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29 ottobre 2017

Re:Common -Fuori dal carbone, ma facendone pagare il conto

Tratto da Re:Common

Fuori dal carbone, ma facendone pagare il conto

[di Antonio Tricarico]
In occasione della presentazione della nuova Strategia Energetica Nazionale ieri in Parlamento, il Ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda ha dichiarato che il piano “ha un obiettivo molto ambizioso: portare l’Italia fuori dal carbone entro il 2025 e ovviamente raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati con Cop21”, aggiungendo: “questa è una grande spinta per la tecnologia e la qualità della vita”.
Sembra, quindi, che il governo spinga per non aspettare il 2030 come inizialmente ventilato e che abbia intenzione di chiudere tutti gli impianti, anche i mammut a carbone di Brindisi Sud e Civitavecchia. Un’accelerazione che stride con i piani di Enel, che sta valutando una chiusura definitiva di tutti gli impianti entro 15 anni, secondo quanto dichiarato a maggio agli azionisti dall’amministratore delegato Francesco Starace.
Certo, come l’esperienza italica insegna, meglio attendere la pubblicazione del testo finale della Strategia il prossimo 7 novembre e il confronto tra Ministeri dello sviluppo economico e dell’ambiente con le Regioni, per evitare che deroghe ed eccezioni siano inserite nel testo della Strategia all’ultimo momento. In ogni caso, l’affermazione di Calenda è uno spartiacque e un riconoscimento importante per la lotta contro il carbone in Italia che ha coinvolto tante associazioni e comitati locali negli ultimi due decenni.
Lasciando per un momento da parte la forte spinta in favore del gas, erroneamente giudicato dal governo come un combustibile pulito e centrale nella transizione energetica che verrà, in realtà molte questioni restano ancora da risolvere ben prima del 2025.
La centrale Enel di Cerano a sud di Brindisi è stata oggetto di un sequestro da parte della procura antimafia solo alcune settimane fa. L’accusa è quella di smaltimento illegale delle ceneri inquinanti dell’impianto. .....
Resta però da chiedersi perché il Ministero dell’ambiente lo scorso luglio, nel caldo torrido e nel silenzio generale, abbia concesso una nuova autorizzazione integrata ambientale all’Enel per il funzionamento di Cerano. Possibile che Calenda e Galletti non abbiano potuto aspettare la definizione finale della strategia energetica, prima di concedere questo favore all’impresa, nonostante i dubbi già espressi dal Ministero della salute e i numerosi studi indipendenti che documentano gli impatti delle emissioni tossiche dell’impianto?
E poi, se Cerano finalmente chiuderà nei prossimi anni in seguito a tutti questi procedimenti e denunce – e si spera anche prima del 2025 – è lecito domandarsi chi pagherà per la bonifica della zona, già martoriata da numerosi insediamenti industriali altamente inquinanti.....
Per gli impianti come Cerano bisognerebbe avere il coraggio di mettere subito la parola fine, risparmiando altri sei anni di inquinamento e gravi danni alla salute delle popolazioni locali.
In molti oggi, inclusa la Commissione Europea, oramai parlano di giusta transizione fuori dal carbone. Ma, oltre alla riconversione dei posti di lavoro, rimane la questione dell’impunità per chi i territori li ha devastati traendone un lauto profitto per anni e, soprattutto, dell’identificazione di chi pagherà il conto salato per la salute e l’ambiente che l’esperienza del carbone al tramonto lascia in Italia. Per questo è cruciale mantenere alta l’attenzione sulla questione, non solo per vedere se a breve il governo terrà fede alle dichiarazioni fatte ieri, ma soprattutto su come e a vantaggio di chi si uscirà, in ultima istanza, dal carbone.
Il 26 ottobre  si apre al tribunale di Savona l’udienza preliminare per il caso di disastro ambientale della Tirreno Power a Vado Ligure. I blocchi a carbone dell’impianto, sequestrati dalla Procura nel 2014 per i rischi che ponevano alla salute della popolazione locale, sono stati definitivamente chiusi. Ma, nonostante l’indagine della Procura sia stata depotenziata e la posizione di tutti gli amministratori locali sia stata archiviata, la domanda di giustizia di tante vittime del carbone rimane forte. 
Sarà indispensabile che anche il processo di Vado e l’accertamento di tutte le responsabilità, inclusa quella per le bonifiche da fare in molti siti italiani, faccia parte della roadmap per seppellire il carbone entro il 2025.

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