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29 aprile 2019

Il Tar della Campania boccia il progetto per il nuovo biodigestore ad ALIFE

Il Tar boccia il progetto per il nuovo biodigestore

Tratto da Casertanews

Il Tar boccia il progetto per il nuovo biodigestore

I giudici hanno confermato il 'no' del Comune all'impianto rifiuti per la produzione di energia


l ‘no’ del Comune alla richiesta di autorizzazione per la costruzione di un impianto di digestione anaerobica per la produzione di biogas da fonti energetiche rinnovabili è corretto. A mettere un punto alla battaglia legale in atto tra il Comune di Alife e l’azienda agricola ‘Fabio Izzo’ è il Tar della Campania, che ha bocciato il ricorso presentato dalla società contro lo stop imposto dal Comune all’impianto rifiuti per produzione elettrica da 100 kw.
Una vicenda nata nel dicembre 2017, quando il Comune e la Commissione Locale per il Paesaggio esprimono parere non favorevole al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica chiesto dall’azienda zootecnica di bufale, in quanto ritenuto contrastante con la disciplina del Piano Territoriale Paesistico sul presupposto che non si tratta di “adeguamento funzionale degli impianti per le attività produttive agricole” ammesso in zona PAF (Zona di protezione del paesaggio agricolo di fondovalle).
L’azienda aveva quindi presentato ricorso al Tar, lamentando come dalla Soprintendenza non fosse arrivato un parere in merito e che l’impianto fosse funzionale all’attività produttiva, “in quanto finalizzato a valorizzare i reflui zootecnici dell’allevamento gestito con grandi benefici ai fini della riduzione del consumo dei combustibili fossili per produrre energia” e negando che “l’incentivo pubblico ottenuto per la cessione di energia elettrica alla rete pubblica abbia natura esclusivamente privata e speculativa”.
Per i collegio dei giudici della Settima Sezione (presidente Rosalia Marita Rita Messina), hanno però bocciato in toto il ricorso presentato dall’azienda zootecnica. .......
L’azienda zootecnica è stata quindi condannato al pagamento delle spese processuali pari a 3mila euro, da corrisponde in egual misura tra Comune e Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.Qui l'articolo integrale 


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Agi :Conciliare lavoro e salute. L'eterno dilemma di Taranto

Tratto da Agi

Conciliare lavoro e salute. L'eterno dilemma di Taranto

La città pugliese mantiene il primato nei tumori riconducibili ad attività lavorativa, in primo luogo a causa dell'ex Ilva. L'aumento della produzione dell'acciaieria previsto da Arcelor Mittal, nuovo proprietario, riapre un problema da sempre insoluto. Gli ambientalisti puntano sulla Valutazione integrata impatto ambientale e sanitario e incassano l'apertura di Di Maio
ilva taranto inquinamento tumori
La denuncia fatta dall’Osservatorio nazionale dei consulenti del lavoro a proposito del primato di Taranto per i tumori riconducibili ad attività lavorativa, col 70 per cento dei casi sinora emersi collegati alle emissioni inquinanti dell’ex Ilva, ora Arcelor Mittal, e all’amianto - presente sia nel siderurgico che nell’industria navalmeccanica (Taranto è sede dell’Arsenale della Marina e in passato ha ospitato i cantieri navali), rilancia l’istituzione della Viias, la Valutazione integrata impatto ambientale e sanitario. E riaccende i riflettori su un problema che la città si porta dietro da anni: come conciliare la tutela della salute con la difesa del lavoro....

Il Nodo della  Viias

Nella sua visita del 24 aprile in Prefettura a Taranto, insieme ad altri quattro ministri (Costa per l’Ambiente, Grillo per la Salute, Lezzi per il Sud e Bonisoli per i Beni culturali), il vice premier e ministro dello Sviluppo economico, Luigi di Maio, ha aperto all’introduzione della Viias, la Valutazione integrata impatto ambientale e sanitario. Una Valutazione che aiuti a capire preventivamente quali danni la produzione industriale, specie quella impattante come lo è la siderurgia, può generare sulla salute di lavoratori e cittadini. Questa richiesta della Viias é divenuta ormai insistente e a Taranto accomuna realtà ambientaliste, come Legambiente e Peacelink, ma anche l’arcivescovo Santoro, il governatore della Regione Puglia, Emiliano, e il sindaco di Taranto, Melucci..... Leggi tutto qui 

OMS-Cambiamenti climatici e danni sanitari: presentata la Carta di Roma

Tratto da http://www.rinnovabili.it

L’Organizzazione Mondiale della Sanità parla di 250.000 decessi all’anno nei prossimi vent’anni a causa dei cambiamenti climatici


(Rinnovabili.it) – Nella giornata di ieri, durante la sessione scientifica del Villaggio per la Terra, si è discusso di cambiamenti climatici e delle loro conseguenze. In particolar modo presentando il frutto del lavoro svolto per la redazione della “Carta Internazionale di Roma su clima e salute” (documento in pdf), realizzata al termine del Simposio internazionale ‘Health and Climate Change’ (‘Salute e cambiamenti climatici’) tenutosi a Roma presso l’Istituto Superiore di Sanità dal 3 al 5 dicembre 2018. Il documento sancisce un’unità d’intenti del mondo scientifico compatto «nel sostenere che gli effetti dei cambiamenti climatici sulla salutediretti ed indiretti» vadano «affrontati immediatamente».
 L’appello della comunità scientifica riunisce 500 ricercatori provenienti da 27 paesi e delinea le azioni necessarie da intraprendere riguardo la questione dei cambiamenti climatici in relazione con le tematiche della quotidianità (salute, salubrità dell’aria, igiene dell’acqua, malattie trasmissibili, sviluppo e mobilità sostenibile, sicurezza alimentare).
Un’importanza capitale, quella dei temi legati ai cambiamenti climatici, soprattutto se si analizzano i dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) che parla di 250.000 decessi all’anno che avverranno nei prossimi vent’anni.
Le azioni da intraprendere, stando alla “Carta di Roma”, riguardano anzitutto la «mitigazione dei cambiamenti climatici» e l’adozione di «sistemi di allerta» che si rendono «necessari per ridurre e monitorare l’impatto degli inquinanti e delle relative patologie umane.

Per quel che concerne la qualità dell’aria, si ravvisano come necessarie «politiche ben concepite e precise» che «devono essere sviluppate per ridurre le emissioni di anidride carbonica e inquinanti di breve durata in settori come il trasporto, la progettazione urbana, l’edilizia, la sanità, l’alimentazione e l’agricoltura». 
Anche perché, stando a quanto riporta la relazione: «il circolo vizioso instauratosi tra cambiamenti climatici e qualità dell’aria deve essere contrastato nel suo impatto sulle patologie non trasmissibili e in quelle respiratorie e cardiocircolatorie in particolare».
Allo stesso modo va promossa una corretta informazione ed educazione sui cambiamenti climatici: «deve essere promossa – prosegue il documento – l‘educazione dei cittadini sugli effetti del cambiamento climatico sulla salute» agendo anche nello stile di vita quotidiano: «stili di vita e [di]sviluppo sostenibili devono essere adottati nella gestione degli ecosistemi per evitare la “sesta estinzione di massa”».

28 aprile 2019

AirVisual: l'inquinamento atmosferico nelle grandi città del mondo

 Tratto da  Arpat Toscana                               26/04/2019
Ovunque si superano i limiti raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità per il PM2,5; molto limitato anche l’accesso all'informazione pubblica in materia di qualità dell’aria
AirVisual: l'inquinamento atmosferico nelle grandi città del mondo
Il rapporto annuale del progetto AirVisual, realizzato in collaborazione con Greenpeace, elabora una classifica interattiva della qualità dell’aria in più di 3.000 città del mondo, relativamente al PM2.5.
Dal 2015 AirVisual fornisce, attraverso una piattaforma centralizzata, informazioni sulla qualità dell'aria, attraverso l'aggregazione di dati - in tempo reale o quasi in tempo reale - provenienti sia dalle reti di monitoraggio istituzionali che da centraline domestiche gestite da singoli cittadini e organizzazioni.
Il rapporto presenta i dati - riferiti al 2018 - provenienti proprio dalla piattaforma.
Per correlare l'esposizione ai potenziali impatti sulla salute, AirVisual fa riferimento a due linee guida per l'inquinamento da PM2.5: il valore indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e l'indice di qualità dell'aria degli Stati Uniti.
Delle 62 capitali di tutto il mondo censite, solo 9 hanno registrato nel 2018 medie di PM2,5 al di sotto dei limiti raccomandati dall’OMS. Nuova Delhi è la capitale più inquinata al mondo, seguita da Dhaka, in Bangladesh, e Kabul, in Afghanistan.....
Facciamo presente che molte aree non dispongono di informazioni aggiornate sulla qualità dell'aria e per questo motivo non sono rappresentate nel rapporto: il numero totale delle città che superano i livelli indicati dall’OMS potrebbe dunque essere più elevato.
Se si analizza invece il livello nazionale, ponderato in base alla popolazione, il Bangladesh emerge come paese mediamente più inquinato, seguito da vicino da Pakistan e India. Stati Uniti, Canada, Paesi scandinavi, Estonia, Irlanda, Islanda, Portogallo, Australia e Nuova Zelanda sono quelli meno inquinati. L’Italia risulta a metà classifica, con livelli medi annui di 14,9 microgrammi di PM2.5 per metro cubo. Nell’immagine è riportata la classifica dei paesi, ordinati per concentrazione media stimata di PM2,5 (μg/m³).
classifica dei paesi più inquinati
Lo stato della qualità dell’aria di tutte le città analizzate nel rapporto, insieme a molte altre, può essere esplorato anche attraverso la mappa interattiva che mostra in tempo reale la concentrazione di PM2,5 nelle città. AirVisual combina i dati dei satelliti e quelli rivelati dalle centraline ed è in grado di misurare il movimento delle particelle inquinanti in base alle correnti d’aria nell’atmosfera.
Il progetto AirVisual prevede anche una app tramite cui ricevere informazioni in tempo reale sulla qualità dell'aria, le previsioni sulla qualità dell'aria e le raccomandazioni sanitarie attuabili che consentono alle persone di ridurre la propria esposizione agli inquinanti atmosferici. La riduzione dell'esposizione personale all'inquinamento atmosferico può essere infatti ottenuta attraverso semplici azioni, come ad esempio limitare l’attività all'aperto in presenza di elevati livelli di inquinamento o proteggere gli spazi interni chiudendo le finestre durante episodi di inquinamento.
Il progetto AirVisual e il report relativo hanno senza dubbio il merito di aver scattato una fotografia dello stato attuale del monitoraggio della qualità dell'aria in tutto il mondo, facendo emergere le forti differenze tra i paesi: molte aree popolate non dispongono infatti ancora oggi di informazioni sulla qualità dell'aria in tempo reale o quasi in tempo reale; in molti paesi in via di sviluppo l'accesso alle informazioni sulla qualità dell'aria è limitato. ....
mappa delle reti di monitoraggio della qualità dell’aria nel mondo
Rendere accessibili i dati è uno dei modi più efficaci per migliorare la qualità dell'aria, genera la consapevolezza da parte del pubblico e di conseguenza la domanda di azioni. .....
L'entità dei rischi per la salute posti dall'inquinamento atmosferico a livello mondiale sottolinea l'urgente necessità di un maggiore accesso a dati tempestivi sulla qualità dell'aria che consentano ai cittadini e alle comunità di prendere decisioni e azioni informate per proteggere l’ambiente e la salute....

Ansa:Cambiamenti climatici e salute, apocalisse a fuoco lento

Tratto da Ansa 

Cambiamenti climatici e salute, apocalisse a fuoco lento


(ANSA) - ROMA, 28 APR - I cambiamenti climatici per la salute sono un'apocalisse a fuoco lento, nel senso che è qualcosa di cui non ci accorgiamo perché cresce lentamente. È come se fossimo delle rane che vengono messe a bollire, e poi alla fine si accorgono dell'impatto sulla salute quando è troppo tardi". E' il paragone utilizzato da Walter Ricciardi, presidente della Federazione Mondiale delle Società di Sanità Pubblica, e direttore del Dipartimento della Salute della Donna e del Bambino della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma, IRCCS per denunciare un problema ancora largamente sottostimato. "Mentre in passato rischi come l'apocalisse nucleare furono ben chiariti da Hiroshima e Nagasaki, l'apocalisse che il cambiamento climatico può causare per la salute - sottolinea Ricciardi - è largamente sottostimata. Perciò è molto opportuno parlarne in tutte le circostanze e spiegare questi dati ai cittadini". Di questo si è discusso oggi al focus scientifico per eccellenza del Villaggio per la Terra, organizzato in collaborazione con il Dipartimento "Scienze della salute della donna e del bambino e di sanità pubblica" dell'Università Cattolica di Roma, diretto dal professor Walter Ricciardi. Nel dibattito si è dato voce all'impegno di centinaia di ricercatori e premi Nobel che, nella recente "Carta Internazionale di Roma su clima e salute", hanno espresso raccomandazioni e suggerito azioni necessarie ai decisori politici. Al Talk sono intervenuti anche Alberto Contri, presidente della Fondazione Pubblicità Progresso; Giovanni Raimondi, presidente della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS; Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù; Giovanni Scambia, Direttore Scientifico della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS.

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, i cambiamenti climatici saranno la prima causa di 250 mila decessi all'anno nel mondo per tutto il prossimo ventennio.(ANSA).

26 aprile 2019

Leucemia infantile, uno studio Unimore rivela le connessioni con l'inquinamento

Leucemia infantile, uno studio Unimore rivela le connessioni con l'inquinamento

Leucemia infantile, uno studio Unimore rivela le connessioni con l'inquinamento

Tratto da https://www.modenatoday.it

Leucemia infantile, uno studio Unimore rivela le connessioni con l'inquinamento

Una importante ricerca cui ha collaborato il Dipartimento di Scienze Biomedicihe, Metaboliche e Neuroscienze, sostenuto da Aseo, ha messo in veidenza alcune criticità su un tema così delicato

Quali sono le possibili cause della insorgenza delle leucemie in età pediatrica? L’esposizione a certi fattori ambientali, può contribuire ad aumentare il rischio che queste patologie si presentino? Sono domande che da tempo suscitano interesse a vari livelli, e che sono state oggetto di diversi studi, circa una trentina in tutto il mondo, che fino ad oggi avevano però prodotto risultati ritenuti ancora non convincenti a fine 2018 dalla International Agency for Research on Cancer – IARC – della Organizzazione Mondiale della Sanità.
L’articolo che è stato presentato oggi Modena, invece, consiste in una rassegna sistematica e meta-analisi dal titolo “Association between outdoor air pollution and childhood leukemia: a systematic review and dose-response meta-analysis”, realizzata dal Dott. Tommaso Filippini (first author) e dal Prof. Marco Vinceti (last and corresponding author) per UNIMORE – Dipartimento di Scienze Biomedicihe, Metaboliche e Neuroscienze - dalla Prof. Elizabeth Hatch e il Prof. Kenneth Rothman per la Boston University School of Public Health, dalla Prof.ssa Julia Heck e il Dott. Andrew Park per la University of California Los Angeles, e dal Dott. Alessio Crippa e il Prof. Nicola Orsini del Karolinska Institutet di Stoccolma.
Lo studio, promosso e finanziariamente sostenuto da ASEOP Onlus (Associazione Sostegno Ematologia e Oncologia Pediatrica), verrà pubblicato su Environmental Health Perspectives, rivista di punta in ambito internazionale nel settore della medicina ambientale, pubblicata dal National Institute of Environmental Health  Sciences statunitense.

La presentazione dello studio - VIDEOINTERVISTA

Lo studio si propone di verificare quale sia il reale contributo del traffico veicolare e dei singoli inquinanti da esso emessi nel determinismo delle leucemia infantili, il più comune tumore dell’età pediatrica, applicando due nuove metodologie di analisi statistica particolarmente innovative -ideate dai due coautori e biostatistici italiani che lavorano a Stoccolma Prof. Orsini e Dott. Crippa – alla trentina di studi epidemiologici sull’associazione tra leucemia infantile e traffico veicolare condotti sino al marzo 2019. Mediante tali metodologie, il gruppo di ricerca guidato da UNIMORE ha potuto identificare e descrivere per la prima volta una relazione dose-risposta tra esposizione a benzene ambientale (anche a livelli relativamente ridotti) e rischio di leucemia infantile. Lo studio ha anche permesso di documentare con precisione la distanza dal ciglio delle strade più ‘trafficate’ cui devono essere poste le abitazioni per non dar luogo ad incrementi di rischio di tale patologia.
Nessuno dei trenta studi epidemiologici, infatti, era stato in grado di identificare con precisione tali parametri. Le conseguenze dei risultati della rassegna sono evidenti. E’ stato possibile identificare, infatti, i livelli ambientali precisi di inquinanti atmosferici probabilmente responsabili dell’incremento del rischio di leucemia infantile, nonché le indicazioni da rispettare in una corretta pianificazione urbanistica per garantire la minimizzazione del rischio di questa grave patologia. Tali risultati – tendenzialmente riferiti a studi avvenuti negli ultimi vent’anni, quindi con un parco motorizzato circolante relativamente obsoleto – offrono inoltre spunti di particolare rilevanza per lo sviluppo di tecnologie autoveicolari ‘più pulite’ e per l’uso di combustibili e sorgenti di energia meno inquinanti, tematiche di particolare rilievo nel settore Automotive e di Ingegneria Ambientale UNIMORE.

Note di Grondacci Studi recenti su mutamenti climatici ed effetto serra

Tratto da Note di Grondacci

Studi recenti su mutamenti climatici ed effetto serra

Di seguito pubblico una sintesi dei più recenti studi internazionali, comunitari e nazionali in materia di effetto serra e mutamenti climatici. Alla sintesi segue il link al testo degli studi.



Rapporto Ispra su emissioni nazionali di gas serra: Indicatori di efficienza e decarbonizzazione nei principali Paesi Europei 
Nel rapporto sono esaminate le dinamiche temporali di diversi indicatori energetici ed economici del Paese in relazione alle emissioni di gas a effetto serra. Gli indicatori nazionali sono confrontati con quelli dei principali Paesi europei. E’ stato analizzato il ruolo dei fattori che determinano l’andamento delle emissioni di gas serra, quali crescita economica, composizione del mix di fonti fossili e rinnovabili, efficienza di trasformazione e fattori di emissione dei combustibili.
TESTO DOCUMENTO: QUI

Limitare il riscaldamento globale a 1,5°C richiede cambiamenti rapidi, lungimiranti e senza precedenti in tutti gli aspetti della società, afferma l’IPCC in un nuovo rapporto. 
TESTO COMUNICATO: QUI


Si tratta del documento approvato  alla sessione conclusiva del simposio Health and Climate Change (QUI), presso l’Istituto Superiore di Sanità, al termine di tre giorni di dibattiti e di riflessioni tra 500 ricercatori esperti su salute e cambiamenti climatici.   
La carta, contiene 24 raccomandazioni  tra i quali: ambiente e salute, scenari cambiamenti climatici
TESTO CARTA DI ROMA : QUI  QUI  e QUI.
CONTINUA LA LETTURA SULL’ARTIICOLO INTEGRALE 

Note di Grondacci:Corte di Giustizia UE: la Regione Liguria non poteva chiedere autonomia nella cessazione dalla qualifica di rifiuto


Tratto da Note di Grondacci

Corte di Giustizia UE: la Regione Liguria non poteva chiedere autonomia nella cessazione dalla qualifica di rifiuto



Come è noto, ne ho già trattato in altri post (QUI), la Regione Liguria ha approvato una delibera di indirizzo per chiedere maggiori poteri in materia ambientale. In particolare una delle richieste più discutibili è quella di avere la possibilità di  definire propri criteri per stabilire la cessazione di qualifica di rifiuto dopo trattamenti.  Ora sul punto interviene indirettamente anche la Corte di Giustizia della UE (sentenza del 28/3/2019 causa C-60-18,  QUI)come spiego nel post che  puoi leggere qui......

La Corte  quindi fa esplicito riferimento alla possibilità di criteri nazionali di esclusione dalla definizione di rifiuto solo con un “atto giuridico nazionale”.
La Corte esclude un potere decisionale sulla esclusione dalla definizione di rifiuto da parte di una autorità competente alla gestione dei rifiuti (in Italia Regioni e Province) come pure da parte di un giudice nazionale. 
La Corte aggiunge che si possa derogare a tali divieti con provvedimenti (regole tecniche)  anche per casi singoli. Ma questo dipende dalla legislazione nazionale.Leggi tutto qui 

24 aprile 2019

Il Cambiamento-Il Tribunale della UE: l'Efsa renda pubblici gli studi sul glifosato

Tratto da Il Cambiamento

Il Tribunale della UE: l'Efsa renda pubblici gli studi sul glifosato


Il glifosato è uno degli erbicidi più utilizzati a livello mondiale per il controllo delle erbe infestanti in agricoltura, orticultura, silvicultura e manutenzione del verde urbano.
Nel marzo del 2015 l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) lo ha catalogato come “probabile cancerogeno per gli umani”. Ad aprile 2015 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) è stata incaricata dalla Commissione Europea di prendere in considerazione le conclusioni dello Iarc ed effettuare una revisione nell'ambito del processo legale di rinnovo dell'autorizzazione dell'uso del glifosate in Europa. Contrariamente al rapporto Iarc, le ricerche di Efsa sono arrivate alla conclusione che è "improbabile che il glifosato possa costituire un pericolo cancerogeno per gli esseri umani”. I risultati opposti delle due valutazioni hanno generato, nei mesi seguenti, un duro dibattito tra esponenti delle due Agenzie circa la metodologia applicata nella determinazione della possibile cancerogenicità dell’erbicida.
Sebbene le conclusioni dell'Efsa avrebbero permesso il rinnovo quindicennale della licenza per il glifosate da parte della Commissione Europea, a marzo 2016 il Comitato permanente su piante, animali, cibi e mangimi (Paff) non ha proceduto a tale rinnovo a causa dell’opposizione di alcuni paesi, tra cui l’Italia. Nell’aprile 2016 il Parlamento Europeo ha votato una risoluzione non vincolante che esortava, tra l'altro, la Commissione a rinnovare l'autorizzazione al commercio del glifosato per sette anni invece di quindici e limitatamente all’uso professionale. In ambito UE è stato quindi varato il Regolamento 1313/2016 che prevede misure di limitazione nell’uso di formulati a base di glifosato, ripreso in Italia dal Decreto 9 agosto 2016 che proibisce l’utilizzo dell’erbicida in luoghi di interesse pubblico (parchi, giardini, ecc) e ne vieta totalmente l’impiego per fini non agronomici.
Nel frattempo l’Agenzia europea delle sostanze chimiche (Echa) nel marzo 2017 ha confermato la classificazione del glifosato come sostanza che può causare seri danni agli occhi, tossica per l'ambiente acquatico con effetti a lungo termine.
In questo quadro di valutazioni anche contrastanti, un cittadino ed alcuni eurodeputati, appellandosi alle disposizioni della Convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni in materia ambientale, hanno fatto richiesta di accesso all’Efsa relativamente agli studi sulla tossicità e cancerogenicità del glifosate alla base delle sue valutazioni; tali studi, mai pubblicati, sono ritenuti infatti fondamentali per determinare la dose giornaliera ammissibile di glifosate, oltre a contenere risultati e analisi sulla cancerogenicità della sostanza attiva.
L’Efsa ha però negato l’accesso a tali studi perché, ha spiegato:
. la divulgazione di tali informazioni avrebbe danneggiato gli interessi commerciali e finanziari delle imprese autrici degli studi stessi,
. non esisterebbe, secondo Efsa, alcun interesse pubblico prevalente alla divulgazione di questo genere di informazioni
. gli studi non avrebbero fornito informazioni relative alle emissioni nell’ambiente, ai sensi della Convenzione di Aarhus
. l’accesso a tali studi non sarebbe servito per una valutazione scientifica dei rischi relativi al glifosate.
I ricorrenti si sono dunque rivolti al Tribunale dell’Unione europea per chiedere l’annullamento del rigetto. E il Tribunale ha dato torto all’Efsa, annullando la sua decisione di negare l’accesso agli studi effettuati.
Ha dunque stabilito che l’Efsa debba rendere pubblici tali studi in quanto “l’interesse del pubblico ad accedere alle informazioni sulle emissioni nell’ambiente è non solo quello di sapere che cosa è, o prevedibilmente sarà, rilasciato nell’ambiente, ma anche di comprendere il modo in cui l’ambiente rischia di essere danneggiato dalle emissioni in questione”. Per i giudici europei, infatti, il pubblico è tenuto ad essere informato sui rischi ambientali legati alla diffusione del glifosate.
Gli studi di cui è stato chiesto l’accesso, per il Tribunale UE conterrebbero a tutti gli effetti informazioni “[riguardanti] emissioni nell’ambiente” ai sensi della Convenzione di Aarhus e l’Efsa non avrebbe quindi dovuto negarne la divulgazione.
Per il Tribunale l’interesse pubblico è dunque superiore a quello delle aziende (e meno male...), trattandosi di una sostanza che, nel suo utilizzo normale, è destinata ad essere rilasciata nell’ambiente, i suoi impatti prevedibili non sono solamente teorici, visto che i residui sono presenti nel cibo, nelle piante e nelle acque, ma reali; il pubblico deve accedere non solo alle informazioni sulle dispersioni ma anche a quelle sulle conseguenze a medio e lungo termine sull’ambiente, per esempio sugli organismi che non sono target primari della sostanza.

Inquinamento atmosferico: chi rischia di piu’

Salute

Tratto da Impresa diretta

INQUINAMENTO ATMOSFERICO: CHI RISCHIA DI PIU’?

Quando si parla di inquinamento dell’aria la porzione di atmosfera coinvolta è la troposfera, che corrisponde allo strato più basso dell’atmosfera terrestre e si estende dal livello del mare fino a un’altezza di circa 10-15 km.
La troposfera quindi è il luogo della vita: lo strato in cui l’aria è tangibile e respirabile dall’uomo. Gli inquinanti immessi in essa vi permangono per un periodo di tempo variabile, in funzione della loro reattività e delle condizioni meteo-climatiche. Infatti la presenza e la permanenza degli inquinanti nell’aria sono condizionati anche dalla temperatura, dalle precipitazioni e dalle radiazioni solari.
Alcuni inquinanti prodotti dalle attività umane (di origine “antropica”) possono risalire negli strati più alti dell’atmosfera, che corrispondono alla cosiddetta stratosfera (dai 10-15 km ai 50 km di altitudine) e sono responsabili dell’effetto serra, della riduzione dello strato di ozono (O3) stratosferico e delle relative conseguenze sul clima.
CHI RISCHIA DI PIU’?
Gli individui rispondono in modo diverso all’esposizione all’inquinamento atmosferico. Le persone maggiormente sensibili (suscettibili) agli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico sono:
  •  anziani
  •  indigenti
  •  bambini
  •  soggetti affetti da malattie cardiovascolari, respiratorie e allergiche ( come asma, BPCO, polmonite) o diabete di tipo 2, che comportano alterazioni funzionali tali da favorire un danno maggiore per esposizione agli inquinanti dell’aria.
Inoltre sono particolarmente suscettibili le persone esposte ad elevate concentrazioni di inquinanti, perchè residenti in zone ad alta densità di traffico, o a causa del tipo di attività lavorativa che li espone per lunghi periodi di tempo agli inquinanti ambientali (come i vigili urbani, gli autisti di mezzi di trasporto ecc.).
L’esposizione a più fonti di inquinamento ambientale può rendere più serie le conseguenze sulla salute perché gli inquinanti possono interagire fra di loro e gli effetti dannosi possono potenziarsi (come può accadere ad esempio per i fumatori che vivono in zone molto inquinate e/o svolgono particolari attività lavorative a rischio).
INQUINAMENTO E SALUTE DEI BAMBINI
Alcuni studi eseguiti su un campione di bambini e adolescenti residenti in zone vicine a autostrade o vie di scorrimento per traffico veicolare pesante hanno evidenziato un’associazione significativa tra l’abitare in tali aree e la presenza di asma, rino-congiuntivite e ridotta funzionalità polmonare.
Gli effetti avversi dell’esposizione all’inquinamento di origine veicolare sono stati confermati nello studio italiano SIDRIA (Studi italiani sui disturbi respiratori e l’ambiente). Dai risultati è emerso che l’esposizione al traffico veicolare pesante è associata alle infezioni precoci delle vie respiratorie inferiori (bronchite, bronchiolite, polmonite), alla presenza di sibili e di sintomi bronchitici nei bambini di età scolare.
 Fonte Ministero della Salute

23 aprile 2019

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Depositi Gnl, spunta l’ipotesi Reefer Terminal a Vado

Tratto da http://liguria.bizjournal.it

Depositi Gnl, spunta l’ipotesi Reefer Terminal a Vado 

Ligure

L'Adsp dovrà però fare valutazioni di tipo ambientale, demaniale e di accessibilità. Sui depositi chimici sotto la Lanterna previsti altri approfondimenti ambientali
I depositi di Gas naturale liquefatto potrebbero essere ospitati dal Reefer Terminal di Vado Ligure. L’ipotesi è stata ventilata dal presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale Paolo Emilio Signorinidurante la conferenza post comitato di gestione.
«L’area individuata a Vado Ligure – spiega – potrebbe essere sia deposito di rifornimento per le navi sia accessibile alle autocisterne lato terra». La possibilità dell’opzione rifornimento a terra, secondo Signorini sarebbe preferibile, visto che dal punto di vista del mercato ci sarebbe una prospettiva immediata, mentre per il rifornimento delle navi occorrerebbe attendere ancora diversi anni.
L’Adsp dovrà però fare valutazioni di tipo ambientale, demaniale e di accessibilità. Per avere la possibilità di rifornimento sia a terra sia a mare a Genova le ipotesi potrebbero essere Cornigliano o Sampierdarena (ex carbonile), mentre l’ipotesi diga avrebbe lo svantaggio di consentire solo rifornimento via mare.
La presenza del cono di sicurezza dell’aeroporto non è compatibile con un impianto del genere.

22 aprile 2019

Stop sussidi alle fonti fossili. Legambiente: “In Italia spesi 18,8 miliardi di euro”

Tratto da Teleambiente 

Stop sussidi alle fonti fossili. Legambiente: “In Italia spesi 18,8 miliardi di euro”

Fonti fossili. Il valore complessivo dei sussidi erogati in Italia a sostegno delle fonti fossili nel 2017 è stato di 18,8 miliardi di euro.  Lo rivela il dossier di Legambiente, “Stop sussidi alle fonti fossili” tra sussidi diretti e indiretti al consumo o alla produzione di idrocarburi.

Tra sussidi diretti e indiretti al consumo o alla produzione di idrocarburi sono circa 18,8 i miliardi di euro che, secondo le stime di Legambiente, sono arrivati in un anno in Italia al settore delle fonti fossili. Le fonti inquinanti e responsabili dell’effetto serra continuano a beneficiare di ingenti sostegni, quando invece esistono tutte le condizioni per accorciare i tempi dell’uscita dalle fonti fossili e contenere l’innalzamento della temperatura del pianeta entro 1,5 gradi centigradi. Un cambio di rotta che sarebbe realizzabile soprattutto ora che le fonti rinnovabili sono pienamente competitive per tanti usi.
Sussidi alle trivellazioni, Cip6 alle fonti assimilate, esenzioni per imprese energivore, finanziamenti pubblici, contributi a impianti e centrali, incentivi alla gassificazione da fossili, ma anche i mancati introiti per le casse dello Stato: è questo, tra finanziamenti diretti e indiretti, riduzioni di accise, esenzioni e deducibilità dall’imponibile, il “buco nero” dell’energia sporca, che oltre a farci andare nella direzione opposta a quella della lotta ai cambiamenti climatici, sottrae risorse che dovrebbero essere destinate alle rinnovabili e alla conversione ecologica del nostro Paese.
L’associazione ambientalista pubblica il suo sesto dossier sui sussidi ai fossili: tutti i numeri tra finanziamenti diretti e indiretti, riduzioni di accise, esenzioni e deducibilità dall’imponibile. Secondo i dati del rapporto, al settore delle energie inquinanti sono arrivati in un anno circa 18 miliardi di euro.

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L’Agenzia internazionale dell’energia stima in almeno 300 miliardi di dollari il valore complessivo dei sussidi alle fonti fossili nel 2017, una cifra cresciuta di 30 milioni di dollari rispetto al 2016. Il 45% del totale è andato a sostegno del petrolio, quasi 137 miliardi di dollari; il 23% al gas, circa 57 miliardi di dollari; 2 miliardi di euro al carbone. Continua qui