Dopo gli studi climatici, dopo i sempre più evidenti effetti sul clima, dopo gli Accordi di Parigi, dopo il progresso tecnologico ed economico nel campo delle rinnovabili, non ci sono più davvero scuse per chi, al giorno d’oggi, continua a fare investimenti nel carbone. E proprio per questo è giusto che i nomi di tutte le società che hanno manifestato l’interesse e che stanno effettivamente facendo investimenti nel carbone costruendo nuovi impianti devono essere resi pubblici. A farlo è stato una ong tedesca, la Urgewald, che ha mappato tutte le compagnie che così facendo stanno remando in direzione ostinata e contraria rispetto alla transizione energetica che gli scienziati – e persino il buon senso – ci dicono essere l’unica soluzione possibile. A rendere possibile il lavoro della ong è stata la collaborazione di organizzazioni come Rainforest Action Network, Asian People’s Movement on Debt and Development, Banktrack, Les Amis de la Terre, Development Yes Open Mines No, e l’associazione italiana RE:Common.
Non c’è spazio per altro carbone
Ben prima che gli Accordi di Parigi venissero firmati, l’allora segretario esecutivo dell’United Nation Framework Convention on Climate Change (Unfccc) dell’Onu Christiana Figueres aveva dichiarato esplicitamente che «non c’è spazio per altro carbone». È da questa precisa affermazione che prende il via il report sugli investimenti nel carbone, poggiando inoltre su tutti gli studi climatici che negli ultimi anni hanno dimostrato che sì, le parole della Figueres sono assolutamente veritiere, e che non basta bloccare i nuovi investimenti nel carbone, no, bisogna chiudere il prima possibile anche le centrali già esistenti, per trovare parallelamente un metodo per ‘risucchiare’ l’anidride carbonica in eccesso nell’atmosfera che, anche a centrali spente, potrebbe comunque spingere il pianeta verso un futuro rovente. Nonostante questo, proprio ora ci sono circa 1.500 nuovi impianti a carbone la cui costruzione è pianificata in 850 diverse location nel mondo....
Una decisione dalla quale non si torna indietro facilmente
Mentre il nostro stesso pianeta ci chiede di buttarci sulle rinnovabili, queste compagnie stanno dunque in certi casi costringendo dei Paesi che non l’hanno mai fatto a diventare dipendenti da nuove e costose centrali a carbone. E questo perché, una volta costruita, una centrale a carbone difficilmente può essere lasciata spenta. Anzi, economicamente parlando, per ammortizzare le spese di costruzione una centrale a carbone deve restare attiva per più di 40 anni, condannando di fatto il pianeta intero ad uno scenario totalmente contrario rispetto a quello pianificato dagli Accordi di Parigi: questi nuovi investimenti nel carbone potrebbero infatti comportare un aumento di 4 gradi centigradi. Eppure, stando al report, nei prossimi anni il Bangladesh potrebbe passare da 250 a 15.960 megawatt prodotti con il carbone, e così anche l’Egitto, dallo zero attuale a 17mila megawatt.
Quali sono le compagnie che stanno facendo investimenti nel carbone?
..........Potremmo tirare un sospiro di sollievo vedendo che no, per fortuna nessuna compagnia italiana è presente in questa lista, ma in realtà è una soddisfazione parziale: RE:Common ha infatti voluto sottolineare che, anche se nessuna compagnia italiana sta pianificando la costruzione di un impianto, c’è qualcuno che sta comunque investendo in quella direzione. Generali, infatti, nel 2016 ha investito 33,8 milioni di dollari proprio nei progetti inquinanti della compagnia polacca, la quale per l’appunto è la più attiva nel nostro continente nel promuovere e sfruttare il carbone. Anche grazie agli investimenti italiani.
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