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21 agosto 2019

LA SENTENZA Il Tar: «La lotta all’inquinamento è più forte del diritto alla scuola»

Tratto da Il Corriere di Torino
Il Tar: «La lotta all’inquinamento è più forte del diritto alla scuola»

Respinto il ricorso presentato da due residenti nella Città metropolitana: «La tutela dell’ambiente e della salute possono comprimere altre esigenze, anche il lavoro»
«La previsione di una possibile compressione dei diritti fondamentali, effettuata allo scopo di riportare le emissioni delle sostanze inquinanti entro i valori limite per le concentrazioni dell’aria, si rivela legittima». 

A dirlo è la prima sezione penale del Tar del Piemonte, che ha respinto il ricorso presentato da due automobilisti residenti in un comune della Città metropolitana di Torino. I residenti contestavano le «limitazioni temporanee alla circolazione dei veicoli» decise dal sindaco, sostenendo che «sarebbero lesive del diritto di circolazione, del diritto al lavoro, del diritto allo studio, degli altri diritti della personalità e del diritto di proprietà». Sottolineando, inoltre, che ci sarebbe stato uno «sviamento di potere dal fine della tutela ambientale». «L’ordinanza sindacale — è la pronta replica dei giudici amministrativi — è stata adottata facendo uso dei poteri straordinari» attribuiti al primo cittadino «in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di degrado dell’ambiente». Pertanto, «una parziale e temporanea limitazione della libertà di circolazione deve ritenersi giustificata quando discende dall’esigenza di tutelare il valore dell’ambiente».

«I meno abbienti non sono discriminati»
L’ordinanza comunale impugnata è la numero 133 dell’11 ottobre 2018, con cui si è stabilito il «divieto di circolazione, dalle 8 alle 19, dei veicoli dotati di motore diesel Euro 1, 2, 3 e 4 per il periodo tra l’1 ottobre 2018 e il 31 marzo 2019». I due cittadini, proprietari di auto diesel Euro 3, lamentavano «la compressione, in maniera irragionevole e sproporzionata, della propria libertà di locomozione» e di quella «delle loro figlie minorenni», nonché «dello sviluppo dei loro diritti fondamentali». E ritenevano il provvedimento del sindaco «discriminatorio delle fasce meno abbienti della popolazione», in quanto adottato in assenza di una politica di «incentivi per la sostituzione delle automobili» non più in regola. 
Se sulla presunta «compressione dei diritti fondamentali» il Tar risponde che «si rivela legittima» di fronte a un concreto «pericolo per la salute» e all’esigenza di «tutelare l’ambiente», per quanto riguarda la «discriminazione dei soggetti in base al censo» la replica è che «la restrizione temporanea non vieta in assoluto l’utilizzo dell’autovettura di proprietà», «non obbliga i proprietari alla rottamazione» e «non realizza un deprezzamento del valore dell’auto». Nel ricorso si lamentava anche il fatto che i Comuni avessero «adottato misure limitative dei diritti fondamentali in assenza di una fonte primaria», vale a dire nazionale. Ma per i giudici amministrativi non è così: «La fonte primaria che autorizza le Regioni e le Province autonome ad adottare un piano» antismog è costituita dall’accordo per «il miglioramento della qualità dell’aria del bacino padano», sottoscritto il 9 giugno 2017 da Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e dal ministro dell’Ambiente. E ai sindaci è concessa la possibilità di agire «in via di urgenza» ogni qualvolta l’Arpa segnali «una concentrazione del Pm10» pericolosa «per la salute».

«Incentivare il trasporto pubblico»

Infine, il Tar mette l’accento su un altro aspetto legato ai divieti: «L’articolato regime delle sanzioni — si legge — rivela che le limitazioni temporanee sono state adottate anche al fine di incentivare l’utilizzo del trasporto pubblico e promuovere la cultura del trasporto sostenibile», come confermato dalle «deroghe al divieto di circolazione» per pullman, taxi, auto a noleggio e trasporto condiviso.

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