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31 maggio 2019

La causa dell’inquinamento atmosferico siamo anche noi

Tratto da I404

La causa dell’inquinamento atmosferico siamo noi

L' inquinamento atmosferico può sembrare una cosa complessa. Lo è. Ma è anche vero che possiamo fare la nostra parte, comprendendo innanzitutto, cosa lo causa.
Perché l’aria che respiriamo ci sta uccidendo.
Nel perseguire ricchezza, guadagno, agio, ignoriamo i limiti fisici dell’aria, degli oceani, delle foreste, rappresentando la principale causa dei nostri problemi.
Il 95% della popolazione umana respira aria inquinata.
Causando all’economia globale $ 5 trilioni ogni anno in costi di welfare.
E le 5 principali fonti di inquinamento atmosferico sono derivate dalle attività umane: l’agricoltura, combustibili domestici, l’industria, i trasporti e i rifiuti.

Inquinamento atmosferico causato dall’agricoltura.

Le mucche producono metano e ammoniaca. E poi c’è la combustione di rifiuti agricoli.
Il metano è un gas di riscaldamento globale che ha un impatto di 34 volte maggiore al biossido di carbonio, in un periodo di 100 anni. Le sue emissioni contribuiscono all’ozono a livello del suolo e causa asma ed altre malattie respiratorie......

Inquinamento atmosferico causato da inquinamento domestico.

La combustione interna di combustibili fossili, legno e altri combustibili a base di biomassa per cucinare, riscaldare, illuminare, è la principale fonte di inquinamento domestico.
Nonostante sia aumentata la percentuale di famiglie che hanno accesso a combustibili più puliti, nel mondo 3 miliardi di persone continuano ad utilizzare combustibili solidi e fuochi aperti per cucinare, illuminare, riscaldare. Purtroppo, ogni anno, sono circa 3,8 milioni le morti premature causate da inquinamento atmosferico indoor. Principalmente nei paesi in via di sviluppo.
L’obiettivo 7 dell’Agenda 2030 punta ad un’energia pulita ed accessibile, mirando a implementare strutture ed accessi a servizi energetici sostenibili, aumentando considerevolmente la quota delle energie rinnovabili.

Inquinamento atmosferico causato dall’industria.

Centrali elettriche a combustione di carbone per produrre energia, generatori diesel, processi industriali, impiego di solventi nelle industrie chimiche e minerarie, sono tutte fonti di inquinamento atmosferico. Programmi e politiche votate ad incentivare l’efficienza energetica hanno notevole impatto sulla qualità dell’aria del paese e del mondo.

Inquinamento atmosferico causato dai trasporti.

I trasporti rappresentano quasi un quarto delle emissioni di carbonio legate all’energia. Le emissioni dei trasporti sono state collegate a 400.000 morti premature, di cui quasi la metà è causato dalle emissioni di gasolio.
Le persone che vicino vicino alle arterie di traffico hanno il 12% in più di avere una diagnosi di demenza.
È ovvio come una politica per l’adozione di carburanti più puliti, il favoreggiamento dell’uso della bicicletta, anche per iniziative commerciali, come le cargo bike per le consegne nei centri urbani, l’implementazione dell’utilizzo di mezzi pubblici, anche con soluzioni di smart working, possano favorire il benessere e la salute personale e collettiva.
L’Ue ha fissato l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra nel 2020, ma lo sta ancora superando.

Inquinamento atmosferico causato dai rifiuti.

Le discariche rilasciano diossine nocive, metano, carbone nero nell’atmosfera.
Ancora oggi si stima che il 40% dei rifiuti nel mondo viene bruciato. Il problema non è solo nei paesi in via di sviluppo o nelle regioni di urbanizzazione dove è più grave. La combustione di rifiuti agricoli e urbani viene praticata in 166 paesi di 193.
Cosa puoi fare tu? Ridurre gli sprechi, separare i rifiuti, riciclare.

Inquinamento atmosferico che non deriva da attività umane.

Eruzioni vulcaniche e tempeste di sabbia sono piuttosto problematiche. Le particelle di polveri possono viaggiare per migliaia di chilometri sul dorso di queste tempeste trasportando agenti patogeni e nocivi.
Ma se per l’inquinamento che non dipende dall’uomo possiamo avere minore impatto come individui, il nostro agire può invece fare molto sulle principali cause di inquinamento.

29 maggio 2019

Le proposte ISDE per l’Europa, ambiente e salute priorità assoluta del prossimo Parlamento Europeo




Interessante articolo tratto da Isde 

“Ambiente e salute per l’Europa dei diritti umani” il contributo di ISDE per tutti i candidati italiani alle prossime elezioni europee

I cambiamenti climatici sono ormai un dato incontrovertibile, insieme alle sempre più evidenti conseguenze negative che essi determinano sull’ambiente, la salute delle persone e il fenomeno delle migrazioni, mentre il tempo per interventi, azioni e politiche di mitigazione si va riducendo sempre più.
L’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente- ISDE ha elaborato un documento “Ambiente e salute per l’Europa dei diritti umani” in vista delle prossime elezioni europee del 26 maggio.
Il documento vuole essere un contributo per tutti i candidati italiani alle elezioni a favore dell’ambiente e della salute che dovrebbe guidare l’azione politico-istituzionale del Parlamento Europeo nel prossimo quinquennio.
Cliccando QUA puoi scaricare la versione completa del documento.
Cliccando QUA puoi scaricare la versione ridotta del documento.

Greenreport:Basta sussidi ai combustibili fossili e al denaro dei contribuenti usato per distruggere il mondo

Tratto da Greenreport 

Basta sussidi ai combustibili fossili e al denaro dei contribuenti usato per distruggere il mondo

Guterres, Greta e Schwarzenegger:: tassare l’inquinamento, non le persone

La R20 Coalition (Regions of Climate Action), che è stata fondata nel 2011 dall’ex governatore repubblicano della California Arnold Schwarzenegger con il sostegno dell’Onu, è una coalizione di governi regionali, imprese private, ONG, università e istituzioni finanziarie che punta ad accelerare la transizione verso la green economy e Intervenendo a Vienna all’Austrian World Summit della R20 Coalition, il segretario generale dell’Onu  António Guterres ha detto rivolto ai  governi di tutto il mondo: «Dobbiamo tassare l’inquinamento, non le persone, e mettere fine alle sovvenzioni ai combustibili fossili. Numerose persone pensano a torto che la concessione di sovvenzioni ai combustibili fossili sia un modo per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni. Non c’è niente di più falso di questo. Utilizziamo il denaro dei contribuenti – vale a dire il nostro denaro – per frafforzare gli uragani, propagare la siccità, far sciogliere i ghiacciai, sbiancare i coralli. In una frase: distruggere il mondo. I contribuenti preferirebbero senza dubbio recuperare il loro denaro piuttosto che vederlo utilizzato per distruggere il mondo. Dobbiamo decarbonizzare le infrastrutture urbane, in particolare i trasporti e gli edifici, e smetterla di costruire nuove centrali a carbone che avvelenano l’aria che respiriamo. Dobbiamo promuovere un consumo e una produzione sostenibili e sostenere un’agricoltura intelligente che si basi su soluzioni naturali e non su fertilizzanti chimici».
 Continua su greenreport 

27 maggio 2019

CANCRO, RICERCA: “NON CI SI AMMALA PER CASO”/ Studio rivoluzionario su innesco tumori-

Tratto da Il Sussidiario    

CANCRO, RICERCA: “NON CI SI AMMALA PER CASO” Studio rivoluzionario su innesco tumori-                                

Uno studio italiano dimostra come non ci si ammali di cancro per caso o per sfortuna, ma che tutto derivi da alcuni fattori ambientali in grado di modificare il dna.

La ricerca è stata portata avanti dall’Istituto Europeo di Oncologia da un gruppo di ricercatori “capeggiati” da Piergiuseppe Federici, professore di Patologia Generale all’Università di Milano ed è destinata a far discutere dato che ribadisce come l’insorgenza di un tumore non sia imputabile a casualità o a sfortuna ma abbia dei precisi motivi. Secondo il team, sono gli stili di vita a l’ambiente che ci circonda a favorire le mutazioni di alcune cellule e quindi le cosiddette “traslocazioni cromosomiche” sarebbero determinate dall’ambiente esterno alle cellule stesse e non sarebbero quindi soggette al caso. Cosa causa quelle alterazioni? È questa la domanda da cui si è partiti per provare a spiegare un argomento che, da sempre, divide gli scienziati, vale a dire cosa contribuisca all’innesco delle patologie tumorali: come è noto, ogni cellula del nostro corpo subisce almeno sei cambiamenti del Dna dei suoi geni e da tempo è in atto un dibattito nel mondo medico per stabilire se queste alterazioni possano essere previste e anticipate oppure se si tratti di un meccanismo casuale e difficile da prevenire. (agg. di R. G. Flore) 

Le cause nei fattori ambientali

Non ci si ammala di cancro per caso o per motivi legati alla sorte, lo rivela uno studio tutto italiano. Arriva una nuova conferma legata al fatto che tutto dipenda da fattori “ambientali” in grado di creare delle alterazioni geniche. La parte importante dello studio però è legata al fatto che queste sono prevedibili e dunque è possibile studiare nuovi metodi per riuscire a superare una delle malattie più terribili della nostra era. La ricerca è stata effettuata dall’Istituto Europeo di Oncologia e poi pubblicata sulla rivista specializzata Nature Genetics.....

ARPAT:Inquinamento atmosferico e bambini

Inquinamento atmosferico e bambinihttp://www.arpat.toscana.it/notizie/arpatnews/2019/052-19/inquinamento-atmosferico-e-bambini

Come limitare l’esposizione dei bambini all’inquinamento, soprattutto quello dovuto al traffico, nei luoghi da loro maggiormente frequentati
Un’ampia letteratura scientifica mette in luce la maggiore vulnerabilità dei bambini all’inquinamento dell'aria, outdoor e indoor, rispetto agli adulti. Sono soprattutto tre i motivi per cui i bambini sarebbero più vulnerabili: respirano più rapidamente degli adulti e questo facilita l’assorbimento delle sostanze inquinanti, Non  vivono più vicini al terreno dove alcune sostanze inquinanti sono presenti in maggiori concentrazioni e l’esposizione avviene quando il loro organismo (sistema nervoso compreso) è ancora in via di sviluppo.
L’OMS stessa, in una sua pubblicazione su inquinamento atmosferico e salute dei bambini, ha evidenziato ancora una volta come l’inquinamento atmosferico sia assai rilevante per la salute dei bambini, perché
  • influisce sul neurosviluppo e sulle capacità cognitive, influenzando negativamente lo sviluppo mentale e motorio,
  • danneggia la funzione polmonare, anche a livelli più bassi di esposizione, portando ad asma e infezioni acute delle basse vie respiratorie,
  • rappresenta circa 1 decesso su 10 nei bambini sotto i cinque anni di età,
  • è tra le cause di alcuni tumori infantili, come ad esempio leucemie e retinoblastomi, che possono essere associati ad esposizioni della madre agli inquinanti cancerogeni nel periodo prenatale,
  • l’esposizione in età infantile, oltre a determinare effetti misurabili nel bambino stesso, si proietta anche negli anni successivi rendendolo più vulnerabile durante tutto il suo percorso di vita, mettendolo maggiormente a rischio, ad esempio, di malattie croniche come le malattie cardiovascolari.
Cosa fare allora per tutelare i bambini e limitare la loro esposizione all’inquinamento atmosferico?
Continua qui 


26 maggio 2019

Greta Thunberg sulle elezioni Europee: “non votate chi non si impegna per il clima”

Tratto da Meteo web

Clima e politica, Greta Thunberg sulle elezioni Europee: “non votate chi non si impegna per il clima”. 


La giovane attivista Greta Thunberg coglie l'occasione delle prossime elezioni Europee per ribadire la strada politica da seguire per combattere i cambiamenti climatici

Coloro che sono i più colpiti dalla crisi del clima sono persone giovani come me, che non possono votare. Se non votate per voi stessi, fatelo per noi“. Queste le parole dell’attivista svedese Greta Thunberg, di fronte a migliaia di persone radunate per la annuale marcia per l’ambiente, che con i suoi i suoi scioperi del venerdì davanti al parlamento svedese ha dato il via al movimento globale dei “FridaysForFuture. E che ieri ha portato in oltre 1600 città in tutto il mondo almeno un milione di manifestanti.
La giovane attivista ha fatto intendere con chiarezza che sarebbe giusto dare il proprio voto a chi mostra di impegnarsi di più nella lotta contro i cambiamenti climatici: Nonostante le belle parole e le promesse dei politici – ha detto Greta – le emissioni nocive continuano a crescere“.

CDCA :I conflitti ambientali sorgono quando alle comunità è impedito di partecipare

Tratto da VallediTrianews

I conflitti ambientali sorgono quando alle comunità è impedito di partecipare


Marica Di Pierri è attivista e giornalista, si occupa da anni di tematiche ambientali e sociali. Dirige ed è tra i fondatori del Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali di Roma (www.cdca.it) e di A Sud (www.asud.net). 
Cosa sono i conflitti ambientali?
I conflitti ambientali sono un particolare tipo di conflitto sociale in cui comunità territoriali, comitati, organizzazioni sociali e in generale cittadini si mobilitano contro fattori di rischio ambientale conclamati o potenziali. Si tratta di una dinamica che ha vissuto un aumento esponenziale in termini di diffusione negli ultimi decenni. Discariche, miniere, poli estrattivi o produttivi, infrastrutture ad alto impatto, cementificazione sono tra i fattori che scatenano oggi giorno accesi conflitti in cui le comunità locali si organizzano per rivendicare i propri diritti: ad un ambientale salubre, alla salute, alla partecipazione nei processi decisionali che riguardano il proprio territorio e, dunque, la propria vita. Il CDCA – Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali, nato nel 2007 da un progetto dell’associazione A Sud, si occupa da oltre 10 anni di studiarli e divulgarli, oltre a costruire strumenti di incidenza che possano aiutare le comunità esposte a vedere accolte le proprie istanze di protezione. .... Entrambe le piattaforme sono consultabili gratuitamente sul sito www.cdca.it.
Ogni territorio ha il proprio piccolo / grande conflitto. è possibile secondo te trovare degli elementi comuni?
Ovunque si sviluppino e qualunque ne sia la causa specifica, i conflitti ambientali hanno in comune alcuni fattori. Tra essi, spicca il fatto che essi nascano invariabilmente da una richiesta di partecipazione inevasa. Nei conflitti, le comunità cercano strumenti e spazi per poter far ascoltare le proprie ragioni a chi impone decisioni di fatto non condivise. Si può dire, in sintesi, che l’insufficienza degli strumenti di partecipazione diretta messi a disposizione della cittadinanza sia uno degli elementi che qualificano i conflitti ambientali. 
Ulteriore elemento comune è l’analisi che emerge dal portato delle lotte ambientali. Pochi fenomeni mettono in discussione in maniera radicale, come avviene nei conflitti ambientali, la sostenibilità del modello economico. Un modello rapace e energivoro che consuma risorse ad un ritmo impressionante e viola diritti umani a tutte le latitudini,  contribuisce alla crisi ecologica e climatica globale e al contempo produce disuguaglianza economica e devastazione ambientale a livello locale.
Sebbene i conflitti possano avere delle radici comuni, spesso i movimenti legati a questi sembrano essere miopi rispetto a quanto accade, prestando il fianco a chi sostiene che queste vicende siano solo casi di “nimby”. Quali sono gli errori più comuni che fanno i movimenti?
Non parlerei di errori ricorrenti, piuttosto del fatto che è ricorrente la maniera in cui vengono raccontate le vertenze territoriali da parte dei media e delle istituzioni: si tende a ridurli, per opportunità, a battaglie particolaristiche, in difesa di questo o di quel territorio. In realtà, i comitati coinvolti in dinamiche di conflitto giungono ad una analisi condivisa circa l’insostenibilità del modello estrattivo, produttivo e di smaltimento: ad esempio, chi contesta la costruzione di un inceneritore non chiede che quell’impianto sia costruito altrove, ma difende l’idea che una corretta strategia di gestione dei rifiuti debba escludere l’incenerimento, come pratica non sostenibile e ad alto impatto ambientale e sanitario.
I cambiamenti climatici acuiranno i fenomeni conflittuali?
Li stanno già acuendo. Le stesse battaglie territoriali contro progetti i cui impatti contribuiscono alle emissioni clima alteranti (centrali a carbone, poli petroliferi, raffinerie, industrie etc.) vengono letti e vissuti come istanze che contribuiscono alla sfida globale per il contrasto ai cambiamenti climatici. Allo stesso tempo, gli impatti già visibili del riscaldamento globale, in Italia come nel resto del mondo, stanno scatenando ulteriori preoccupazioni e mobilitazioni contro istituzioni politiche e imprese, affinché ciascun attore assuma le proprie responsabilità in merito. 
A ciò si aggiunga che i flussi migratori che hanno alla base fattori ambientali o climatici sono ormai la categoria più rilevante di migranti forzati e la tendenza peggiorerà nel prossimo futuro.
In definitiva, leggere in maniera complessa le questioni, legando cambiamenti climatici e lotte ambientali e mettendo nella giusta luce quello che i conflitti ambientali ci raccontano e ci consegnano è la sfida che tempo fa abbiamo deciso di accettare. Siamo convinti che il riconoscimento delle istanze di cui sono portatrici le comunità mobilitate possa essere un elemento dirimente, in grado di indirizzare positivamente sia l’opinione pubblica che l’assunzione di decisioni da parte dei decision maker. L’obiettivo finale è spingere verso politiche di gestione dei territori e delle risorse finalmente sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale e rispettose dei diritti umani individuali e collettivi.

23 maggio 2019

Simone Tagliapietra :Perché l’uscita europea dal carbone è complessa e necessaria

Tratto da Il Foglio

Perché l’uscita europea dal carbone è complessa

 e necessaria


22 Maggio 2019 alle 13:18


L’Europa vuole essere la prima grande economia del mondo a diventare neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050.Considerando che l’80 per cento delle emissioni europee di gas serra proviene dal settore energetico, raggiungere questo obiettivo implica una rivoluzione dei modi in cui si produce l’elettricità e in cui si alimentano i trasporti, le industrie e gli edifici. Da un punto di vista tecnologico, questa rivoluzione è fattibile. L’eolico e il solare sono divenute tecnologie competitive sotto il profilo dei costi e anche le auto elettriche lo saranno presto. Il gas naturale potrebbe essere decarbonizzato in un futuro non troppo lontano attraverso biogas, biometano, idrogeno e altri gas “green”, mentre i combustibili sintetici potrebbero rappresentare un’altra valida alternativa sostenibile al petrolio nel settore dei trasporti. Anche le innovazioni nella digitalizzazione e nell’intelligenza artificiale contribuiscono a questa rivoluzione, consentendo integrazioni tra settori diversi e maggiore efficienza.

Non è la tecnologia, ma la politica il collo di bottiglia per il cammino dell’Europa verso la “carbon neutrality”.Basta guardare al settore della generazione elettrica, che rappresenta un quarto delle emissioni di gas serra in Europa.

Nell’ultimo decennio, il sistema elettrico europeo si è modernizzato ed è diventato più ecologico, ma ha anche mantenuto la sua componente più antica e inquinante: il carbone. La quota di questo combustibile fossile nel mix europeo di generazione elettrica si attesta al 25 per cento, quasi lo stesso livello di venti anni fa.

Il carbone continua a svolgere un ruolo importante nella generazione elettrica per diversi paesi europei: l’80 per cento in Polonia e oltre il 40 per cento in Repubblica Ceca, Bulgaria, Grecia e Germania. Finora, solo una dozzina di paesi europei – dalla Francia all’Italia, dai Paesi Bassi al Portogallo – si sono impegnati a chiudere completamente le loro centrali a carbone, quasi tutti entro il 2025-30. In Germania, un gruppo di esperti incaricato dal governo ha recentemente proposto la chiusura delle centrali a carbone su un orizzonte ancora più lungo: 2038. I paesi dell’Europa orientale, quelli che usano la quota maggiore di carbone per produrre elettricità, non hanno nemmeno discusso strategie di questo tipo.

Solo una dozzina di paesi europei si è impegnata a chiudere completamente le centrali a carbone, quasi tutti entro il 2025-30. In Germania al 2038. I paesi dell’Europa orientale, quelli che usano la quota maggiore di carbone per produrre elettricità, non hanno nemmeno discusso

Serve un cambiamento, perché il ruolo del carbone nel sistema energetico europeo è disastroso per il clima, per l'ambiente e per la salute umana. Dal punto di vista climatico, il carbone è la fonte peggiore per generare elettricità, anche rispetto ad altri combustibili fossili. Una centrale elettrica a carbone emette il 40 per cento in più di anidride carbonica rispetto a una centrale a gas che produce la stessa quantità di elettricità. Altrimenti, si potrebbe dire che il carbone è responsabile del 75 per cento delle emissioni di CO2 nel settore elettrico europeo, ma produce solo il 25 della nostra elettricità. La generazione elettrica emette un quarto dei gas serra in Europa e perciò riveste un ruolo centrale per rendere “green” anche altri settori. La decarbonizzazione dell’elettricità è essenziale. D’altra parte, il passaggio alle auto elettriche sarà poco significativo se per alimentarle si ricorrerà al carbone.

Il carbone è anche dannoso per l'ambiente e la salute umana. In Europa, le centrali elettriche a carbone sono responsabili della maggior parte dell'anidride solforosa, ossidi di azoto e particolato rilasciati nell'aria. Questi inquinanti possono entrare nel corpo umano e causare vari problemi di salute, dal cancro ai polmoni agli attacchi di cuore. Eppure, diversi paesi europei continuano a sostenere la produzione di energia elettrica a carbone. Spesso argomentano questa posizione con la perdita di posti di lavoro nel settore minerario. Ma queste preoccupazioni non sono giustificate, dal momento che l’occupazione nel settore del carbone non è più un problema importante in Europa.

Il paese con il maggiore numero di posti di lavoro legati alla produzione di carbone è la Polonia, con circa 100 mila occupati. Un dato che rappresenta solo lo 0,7 per cento del totale dell’occupazione polacca. In tutti gli altri paesi, l’estrazione del carbone dà lavoro a meno di 30 mila persone, meno dello 0,6 per cento dell’occupazione totale. Certo, la chiusura delle miniere sarà dolorosa per quei lavoratori e quelle comunità da esse ancora dipendenti. Proprio per questo, l’Unione europea dovrebbe intervenire e offrire il proprio sostegno affinché le regioni minerarie possano affrontare agevolmente questa transizione. In questo modo il danno politico sarebbe ridotto e si incentiverebbero i paesi più dipendenti dal carbone ad avviare o accelerare i loro piani di phase-out.

Bruxelles non ha bisogno di trovare risorse finanziarie extra per sostenere la transizione delle regioni minerarie verso altre industrie. Ha solo bisogno di mettere insieme fondi esistenti, dal Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, da sempre sottoutilizzato, alla vasta e confusa galassia dei fondi strutturali, regionali e di coesione.

Il carbone è attualmente estratto in quarantuno regioni presenti in dodici paesi europei. Le persone impiegate nell'estrazione del carbone ammontano a circa 200 mila. Supponendo che la metà di queste andrà in pensione entro il 2030, resterebbero circa 100 mila posti di lavoro da eliminare gradualmente. Con un sostegno finanziario di 20 mila euro a persona, destinato alla riqualificazione e al supporto nella ricerca di un altro lavoro o nell'avvio di un’attività in proprio, il costo totale per sostenere la transizione dal punto di vista lavorativo sarà 2 miliardi di euro, meno dello 0,2 per cento del bilancio totale dell’Unione europea. Il cambiamento climatico è un problema globale complesso che ha bisogno di soluzioni internazionali. Ma è chiaro che il carbone deve essere abbandonato – e possibilmente in fretta. Con un fondo destinato alle regioni che dipendono ancora dalla sua estrazione, l’Unione europea contribuirebbe a rimuovere un ostacolo politico importante nel percorso per raggiungere la carbon neutrality entro il 2050. Così facendo, genererebbe anche vantaggi rilevanti per tutti i cittadini europei in termini di clima, ambiente e salute.


*Simone Tagliapietra, professore Johns Hopkins University – SAIS Europe, ricercatore presso la Fondazione Eni Enrico Mattei..

Sonia Savioli:Ballando sul Titanic

Tratto da Il Cambiamento  Il Cambiamento

Ballando sul Titanic

Poche settimane fa, il 5 di maggio, è nevicato sulle colline dell'Oltrepò Pavese, sulle Prealpi, sull'Appennino del centro-nord. I giornali e i media in genere ne hanno dato notizia come se si trattasse di un fenomeno curioso, tipo un coccodrillo sull'autostrada o un UFO fotografato da dieci persone. L'importante è non allarmare, non sia mai che l'umano medio ricominci a pensare e farsi qualche domanda, il che potrebbe portare a una conseguenza sconvolgente e destabilizzante ....cioè quella che una parte almeno dei suddetti umani ricominci a capire qualcosa del mondo, di ciò che ha valore (tipo sopravvivenza, salute e affetti), di ciò che non ne ha e che danneggia e distrugge  ..... Questo potrebbe poi essere l'inizio di una catastrofe indicibile: la diminuzione dei consumi. Il vero terrore del suddetto demente potere criminal-economico.
Quello che i media in genere non vi hanno fatto notare, a proposito della nevicata del 5 maggio, è che in maggio sul nostro pianeta e alle nostre latitudini tutte le piante sono uscite dal "letargo", stanno vegetando, hanno messo nuove foglie tenerelle, la linfa circola in tutto il loro organismo. Faggi, castagni, ciliegi selvatici e domestici, carpini e frassini, pioppi e ontani, gli alberi di appennini e prealpi sono belli svegli e pieni di vita. E una nevicata su quelle foglie, se non significa morte certa, significa quantomeno malattia sicura. Questo, l'ammalarsi, indebolirsi, perire degli alberi, è una delle conseguenze del cambiamento climatico che innesca un aumento ulteriore dello stesso: altri polmoni che non assorbiranno più l'anidride carbonica.
Ci sono poi molte altre cose che riguardano la nostra sopravvivenza e quella dei nostri figli, che i media "nella corrente" (mainstream) non vi fanno notare, a volte proprio non ve le fanno sapere.
Per esempio, non sapete probabilmente che tra il 1999 e il 2016 la Francia del Sud Ovest è stata colpita da tempeste di vento e pioggia apocalittiche. Venti tra i 140 e i 200 chilometri l'ora hanno scoperchiato migliaia di case, abbattuto come stuzzicadenti i tralicci dell'alta tensione, spianato 300.000 ettari (ettari!) di foreste, sommerso paesi e campi. Nella prima di queste tempeste sono morte 83 persone. L'ultima tempesta di questo genere, nella notte del 27 febbraio 2010, ha fatto registrare venti fino a 240 chilometri orari nei Pirenei, ucciso 47 persone, sommerso il litorale Atlantico. Ma non finisce qui. Nell'inverno 2013-2014 trenta tempeste con piogge torrenziali colpiscono la regione; il Servizio Metereologico Nazionale rileva che le tempeste sono il doppio del normale, con piogge fino a tre volte superiori alla media. In un mese e mezzo l'oceano in tempesta  porta via 20 metri di litorale in profondità, distruggendo edifici e strade.
Forse vi è sfuggito o ve ne siete dimenticati (i media nella corrente non hanno fatto nulla per ricordarvelo) che in Sudafrica, nel febbraio 2018 il governo ha dichiarato lo stato di calamità perché, dopo tre anni di siccità, non c'era più acqua nelle zone occidentali e meridionali del paese. Città del Capo, con quattro milioni di abitanti, aveva razionato l'acqua, concedendo un consumo massimo di 50 litri al giorno a testa e prevedeva di non erogare più acqua del tutto entro i primi di giugno. Poi qualche pioggia ha salvato i rubinetti degli abitanti della città ma, naturalmente, non ha salvato i raccolti ormai andati alla malora, e con essi le piante e gli animali selvatici. Particolari ininfluenti per i media nella corrente e i loro padroni.
Chissà se qualcuno vi ha detto che la Gran Bretagna sta spendendo miliardi di sterline da decenni per costruire barriere che proteggano le città della costa dalle tempeste e dalle tempestose maree sempre più distruttive. E che, visto che le minacce del cambiamento climatico diventano ogni giorno più minacciose e se la ridono delle barriere di acciaio costate un occhio della testa (ma qualcuno ci ha guadagnato e crede che i soldi lo mettano al riparo da qualsiasi minaccia climatica, povero stupido), il governo britannico pubblica per i propri cittadini una mappa di tutte le zone a rischio con le istruzioni in caso di inondazione, considera che entro il 2021 le inondazioni saranno la maggiore minaccia per il paese e, udite udite!, comincia a ventilare lo spostamento delle popolazioni dalle coste.
Pochi mesi fa, e precisamente a fine ottobre 2018, le regioni montuose del Veneto, del Friuli, e anche le Prealpi lombarde, sono state flagellate da una tempesta di vento e pioggia che non sarebbe sbagliato chiamare uragano, dato che i venti hanno raggiunto le velocità tipiche per l'appunto degli uragani: fino a 200 chilometri l'ora. Le piogge torrenziali hanno provocato frane, allagamenti, smottamenti, distruggendo strade e paesi, ma sopratutto la violenza del vento, oltre a scoperchiare case e abbattere linee elettriche, ha letteralmente spianato migliaia di ettari di foreste alpine e prealpine. Si calcola che siano stati abbattuti tra i13 e i 14 milioni di alberi. E ricordiamoci che le foreste non sono solo alberi ma abitanti alati e a quattro zampe che  vengono distrutti con i loro habitat. Nel giro di due settimane di pioggia inusuale e venti fortissimi che hanno colpito poi tutta la penisola, abbiamo avuto 37 morti e danni di ogni genere.
Dall'agosto 2018 fino al novembre 2018 la California ha continuato a bruciare senza tregua o remissione (già dimenticato?). Perché in un secolo le temperature della California sono aumentate di 2-3 gradi e le piogge sono costantemente diminuite......
Nel marzo 2019 il ciclone Idai ha colpito Mozambico, Zimbabwe e Malawi (davvero insoliti i cicloni in queste zone dell'Africa, almeno prima del cambiamento climatico) facendo centinaia di morti, 750 quelli censiti ma nessuno è andato a censire i villaggi lontani dalle strade carrozzabili. Ci sono state piogge torrenziali con venti a 170 chilometri orari, inondazioni e tempesta hanno spazzato via case, strade, ponti; hanno distrutto i raccolti che ancora non aveva distrutto la siccità dei mesi precedenti, ucciso il bestiame. E gli animali selvatici, ovviamente. Solo in Malawi 200.000 persone sono rimaste senza casa né terra. Un mese dopo un nuovo ciclone ha colpito le stesse zone, 38 morti e 15.000 sfollati. Nello stesso periodo, in Kenia, la siccità e le alte temperature distruggevano agricoltura e allevamento, mancava l'acqua anche per le persone.
Nell'anno 2018 in decine di luoghi di questo pianeta grandinate spaventose, con palle di ghiaccio di dimensioni mai viste, hanno distrutto la vegetazione, anche quella arborea, ucciso persone e animali, danneggiato case. E' successo in Asia, negli Stati Uniti, in Australia...
Il 21 maggio 2019 in Spagna nevicava in zone collinari.
In compenso, nell'aprile 2019, la steppa siberiana bruciava senza controllo, a causa della siccità (davvero inusuale in aprile) e dei forti venti. Il fuoco divampava intorno a più di venti città, ha ferito 38 persone, ucciso 12.000 tra pecore, mucche, cavalli. Gli animali selvatici, ovviamente, nessuno li conta.
Questo è solo un minimo, parziale elenco, delle conseguenze del cambiamento climatico. Solo pochi esempi di morte, rovina e distruzione che l'aumento del PIL, dello Sviluppo, della ricchezza, dell'industria e del commercio, vere  divinità sanguinarie del nostro tempo, stanno rovesciando sui propri stessi fedeli.....
.....Mi domando cosa abbiano fatto dopo, quelli sopravvissuti. Se vedere la morte in faccia avrà permesso loro di comprendere la realtà. Se trovarsi con la casa scoperchiata, l'automobile sommersa, la foresta incenerita, gli abbia fatto aprire gli occhi sulla sostanza effimera di quella ricchezza che ci sta rendendo tutti sempre più poveri. Poveri e miserabili in ciò che davvero arricchisce: cibo sano, acqua e aria pulita, una vita piena di affetti e sapienza, collaborazione e simpatia da parte dei nostri simili.   L' articolo integrale su Il Cambiamento

20 maggio 2019

20 Maggio:È iniziata l’audizione dei testimoni dell’accusa al processo Tirreno Power

Stralcio. Da IVG 
È iniziata l’audizione dei testimoni dell’accusa al processo Tirreno Power



In aula è stato sentito il commissario di polizia Monica Bellini che aveva indagato sulla centrale vadese sotto il coordinamento del Procuratore Granero

Savona. Nuova udienza questa mattina nell’aula magna del tribunale di Savona per il processo per disastro ambientale e sanitario colposo nel quale sono a giudizio ventisei persone tra manager ed ex manager di Tirreno Power. Dopo che nella precedente udienza il giudice Francesco Giannone aveva ammesso tutte le parti civili che avevano formalizzato la richiesta (compresi i circa cinquanta cittadini riuniti in una sorta di “class action”), oggi il dibattimento è stato ufficialmente aperto.

Prima è stato conferito l’incarico al perito Alberto Tarricone che si occuperà della trascrizione delle intercettazioni ambientali e telefoniche fatte dagli inquirenti in sede di indagine (tranne quelle relative ad un consulente tecnico di Tirreno Power che sono state escluse in accoglimento di un’eccezione avanzata dai legali della difesa), poi è stato ascoltato il primo testimone dell’accusa (da oggi rappresentata non più dal sostituto procuratore Daniela Pischetola, ma dalle colleghe Elisa Milocco e Chiara Venturi), ovvero il commissario di polizia Monica Bellini, che all’epoca dell’indagine sulla centrale era in forza alla Procura, ed ha affiancato nell’attività investigativa il Procuratore Francantonio Granero e il pm Maria Chiara Paolucci.

L’ex componente della pg savonese ha ricordato come è stata avviata l’indagine su Tirreno Power (ovvero dopo lo studio epidemiologico del dottor Paolo Franceschi e gli esposti di alcuni comitati di cittadini e di associazioni ambientaliste) ripercorrendo poi tutte le tappe che hanno portato gli inquirenti ad iscrivere i primi nomi sul registro degli indagati. Il commissario Bellini ha ricordato che, inizialmente, in Procura era stata vagliata tutti la documentazione relativa alle prescrizioni ed ai permessi rilasciati dal Ministero e dagli altri organi preposti per indicare al gestore della centrale i parametri entro i quali doveva operare.

Proprio dagli accertamenti sui documenti, secondo la Procura, erano emerse delle irregolarità che avevano convinto gli inquirenti a proseguire nell’indagine che poi ha portato al rinvio a giudizio di 26 persone.....Continua qui

19 maggio 2019

Domani 20 maggio nuova udienza del processo Tirreno Power

Domani 20  maggio  in Procura a Savona nuova udienza del processo Tirreno  Power
Riportiamo  l’ intervista del Avvocato Matteo Ceruti in occasione della scorsa udienza del 19 marzo 2019 



               Tratto da Re:Common
Processo Vado Ligure : Intervista all’ Avvocato Matteo Ceruti di Uniti per la Salute 



ISDE:L'AMBIENTE E' LA PRIORITA' PER IL PRESENTE E PER IL FUTURO


Tratto da Isde 


Importante affermazione tratta dal sito ISDE Italia

L'AMBIENTE E' LA PRIORITA' PER IL PRESENTE E PER IL FUTURO

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16 maggio 2019

Uniti per la Salute : Concretizzare le parole in atti ufficiali

Concretizzare le parole in atti ufficiali




In riferimento ad alcuni commenti e considerazioni a margine del nostro comunicato sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica sulla previsione di un biodigestore, riteniamo doveroso precisare innanzitutto che, come noto, Uniti per la Salute è una associazione apartitica formata da cittadini con l’unico scopo della tutela della salute e del territorio, rifuggendo da sempre da ogni aspetto dell’agone partitico.
Abbiamo letto di “discorsi definitivamente chiusi” , dichiarazioni di privati e rassicurazioni varie che scongiurerebbero la possibilità di un biodigestore tra Vado e Quiliano, ma le parole sono parole anche se animate dalle migliori intenzioni, viceversa i provvedimenti amministrativi firmati e sottoscritti dalle più alte autorità provinciali e regionali, sono atti ufficiali.

Quando poi si tratta, come nel caso in esame, di strumenti generali di pianificazione, si è in presenza di atti ufficiali destinati a regolamentare il territorio per anni, e quindi ben oltre le contingenti rassicurazioni e valutazioni degli attuali amministratori pubblici o dei soggetti privatic he ad oggi hanno la disponibilità delle aree.

Quindi, forti degli atti ufficiali di pianificazione in essere e nonostante dichiarazioni verbali di alcuni che tendono a minimizzare la possibilità di questo insediamento, ribadiamo quanto è perfettamente noto a tutti gli amministratori locali e regionali, oltre che a Tirreno Power,ossia che RISULTANO PERFETTAMENTE VIGENTI ED EFFICACI UN "PIANO D'AREA OMOGENEA PER LA GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI URBANI" DELLA PROVINCIA DI SAVONA ED UN "PIANO D'AMBITO REGIONALE DI GESTIONE DEI RIFIUTI DELLA LIGURIA", CHE PREVEDONO LA REALIZZAZIONE DI UN BIODIGESTORE NELL'AREA DELLA CENTRALE TIRRENO POWER.


Questi piani sono stati approvati lo scorso anno dal Consiglio provinciale di Savona e dal competente Comitato d'ambito per il ciclo dei rifiuti e, come tali, sono validi ed operativi, cosicché ESISTE LA POSSIBILITÀ CONCRETA ED EFFETTIVA CHE NEI PROSSIMI GIORNI, MESI OD ANNI VENGA APPROVATO IL PROGETTO DI COSTRUZIONE DEL BIODIGESTORE IN QUEST'AREA.
Tutto ciò fino a che questi piani non vengano modificati o annullati.
Per questo motivo abbiamo presentato il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

Se qualche autorità locale volesse veramente scongiurare quella che noi riteniamo una spada di Damocle sul nostro territorio, può sempre attivarsi con atti concreti per modificare od annullare il piani già approvati e noi ne saremmo ben lieti.
Ma fino ad allora potremo dire, senza alcun timore di essere seriamente smentiti, “verba volant, scripta manent”.


15 maggio 2019

Biodigestore :Non bastano le parole, il problema è serio ed occorrono azioni ed atti concreti.

     Comunicato di Uniti per la Salute .

BIODIGESTORE: Non bastano le parole, il problema è serio ed occorrono azioni ed atti concreti.



Poiché ci siamo resi conto che la popolazione dell’immediato ponente di Savona specialmente dei comuni di Vado e Quiliano non risulta essere compiutamente informata sugli sviluppi della vicenda “biodigestore” abbiamo deciso di evidenziarne alcuni aspetti.
Con delibera del Consiglio della Provincia di Savona n 43 del 2 agosto 2018 veniva approvato il “Piano d’area omogenea per la gestione integrata dei rifiuti” con la previsione del sito delle aree ex centrale per un nuovo biodigestore. Con delibera 8 del 6 agosto 2018 è stato approvato il “piano regionale di gestione dei rifiuti della Liguria” comprensivo della previsione del biodigestore nelle aree ex centrale.
La scelta di “piazzare” un impianto di questa imponenza proprio in mezzo a due centri densamente abitati anziché in una zona più isolata, ci appare assai infelice, poiche’ i biodigestori  secondo numerosi studi, evidenziano diversi aspetti ambientali potenzialmente problematici: odori ed emissioni inquinanti aeriformi varie, rischi di inquinamento batterico, rumori, ed inoltre il probabile, se non certo, deprezzamento del valore dei moltissimi immobili dell’area .
E’ da considerare inoltre il notevole traffico di autocarri che verrebbe ad aggiungersi a quello che si prevede gia’ molto intenso dovuto alla piattaforma in un contesto che vede anche la presenza di diverse industrie classificate a “Rischio incidente rilevante” secondo la normativa “Seveso”.
Anche sul piano dell’occupazione questa scelta ci pare inoltre inopportuna e illogica poiché destinerebbe ad un utilizzo di trattamento di rifiuti , aree retro portuali di grande pregio e foriere di insediamenti con notevoli possibilità di sviluppo e di lavoro.
Quindi su questo lembo di “fortunato” territorio e su queste stesse aree,  dopo anni di presenza di un grande impianto a carbone, (in riferimento al quale è in corso attualmente un processo per disastro ambientale e sanitario), risulta essere stata approvata la previsione di un imponente biodigestore per trattare decine di migliaia di tonnellate di rifiuti -provenienti anche da altre provincie .
Nonostante certe imbarazzate dichiarazioni di alcuni politici tendenti a minimizzare la possibilità di questo insediamento, i nostri legali ci hanno ribadito che (purtroppo) questo piano è stato approvato e tale rimarrà, con la possibilità effettiva di approvare il progetto in quest’area e quindi di costruire il biodigestore.  Tutto ciò fino a che il piano non verrà modificato o annullato.

Studiando questi provvedimenti regionali e provinciali, i legali ci hanno evidenziato così numerosi profili di illegittimità e carenze istruttorie talmente rilevanti, anche e soprattutto  sotto il profilo della necessaria considerazione della salubrità ambientale,  che la nostra associazione, insieme con WWF nazionale ha deciso di  presentare un ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Questa decisione ci ha comportato un notevole impegno anche economico,  ma l’abbiamo ritenuta doverosa per il futuro di questo territorio che amiamo ed in cui  crediamo.


(.........Il 25 settembre, con la delibera 46, visto che non erano pervenute richieste di modifica, integrazione o rettifica, il verbale del 2 agosto veniva approvato)