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29 giugno 2013

LA SPEZIA:“End the Age of Coal”

 

Oggi a La Spezia e in molte altre città del mondo si tiene una manifestazione per porre fine all’era del carbone.

“End the Age of Coal” è il nome della giornata di mobilitazione internazionale di oggi: lo slogan, che ha segnato la protesta in tutto il mondo, esprime la volontà chiara di molte persone, in ogni angolo del Pianeta, di consegnare al passato una fonte energetica il cui utilizzo è il primo fattore di alterazione del clima.
Da una settimana, a Istanbul, oltre 500 attivisti provenienti da tutto il mondo stanno lavorando per dare vita a una campagna globale contro il carbone. In Italia Greenpeace ha collocato ieri in mare, di fronte alla centrale termoelettrica Enel di Civitavecchia (Roma), uno striscione di 1.500 metri quadri con la scritta “No al carbone, quit coal”.
A La Spezia, invece, attivisti di Greenpeace provenienti da Genova, Pisa, Firenze, Bergamo, Milano, Varese e Torino, insieme al Comitato “SpeziaViaDalCarbone” ed altre realtà quali: A.F.E.A. Associazione Famiglie Esposti Amianto, Changing La Spezia Antispecista – gruppo animalista, G.A.S. – gruppi di acquisto solidale di La Spezia, ISDE Medici per l’Ambiente La Spezia, Italia Nostra La Spezia, Legambiente – Circoli di La Spezia e Lerici, Angelo Majoli – Presidente Associazione Mitilicoltori Spezzini, Murati Vivi, PBK – fotociclisti spezzini, SOS Geotermia Amiata, Uniti per la salute – Savona, Dario Vergassola, WWF La Spezia.
Leggi l' ARTICOLO INTEGRALE

Maria Van Der Hoeven,, segretaria generale della International Energy Agency :"Il Nemico è il Carbone".

Tratto da alternativa  sostenibile

Ambiente: due centrali italiane tra le più inquinanti d'Europa


Poniamo fine all'era del carbone! La mobilitazione mondiale è indetta per oggi, 29 giugno. Il WWF, che aderisce alla mobilitazione, lancia l'allarme per l'aumento dell'uso del carbone in Italia, nonostante la manifesta pericolosità di questo combustibile per il clima, la salute e l'ambiente.
Il Presidente Obama  ha appena diffuso un piano che,imponendo limiti proprio alle vecchie e nuove centrali, mette di fatto fuori gioco l'uso del carbone sia negli USA che all'estero
La Banca Mondiale, dopo aver posto l'allarme per il cambiamento climatico e la riduzione delle emissioni tra i pilastri della propria azione, si appresta a emanare linee guida per limitare "i prestiti per la costruzione di nuove centrali a carbone solo in quei rari casi in cui non ci sono alternative. Verrà fatto ogni sforzo per minimizzare i costi ambientali e finanziari delle fonti energetiche". Da parte sua, Maria Van Der Hoeven, segretaria generale della International Energy Agency, dopo l'allarmante rapporto della sua agenzia sul rischio di un aumento esponenziale delle emissioni e della temperatura media globale, ha dichiarato (per la prima volta con chiarezza inequivoca) che "il nemico è il carbone". 
In un contesto internazionale che va quindi verso una forte restrizione all'uso del carbone, in Italia, non contenti di ospitare due degli impianti a carbone più inquinanti d'Europa (nella top 30 ci sono infatti Brindisi sud al 9° posto e Civitavecchia al 14°, entrambi di proprietà Enel che, insieme, emettono quasi 23 milioni di tonnellate di CO2 all'anno)si sta pianificando di convertire a carbone la Centrale di Porto Tolle nel Parco del Delta del Po, aprirne una nuova a Saline Joniche e ampliare quella di Vado Ligure.

Secondo il dossier WWF 'Il carbone in Italia' pubblicato nell'ambito della campagna 'No al carbone SI al futuro', attualmente in Italia sono in funzione 13 centrali a carbone, assai diverse per potenza installata e anche per la tecnologia impiegata. Questi impianti nel 2010 hanno prodotto circa 39.734 GWh, contribuendo all'11,6% del fabbisogno elettrico complessivo. A fronte di questi dati, apparentemente abbastanza modesti, gli impianti a carbone hanno prodotto circa 35 milioni di tonnellate di CO2 corrispondenti a oltre il 30% di tutte le emissioni del sistema elettrico nazionale. Inoltre, i dati mostrano un preoccupante aumento dell'uso del carbone (salito al 18,5% nel 2012), segno che il Piano di decarbonizzazione approvato dal CIPE solo due mesi fa è già lettera morta, e che il Governo non ha avuto ancora la capacità di fornire regole e indirizzi a questo proposito. Senza dimenticare la Strategia Energetica Nazionale, redatta dal governo Monti nata già vecchia, perché non punta concretamente sulle rinnovabili e afferma una riduzione della quota di carbone nel mix energetico smentita dai fatti; da parte sua, gli uffici e le commissioni tecniche competenti del Ministero dell'Ambiente rilasciano con disinvoltura pareri di valutazione di impatto ambientali positivi che consentono di costruire nuove centrali a carbone (Saline Joniche), riconvertirle (Porto Tolle) o ampliarle (Vado Ligure), in contrasto con gli obiettivi comunitari e con le strategie di sostenibilità economica, sociale e ambientale che dovrebbero essere proprie di un Paese europeo avanzato.

"Il WWF chiede che si accantonino con decisione i progetti di nuove centrali a carbone, delle quali non c'è alcun bisogno in un sistema elettrico che vede le centrali tradizionali già sovrabbondanti, con una capacità addirittura doppia rispetto al massimo picco di domanda mai raggiunto. Anzi, vanno chiuse anche le centrali a carbone esistenti, a cominciare dalle più inquinanti per il clima e la salute. La politica deve scegliere: o favorisce gli interessi di pochi, o pensa al futuro di tutti in modo strategico, puntando sull'energia rinnovabile e sull'economia decarbonizzata", ha detto Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia. 
"Il mondo si mobilita contro il carbone. La rivoluzione rinnovabile sta succedendo qui e ora, la popolazione mondiale lo sa e alza la voce per chiedere ai governi di tutto il mondo di mandare in pensione la fonte di energia più pericolosa per il clima e la salute e puntare su fonti rinnovabili, reti intelligenti ed efficienza energetica".

Il WWF in tutto il mondo ha lanciato da pochi giorni una petizione globale che chiede proprio di finanziare il futuro delle energie rinnovabili e non il passato delle energie fossili, sul sito www.wwf.it/riprenditilenergia.
Oggi possiamo salvare il clima e conquistare un futuro di benessere per noi e i nostri figli. Bruciare i combustibili fossili per procurarsi energia e calore ha portato la concentrazione di CO2 in atmosfera ai livelli di 3 milioni di anni fa. Dobbiamo riconquistare l'energia, puntare sulle fonti rinnovabili e l'efficienza energetica. Occorre investire le risorse pubbliche e private nel nostro futuro. E invece i nostri soldi continuano a finanziare il passato fossile. 
L'Italia, se seguisse la linea di coloro che hanno il compito di tutelare i consumatori e invece tutelano, nei fatti, i combustibili fossili, diventerebbe sicuramente maglia nera della campagna mondiale del WWF.

28 giugno 2013

Greenpeace Fuori dall’Era del Carbone :End the Age of Coal


Tratto da Greenpeace

FUORI DALL' ERA  DEL CARBONE

END OF THE AGE OF COAL
- 28 giugno, 2013
Alla vigilia della Prima Giornata internazionale di mobilitazione contro il carbone, trenta dei nostri attivisti hanno protestato pacificamente aprendo in mare, di fronte alla centrale Enel di Civitavecchia, uno striscione galleggiante di 1.500 metri quadri con la scritta “NO AL CARBONE, QUIT COAL”. 
Enel è il maggior emettitore italiano di gas serra: una tonnellata di CO2 al secondo.
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Nella classifica Grandi Inquinatori 2012, che rende note le emissioni di anidride carbonica dei grandi gruppi industriali nell’anno trascorso, Enel, come succede da anni, si conferma al primo posto.
Con 38 milioni di tonnellate di CO2 emesse in un anno (8,2 in più rispetto alle quote assegnate all’azienda e 1,2 in più rispetto all’anno precedente), l’azienda detiene un primato negativo difficilmente avvicinabile. Da sola, in termini di emissione di anidride carbonica, vale quasi quanto le principali cinque aziende produttrici di elettricità sue concorrenti; vale ben oltre le emissioni del comparto dell’acciaio e del cemento messi insieme; rappresenta circa il 30 per cento dell’intero settore termoelettrico ed emette circa il 70 per cento in più di CO2 dei grandi gruppi di raffinazione.

Chiediamo a Enel di dimezzare la sua produzione a carbone entro il 2020 e di azzerarla al 2030; di rinunciare ai progetti di nuove centrali a carbone e di sostituire la sua produzione a carbone con fonti pulite e rinnovabili.

La protesta contro il carbone continua domani anche diverse città italiane. “End the Age of Coal” è il nostro slogan ed è la prima manifestazione unitaria di un movimento che, in ogni angolo del Pianeta, chiede di consegnare al passato una fonte energetica pericolosa per la salute e per il clima.
 Visita il sito www.endtheageofcoal.org
FUORI DALL’ERA DEL CARBONE #endcoal – TUTTE LE MANIFESTAZIONI di SABATO 29 GIUGNO

 Se vuoi spezzare anche tu questa catena, scendi in piazza con noi e unisciti alla protesta più vicina a te.
 Ecco gli appuntamenti:
Civitavecchia:
Dalle ore 11.00 a Piazzale degli Eroi, da lì partiremo con un corteo in bicicletta per dire NO AL CARBONE! All'arrivo del corteo a Piazzale degli Eroi ci saranno spazi espositivi e attività ludiche per i bambini. In serata proietteremo il corto "Uno al Giorno" e interverrà Andrea Boraschi (Responsabile Campagna Energia e Clima - Greenpeace Onlus).
Evento su Facebook 

La Spezia:
Dalle ore 15.00 a Viale Mazzini (c/o il Centro Allende) insieme a noi ci sarà anche Dario Vergassola. Dalle ore 18.00 partirà un corteo diretto alla darsena di Pagliari per lanciare, a tutta la città, il nostro unanime NO AL CARBONE! Arrivati alla Darsena Pagliari, ad accoglierci potrete trovare un concerto del gruppo Visibì!
Evento su Facebook

Brindisi:
A partire dalle 18 ci ritroveremo tutti al porto, dove vi saranno world café e attività di approfondimento, giochi per bambini, concerti acustici, aperitivo biologico e molto altro!
Padova:Appuntamento ore 10.00 a Piazza delle Erbe, dalle ore 12.00 partirà un corteo diretto a Prato della Valle, dove realizzeremo la scritta umana NO AL CARBONE!
Palermo:
Potrai trovarci presso la spiaggia di Addio Pizzo presso Capaci! 



Unisciti a noi per dire 
BASTA ALL'ERA DEL CARBONE.




Leggi su Ansa

Mondo contro carbone, danno per clima, salute, economia Leggi qui



Tratto da Italia-News.it

Mondo contro carbone, WWF: due centrali italiane tra le top 30 più inquinanti d'Europa

Leggi qui

Tirreno Power, depositata la perizia dai consulenti.

Tratto da  la stampa

13/06/2013 - IL QUESITO : «C’E’ UN NESSO DI CAUSALITA’ TRA LE EMISSIONI DELLA CENTRALE E I CASI DI TUMORE NELLA ZONA ?»

Tirreno Power, depositata la perizia


La centrale di Tirreno Power vista dal mare

Svolta nell’inchiesta aperta dalla Procura di Savona per omicidio e lesioni colpose
MARCO RAFFA
SAVONA
I consulenti della Procura di Savona hanno depositato la perizia su Tirreno Power commissionata esattamente due anni fa dal Procuratore Granero e dal Sostituto Paolucci a un pool di esperti nel contesto dell’inchiesta aperta il 15 giugno 2011 con le ipotesi di reato di omicidio colposo e lesioni colpose nei confronti di ignoti.  

I faldoni con la documentazione sono già sul tavolo dei magistrati che hanno cominciato a studiare la relazione firmata, tra gli altri, da Paolo Crosignani, primario dell’istituto Tumori di Milano, e da Paolo Franceschi, pneumologo di Vado, responsabile ambiente dell’Ordine dei medici di Savona. 

Una prima anticipazione dello studio era stata fatta ai magistrati ai primi di aprile. Le indiscrezioni sui contenuti avevano da un lato suscitato la reazione indignata dell’azienda («continua pressione mediatica per danneggiare la reputazione di Tirreno Power) e sull’altro versante il plauso degli ambientalisti (la Rete savonese «Fermiamo il carbone» aveva puntato il dito sulle autorità che, negli anni, «non si sono accorte di quanto stava accadendo: dov’erano Asl, assessorato regionale all’Ambiente, Arpal, ministero della Salute?»). 

Quello che la Procura vuole accertare è se ci sia o meno un nesso di causalità tra le emissioni della centrale, le malattie oncologiche e l’elevato tasso di mortalità rilevato negli ultimi anni nella zona di Vado e Quiliano.
Leggi l'articolo integrale su   LA STAMPA
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Leggi anche su La Stampa
SAVONA
15/06/2013 - CENTINAIA DI ALLEGATI RACCOLTI DALLA RETE FERMIAMO IL CARBONE E DALLO STUDIO CERUTI, CONSULENTE PER IL CASO PORTO TOLLE.

AMBIENTE: ENEL ANCORA IN TRIBUNALE CONTRO GREENPEACE,


AMBIENTE: ENEL ANCORA IN TRIBUNALE CONTRO GREENPEACE, DALL’AZIENDA ACCANIMENTO LEGALE.
(AGENPARL) - Roma, 27 giu - Enel ancora una volta in tribunale contro Greenpeace. Si è tenuta questa mattina l’udienza per l’appello che Enel ha presentato in seguito al respingimento, lo scorso maggio, di un suo ricorso contro l’associazione ambientalista. Con quell’iniziativa legale Enel contestava a Greenpeace l’uso illegittimo dei suoi loghi, accusandola di trarre profitto dalle sue campagne a discapito dell’immagine dell’azienda e sostenendo che vi fosse un interesse economico ulteriore: quello di voler preparare il terreno, per l’ingresso nel mercato italiano, di una cooperativa di produttori di rinnovabili tedesca, Greenpeace Energy. Quello di oggi è solo l’ennesimo capitolo di in un confronto trasformato dall’azienda in una guerriglia legale senza tregua.
 Enel procede contro Greenpeace ogni qual volta lo ritenga possibile, per i motivi più disparati: ma il suo fine non è la tutela del marchio o altro, bensì fermare la campagna dell’associazione ambientalista. Greenpeace è impegnata in una serrata attività di denuncia nei confronti di Enel, cui contesta il consistente ricorso alla fonte energetica più dannosa per la salute umana e per il clima: il carbone.
Secondo Greenpeace la combustione del carbone nelle centrali Enel causa ogni anno, in Italia, centinaia di morti premature, danni economici per miliardi di euro, l’emissione di una enorme quantità di gas serra, principale contributo nel nostro Paese alla distruzione del clima. 
I giudici, in questo procedimento, hanno già respinto una volta le assurdità di Enel in maniera molto chiara: richiamando un’altra sentenza dello scorso luglio – che ha visto ugualmente Enel sconfitta – che valutava le accuse di Greenpeace fondate e veridiche; ricordando che il diritto di critica è inalienabile e che l’uso di loghi aziendali, in campagne come questa, è legittimo se le motivazioni sono fondate; ribadendo che Greenpeace intende tutelare, con la sua attività, interessi di “rango costituzionale”. Ma tutto ciò non è bastato a far desistere Enel.

 “Enel, contrariamente a quanto pubblicizza, è un’azienda che non ascolta nessuno. Neppure i giudici. Neppure i parlamentari che si esprimono in favore di Greenpeace e presentano interrogazioni al governo per chiedere conto della sua condotta irresponsabile e censoria” dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia. “La sua strategia è chiara: non è in grado di controbattere alle nostre accuse né intende ridurre il suo consumo di carbone. Pertanto non risponde e procede solo a colpi di carte bollate. Se spendesse meno in avvocati e più in sostenibilità forse cominceremmo a risolvere qualcosa. In ogni caso, se ancora non fosse chiaro, non è così che ci fermeranno”. Greenpeace ricorda che l’accanimento legale di Enel ha persino portato recentemente il regista Mimmo Calopresti e l’autore Manfredi Giffone a essere indagati in un procedimento penale per aver collaborato alla campagna contro il carbone. Greenpeace chiede a Enel di dimezzare la sua produzione a carbone entro il 2020 e di azzerarla al 2030; di rinunciare ai progetti di nuove centrali a carbone e di sostituire la sua produzione a carbone con fonti pulite e rinnovabili.

Immagini tratte da Facebook del Dottor G.Ghirga  Medico Isde 

27 giugno 2013

Centrale di Saline Joniche, depositato alla Segreteria del TAR del Lazio il ricorso ......proposto dalla Regione Calabria


Leggi su Regione Calabria

Centrale di Saline Joniche, depositato alla Segreteria del TAR del Lazio il ricorso per motivi aggiunti proposto dalla Regione Calabria

E’ stato depositato presso la Segreteria del TAR del Lazio il ricorso per motivi aggiunti proposto dalla Regione Calabria  per ottenere l’annullamento del decreto del Ministro dell’Ambiente n. 115, del 5 aprile 2013, con il quale è stata dichiarata la compatibilità ambientale e concessa l’autorizzazione integrata ambientale per il progetto della centrale di 1320 Mw, alimentata a carbone, di Saline Joniche.
Il ricorso per motivi aggiunti si ricollega direttamente ed immediatamente a quello già proposto dalla Regione dinnanzi al medesimo TAR del Lazio per impugnare il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che, decidendo sul contrasto tra Ministero dei Beni Culturali, che aveva espresso parere negativo, e Ministero dell’Ambiente, aveva dichiarato la compatibilità ambientale dell’intervento proposto dalla società S.E.I. S.p.A.
Quest’ultimo decreto, in particolare, era stato trasmesso per la registrazione alla Corte dei Conti che, sospendendo l’iter della registrazione, ha richiesto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri numerosi chiarimenti in ordine alla legittimità del provvedimento.
Tra i punti di criticità evidenziati nella richiesta della Corte dei Conti assume specifico rilievo quello relativo alla mancata intesa con la Regione Calabria che, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale e la normativa che disciplina la concessione dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianti della potenza come quella prevista per la centrale di Saline, costituisce un presupposto essenziale per potersi far luogo all’autorizzazione.

.....Per evitare ogni potenziale pregiudizio derivante dalla sua esecuzione, viene chiesta la sospensione del provvedimento impugnato evidenziandosi, al riguardo, le numerose lacune ed irregolarità di un iter rispetto censurato innanzi al TAR del Lazio oltre che dalla Regione, dagli altri enti locali interessati, associazioni ambientaliste, associazioni di produttori agricoli, che hanno proposto ricorsi autonomi ed anche interventi adesivi a quello proposto già dalla Regione.
Leggi l'articolo integrale
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Tratto da Il Corriere della Sera

Calabria ricorre al Tar contro centrale a carbone

27 Giugno 2013 
La Regione Calabria ricorre al Tar del Lazio contro la centrale a carbone di Saline Joniche (Rc), autorizzata dal governo ma contestata da organizzazioni ambientaliste, cittadini, enti locali e dalla Corte dei Conti che aveva sospeso l'iter della registrazione. La centrale dovrebbe bruciare carbone per produrre fino a 1320 MW di energia elettrica, ed era stata autorizzata dal ministero dell'Ambiente pur con il parere negativo da parte del ministero dei Beni Culturali. 
Tra i punti di criticita' ha forte importanza la mancata intesa con la Regione che, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale e la normativa, e' un presupposto essenziale.
In questo caso l'intesa e' mancata del tutto: la Regione ha sempre ribadito di non poter dare l'assenso la costruzione sul proprio territorio di centrali a carbone, dato che il piano energetico regionale ne prevede il divieto a favore delle rinnovabili, e dato che la Calabria produce gia' piu' energia elettrica di quanta ne consumi.
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Leggi anche su ZOOMSUD

Reggio Calabria CENTRALE SALINE: 

Associazioni Area Grecanica-No Carbone presentano presentano ricorso al Tar-

..........Mancando il potere al Ministero dell’Ambiente nessuna richiesta poteva essere avanzata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e, pertanto, il DPCM da questo emesso è da considerare radicalmente illegittimo, così come il successivo Decreto del Ministero dell’Ambiente quale atto conseguente, in quanto emesso nell’esercizio del potere sostitutivo in una fattispecie nella quale il richiedente non aveva il potere di decidere. 

In relazione al periculum, va rilevato come, le opere autorizzate, e dunque non solo la centrale ma anche i connessi 100 km di elettrodotto, presuppongono lavori idonei a modificare in modo irrimediabile il territorio che, dunque, anche e soprattutto qualora la decisione nel merito intervenisse ad opere già avviate, risulterebbe irrimediabilmente danneggiato e modificato con ogni conseguenza paesaggistica, economica e sociale.



Blitz di Legambiente davanti ad Assoelettrica, basta inquinanti fonti fossili

Tratto da Ecoblog

Oggi blitz di Legambiente ad Assoelettrica contro i sussidi a petrolio, gas e carbone.


Questo pomeriggio Legambiente effettuerà un’incursione pacifica e colorata all’assemblea di Assoelettrica «per dire basta ai sussidi alle fonti fossili e agli oneri impropri che fanno pesare di più le bollette degli italiani e per chiedere di non cancellare gli incentivi per il solare fotovoltaico

Secondo Legambiente, è possibile fare risparmiare ben 5 miliardi di euro agli italiani tagliando i sussidi alle fonti fossili, gli oneri impropri gli sconti in bolletta ai grandi consumatori......
I “fossili” di Assoelettrica difendono naturalmente a spada tratta le sovvenzioni alle inquinanti centrali ad olio combustibile che dicono dovrebbero entrare in funzione in caso “di emergenza gas”. Secondo le statistiche Terna, nel 2011 il contributo dell’olio combustibile al termoelettrico è stato intorno al 4%, quindi sicuramente un po’ più dell’ “emergenza”.
La difesa di Assoelettrica diventa ridicola quando si parla degli inceneritori (quelli che si beccano impropriamente il sussidio CIP 6 come fonti assimilate alle rinnovabili)....  
Peccato che:(1) Negli altri paesi europei gli inceneritori non sono incentivati come in Italia(2) la riduzione dei rifiuti, la raccolta differenziata e il riciclo stanno togliendo cibo agli inceneritori (vedi il caso della Norvegia, ricordato persino da Crozza in una gag comica), che sono quindi tutt’altro che indispensabili.
Non è vero che gli incentivi alle rinnovabili rappresentano un costo per gli italiani: secondo uno studio di AGIGI, nei prossimi 20 anni i benefici apportati dalle fonti di energia rinnovabile assommeranno a 228 miliardi di € a fronte di una spesa di 152 miliardi.
Il fatto che Assoelettrica si debba muovere sulla difensiva, provando a giustificare ogni sua mossa è comunque un buon segno che l’aria in Italia sta cambiando.....

Leggi l'articolo integrale  su Ecoblog


Tratto da Ansa

Blitz  di Legambiente davanti  ad Assoelettrica, basta fonti fossili

Un sacco di carbone in regalo a presidente Testa

ROMA - Un sacco pieno di carbone e una foto di quando, da giovane, si batteva contro questa e le altre fonti fossili e per un mondo pulito. E' il 'regalo' che Legambiente ha consegnato al presidente di Assoelettrica Chicco Testa questo pomeriggio nel corso di un blitz davanti alla sede dell'assemblea dell'associazione. 
L'ex presidente di Legambiente ed ex membro del cda di Enel, sottolinea l'associazione, ''sembra, infatti, aver dimenticato la sua lotta contro il vecchio e inquinante carbone''.Leggi tutto

29 GIUGNO FERMA CON NOI L'ERA DEL CARBONE

Riceviamo  da Spezia Polis

Il 29 Giugno tutto il mondo dice 
NO AL CARBONE

Le centrali a carbone sono la principale fonte di emissione di anidride carbonica. L’alta concentrazione di CO2 nell'atmosfera è la principale causa dei cambiamenti climatici in corso. Il carbone è la fonte responsabile, a livello globale, di oltre il 40% del totale delle emissioni di CO2 e rappresenta il modo peggiore e più inquinante di produrre energia elettrica. Solo in Italia l’inquinamento che viene dal carbone causa 570 morti premature l'anno e danni sanitari, economici e ambientali per oltre 2,6 miliardi l'anno.
Alla Spezia, Greenpeace e il Comitato SpeziaViaDalCarbone dicono no al carbone per mare e per terra, con giochi, dibattiti, spettacoli e musica. 
Il programma della giornata:

15.00-18.00 - Centro Allende: area informazioni e preparazione corteo, interventi ospiti, musica e video, laboratori per bambini:

17.00-18.00 - Passeggiata Morin: formazione del corteo di imbarcazioni capitanato dal vascello pirata "V Remo" di Cadimare che imbarcherà parte degli attivisti di Greenpeace
18.00-20.00 - Viale Mazzini: parte il corteo di terra che, bambini in testa, raggiungerà la darsena di Pagliari, raggiunto via mare dal corteo di imbarcazioni che toccherà le marine del Canaletto e di Fossamastra. Flash Mob di Greenpeace sul percorso
20.00 - Darsena Pagliari: presa simbolica del pontile del carbone dell'Enel, arrivo e sbarco alla darsena e chiusura della manifestazione con grande concerto dei Rümo e dei Visibì 
Il Comitato SpeziaViaDalCarbone ha ricevuto conferme di partecipazione dalla maggior parte delle associazioni ambientaliste come Italia Nostra, Legambiente, WWF; da molti comitati locali impegnati nella difesa di ambiente e salute; da un gran numero di cittadini che scenderanno in piazza per mettere fine a 50 anni di carbone alla Spezia.



Mappa interattiva http://goo.gl/maps/imm9S

Dr. Agostino Di Ciaula – ISDE Italia :La prevenzione primaria è uno dei compiti della politica.

Tratto da Peacelink
Audizione in Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, 24 giugno 2013

L'intervento sull'ILVA del Dr. Agostino Di Ciaula – ISDE .

26 giugno 2013 - Fulvia Gravame (Agostino Di Ciaula)
Ringrazio il Presidente e gli onorevoli deputati, perché mi consentono di poter rappresentare il punto di vista di un medico della “International Society of Doctors for Environment”, una società scientifica internazionale da anni impegnata nello studio dei rapporti tra ambiente e salute umana e nell’affermazione dell’importanza della prevenzione primaria.

Spesso, pensando ai tumori, si considera la possibilità di diagnosi precoce un’arma vincente. In realtà, si è veramente vincenti se si agisce a monte, non solo cercando di limitare i danni di malattie già insorte ma impedendo che queste insorgano, evitando l’esposizione alle sostanze che le provocano.

La prevenzione primaria è solo in parte compito dei medici, che possono al massimo svolgere un ruolo di sostegno informativo basato sulle evidenze scientifiche
La prevenzione primaria è uno dei compiti della politica. È per questo che ho accolto con grande piacere l’invito ad essere presente qui oggi.

Nel disegno di legge all’esame di questa Commissione è evidente la volontà del Governo da un lato di “tutelare l’ambiente e la qualità della vita”, dall’altro di “evitare gravi danni all’ economia nazionale”, prevedendo un percorso di risanamento ambientale contemporaneo ad una prosecuzione dell’attività produttiva di ILVA.

Il Governo intende raggiungere questi obiettivi mediante l’applicazione della revisione dell’AIA rilasciata nello scorso ottobre dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con questo percorso si prevede di completare il risanamento nel prossimo triennio.

Dal punto di vista medico è opportuno porsi in particolare due domande:

- la prosecuzione dell'attività produttiva di ILVA nel prossimo triennio è veramente COMPATIBILE con l'esistenza di condizioni che possano definirsi "accettabili" di salubrità ambientale e di salute dei cittadini?

- quando il percorso di applicazione dell’AIA sarà terminato (nel 2016), questo garantirà davvero ai residenti nell’area di Taranto salubrità del territorio e un livello di sicurezza sanitaria almeno simile a quello di altre zone d’Italia considerate “non a rischio”?

La prima pubblicazione scientifica che dimostrava la contaminazione da microinquinanti dei mitili di Taranto risale all’anno 2000 [1]. L’ultima è stata pubblicata pochi giorni fa [2]. La compromissione della catena alimentare ha continuato ad essere ben documentata per tredici anni successivi [3-12] ed ha causato iniziative di sequestro di aree agricole, mitili e capi di bestiame. Poi sono comparse, chiare e inequivocabili, le evidenze epidemiologiche ormai note a tutti, soprattutto grazie alle rilevazioni dell’ISS, che ha certificato l’area di Taranto come insalubre e ad elevato rischio sanitario [3513-19].

I tre periti del GIP Todisco hanno accertato trenta morti in più all'anno attribuibili all'ILVA.

.....Questo accade perché molti degli inquinanti emessi dall’ILVA (soprattutto metalli pesanti e composti organici clorurati come diossine e PCB), oltre ad entrare nella catena alimentare sono in grado di superare la barriera placentare e di causare danni già in epoca fetale [20-22].

Gli inquinanti emessi dall'ILVA causano, tra gli altri effetti, danno epigenetico [23-28],un'alterazione che induce difetti dell’espressione del DNA anche in assenza di modifiche della sequenza dei geni. È stato dimostrato che questo danno è alla base di una vera e propria “riprogrammazione” fetale patologica [28], in grado di determinare l’insorgenza di malattie di varia natura in età adulta. Altra conseguenza tipica del danno epigenetico è che, quando sono interessate le cellule germinali del feto, le conseguenze sanitarie si rendono visibili e misurabili a distanza di due generazioni dal momento dell’esposizione di donne in gravidanza [29].

I neonati, inoltre, oltre che per esposizione diretta, subiscono il passaggio di diossine e altri inquinanti tossici attraverso il latte materno [3], continuando ad accumularli dopo la prima contaminazione subita già in utero.
A questo proposito, uno studio pubblicato pochi mesi fa su una rivista scientifica internazionale ha dimostrato la presenza di diossine nel latte materno delle donne di Taranto, con valori sino a 40 volte superiori a quelli considerati “tollerabili” dall’Organizzazione Mondiale della Sanità [3].

Se ILVA dovesse cessare in questo preciso momento la sua produzione, i danni provocati sino ad oggi genererebbero dunque patologie almeno nelle prossime due generazioni di tarantini.

Considerate le informazioni che l’epigenetica, la fisiopatologia e l’epidemiologia ci mettono a disposizione, è possibile affermare che dal 2000 ad oggi sono passati circa 13 anni di malattie e morti evitabili in tutte le fasce di età, compresa quella prenatale.

Nella situazione attuale il rispetto dell’AIA non può essere evocato come garanzia di sicurezza per il numero di violazioni delle prescrizioni certificato da ISPRA, per l’incertezza sull’effettiva durata dei tempi di applicazione, per i gravi dubbi (che elencherò in seguito) sulla sua reale efficacia e, non ultimo, per l’assenza, ricordata dalla stessa ISPRA in occasione della sua recente audizione in questa Commissione, di un regolamento organico per l’accertamento, la notifica e la contestazione delle violazioni dell'AIA da parte dell’organo a questo deputato per legge.
 ......

Ma a parte le considerazioni sino ad ora esposte, alla domanda sulla reale efficacia e utilità dell’applicazione dell’AIA ha risposto, anche se parzialmente, una recente e interessante analisi ufficiale prodotta da ARPA Puglia, il “primo rapporto sulla valutazione del danno sanitario”.
In questo studio statistico-epidemiologico, che è possibile scaricare dalla pagina web del garante AIA, si confrontano le emissioni e i danni ambientali e sanitari contestualizzati al 2010, con quelli che si avranno quando l’applicazione dell’AIA sarà conclusa, nel 2016...........

Secondo le stime dell’Agenzia Regionale, in questo momento rischia di avere un tumore, considerando la sola INALAZIONE degli inquinanti, una popolazione di 22.500 residenti. Dopo l’AIA correranno questo rischio 12.000 residenti.

Dunque, almeno 12.000 RESIDENTI continueranno ad essere sottoposti a rischio elevato di tumore maligno a causa dell’inquinamento industriale prodotto da ILVA.

Il termine “almeno” è giustificato dalla considerazione che questa previsione di ARPA sulle conseguenze sanitarie è solo parziale e il dato sul rischio è fortemente sottostimato. L’analisi, infatti, prende in considerazione i rischi tumorali legati alla sola INALAZIONE di sostanze inquinanti, escludendo completamente le altre vie di assunzione delle sostanze tossiche emesse dall’ILVA. 

La capacità di danno biologico di molti degli inquinanti emessi dall’ILVA, infatti (in particolare diossine, PCB, metalli pesanti) si esplica prevalentemente non per inalazione ma per INGESTIONE di alimenti contaminati e persino per contatto cutaneo.

Il rapporto ARPA, inoltre, calcola i rischi che quelle concentrazioni di inquinanti causano in soggetti adulti di peso medio. Non considera che a parità di concentrazioni il rischio è decine di volte più alto per i feti e per i bambini, perché questi hanno una superficie corporea di molto inferiore a quella degli adulti, e perché sono organismi in fase disviluppo biologico.
Questo meccanismo è stato sino ad ora alla base dell’incremento epidemiologico di malformazioni congenite e di neoplasie in età pediatrica osservato in quell’area.

È inoltre utile ricordare che la quantità di inquinanti emessi da ILVA è e sarà, anche dopo l’applicazione dell’AIA, direttamente proporzionale alla sua capacità produttiva. Più acciaio si produce, più inquinanti vengono emessi in atmosfera....

In base alle premesse fatte, con grande rispetto faccio presente che questo comporta anche, letto con gli occhi di un medicol’onere di definire esattamente cosa si intenda per condizioni epidemiologiche "accettabili" e quale sia il livello produttivo utile a garantire tali condizioni, perché queste indicazioni non si trovano nel decreto di AIA, non si trovano nel disegno di legge all’esame di questa Commissione né nella valutazione di danno sanitario elaborata da ARPA Puglia.

Da questo punto di vista, questo disegno di legge rende comunque di fatto la salute dei tarantini un bene negoziabile.

Nessuno chiede il raggiungimento di un utopico “livello zero” di rischio, ma che almeno si raggiunga nell’area di Taranto un livello di sicurezza simile a quello di altre zone d’Italia ritenute “non a rischio”, anche inconsiderazione dell’evidenza che gran parte degli inquinanti emessi dall’ILVA non hanno un “livello soglia” al di sotto del quale non causino danni misurabili sulla salute umana, e che numerosi altri impianti altamente inquinanti sono presenti nell’area.

In conclusione, la proposta di legge del Governo è certamente valida se si considera il suo proposito generale di commissariamento per consentire il risanamento di aziende che non rispettino le garanzie prescritte dai decreti AIA.

Concordo tuttavia con l’affermazione di ISPRA sulla “unicità” in ambito ambientale nazionale dell’ILVA di Taranto. Il caso di Taranto non è assimilabile a nessun altro a livello nazionale e non può rientrare in quel proposito generale.
 Il caso Taranto è reso particolare dal suo passato, dal suo presente e dal suo possibile futuro.

Per questo, in base alle considerazioni espresse, dal punto di vista etico prima ancora che medico, questo disegno di legge non può nella sua forma attuale essere sufficiente a ristabilire le minime garanzie di tutela sanitaria della popolazione e il pieno rispetto degli articoli 32 e 41 della nostra Costituzione, che devono essere validi per i tarantini come lo sono per tutti gli altri Italiani.

Grazie per l’attenzione

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