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20 febbraio 2016

. Immagine da Zelena Istria

“Il costo del carbone?


 Le nostre vite”


Immagine e testo   tratti da  Re-Common

“Il costo del carbone? Le nostre vite”.  
Così recitava lo striscione issato ieri mattina dagli attivisti di Zelena Istria nel campo antistante la centrale termoelettrica a
 carbone di Plomin, in Istria.....
A Plomin è stata rilanciata una nuova solidarietà lungo le vie del carbone a livello mondiale, per evitare che questo combustibile del passato porti nuove morti nel Sud come nel Nord globale. 
Una questione di giustizia, che nessuno può più ignorare...
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Quante centrali a carbone ci sono ancora in Italia.
Tratto da Lifegate
In Italia abbiamo 12 centrali a carbone, ma non abbiamo carbone. I dati dicono che in poco più di 50 anni il combustibile fossile più inquinante in assoluto finirà. Uno studio del Wwf indica un'altra strada, per la Liguria.

Dodici centrali sparse tra Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Lazio, Puglia e Sardegna producono elettricità bruciando carbone. Otto sono di proprietà dell’Enel, due di A2A, una della E.ON e una della Edipower. Nel 2014 hanno soddisfatto il 13,5 per cento del consumo interno lordo di energia elettrica a fronte delle emissioni di ben 39 milioni di tonnellate di CO2, circa il 40 per cento di tutte le emissioni del sistema elettrico nazionale.




In Italia ci sono 12 centrali a carbone: producono un terzo delle emissioni del sistema elettrico nazionale. © Assocarboni



In Italia non ci sono giacimenti di carbone, eccetto il bacino sardo del Sulcis Iglesiente. Riaperto nel 1997 dopo 25 anni di inattività, oggi produce un milione di tonnellate all’anno di carbone considerato di scarsa qualità (possiede un tenore troppo alto di zolfo). Il 90 per cento del carbone che bruciamo arriva via mare da Stati Uniti, Sudafrica, Australia, Indonesia, Colombia, Canada, Cina, Russia e Venezuela.




Il paesaggio lunare, privo di vegetazione, creato da una miniera di carbone in Germania © Sean Gallup/Getty Images



L’Italia deve dotarsi di una exit strategy dal carbone


In un suo recente dossier, l’organizzazione ambientalista Wwf dimostra che entro il 2070 la disponibilità di carbone si esaurirà, fermo restando che anche se continuassimo a estrarlo fino al suo termine l’impatto sull’ambiente sarebbe devastante. La scelta del carbone è, dunque, a perdere, specie per un paese come l’Italia privo di risorse proprie, ma che non dispone ancora di una exit strategy dal carbone e dove addirittura a volte si sente parlare di nuove centrali, come ad esempio il progetto di Saline Joniche a Reggio Calabria, il più grande progetto di costruzione ex novo di centrale a carbone in Italia (ma sul quale non è ancora arrivato il parere della Commissione valutazione impatto ambientale). L’area in cui dovrebbe sorgere è già devastata da stabilimenti mai decollati che hanno fatto solamente la gioia della ‘ndrangheta.



La miglior fonte di energia è l’efficienza

Per quanto riguarda la potenza installata (ovvero la potenza massima erogabile dalle centrali) l’Italia è tecnicamente autosufficiente. Lo dice Terna, il principale operatore per la trasmissione dell’energia elettrica. Le centrali esistenti sono già in grado di erogare una potenza massima netta di circa 121 gigawatt contro una richiesta massima di 51,5 GW. Questo perché si preferisce acquistare energia dall’estero (14 per cento del fabbisogno nazionale) considerata più conveniente, e le centrali italiane sono costrette a funzionare a scartamento ridotto. La proposta di Wwf è riportata nelle conclusioni del dossier: “l’Italia farebbe meglio a puntare su un diverso modello energetico centrato sul risparmio, l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili, partendo dalla generazione distribuita in piccoli impianti alimentati sempre più da energie rinnovabili allacciate a reti intelligenti (smart grid) integrate con efficaci sistemi di accumulo”.

Lo studio dell’Enea sulla green economy

Sempre il Wwf ha commissionato a Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) uno studio sulle possibilità di transizione verso un modello più sostenibile per le imprese della Liguria, indicando nella conversione la chiave della ripresa: la produzione di batterie per gli impianti fotovoltaici, gli interventi di efficienza energetica nel settore residenziale, l’elettrificazione delle banchine portuali sono solo alcuni dei progetti che secondo Enea creerebbero più 4.500 posti di lavoro abbattendo della metà le emissioni pro capite della Regione.

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