Tratto da La Stampa
Aria malsana: l’inquinamento fa più paura di una volta, i morti sono 84 mila ogni anno
Tra le cause le malattie cardiovascolari e gli ictus. Ma anche trombosi venose, aritmie cardiache, polmoniti, tumori del polmone e Bpco
..... Settembre è, per antonomasia, il mese in cui si «riparte». Il ritorno alla vita negli spazi urbani riporta l’attenzione sul tema dell’inquinamento, che ormai soffoca tutte le grandi città italiane. L’emergenza è ubiquitaria, se l’Agenzia europea dell'ambiente stima che l'inquinamento dell'aria provoca ogni anno circa 84mila morti nel nostro Paese . Ma sebbene l’aspetto più rilevante del problema chiami in causa le scelte politiche, «qualche rimedio lo si può porre anche a livello individuale», per dirla con la pediatra Vitalia Murgia, membro dell’Associazione Medici per l’Ambiente (Isde) e tra le curatrici del volume «Inquinamento ambientale e salute - per una medicina responsabile» Polveri «invisibili», ma letali
I numeri dei decessi provocati ogni anno dall’inquinamento atmosferico hanno proporzioni ben più ampie di un bollettino di guerra. Stando alla stima elaborata da un gruppo di ricercatori dell’Università di Magonza (Germania) e diffusa attraverso le colonne dell’«European Heart Journal», 790mila persone avrebbero perso la vita in Europa nel 2015 per aver respirato per anni un’aria malsana. Tra le cause di morte, al primo posto ci sono le malattie cardiovascolari e gli ictus: pari a una quota compresa tra il 40 e l’80 per cento del totale, più del doppio di quella rilevata per le malattie respiratorie. A seguire: le trombosi venose, le aritmie cardiache, le polmoniti, i tumori del polmone e la Bpco. Il rapporto azzarda come l’inquinamento atmosferico possa provocare più decessi rispetto al fumo di sigaretta.
Un aspetto preoccupante, «perché per il fumo ognuno di noi può fare qualcosa, mentre chi vive in un luogo inquinato non può evitare di respirare», sostiene Thomas Munzel, direttore del dipartimento di cardiologia dell’Università di Magonza e coordinatore della ricerca. Rispetto alla «miscela» di sostanze inquinanti presenti nell’atmosfera, secondo i ricercatori le maggiori responsabilità sono da ascrivere alle particelle ultrafini: il cosiddetto PM 2,5, in grado di penetrare negli alveoli polmonari (ultima porzione dell’albero respiratorio). In questa categoria rientrano sia molecole di origine naturale (erosione del suolo, incendi, dispersioni di pollini) sia composti che originano dai processi di combustione e dal traffico veicolare. Continua su La Stampa
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