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24 aprile 2016

Ambientalisti dello Sri Lanka: L’accordo di Parigi sul clima nonbasta ,da solo,a salvare il pianeta

Articolo tratto  da Asia news 

Ambientalisti dello Sri Lanka: L’accordo di Parigi sul clima non basta a salvare il pianeta

Melani Manel Perera

Ieri a New York è stato ratificato l’accordo di Parigi sul clima. Oltre 150 capi di Stato e di governo si sono impegnati a mantenere l’incremento della temperatura del pianeta “ben al di sotto dei 2 gradi”, e di attuare sforzi per limitare l’incremento a 1,5 gradi. Nonostante ciò, i Paesi insulari rischiano di essere sommersi dal mare. Nello Sri Lanka le centrali a carbone continuano a inquinare.
Colombo (AsiaNews) – “L’accordo di Parigi sul clima non basta, da solo, a frenare il surriscaldamento del pianeta. 
Non possiamo contare solo sull’accordo se vogliamo ottenere la giustizia climatica”. Lo hanno detto gli ambientalisti dello Sri Lanka, commentando lo storico accordo di Parigi sul cambiamento climatico che è stato firmato ieri a New York. Gli attivisti del Centre for Environmental Justice/Friends of the Earth dello Sri Lanka (Cej) hanno condannato le politiche miopi del proprio Paese in fatto di giustizia ambientale. Il Cej denuncia una contraddizione di fondo: da una parte, i rappresentanti di Colombo siglano all’Onu l’accordo per contenere l’aumento delle temperature; dall’altra, consentono alle centrali a carbone presenti nello Sri Lanka di continuare a inquinare.
Hemantha Withanage, direttore esecutivo del Cej, ha dichiarato: “Le centrali a carbone come quella di Sampur sono del tutto incompatibili con gli sforzi per contenere il surriscaldamento del clima. Noi chiediamo che vengano chiuse tutte le centrali di questo tipo e che il governo si impegni in modo serio nella lotta per salvare il pianeta”.
L’attivista ha continuato: “Colombo non deve permettere alle industrie inquinanti di Cina o India di stabilirsi nel nostro Paese, camuffate sotto il nome di investimenti esteri”. All’indomani dello storico accordo firmato da oltre 150 capi di governo a metà dicembre 2015, il direttore esecutivo aveva già espresso forti dubbi.
I leader mondiali infatti hanno raggiunto un’intesa, ratificata ieri, che prevede un impegno a mantenere l’incremento della temperatura del pianeta “ben al di sotto dei 2 gradi”, e di attuare sforzi per limitare l’incremento a 1,5 gradi. I Paesi in via di sviluppo però, avevano sollevato perplessità sugli impegni non vincolanti per i Paesi inquinanti, soprattutto per le risorse finanziarie “volontarie” da versare in caso di danni provocati in precedenza.
I Paesi insulari – è il caso dello Sri Lanka – avevano anche avvertito: “Un tetto dell’1,5% non basterà a frenare la minaccia dell’innalzamento del livello del mare”.
Sara Shaw, coordinatrice degli attivisti, propone: “Dobbiamo porre maggiore enfasi su come rafforzare il potere delle persone a livello locale, nazionale e internazionale per bloccare l’inquinamento del suolo. Dobbiamo puntare sulle energie pulite, smantellare le fabbriche che inquinano e costringere i governi a essere più responsabili nei confronti dei cittadini”.

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