Tratto da Greenreport
Pace per l’ambiente.
Il legame tra guerra e ambiente è acuito dal riscaldamento globale e mette a rischio gli obiettivi di sviluppo sostenibile
[9 Novembre 2020]
L’umanità ha sempre contato le sue vittime di guerra in termini di soldati e civili morti e feriti, città e mezzi di sussistenza distrutti, ma l’ambiente è spesso la vittima ignorata dei conflitti: pozzi d’acqua inquinati, raccolti bruciati, foreste abbattute, suoli avvelenati e animali uccisi per raggiungere un vantaggio militare.
Per questo l’Assemblea generale dell’Onu ha istituito nel 2001 l’International Day for Preventing the Exploitation of the Environment in War and Armed Conflict e il 27 maggio 2016 l’United Nations environment programme (Unep) ha riconosciuto il ruolo degli ecosistemi sani e delle risorse gestite in modo sostenibile nella riduzione del rischio di conflitti armati e ha ribadito il suo forte impegno per la piena attuazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
La direttrice esecutiva dell’Unep, Inger Andersen ha sottolineato che «La Giornata internazionale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in guerra e nei conflitti armati ci ricorda che i conflitti e l’ambiente sono profondamente interconnessi.
In tutto il mondo, almeno il 40% di tutti i conflitti interni è stato collegato allo sfruttamento delle risorse naturali, siano esse risorse di elevato valore come legname, diamanti, oro e petrolio o risorse scarse come terra fertile e acqua. E’ stato anche riscontrato che i conflitti che coinvolgono le risorse naturali hanno una probabilità doppia di riaccadere. Ora, l’aumento delle temperature dovuto ai cambiamenti climatici minaccia ora di amplificare ulteriormente gli stress e le tensioni ambientali. E, troppo spesso, l’ambiente è tra le vittime della guerra, attraverso atti deliberati di distruzione o danni collaterali, o perché, durante i conflitti, i governi non riescono a controllare e gestire le risorse naturali. Le Nazioni Unite attribuiscono grande importanza a garantire che l’azione ambientale faccia parte delle strategie di prevenzione dei conflitti, mantenimento della pace e costruzione della pace, perché non può esserci pace duratura se le risorse naturali che sostengono i mezzi di sussistenza e gli ecosistemi vengono distrutte».
Anche il segretario generale dell’Onu, António Guterres ha chiesto che le risorse naturali e gli ecosistemi venhgano gestiti meglio, sottolineando che «Questo potrebbe aprire la strada alla pace nelle società dilaniate dalla guerra e aiutare i Paesi colpiti dalla crisi a promuovere lo sviluppo sostenibile. Se vogliamo raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG), dobbiamo agire con coraggio e urgenza, per ridurre i rischi che i conflitti presentano per il degrado ambientale e il cambiamento climatico e impegnarci a proteggere il nostro pianeta dagli effetti debilitanti della guerra».
Il capo dell’Onu ha ricordato che «Sebbene la perturbazione climatica e il degrado ambientale non siano la causa diretta dei conflitti, possono esacerbare il rischio di conflitto. I loro impatti combinati minano i mezzi di sussistenza, la sicurezza alimentare, la fiducia nei governi, la salute e l’istruzione e l’uguaglianza sociale. Il degrado delle risorse naturali e degli ecosistemi si aggiunge alle sfide affrontate dalle comunità che sono già vulnerabili a breve e lungo termine. Le donne e le ragazze sono colpite in modo sproporzionato. Le risorse naturali non sono alla base della fornitura di molti servizi di base, come l’acqua o l’elettricità, ma possono anche essere utilizzate come piattaforma per la costruzione della fiducia e la condivisione dei benefici tra gruppi divisi».
Mentre le guerre impediscono a molti Paesi di progredire, è anche meno probabile che gli Stati colpiti da un conflitto armato riescano a raggiungere i loro obiettivi SDG. Inoltre, è molto probabile che, entro il 2030, oltre l’80% delle popolazioni più povere del mondo potrebbe essere concentrato in Paesi colpiti da fragilità, conflitti e violenza. Effetti potrebbero essere ulteriormente complicati dall’aumento delle temperature e dall’impatto del cambiamento climatico.
Guterres ha concluso: «La gerra e l’ambiente sono profondamente interconnessi. In tutto il mondo, almeno il 40% di tutti i conflitti interstatali ha avuto un’importante componente nelle risorse naturali. Troppo spesso l’ambiente è tra le vittime della guerra, attraverso atti deliberati di distruzione o danni collaterali, o perché, durante i conflitti, i governi non riescono a controllare e gestire le risorse naturali».
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