COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE.

QUESTO BLOG UTILIZZA COOKIES ,ANCHE DI TERZE PARTI.SCORRENDO QUESTA PAGINA ,CLICCANDO SU UN LINK O PROSEGUENDO LA NAVIGAZIONE IN ALTRA MANIERA ,ACCONSENTI ALL'USO DEI COOKIES.SE VUOI SAPERNE DI PIU' O NEGARE IL CONSENSO A TUTTI O AD ALCUNI COOKIES LEGGI LA "COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE".

24 settembre 2009

2009/09/24 "Il Dottor Paolo Franceschi risponde all’Assessore Zunino


Il Dottor Paolo Franceschi risponde all’Assessore Zunino
settembre 24, 2009

Purtroppo il dibattito sui rapporti fra centrali a carbone e inquinamento soffre di un problema di provincialismo scientifico che soffoca ogni tentativo di intendersi sulla reale portata sanitaria del problema.
Gli studi scientifici internazionali, in particolare lo studio Externe della Comunità Europea e gli studi della School of Public Health dell’ Università di Harvard, sono arrivati a individuare metodiche estremamente sofisticate, molto complesse e scientificamente validate (negli Stati Uniti addirittura su tutte le 407 centrali elettriche a carbone esistenti) che sono in grado di risalire, dalle emissioni delle ciminiere in termini di PM2,5, SO2, NOx, ai danni sanitari (malattie, morti precoci, perdita di punti di Q. I. nei bambini) tradotti in costi economici attribuibili direttamente alle centrali a carbone
.
Il dato certo è che le centrali a carbone provocano malattie e morti, e che l’ entità del danno dipende dalle emissioni, e dalle caratteristiche del territorio e della popolazione in cui la centrale va ad inserirsi. I danni quindi oscillano da valori inferiori per quelle centrali che sorgono a molti chilometri dai centri abitati a valori massimi per le centrali che sono state costruite dentro città (come quelle Liguri).
Per ogni tonnellata/anno emessa di SO2, PM2,5 e NOx si avrà quindi un costo sanitario tradotto in termini economici variabile, ma non si darà mai il caso di non avere danni di questo tipo.
Poiché una proprietà del metodo scientifico è la riproducibilità, è evidente che esperienze condotte in condizioni paragonabili diano risultati paragonabili, per cui gli studi europei ed americani validi per tutte le centrali del mondo sono altrettanto applicabili anche alle centrali di Vado, o di Genova, o di La Spezia.

Bisogna pertanto cominciare a sgombrare il campo dal ciarpame che quella di morti e malattie causate dalla centrale sia solo un’ ipotesi, quando invece è una certezza.


In qualunque altra disciplina scientifica queste eterne diatribe che si aprono ogni volta che si deve decidere sull’ apertura di una nuova centrale a carbone sarebbero considerate come antiscientifiche.
Per fare un esempio banale non è che ogni volta che un paziente con la polmonite da pneumococco i medici abbiano bisogno di un nuovo studio sul tipo di antibiotico da usare, ma si rifanno a linee giuida internazionali validate scientificamente.

Questo modo di procedere avviene in tutti gli altri campi della medicina, meno che in quello che studia i rapporti fra inquinamento ambientale dovuto ad un insediamento industriale e impatto sanitario; infatti, con un preoccupante provincialismo scientifico e culturale che coinvolge un po’ tutti i settori, molto disomogenei, che sono chiamati ad occuparsi dei problemi dei rapporti fra salute e ambiente, invece di rifarsi alle acquisizioni scientifiche consolidate, si chiedono, in maniera del tutto anacronistica, nuovi studi per stabilire non già quanto ma se una centrale sia dannosa o meno per la salute, cioè ci interroghiamo, per vera o falsa ignoranza, su argomenti ormai acquisiti da lungo tempo.

E se per caso questi studi non sono in grado di dimostrare questo rapporto, perché non adeguati allo scopo, la conclusione che si trae è che la situazione è tranquillizzante, e non invece, come sarebbe corretto, che lo studio è stato inadeguato a mettere in risalto una realtà molto complessa come quella dell’ impatto sulla salute di una centrale a carbone in una città con molteplici fonti di inquinamento.
Se non si recepiscono questi concetti, (e sono anni ormai che lo ripetiamo) , se ci si continua ad arroccare sul dubbio e non si capisce invece che il danno sanitario è una certezza ormai verificata e certificata a livello mondiale, è ovvio che non si potranno fare ricorsi efficaci e non si potranno superare distanze che per questi motivi culturali rimangono incolmabili.

Dottor Paolo Franceschi
Referente scientifico dell’ Ordine dei Medici di Savona

Nessun commento: