Tratto da Cittàdellaspezia.com
Il presidente spezzino dei Medici per l'Ambiente: "Anche usando solo la logica del profitto il carbone sarebbe da bandire".
La Spezia - Il carbone? Uccide... e neppure conviene alla comunità!
"Malgrado i sacrosanti presupposti di tutela dei cambiamenti climatici e dei target da raggiungere per le emissioni di CO2, non è certo questo un aspetto rilevante per spiegare l’assoluta necessità di puntare alla dismissione delle centrali a carbone nel prossimo futuro.....
Sembra assurdo dover ancora ribadire invece verità da lungo
tempo dimostrate sulla nocività dei veri inquinanti della combustione
del carbone. Centinaia di ricerche medico-scientifiche ci spiegano
effetti nocivi a lungo raggio (decine e centinaia di Km )
e a lungo
termine (30-40 anni) degli inquinanti emessi dalle centrali a carbone:
67 sostanze inquinanti, 24 delle quali cancerogene, prove di
correlazione con l’azione di queste e asma, infarti, ictus, malattie
broncopolmonari, disturbi genetici, endocrini e, ovviamente, vari tipi
di neoplasie.
Particolare rilevanza assumono le nano polveri e quelle
micro polveri emesse (PM< 2.5 micron) che causano secondo l’Agenzia
Europea per l’Ambiente 348000 morti premature (ossia evitabili) ogni
anno nella sola zona europea e che, insieme alle polveri secondarie che
si formano nell’atmosfera per la ricombinazione di quelle direttamente
emesse e misurate “ a camino”, sono assolutamente non trattenibili,
neppure dai più moderni filtri disponibili e utilizzando le BAT
(migliori tecnologie disponibili di combustione e abbattimento).
Certamente vanno ritenute corresponsabili le altre fonti di inquinamento come gli impianti di riscaldamento, il traffico veicolare, altre fonti industriali, ma il ruolo predominante della combustione del carbone rispetto a queste è stato confermato anche per la nostra regione dallo studio dell’Istituto superiore di sanità nell’ambito del Piano Regionale di risanamento e Tutela della Qualità dell’Aria del 2006:
Certamente vanno ritenute corresponsabili le altre fonti di inquinamento come gli impianti di riscaldamento, il traffico veicolare, altre fonti industriali, ma il ruolo predominante della combustione del carbone rispetto a queste è stato confermato anche per la nostra regione dallo studio dell’Istituto superiore di sanità nell’ambito del Piano Regionale di risanamento e Tutela della Qualità dell’Aria del 2006:
il 75% degli
ossidi di zolfo, il 65% degli ossidi di azoto, il 35% delle polveri
sottili ( l’80% se calcolate nei territori limitrofi alle 3 centrali
liguri) del totale vengono appunto da quest’ultime, oltre a questi altri
famigerati killer: oltre l’80% del mercurio immesso nell’ambiente, il
50% di piombo, nichel ed il 40% di arsenico.
Come medici e per
chi amministra e dovrebbe tutelare innanzitutto la salute della gente
questo dovrebbe essere più che sufficiente per bandire questa forma di
produzione energetica.
Ma anche cacciando fuori dalla finestra
l’etica ed il valore della vita e utilizzando una logica che difenda
solamente profitti, risparmi, investimenti ed occupazione scopriamo
sempre di più che il carbone, se ben analizziamo i suoi costi esterni,
ossia quelli non legati alla sola produzione, non conviene affatto!
A fronte del fatto che per i costi di produzione , secondo i dati forniti da Enel, il carbone risulta la fonte fossile più conveniente per la produzione di elettricità (40 euro per MWh contro i 65 del gas) ...,dove si vada a considerare preventivamente i costi dovuti alla morbilità e alla mortalità secondari alla scelta di nuovi impianti a carbone, si scoprono oneri inimmaginabili per la comunità. Uno studio condotto in Texas nel 2006, dove era in progetto la costruzione di 19 nuove centrali a carbone ha calcolato che il costo annuo in termini di mortalità sarebbe stato di 1,4 miliardi di dollari, con un costo previsto per tutto il periodo di funzionamento di 50 anni pari a circa 72 miliardi di dollari. Il progetto è stato ovviamente abbandonato.
La Harvard School of Public Health di Boston giusto l’anno passato, studiando il danno economico delle 407 centrali a carbone sul suolo statunitense è arrivata a monetizzare il danno per ogni tonnellata emessa dei vari inquinanti: da 30mila a 500mila dollari per tonnellata di PM 2,5, da 6mila a 50mila dollari per tonnellata di SO2 emessa, da 500 a 15mila dollari per tonnellata di NOx.Secondo lo studio ogni KW/ora prodotto con il carbone, fuori dalla bolletta, costa alla società da 0,02 a 1,57 dollari ( n.b.: una centrale da 600 MW come quella della Spezia ha prodotto nel 2009 oltre 2000 tonnellate di Sox, oltre 2500 di Nox e 130 tonnellate di polveri !). E sul piano degli investimenti e dell’occupazione? Vi sono studi comparativi tra investimenti sul carbone e su piani di risparmio e miglior efficienza energetica che ci dicono che questi ultimi comportano migliori risparmi, migliori guadagni per le attività produttive e migliori prospettive occupazionali.
Anche le indicazioni di tutte le agenzie internazionali sulle politiche energetiche indicano chiaramente la necessità di andare rapidamente verso tecnologie low-carbon ma certamente,come sempre, questo può essere del tutto irrilevante se dobbiamo considerare prioritariamente il mantenimento di un sicuro profitto o i saldi di un bilancio societario.
A fronte del fatto che per i costi di produzione , secondo i dati forniti da Enel, il carbone risulta la fonte fossile più conveniente per la produzione di elettricità (40 euro per MWh contro i 65 del gas) ...,dove si vada a considerare preventivamente i costi dovuti alla morbilità e alla mortalità secondari alla scelta di nuovi impianti a carbone, si scoprono oneri inimmaginabili per la comunità. Uno studio condotto in Texas nel 2006, dove era in progetto la costruzione di 19 nuove centrali a carbone ha calcolato che il costo annuo in termini di mortalità sarebbe stato di 1,4 miliardi di dollari, con un costo previsto per tutto il periodo di funzionamento di 50 anni pari a circa 72 miliardi di dollari. Il progetto è stato ovviamente abbandonato.
La Harvard School of Public Health di Boston giusto l’anno passato, studiando il danno economico delle 407 centrali a carbone sul suolo statunitense è arrivata a monetizzare il danno per ogni tonnellata emessa dei vari inquinanti: da 30mila a 500mila dollari per tonnellata di PM 2,5, da 6mila a 50mila dollari per tonnellata di SO2 emessa, da 500 a 15mila dollari per tonnellata di NOx.Secondo lo studio ogni KW/ora prodotto con il carbone, fuori dalla bolletta, costa alla società da 0,02 a 1,57 dollari ( n.b.: una centrale da 600 MW come quella della Spezia ha prodotto nel 2009 oltre 2000 tonnellate di Sox, oltre 2500 di Nox e 130 tonnellate di polveri !). E sul piano degli investimenti e dell’occupazione? Vi sono studi comparativi tra investimenti sul carbone e su piani di risparmio e miglior efficienza energetica che ci dicono che questi ultimi comportano migliori risparmi, migliori guadagni per le attività produttive e migliori prospettive occupazionali.
Anche le indicazioni di tutte le agenzie internazionali sulle politiche energetiche indicano chiaramente la necessità di andare rapidamente verso tecnologie low-carbon ma certamente,come sempre, questo può essere del tutto irrilevante se dobbiamo considerare prioritariamente il mantenimento di un sicuro profitto o i saldi di un bilancio societario.
Se queste sono le “maledette” priorità, dobbiamo sperare allora che
tutti spingano (incentivi o no) su una distribuzione più ecosostenibile
dei profitti.
Il segnale c’è: a livello mondiale gli investimenti nel
settore del carbone indicano un calo dal 2008 in poi, quelli per le
rinnovabili hanno superato nel 2011 per la prima volta quelli da fonti
tradizionali.
Per noi medici e per gli amministratori intermedi non si può non tener conto però, ancora una volta, di quanti morti e quanti soldi ci costerà il recepimento di tutto ciò".
Per noi medici e per gli amministratori intermedi non si può non tener conto però, ancora una volta, di quanti morti e quanti soldi ci costerà il recepimento di tutto ciò".
Domenica 26 febbraio 2012 .
MARCO RIVIERI
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