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29 novembre 2019

IVG: Processo Tirreno Power, riflettori puntati sui valori “autocertificati” per il rilascio dell’Aia .

Tratto da Ivg 

Processo Tirreno Power, riflettori puntati sui valori “autocertificati” per il rilascio dell’Aia 

L'accusa punta il dito contro alcuni comportamenti ritenuti "contraddittori", come la modifica di quei valori più volte in pochi anni

Savona. E’ proseguito ieri, con la deposizione di Marco Mazzoni, coordinatore del gruppo istruttore che ha rilasciato l’Aia alla centrale di Vado Ligure, il processo per disastro ambientale e sanitario colposo a carico di Tirreno Power.

Nel corso dell’ultima udienza la Procura ha cercato, con Mazzoni, di ripercorrere parte dell’iter che ha portato al rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale per sottolineare quelle che vengono ritenute dall’accusa “contraddizioni” nel comportamento dell’azienda.

Al centro della testimonianza sono finiti i parametri necessari proprio al rilascio dell’Aia. Secondo quanto accertato, i valori delle emissioni realizzate dalla centrale vadese non rispettavano (soprattutto nel pcaso della SO2) i limiti massimi dati dal ricorso alle “Best Available Techniques”, cioè le migliori tecnologie disponibili sul mercato. Detto in altri termini, i gruppi di Tirreno Power, piuttosto datati, avevano emissioni ben superiori a quanto possibile con impianti più recenti e all’avanguardia (già nel 2012 il ricorso alle “migliori pratiche”, sebbene non ancora obbligatorio per la legge italiana, era un preciso obiettivo individuato dall’Unione Europea).


Per eliminare questa difformità, il gruppo istruttore incaricato del rilascio dell’Aia propose a Tirreno Power una riduzione delle ore di lavoro, in modo da diminuire la quantità totale di emissioni nel tempo e non superare il limite semestrale di tonnellate di sostanze rilasciate.

Mazzoni, in udienza, ha confermato che per individuare quel valore limite ci si erap basati su un dato “autodichiarato” da Tirreno Power, che in quella fase non poteva essere verificato con precisione: l’unico modo era mediante un misuratore a camino. Misuratore che venne installato in seguito con parecchio ritardo e in un punto diverso (sui condotti orizzontali). Per questo motivo, la commissione non ha avuto possibilità di verificare con certezza il dato.


La Procura ha sottolineato una notevole fluttuazione del parametro “autodichiarato” dall’azienda in diversi periodi: nel 2007, al momento della richiesta dell’Aia, era più basso di quello proposto nel 2012 (anno della concessione dell’autorizzazione). E lo stesso valore era tornato ad abbassarsi, due anni dopo, al momento del rinnovo.

Sempre in sede di rinnovo dell’Aia, nel 2014 Tirreno Power si era impegnata a rispettare valori emissivi molto migliori a quelli del 2012; eppure, ha sottolineato l’accusa, in quello stesso anno l’azienda aveva affermato di non poter migliorare ulteriormente quel dato (i gruppi a carbone erano troppo vecchi). Insomma, nel 2014 Tirreno Power prometteva uno “sforzo” sui vecchi gruppi giudicato non fattibile (perchè antieconomico) solo due anni prima.

Nella sua deposizione Mazzoni ha confermato di aver chiesto conto di questa discrasia all’azienda, definendosi “seccato”: l’unica spiegazione fornita, ha detto in aula, è stata quella relativa ad un “cambio di dirigenza”, con l’arrivo di vertici che, rispetto ai precedenti (che consideravano l’intervento troppo costoso e preferivano investire nella creazione del nuovo gruppo Vl6), ora valutavano in maniera più positiva un adeguamento degli impianti.

La prossima udienza è in programma il 17 dicembre e vedrà la deposizione di un consulente.

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