.

Riteniamo che l'azienda debba confrontarsi con i cittadini preoccupati per le emissioni, anziché querelarli. Se ha dati, l'Ilva smentisca le immagini notturne messe su Youtube da Fabio Matacchiera.

Noi vogliamo continuare la lotta per la difesa dell'ambiente e della salute. Temiamo gli effetti della diossina, dal benzo(a)pirene e di tutti gli altri veleni che entrano quotidianamente in contatto con i lavoratori e i cittadini.

Ci uniamo contro gli inquinatori e nessuno ci fermerà perché la Costituzione tutela la salute come diritto fondamentale dell'uomo.





Tratto da Peacelink

Altamarea solidarizza con Matacchiera e contrattacca


Tutti sanno che Fabio si batte da tempo per il grande obiettivo di rendere Taranto di nuovo vivibile, senza gli inquinanti che attentano alla salute di tutti. Anche noi, come Matacchiera, non ci faremo intimidire da un gruppo così potente
25 dicembre 2010 - Altamarea (Coordinamento di cittadini e associazioni)

In AltaMarea non tutti conoscono personalmente Fabio Matacchiera.
Tutti, però, sanno che si batte da tempo per il grande obiettivo di rendere Taranto di nuovo vivibile, senza gli inquinanti che attentano alla salute di tutti. Tale obiettivo è anche il nostro seppur perseguito con differenti modalità ed approccio.

Nel momento dell'indecente attacco a Fabio Matacchiera da parte del comune avversario, le differenze tra di noi non contano.

Conta la solidarietà e il sostegno che unitariamente gli diamo.

Anche noi, come Matacchiera, non ci faremo intimidire da un gruppo potente che gode di alleati ancora più potenti che, al colmo dell'arroganza, arrivano addirittura ad annullare norme che mettono alle strette quel gruppo.

Con l'Ilva ormai siamo allo scontro finale: è proprio di questi giorni la notizia che il giorno 11 febbraio 2011 al Ministero dell'ambiente ci sarà la Conferenza dei servizi per l'Autorizzazione Integrata Ambientale allo stabilimento Ilva di Taranto.

Studieremo il parere espresso dopo tre anni di ripensamenti vari dalla commissione IPPC e controlleremo in particolare se sono state rispettate le fondamentali indicazioni date da noi in qualità di "pubblico interessato", a suo tempo condivise e sottoscritte ufficialmente dai Sindaci di Taranto e di Statte e da 63 organizzazioni locali e pubblicate sul sito del Ministero.

Alla citata Conferenza dei Servizi Altamarea ci sarà e verificherà se le Istituzioni nazionali, regionali e locali staranno dalla parte dei cittadini di Taranto e provincia o contro di loro.
Dal comportamento delle Istituzioni deriveranno le nostre azioni future che, ne siamo certi, ci vedranno uniti, come in questo momento siamo uniti e solidali con Fabio Matacchiera.

A Fabio Matacchiera va la soldarietà ed il sostegno degli amici e colleghi di AltaMarea.


1)Enel, l'invito di Calogero ai pm: "Andare avanti con l’inchiesta"2)Verità in fumo: inceneritori che inquinano meno di un caminetto......

Tratto da Il Corriere del Veneto

Enel, l'invito di Calogero ai pm: "Andare avanti con l’inchiesta"

Il procuratore generale: certo della loro rettitudine

ROVIGO
Dario Curtarello e Manuela Fasolato possono andare avanti con la loro inchiesta sulla conversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle. Lo afferma Pietro Calogero, procuratore generale presso la Corte d’Appello di Venezia che rappresenta l’intero ufficio requirente del distretto. I due magistrati rodigini, finiti sotto azione disciplinare da parte del Guardasigilli Angelino Alfano, si erano rivolti a Calogero con un semplice quesito. Ovvero se potevano continuare l’inchiesta o se, per ragioni di opportunità e compatibilità, non era il caso di affidarla a un altro pm della Procura di Rovigo. Nella sua risposta, il Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Venezia non lascia spazio a dubbi. "L’esercizio indipendente e imparziale della giurisdizione - scrive Calogero - non può subire deroghe o limitazioni se non nei soli casi e modi previsti dalla legge. L’esistenza di un’incolpazione disciplinare non integra alcuno dei casi suddetti".

Ma Calogero va anche oltre: "C’è la conoscenza diretta, da parte dello scrivente, della rettitudine e indipendenza dei due magistrati". Che per Curtarello e Fasolato la risposta ottenuta sia un bel viatico, non c’è alcun dubbio. Infatti i due sostituti procuratori devono rispondere di tre contestazioni mosse dal ministro di Grazia e Giustizia. La prima, nei confronti della sola Fasolato, è di essersi occupata dell’inchiesta dall’ottobre 2007 al luglio 2009 «nonostante l’esonero totale in quanto componente della commissione esaminatrice nell’ambito del concorso per 350 posti di uditore giudiziario a Roma». La seconda riguarda lo scambio di corrispondenza sulla conversione a carbone tra la Procura rodigina e i soggetti deputati a decidere sulla fattibilità o meno del progetto Enel. Ovvero il Ministero dell’Ambiente, la Commissione tecnica per la Valutazione di impatto ambientale e la Direzione generale salvaguardia dello stesso dicastero e lo stesso colosso energetico. La terza ipotizza una sorta di «processo di intenzioni» da parte della Procura rodigina alla conversione di Porto Tolle, per un supposto inquinamento ambientale che verrà a determinare. Un elemento, quest’ultimo, che secondo Alfano è tutto ancora da dimostrare. Ora sarà il Procuratore generale in Cassazione a decidere se accogliere la richiesta del ministro di Grazia e Giustizia, o se archiviare.

L’inchiesta di Curtarello e Fasolato è partita nel 2007 contro ignoti per l’ipotesi prevista dall’articolo 437 del codice penale, ovvero «Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro». Poi si è allargata.....Leggi l'articolo integrale

Antonio Andreotti
27 dicembre 2010

Tratto da Il cambiamento.it

la verità sugli inceneritori

Verità in fumo: inceneritori che inquinano meno di un caminetto......

Vi proponiamo le riflessioni di Roberto Pirani in merito a uno studio del Politecnico di Milano secondo il quale "la concentrazione di polveri ultrafini nelle emissioni degli inceneritori di ultima generazione è inferiore rispetto a quella del fumo di un caminetto".

Il 2 dicembre scorso la versione online della rivista La Nuova Ecologia ha pubblicato un articolo intitolato 'Dai termovalorizzatori meno polveri di un camino' basato su uno studio di un gruppo di ricerca del Politecnico di Milano attivo anche nel campo della consulenza nel settore dell'incenerimento.

In riferimento a questo articolo si può intanto rilevare che non è firmato, forse perché rilancia acriticamente tesi del tutto discutibili. Una slide da Convegno illustra gli sconcertanti dati sanitari (e si tratta solo di alcuni tra studi condotti in Italia) di cui i proponenti degli impianti di incenerimento – apparentemente - non conoscono l'esistenza.

L'enormità di questo assunto: (secondo uno studio del Politecnico di Milano) "la concentrazione di polveri ultrafini nelle emissioni degli inceneritori di ultima generazione è inferiore rispetto a quella del fumo di un caminetto" è tale che non è necessario rispondere, stante la differenza del combustibile preso in esame.

Mesi fa l'International society of doctor for environment (ISDE) ha anche denunciato la manipolazione di studi scientifici nella traduzione dall'inglese all'italiano, per asserire una falsa innocuità degli inceneritori col fine di dare il via ai 4 inceneritori in Sicilia poi cassati per molteplici illegittimità amministrative e procedurali.

L'ISDE e i suoi esponenti sono in grado di dimostrare che le polveri micro e nanometriche sono patogene. Sulle evidenze mai considerate negli studi pro-incenerimento, a prescindere dalle emissioni, si segnala questo sconcertante documento: La favola dell'inceneritore che elimina la discarica.

Nel 2003 all'inceneritore di Brescia vengono conferite 552.138 tonnellate di rifiuti, (rsu: 401.167 t; rifiuti speciali: 27.839 t; biomasse: 121.325 t) la cui combustione genera il seguente risultato:

- scorie: 124.546 t (destinazione: discarica);

- polveri: 28.286 t (destinazione: trattamento rifiuti speciali).

Ovvero: su 550mila tonnellate di rifiuti bruciati, 150mila (poco meno di un terzo) è il prodotto (tossico) che va a finire in discarica (Fonte: Osservatorio sul 'termovalorizzatore' di Brescia)

Questa è la quantità lavorata negli impianti di incenerimento. Asserire che i limiti di legge a metro cubo siano un parametro di sicurezza valido, nasconde come gli inceneritori lavorino in continuo per 250 giorni all'anno minimo.

Un inceneritore funziona 24 ore al giorno e la concentrazione tossica nei milioni di metri cubi che escono da un inceneritore è a dir poco spaventosa.

A tal proposito alleghiamo un documento sui Composti identificati nelle emissioni gassose di un impianto di incenerimento di rifiuti solidi urbani, relativo agli inquinanti organici rilevati.

Altro particolare non trascurabile da segnalare rispetto a questo articolo de La nuova ecologia: il 'termovalorizzatore' non esiste. A termini di legge, evitando parole fuorvianti o fantasiose, questi impianti si chiamano "inceneritore" (anche detto Azienda insalubre di classe I, il riferimento è al Decreto Ministeriale del 05/09/1994. Elenco delle industrie insalubri di cui all'art. 216 del testo unico delle leggi sanitarie. Emanato dal Ministro della Sanità e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Suppl. Ordin. n° 220 del 20/09/1994).

Avviandoci alla conclusione, una replica sul perché questo articolo de La nuova ecologia risulta a-scientifico, in due slide da convegno diffuse sempre dall'ISDE:

1) La OMS, con un comunicato emesso il 14 Aprile 2005, dichiara che non esiste livello accettabile di sicurezza per il PM2,5 e ciò contrasta con l'attuale ASSENZA di limiti di legge. Sempre l’OMS ha calcolato che queste polveri possono percorrere 300 km in 12 ore. (Se un inquinante non viene ricercato, l'aria risulterà 'pulita' ma a livello sanitario questo dato non ha alcun valore)

2) L’autorevolissima testimonianza del Prof. Maltoni al processo di Marghera, 11 aprile del 2000: “Bisogna fare distinzione fra la soglia decisa come socialmente accettabile e la soglia biologica. Mentre la soglia accettabile viene quantificata sulla base di logiche che sono in parte scientifiche in parte economiche e politiche, la soglia biologica è un'altra cosa e si basa solo sui dati sperimentali. E per i dati sperimentali ogni cancerologo che abbia studiato questi problemi sa che NON ESISTE una soglia limite”. (Questi 'limiti' poi sono tarati su individui adulti, mentre andrebbero posti a difesa dei più deboli: i bambini, che nell'età dello sviluppo sono più fragili degli individui adulti).

L'analisi Il diavolo brucia - di un medico pediatra di stimata professionalità, Ernesto Burgio, anche esso dell'ISDE - completa quello che esce dalle 'magic box', in realtà archeologia industriale nel mondo occidentale.

La legittimità degli ingegneri nel trattare dati sanitari e dare patenti di innocuità agli inceneritori è del tutto discutibile, come si vede, carte alla mano.

L'intero ordine dei medici FRANCESE chiede al proprio governo di non permettere più la costruzione di altri inceneritori, e individua le alternative.

Se la politica invece di ascoltare i proponenti degli impianti ascoltasse i medici, determinate scelte discrezionali compiute abusando degli incentivi occulti via Enel finirebbero del tutto.

Gli inceneritori non servono a trattare rifiuti, ma ad accumulare profitti privati con denaro pubblico.

Se gli estensori di questo studio del Politecnico lo desiderano e sono in grado di dimostrare la validità dei loro assunti, dovrebbero finalmente accettare un confronto di merito coi medici dell'ISDE. Confronto che in tutti questi anni non è mai avvenuto.

Leggi anche: VADO LIGURE, LA CENTRALE A CARBONE COSTA MILIONI DI EURO E MIGLIAIA DI VITE

26 dicembre 2010

1)L’anno nero del carbone Usa 2)Fumata natalizia.........e Pensieri di Natale.

Tratto da Greenreport

Negli Usa il carbone non tira più. Nel 2010 chiuse centrali per 12.000 MW

LIVORNO. Sierra Club, la più grande associazione ambientalista Usa, ha pubblicato il suo Outlook Dimmed for Coal 2010, il rapporto di fine anno sull'industria del carbone statunitense, che conferma che «Le prospettive per il carbone nel 2010 hanno continuato ad essere deboli, decine di proposte di nuovi impianti a carbone sono state ritirate dal tavolo e le utilities hanno annunciato il pensionamento di centrali a carbone per 12.000 MW. Mentre la legislazione federale sul clima ha avuto una fase di stallo al Congresso nel 2010, le città e gli Stati hanno preso l'iniziativa per frenare l'inquinamento pericoloso delle Big Coal e stiamo lavorando per porre fine alla morsa del carbone sulla nostra economia».

Ecco i numeri del 2010 per gli Usa:

0 nuove centrali a carbone hanno iniziato ad essere costruite;

38 nuovi progetti di impianti a carbone sono stati abbandonate o bocciati;

48 centrali a carbone per le quali è stata annunciata la chiusura (12.000 MW); 256.000 persone hanno chiesto una più forte protezione dalle ceneri tossiche del carbone (le scorie minerarie);

109 milioni di tonnellate di inquinamento da CO2 evitate;

2,6 miliardi dollari in benefici economici diretti ottenuti da impianti solari domestici.

Secondo Mary Anne Hitt, direttrice della campagna "Beyond Coal" di Sierra Club, «Il carbone è un combustibile del passato. Quello che stiamo vedendo ora è l'inizio della crescente tendenza a lasciarlo lì dove sta. E' chiaro che la via da seguire per l'America è quella dell'energia pulita e delle rinnovabili ed è quello in cui un numero crescente di utilities, sviluppatori, Stati e comunità stanno facendo i loro investimenti». Gli ambientalisti dicono che tutta la filiera del carbone, dalla miniera, alla centrale, allo smaltimento delle scorie, non è regolamentata. Nel 2010 le proteste sono riuscite a bloccare la maggior parte dei nuovi permessi di rimozione di intere aree montane per estrarre carbone, e l'Epa, l'agenzia federale per l'ambiente, sta determinando se soddisfano i sui clean water protection standards. L'Epa ha anche chiesto di mettere il veto su una delle più grandi miniere mai proposte: Spruce mine in West Virginia.

Per Sierra Club per tutti i progetti di miniere sarà anche più difficile ottenere finanziamenti, «Ora che Pnc ed Ubs, i più grandi finanziatori del mountaintop removal mining, si sono uniti al crescente elenco di banche che attuano politiche pubbliche che limitano i loro rapporti finanziari con gli operatori che scavano il carbone all'aria aperta nelle montagne».

La corsa a costruire nuove centrali a carbone sta rallentando. Un trend iniziato nel 2001, quando è svanito il progetto di costruire più di 150 nuove centrali elettriche a carbone negli Usa. «L'opposizione dei cittadini, l'aumento dei costi e una maggiore responsabilizzazione hanno cancellato 149 di queste centrali a carbone proposte - sottolinea il rapporto - Dall' ottobre 2008, negli Stati Uniti non è iniziata la costruzione di un solo nuovo impianto a carbone negli Stati Uniti, e l'Energy Information Agency non ha attualmente nuovi progetti e nessuna nuova centrale a carbone sarà costruita fino al 2011 senza incentivi significativi».

Le preoccupazioni dell'opinione pubblica per la salute e il futuro dell'economia statunitense che le centrali a carbone sta portando un numero senza precedenti di utility Usa a chiudere gli impianti più sporchi ed obsoleti.Le 500 centrali a carbone esistenti negli Usa sono responsabili della maggior parte dell'inquinamento atmosferico, che rende pericolosa l'aria in molte aree urbane, e che contribuisce anche alla morte 24.000 americani ogni anno.

Oltre alla chiusura record di impianti per 12.000 MW di centrali elettriche a carbone, sono annunciate altre chiusure in Oregon, Arizona, Utah e Colorado, il che comporterà il ritiro di quasi il 10% dell'intera parco delle centrali a carbone nel West Usa.

La maggior parte delle centrali a carbone Usa sono state costruite prima del 1980, e in molti casi mancano moderni controlli dell'inquinamento e gli ambientalisti chiedono norme più severe.

«Il movimento di base continua a crescere e quest'anno abbiamo raggiunto il punto di non ritorno, costringendo l'industria del carbone, non solo a restare sul loro territorio, ma a cedere alle fonti energetiche più pulite - dice Verena Owen, leader dei volontari di "Beyond carbon" - L'uscita dal carbone obsoleto e sporco ha creato un enorme varco in cui è saltata l'energia pulita e sostenibile. Diversi progetti su larga scala di 'energia pulita sono stati annunciati quest'anno, creando nuovi posti di lavoro necessari e rafforzando l'economia».

Una "febbre" che ha contagiato anche le università: più di 50 campus si stanno organizzando per utilizzare energia pulita ed andare oltre il carbone. Proprio quest'anno le università di North Carolina, Illinois, Western Kentucky, Cornell e Louisvillehanno assunto impegni carbon-free.

coal in your stockingTratto da La Repubblica
Di valerio Gualerzi

L’anno nero del carbone Usa

L’anno che si avvia a finire almeno una buona notizia ce l’ha regalata: negli Stati Uniti, la potenza che meno di ogni altra si sta impegnando sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici, il carbone perde colpi. Grist.org, il sito di riferimento dell’informazione ambientalista americana,segnala l’evento con evidenza tra le note liete di “un anno duro”.

Le cifre parlano chiaro. Numero di nuove centrali a carbone costruite o iniziate a costruire nel corso del 2010: 0; numero di progetti di centrali a carbone annullati o messi da parte nel corso del 2010: 38;numero di centrali a carbone che hanno smesso di operare nel 2010: 48, per un totale di 12.000 megawatt di potenza.

Dei tempi duri che sta vivendo il carbone in America oltre alla stampa anglosassone si è occupato qualche tempo fa anche il sito Qualenergia citando gli ultimi rapporti pubblicati sull’argomento con le previsioni delle ulteriori chiusure preventivabili nei prossimi mesi sulla scia del giro di vite sulle emissioni atteso da parte dell’Epa, l’Agenzia per l’ambiente statunitense. Stando ad alcune proiezioni realizzate da società di analisi dei mercati, entro il 2015 negli Stati Uniti potrebbero essere fermate centrali a carbone per una potenza complessiva compresa tra i 30 e i 70 GW.

Se il 2010 è stata un’annataccia, il 2011 per il carbone potrebbe infatti essere persino peggio. Il via libera alle attese nuove regole in materia di emissioni è arrivato dall’amministrazione Obama proprio ieri.”Minacciata di essere trascinata in giudizio dai ricorsi delle associazioni ambientaliste –scrive il New York Times – la Casa Bianca ha accettato di dare il via a un nuovo round di limitazioni nelle emissioni di gas serra prodotte da centrali elettriche e raffinerie”. Il provvedimento, sottolinea ancora il quotidiano, agisce attraverso una disposizione del Clean Air Act che prevede la possibilità per l’Epa di efettuare controlli sia sugli impianti nuovi che su quelli già funzionanti e segnala l’intenzione dell’Amministrazione di perseguire politiche di contrasto ai cambiamenti climatici malgrado il Climate Bill sia fermo al Senato e l’atteggiamento sempre più ostile in materia creatosi in parlamento dopo la vittoria dei repubblicani nelle elezioni di mid-term.

L’Epa fisserà i nuovi standard per le emissioni di centrali elettriche e raffinerie (responsabili di circa il 40% dell’anidride carbonica prodotta negli Stati Uniti) a partire dal 2012. “Stiamo portando avanti il nostro impegno nel procedere lungo una strada misurata e attenta per ridurre l’inquinamento da gas serra che minaccia la salute e il benessere degli americani e contribuisce ai cambiamenti climatici”, ha dichiarato il capo dell’Agenzia Lisa Jackson.

In questo contesto appare sempre più sconcertante che qui da noi gli investimenti Enel (da Torre Valdaliga a Porto Tolle, da Saline a Rossano) puntino invece ancora in maniera così massiccia su questa risorsa preistorica e micidiale per gli equilibri del clima. Stando a un report di Greenpeace e Banca Etica nel 2009 meno dell’1% sul totale della capacità installata dall’azienda elettrica è stata impiegata in nuove rinnovabili (esclusi quindi idroelettrico e geotermico).

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Fumata natalizia.........



Cartoline natalizie da Valleggia ,con infiniti auguri.........di Buon Natale.

E ......per noi un grande rammarico:che Gli Stati Uniti siano Ambientalmente più AVANTI ..... __
_Dall' ottobre 2008, negli Stati Uniti non è iniziata la costruzione di un solo nuovo impianto a carbone, da noi in Italia purtroppo ne stanno deliberando parecchi........e per noi a VADO L- QUILIANO è in programma un ulteriore potenziamento sempre a carbone.......
Le preoccupazioni dell'opinione pubblica per la salute e il futuro ...non sono tenute in molta considerazione............
Anche noi chiediamo norme più severe .......ma INVANO.
In italia GIRA UN'ALTRA ARIA.PURTROPPO .
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Tratto da Savona e ponente
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Pensieri di Natale

C’è chi a Natale pensa solo a riempirsi la pancia e c’è chi, invece, continua a pensare a come salvare questa provincia da un’industria sempre più inquinante e da una politica sempre più asservita a quella stessa industria.
Il Dottor Paolo Franceschi, pneumologo, che vive ogni giorno la realtà del carbone sulla pelle delle persone che cura, lancia una lucida accusa a questa politica.Leggila su Savona e ponente