La Francia chiuderà tutte le centrali elettriche a carbone entro il 2021. Ad annunciare questa accelerazione rispetto ai piani del suo predecessore all’Eliseo Francois Hollande, che aveva fissato lo stesso obiettivo ma entro il 2023, è stato il presidente francese Emmanuel Macron, nel corso dell’intervento che ha tenuto in occasione del World Economic Forum di Davos, lo scorso 23 gennaio. Il presidente Macron ha affermato di voler “fare della Francia un modello nella lotta contro il cambiamento climatico“, ponendo la dismissione centrali a carbone al centro del suo piano di riforma dell’economia e delle politiche energetiche.

Dismissione centrali a carbone: una strategia anche politica

Secondo Macron, quello della dismissione delle centrali a carbone a breve termine è un obiettivo che porterà alla Francia dei vantaggi in termini di attrattività e competitività. Perché grazie alla green economy sarà possibile creare nuovi posti di lavoro e attirare l’interesse degli investitori. Una strategia insomma non soltanto in favore dell’ambiente ma anche del benessere economico....

Decarbonizzazione non sufficiente per la lotta ai cambiamenti climatici

Purtroppo non possiamo non essere d’accordo con i toni allarmistici del presidente francese. Perché se è vero che è in atto da qualche anno una decarbonizzazione dell’economia mondiale, grazie anche al costo sempre minore delle energie rinnovabili e a una regolamentazione sempre più stringente sul fronte dell’inquinamento, è altrettanto vero che i risultati raggiunti finora non sono sufficienti per risolvere la questione climatica.

Le centrali a carbone perdono denaro ma mancano le alternative

L’industria del carbone non sta sicuramente vivendo un periodo florido. Secondo alcuni dati diffusi da Carbon Tracker nel suo nuovo rapporto, di cui si è parlato molto anche al World Economic Forum, più della metà dei 619i mpianti a carbone in Ue stanno perdendo denaro. Le perdite sono state stimate in 22 miliardi di euro entro il 2030. D’altro canto però, i piani del settore per chiudere gli impianti e soprattutto per compensare l’energia necessaria con progetti a basso impatto ambientale e che sfruttino le rinnovabili sono troppo lenti e tardivi.