Da non dimenticare ......
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Immagine tratta da Il Secolo XIX del 1 marzo 2015 |
FRANCANTONIO GRANERO, Procuratore della Repubblica di Savona. ......Noi abbiamo contestato la più grave delle ipotesi di reato che si
possano immaginare in questa materia, ossia il disastro doloso.
L’ipotesi dolosa si nutre di una serie di elementi che noi abbiamo raccolto anche molto da fatti
che costituiscono oppure no reato e che sono stati oggetti di procedimenti collaterali. Per esempio, c’è
il trattamento di reflui. Nel caso specifico, questo riguardava il selenio e il boro. Il problema selenio è
stato sostanzialmente risolto, quello del boro ancora non è risolto. Questo, quindi, è un altro profilo che
blocca le ipotesi di funzionamento della centrale.
Il profilo più grosso, però, è quello dell’immissione in atmosfera. Quello è veramente un profilo
drammatico. Questo non fa più parte del segreto investigativo, perché è stato riferito nel corso di
numerose audizioni di persone informate.
Noi abbiamo una serie di consulenze che sono state fatte coi migliori epidemiologi, tecnici e
chimici che siamo riusciti a trovare solo a Matera. Sono gli stessi che hanno lavorato per Porto Tolle e
hanno fornito delle conclusioni drammatiche, perché riferite semplicemente a sette anni di
funzionamento della centrale rispetto ai quaranta effettivi. La limitazione è stata fatta in relazione ai
dati che erano disponibili, specialmente a quelli di tipo sanitario. Noi abbiamo un numero di morti che certamente non è inferiore a 440, riferiti esclusivamente
alla centrale, eliminando altre cause di inquinamento ambientale, che sono numerose. Si è trattato di
una diagnosi differenziale, se volessimo usare questo termine.
Inoltre, registriamo 1.900 ricoveri solo per malattie cardiovascolari e respiratorie, escludendo i
tumori. In materia di tumori si ha una certezza assoluta che il carbone e la combustione del carbone
provochino il tumore. Non ci sono, invece, gli strumenti scientifici per misurare, per contare e per
vedere il resto e allora quella parte lì resta fuori.
Quello che abbiamo fatto in questa indagine, proprio per cercare nella maniera più totale e
assoluta di essere non un organo dell’accusa, ma un organo pubblico di accertamento dei fatti, è stato
sentire tutti gli specialisti che apparivano, che avevano fatto conoscere o manifestato fatti o che
svolgevano ruoli istituzionali, che potessero fornirci degli elementi critici, delle voci contrarie, delle
precisazioni e delle aggiunte.
Il risultato è stato che praticamente tutti gli istituti, in sostanziale buona fede, partendo
dall’Istituto superiore di sanità, nonostante una serie di critiche collaterali, come è inevitabile che
avvenga in qualunque attività di tipo scientifico – se questo non ci fosse, non saremmo più nella
scienza – hanno finito per rafforzare grandemente l’esito della consulenza.
Dal punto di vista processuale hanno fornito una grande tranquillità. Dal punto di vista sociale
hanno confermato la drammaticità della situazione. Invece, coloro che – cerco di non usare espressioni
forti – avevano ritenuto semplicemente di buttare giù dei pareri che apparivano critici, se li sono visti
smontare.
In qualche caso bastava il pubblico ministero, che non è uno specialista, per contrastare
dialetticamente le cose che vi erano scritte. In altri casi era opportuno che ci fossero i consulenti.
Pertanto, abbiamo fatto tutta una serie di audizioni contraddittorie con i consulenti e tutte le accuse di
poca scientificità nelle consulenze e, quindi, nell’esito delle medesime si sono liquefatte.
In tutta questa vicenda, che è veramente drammatica, c’è stato un lungo periodo in cui, insieme
alla collega che si occupa di questo procedimento, che si chiama Chiara Maria Paolucci, noi avevamo
la sensazione di essere gli unici due che davvero si preoccupassero della sorte dei lavoratori. Questi
sembravano una variabile inesistente.
Poi, improvvisamente, quando ci si è resi conto della gravità dalla situazione, c’è stato un
movimento frenetico – utilizzo un aggettivo che può essere inteso nel bene o nel male, cercando di non
esprimere giudizi – per affrontare questo problema. Tuttavia, lo si affronta nel momento in cui è già intervenuto il pubblico ministero e in cui il giudice ha disposto il sequestro e non ci sono più margini di
trattativa.
Di fronte a un’accusa di questo genere non si può più trattare. Questa è la difficoltà tremenda
di questo procedimento. Prima si poteva, in qualche modo, adesso è estremamente difficile.Devo dire che in questa vicenda, come anche in senso lato, in tutto quello che riguarda il
territorio, l’ambiente e i rifiuti, i veri interlocutori del pubblico ministero – naturalmente, questa è una
generalizzazione che ammette moltissime eccezioni, ci mancherebbe altro – i veri antagonisti del
pubblico ministero non sono i singoli soggetti indagati. È fisiologico che l’indagato si contrapponga, si
difenda e dica la sua.
No, i veri antagonisti sono le Istituzioni locali...
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"Centrale ,gli sforzi dei politici per eludere e non per risolvere".
Clicca qui per leggere il testo integrale dell'audizione del procuratore Francantonio Granero con la commissione parlamentare ecomafie, tenuta il 22 gennaio. L'argomento principale è l'inchiesta sulla centrale elettrica di Tirreno Power a Vado Ligure
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Precisamente un anno fa, l’11 marzo 2014, venivano posti i sigilli alla centrale termoelettrica di Vado Ligure. Il giudice per le indagini preliminari Fiorenza Giorgi aveva disposto il sequestro preventivo dei due gruppi a carbone della Tirreno Power, ponendo così un freno all’attività della centrale.
Dal giorno del sequestro, in esecuzione dell’ordinanza del gip, si è aperta un’inchiesta giudiziaria per disastro ambientale ed omicidio colposo che, ancora in corso, non lascia scampo a nessuno. Nella vicenda giudiziaria sono coinvolti infatti amministratori locali e dirigenti dell’azienda......
Oltre ai vertici di Tirreno Power, tra i qualiGiovanni Gosio, ex direttore generale, Pasquale D’Elia ex direttore dello stabilimento e Massimiliano Salvi attuale direttore, ad essere iscritte nel registro degli indagati risultano 47 persone tra cui il presidente della Regione Claudio Burlando, l’assessore regionale Renzo Guccinelli e i funzionari regionali responsabili dei procedimenti dell’Aia che hanno partecipato alle delibere con cui l’ente ha dato il suo via libera per fare operare i gruppi a carbone prima e dopo il 2012.
Nella lista ci sono anche i sindaci di Vado Ligure, Monica Giuliano e di Quiliano, Alberto Ferrando.
Secondo la procura della Repubblica di Savona, "avrebbero permesso di inquinare e provocare danni alla salute e all'ambiente".
Tutti gli amministratori e gli enti locali sono coinvolti.
Lo stesso procuratore ha affermato alla commissione parlamentare sugli illeciti ambientali lo scorso 22 gennaio: "La vera controparte sono diventati la Regione, i Comuni, la Provincia. Io non mi meraviglio che l'amministratore delegato di Tirreno Power ce la metta tutta per dimostrare la sua innocenza, ma anche per riaprire l'azienda. Se, invece, questo lo fanno le Istituzioni, mi crea un certo imbarazzo".
Un’inchiesta destinata ad andare avanti tra luci ed ombre. Lo stesso procuratore capo della Repubblica di Savona che coordina le indagini è stato “soggetto a pressioni di tutti i tipi, come ricatti e pedinamenti”.
Come ha affermato Francantonio Granero alla commissione parlamentare sugli illeciti ambientali: “Se si vanno a toccare determinati interessi, succede questo".......
Non è un bel quadro quello che vi ho fatto, lo so, ma, o diciamo delle cose vere, o è inutile parlare".
Qui l'articolo integrale
La centrale ripartirà quindi solo per le attività di manutenzione richieste dall'azienda, si tratta di attività di conservazione che non avranno alcun riferimento a possibili riprese anche parziali delle attività e non ci saranno fuoriuscite di fumi a camino.