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17 giugno 2019

Inquinamento lavoro: il conflitto fra la tutela della salute e la difesa occupazionale.

Tratto da Siracusa live

Inquinamento, connubi, lavoro: il conflitto fra la tutela della salute e la difesa occupazionale

Negli ultimi giorni puzza e miasmi hanno fortemente agitato i residenti dei comuni industriali, con mille denunce ma poche risposte da parte delle istituzioni sibilline e senza la speranza per un futuro migliore. L’inquinamento delle industrie oggi spaventa più del passato. Quella torce che bruciano sinistre, la puzza e i miasmi provocati dalle raffinerie che sono troppe vicine ai centri abitati, hanno fatto alzare l’attenzione sui continui sfiaccolamenti con fumi e puzza registrati copiosi, mentre dovrebbero essere in funzione solo per l’emergenza, per la sicurezza.
Anche la realizzazione del deposito di GNL nel porto di Augusta entra a forza nel gioco degli interessi delle parti; ma si tratta di una bomba ad alto potenziale molto pericolosa. Interessi e posti di lavori che già si stanno “spalmando”.
La raffinazione del petrolio ha gravi conseguenze sull’ambiente e sulle persone, inquina moltissimo; specie nell’aria, alla fine del processo, non si hanno solo i prodotti finiti, ma anche polveri sottili e fumi, che sono bruciati per evitarne la dispersione. In ogni caso, anche se bruciate, le polveri sottili sono un serio problema per la salute di chi abita nei dintorni, perché restano sospese in aria, nonostante tutte le precauzioni da parte dei produttori. Sotto accusa da sempre sono i metalli pesanti e l’inquinamento industriale legato da 70anni di attività del petrolchimico tra connubi e silenzi. Inutile dire che l’inquinamento non si può evitare; occorrono nuove tecnologie costosissime, oppure, come nel caso di Gela, la chiusura degli impianti che inquinano.
Si solleva da più parti un problema di emergenza sanitaria, i cittadini chiedono maggiori controlli. Dopo anni e anni d’indagini, la Procura della Repubblica di Siracusa ha scoperto più volte che nel petrolchimico siracusano l’inquinamento ha superato i limiti di guardia; clamorosa l’operazione Mare Rosso, con una quantità indefinita di mercurio smaltito nei fondali marini. Per direttori e tecnici di stabilimento l’accusa è stata più volte disastro colposo, anche se i ministeri dell’Ambiente e della Salute non si sono accorti di nulla. Tutto, in un contesto d’indagine molto ampio tra omesse bonifiche, violazione dei codici ambientali, gravi ricadute dell’inquinamento sulle comunità locali e sulla catena alimentare. Quello che non si sta facendo è cercare di andare verso la riconversione “green” delle attività di raffinazione; di contro le industrie hanno sempre risposto, ovviamente, confermando di aver rispettato sempre le norme e le prescrizioni imposte dagli organi competenti.
Le inchieste della Procura negli anni hanno riguardato tutto il petrolchimico, comprese le attività dei depuratori per le quali le indagini sono ancora in corso. Si può dire che alla fine la Procura si è sostituita, di fatto, agli Enti preposti al controllo. Compresa la funzione dei sindaci, responsabili della salute pubblica, ma forse non lo sanno ancora.
Il ricordo non può non tenere conto delle inchieste, con successivi processi conclusi il più delle volte con l’assoluzione per sentenze astratte o per l’intervenuta prescrizione dei reati, rimanendo in piedi attivi i tanti fattori di contaminazioni e le responsabilità acclarate.
A parte la farsa delle bonifiche con milioni di tonnellate di veleni ammassati a terra e a mare, non sembrano essere risolutive per la mancanza della volontà politica. Le opere di bonifica se non osservate in maniera totale non saranno del tutto efficaci, né decisivi. Una bonifica parziale non serve a niente. La stessa barriera idraulica sembra avere forti criticità; il tutto condito con il vecchio gioco dello scaricabarile delle parti in causa sulle responsabilità. ..... Pochi quello che denunciano e troppi quelli che difendono le industrie che inquinano, comprese testate giornalistiche che sono diventate organi ufficiali del comparto industriale. Insomma, muti, sordi e ciechi....
L’immagine del petrolchimico siracusano appare oggi quello di un territorio definitivamente compromesso, in cui le responsabilità sono da addebitare a più livelli ..... Chi doveva denunciare, vigilare e controllare non l’ha fatto in maniera efficace; specie sul grave problema sanitario rilevato nelle aree della zona industriale, con tumori e malattie invalidanti. La delicata questione dei controlli appare in crisi, confusa, senza la garanzia del controllore terzo, specie quando si vuole affidare a consorzi formati dalle stesse industrie che inquinano e in proprio pensano alla predisposizione e all’attuazione di analisi e monitoraggi, con il solo obbligo poi di inviarle agli Enti pubblici preposti.
È l’eterno conflitto fra la tutela della salute dei cittadini e la difesa dei posti di lavoro. Un gioco al massacro, nel perverso rapporto di dipendenza che rende funzionale la devastazione ambientale alla crescita dello sviluppo capitalistico delle lobby della chimica e della raffinazione, nell’interesse delle parti.
La speranza per i cittadini comincia a tracciare la regola verso la chiusura degli stabilimenti, ma poi si scopre che ci sono migliaia di famiglia che vivono del reddito prodotto dal lavoro nelle fabbriche che, purtroppo, inquinano. Ed ecco che, ironia della sorte, arriva la necessità che obbliga legge che ci riporta indietro per scoprire che alla fine vince il ricatto occupazionale sulla salute dei cittadini.
Concetto Alota

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