Tratto da Ecologiae
Rinnovabili mettono a rischio i grandi impianti elettrici
Le
classi dirigenti italiane, ed in particolare quella precedente a questo
Governo, si sono sempre lamentate che non avendo l’Italia a
disposizione sul proprio territorio petrolio, carbone, gas
o altri combustibili fossili, era costretta ad acquistarli dall’estero,
con impatto pesante sulla nostra economia. La soluzione per alcuni di
loro era il nucleare, per fortuna gli italiani, che si dimostrano sempre più furbi dei loro governanti, hanno preferito le rinnovabili. Ed un importante risultato è stato raggiunto.
Secondo l’ultimo rapporto di Legambiente circa un quarto (26,6%) dell’elettricità nazionale è fornita dall’idroelettrico, eolico, solare e geotermico.
Numeri senza dubbio importanti, in particolar modo se consideriamo che
specialmente per il solare si tratta di piccoli impianti domestici che
coprono il fabbisogno di una famiglia e rimettono in rete l’elettricità
in eccesso. Tutto questo ha portato ad una sola conseguenza: le grandi centrali elettriche lavorano di meno.
Non siamo vicini all’estinzione delle centrali termoelettriche, magari,
ma ai vertici delle loro holding comincia a serpeggiare il malumore.
A lamentarsi più di tutti è Paolo Andrea Colombo, presidente di Enel,
che spiega come una centrale per essere redditizia ha bisogno di
lavorare circa 5 mila ore l’anno, ma con l’avvento delle rinnovabili non
arriva nemmeno a tremila. La notizia, secondo lui, è negativa perché si
rischia di far chiudere le centrali. Ma non era proprio a questo che
puntavamo? Non era proprio all’autosufficienza energetica
che l’Italia puntava? Non è meglio avere tante piccole minicentrali
rinnovabili che una grande centrale inquinante che per funzionare fa
gravare sul portafoglio dei cittadini il costo dell’importazione di gas o
petrolio? Ogni inverno viviamo in prima persona la battaglia tra Russia
e Ucraina sulle forniture di gas. Non è meglio ora che si abbassa la
richiesta?