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30 giugno 2009

2009/06/30 "Rischio Amianto esteso alla popolazione e obblighi del datore di lavoro"

Le malattie collegate all’amianto costituiscono uno dei più concreti pericoli per la salute non solo dei lavoratori che ne sono venuti a contatto, ma per l’intera popolazione in funzione di un rischio generalizzato collegato alla possibile inalazione di fibre di amianto in occasione di lavori di ristrutturazione di immobili, di contatti con fibre di amianto friabili etc..

Rischio Amianto esteso alla popolazione e obblighi del datore di lavoro

Articolo di Domenico Chindemi 29.06.2009

Solo con il passare del tempo le più approfondite conoscenze scientifiche hanno permesso di inquadrare nella sua gravità il rischio dell'amianto, quale fattore scatenante di gravi malattie che si manifesteranno in questi anni a causa del lungo tempo di latenza prima dell’insorgere della malattia (anche più di 40 anni) e che costituisce uno dei più grossi problemi sociali a cui si tenterà di dare delle risposte, con più pubblicazioni, sotto il profilo dei criteri di individuazione della responsabilità, della decorrenza del termine di prescrizione,del nesso causale e dei criteri risarcitori.

Occorrerà, in vista della peculiarità della situazione, forse individuare delle regole nuove che consentano di pervenire ad un sistema di riparazioni e sanzioni, sia sotto il profilo civile che penale, rispettoso dei principi di tutela dei lavoratori e dei soggetti danneggiati in genere, che dei diritti degli imprenditori, nella consapevolezza della dimensione di tragedia sociale che caratterizza tale fenomeno.

Rischio Amianto esteso alla popolazione e obblighi del datore di lavoro

di Domenico Chindemi

(in attesa di pubblicazione su “Responsabilità civile e previdenza”)

Sommario: 1) Rischio amianto: pericolo esteso alla popolazione; 2) Obblighi del datore di lavoro con riguardo alla condizioni di lavoro; 3) Profili di responsabilità penale; 4) Responsabilità degli amministratori.

1) Rischio amianto: pericolo esteso alla popolazione

L’amianto rischia di diventare un concreto pericolo per la “salute” di intere popolazioni del pianeta (a causa delle fibre che possono essere inalate) e, in particolare, della nostra nazione, non più relegato ai lavoratori del settore, che iniziano negli ultimi anni a manifestare i sintomi di una malattia che ha periodi di incubazione anche di 45 anni, ma estesa anche ad intere popolazioni soggette al rischio di esposizioni non professionali e con una tutela risarcitoria, allo stato, apparentemente minore (sia per la mancanza di rendita o di trattamenti indennitari), sia per la diversa durata delle prescrizione (cinque anni extracontrattuale, dieci anni quella contrattuale), sia per la difficoltà di individuare a distanza di decenni, l’effettivo responsabile della malattia e la sua responsabilità.1

L'inalazione da amianto, il cui uso è stato vietato in assoluto dalla L. 27 marzo 1992, n. 257 è ritenuta, da ben oltre i tempi di emanazione della legge, di grande lesività della salute, tanto che se ne fa cenno nel R.D. 14 giugno 1909, n. 442 in tema di lavori ritenuti insalubri per donne e fanciulli con precedenti giurisprudenziali risalenti al 1906.

L'asbestosi, conosciuta fin dai primi del '900 ed inserita nelle malattie professionali dalla L. 12 aprile 1943, n. 455, quale malattia da inalazione da amianto, potenzialmente mortale, e comunque sicuramente produttrice di una significativa abbreviazione della vita se non altro per le patologie respiratorie e cardiocircolatorie ad essa correlate.

Si tratterà di rivisitare, alla luce delle peculiarità della nuova emergenza, istituti quali il nesso causale, la prescrizione, la natura della responsabilità e i criteri risarcitori collegati a quello che ormai va definito quale contaminante ambientale.

Anche se la l. 257/92 ha vietato l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, con l’emanazione di decreti e circolari applicative, tuttavia sussiste ed è anzi, proprio nel contesto temporale sta divenendo attuale il pericolo originato dalla presenza di amianto negli edifici, manufatti e coperture realizzati circa 45 anni or sono.2

Purtroppo l'amianto, fino agli anni ottanta, è stato utilizzato per produrre una miscela cemento-amianto, conosciuta col nome commerciale di Eternit ed è stato ampiamente utilizzato per la coibentazione di edifici, soprattutto tetti, treni, navi; è stato anche largamente impiegato nelle auto, in particolare vernici e parti meccaniche, come materiale per l'edilizia, soprattutto pavimenti, vernici, tegole, tubazioni, canne fumarie, nelle tute dei vigili del fuoco, nella fabbricazione di plastica , cartoni, corde e anche utilizzata come coadiuvante nella filtrazione dei vini.

Non si tratta , quindi, di prevenire un rischio che si verifica oggi, ma di arginare e trovare delle soluzioni, anche di carattere sociale, ad un pericolo che è sorto, all’insaputa di molti, diversi lustri or sono e che si concretizzerà, senza che si sia ancora trovata una cura efficace, nei prossimi anni, con conseguenze anche devastanti per le popolazioni di alcune aree territoriali che sono risultate in passato esposte al rischio amianto per la presenza di insediamenti industriali in cui era utilizzato questo minerale o che sono venute in contatto, durante i lavori di demolizioni di fabbricati che contenevano tali sostanze, con le polveri sottili di tale sostanza.

Trattasi, quindi, di un rischio a cui astrattamente è esposta la popolazione con più di 40 anni di età, oltre il 50% della popolazione residente della nostra nazione.

Il dato preoccupante e che tra la popolazione esposta sono compresi anche i bambini che hanno una lunga aspettativa di vita ed hanno perciò più possibilità di sviluppare il tumore, mentre una persona anziana normalmente decede per cause diverse, prima di sviluppare la malattia che ha un periodo di incubazione molto lungo.

Il rischio quindi, si allarga anche ad epoche successive alla attuate, in quanto occorre valutare i pericoli connessi alla dismissione demolizione e eventuale riutilizzo di materiali contenenti amianto, con riferimento, ad esempio, alle polveri sottili sprigionate dalla demolizione di edifici costruiti con tale materiale, senza l’utilizzo di precauzioni, per tutti coloro che,anche ignari passanti, hanno potuto inalare le polveri sottili di tale sostanza.

Oggi, grazie alla consapevolezza della pericolosa dell’”amianto” e alla messa al bando dell’utilizzo delle fibre naturali di tale sostanza, il rischio risulta limitato agli operatori, professionalmente esposti, addetti alla bonifica degli ambienti o allo smaltimento dei prodotti contenenti asbesto.3

Tuttavia, ed è questo uno degli aspetti più preoccupanti, non è stata individuata una soglia di rischio al di sotto della quale la concentrazione di fibre di amianto nell'aria non sia pericolosa e non può escludersi, sotto l’aspetto medico, che anche l'inalazione di una sola fibra (che è 1300 volte più sottile di un capello umano) può causare il mesotelioma o altre patologie mortali.

Si ritiene, anzi, che il mesotelioma pleurico è - soggetto al principio della c.d. frigger dose, ossia quella la cui inalazione avrebbe innescato probabilmente il processo di modificazione cellulare destinato ad evolvere nella malattia oncologica e non si è ancora accertato con certezza se sia priva di effetto sulla progressione della patologia la durata della successiva esposizione alle polveri di amianto.

È difficile individuare esattamente il momento di innesco della c.d. dose killer produttiva del mesotelioma pleurico e l'efficienza causale della durata del periodo di esposizione del lavoratore alle polveri di amianto sulla progressione della malattia.

Se tale teoria fosse vera, una volta inalata la dose killer, la perdurante esposizione alle polveri di amianto risulta priva di efficienza anche solo concausale, impedendo di ravvisare l'esistenza del nesso di causalità tra l'evento e la condotta omissiva successiva a tale innesco.

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