COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE.

QUESTO BLOG UTILIZZA COOKIES ,ANCHE DI TERZE PARTI.SCORRENDO QUESTA PAGINA ,CLICCANDO SU UN LINK O PROSEGUENDO LA NAVIGAZIONE IN ALTRA MANIERA ,ACCONSENTI ALL'USO DEI COOKIES.SE VUOI SAPERNE DI PIU' O NEGARE IL CONSENSO A TUTTI O AD ALCUNI COOKIES LEGGI LA "COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE".

22 agosto 2009

2009/08/23 "Oceani mai così caldi negli ultimi 120 anni"


Tratto da "La Repubblica"

CLIMA Oceani mai così caldi negli ultimi 120 anni

A luglio la temperatura delle acque salate ha raggiunto i 17 gradi battendo tutti i record dal 1890. A rischio ghiacci e barriere coralline di ELENA DUSI

ANCHE gli oceani hanno caldo. A luglio la temperatura alla superficie ha battuto il record da quando nel 1890 sono iniziate le misurazioni sistematiche. La statistica arriva dal National Climatic Data Center statunitense, secondo cui anche agosto sarebbe pronto a piazzarsi in testa alla classifica dei mesi con le acque salate più calde.

La media di tutti gli oceani, nel mese passato, ha fatto toccare al termometro i 17 gradi. Il precedente record risaliva al luglio del 1998 (16,8 gradi). E sono circa 10 anni che si viaggia costantemente al ritmo di mezzo grado oltre il valore medio del secolo scorso (16,4 gradi).
Il G8 dell'Aquila fissò in due gradi la soglia di riscaldamento oltre la quale le conseguenze per l'ambiente diventerebbero catastrofiche. Ma si riferiva alle temperature globali dell'atmosfera. Rispetto all'aria, i mari rappresentano una riserva di energia termica molto più duratura e difficile da smaltire.

"Un caldo simile negli oceani non si disperderà da un anno all'altro" conferma a margine della pubblicazione dei dati Andrew Weaver dell'università di Victoria nella British Columbia. Per riscaldare l'acqua, rispetto alla terra, occorre infatti il quintuplo dell'energia. "E l'aumento della temperatura in mare influenza anche la terra. Siamo di fronte a un'altra importante conferma del cambiamento in atto". Nel Pacifico intanto sta per ripartire una nuova stagione di El Nino, la corrente oceanica calda che ogni 3-7 anni si riaffaccia ad aggravare una situazione già compromessa.

Il caldo di questi giorni sulla terraferma è l'altra faccia del caldo dei mari. E in effetti il National Climatic Data Center, sempre a luglio, ha misurato una temperatura media sui continenti di 14,81 gradi, ancora una volta più alta di mezzo grado rispetto alla norma del secolo scorso. Si tratta del nono valore di sempre. E andando a confrontare le varie tabelle, si scopre anche che l'ultimo dato che non oltrepassa la linea media del '900 (combinando il caldo a terra e nei mari) risale al 1976. Da allora tutti gli indicatori di temperatura marciano regolarmente in salita.

Tra le zone più calde del pianeta, secondo i dati statunitensi, a luglio figuravano l'Europa, il Nord Africa e la costa occidentale del Nord America. "In queste aree - si legge nel rapporto del National Climatic Data Center - la media del secolo scorso è stata superata di 2-4 gradi". Nel Mediterraneo l'anomalia della temperatura è di 1,7 gradi. E scricchiola anche il ghiaccio del Polo Nord: "L'estensione del pack artico dal 1979 a oggi si è ridotta del 6,1 per cento per ogni decade". Il mare attorno all'Artico a luglio 2009 ha vissuto uno dei riscaldamenti più incisivi: 5,6 gradi in più rispetto alla media del XX secolo.

Se la banchisa bianca vive tempi difficili, ai tropici i coralli rischiano di perdere il loro rosso. Il riscaldamento e l'aumento di acidità nei mari sono infatti all'origine del colore pallido e slavato delle barriere, che normalmente si presenta alla fine dell'estate e invece è già osservabile in alcune zone dell'America Centrale. Uno studio della Nasa del 2006 dimostrò anche che più gli oceani si riscaldano, più diminuisce la presenza di fitoplancton. Questi minuscoli organismi viventi non solo danno da mangiare ai pesci e al resto della catena alimentare, ma con la fotosintesi clorofilliana assorbono anidride carbonica dall'atmosfera. In anni normali, il loro contributo alla "ripulitura" dell'aria inquinata è addirittura equivalente a quello delle foreste sulla terraferma.

(22 agosto 2009)
_________________________________________________________________________________

Tratto da Mondo elettrico
Stretta correlazione tra inquinamento e siccità

In base ad una nuova ricerca del Pacific Northwest National Laboratory con dati degli ultimi 50 anni è stato dimostrato come l'aumento dell'inquinamento dell'aria nella Cina dell'est ha ridotto del 23 % il numero dei giorni in cui avvengono le precipitazioni in almeno la metà delle regioni più orientali del paese.

Questo dato di fatto suggerisce che la qualità dell'aria può avere un effetto diretto sia sulla capacità di crescita del grano che produrre problemi sulla salute e l'ambiente.

Per la prima volta in assoluto questi studi diretti dal ricercatore Yun Qian al Department of Energy's Pacific Northwest National Laboratory (pubblicati il 15 Agosto sul Journal of Geophysical Research-Atmospheres) mettono in diretta correlazione gli alti livelli di inquinamento dell'aria con la forma sottile di pioggia che è critica per l'agricoltura.

"Ci si è chiesti a lungo se ci fosse una correlazione, ma questa è la prima volta che abbiamo avuto l'opportunità di studiare dati a lungo-termine - ha dichiarato Qian - Oltre agli effetti sulla salute, alla pioggia acida e altri problemi che l'inquinamento produce, questo lavoro suggerisce che la riduzione dell'inquinamento atmosferico potrebbe contribuire a ridurre la siccità nella China del nord".

_________________________________________________________________________________
Tratto da Savona news

Savona: Allaria Presidente della Coldiretti di Savona "Sì alle energie rinnovabili"
Giovedì 20 Agosto 2009 ore

La mancanza di energia sta diventando un problema sempre più preoccupante per la nostra società, per questo motivo si stanno cercando delle soluzioni alternative quali l’utilizzo delle fonti rinnovabili. Anche l’industria sta cercando di adeguarsi al nuovo trend in particolare quella agricola infatti la Coldiretti ha confermato che le energie rinnovabili triplicheranno in dieci anni e utilizzando e investendo sull’innovazione tecnologica si potrà ottenere allo stesso modo energia producendo una minor quantità di emissioni nocive e di conseguenza riducendo l’inquinamento.

Anche nella Provincia di Savona si sta investendo molto nelle energie rinnovabili ha confermato a Savona News il Presidente della Coldiretti Marco Allaria, che ha aggiunto “Da l’anno scorso molte aziende della provincia sono state tra le prime in Liguria a cambiare le caldaie tradizionali sostituendole con caldaie di nuova generazione a biomasse che permettono una diminuzione delle emissioni dannose di Co2 e l’utilizzo di pannelli solari per la produzione di energia”.

Per incentivare questi cambiamenti occorrono anche dei finanziamenti e degli aiuti che parzialmente servano ad attuare queste innovazioni ed Allaria il Presidente della Coldiretti ha sottolineato “Sono stati attuati dei piani di sviluppo rurali, la Coldiretti ha chiesto l’aiuto di Enti e Regioni per favorire l’utilizzo di queste nuove fonti energetiche, si tratta per la maggior parte dei casi di un adeguamento di strutture già esistenti all’utilizzo delle fonti rinnovabili che oltre ad apportare una riduzione dell’inquinamento atmosferico ridurrebbero ulteriormente anche i costi elevati che sostengono molte aziende a causa del forte aumento dei prezzi dei combustibili”.

E’ importante quindi per il nostro futuro pensare già ora a risolvere certe problematiche utilizzando soluzioni alternative per creare energia con le fonti rinnovabili e per evitare di trovarsi tra qualche decennio senza risorse e senza scelta.
___________________________________________________________________________________
_Tratto da "TERRA"
Combustibili fossili, superarli è una necessità irrinunciabile
Emanuele Bompan

INTERVISTA A colloquio con Asher Miller, direttore della Post-Carbon Society, organizzazione che da alcuni anni è impegnata nella Bay Area di San Francisco per promuovere la transizione verso un mondo pulito ed ecosostenibile.


Cosa succederebbe se ci ritrovassimo improvvisamente in una società senza petrolio, carbone, combustibili fossili che muovono l’economia mondiale, incendiano la geopolitica e distruggono l’ambiente? Quando il picco della produzione del petrolio sarà sorpassato conducendo verso una crisi energetica senza precedenti? Secondo Richard Heinberg, autore del testo sulla crisi energetica Black Out, non esistono veri piani d’emergenza su scala globale per rivoluzionare il nostro modo di produrre energia, bensì timidi passi verso energie sostenibili, che al massimo possono coprire l’1 per cento del nostro fabbisogno. Post-Carbon Society è un’organizzazione attiva da alcuni anni nella Bay Area di San Francisco che ha fatto della transizione verso un mondo indipendente dalle fonti energetiche fossili la sua battaglia. Terra ha incontrato il suo direttore, Asher Miller.

Post-Carbon society è diventata un nodo importante dell’attivismo Usa, creando consapevolezza sull’urgenza di riformare il sistema di produzione energetica, tanto che parteciperà agli incontri sul clima di Copenaghen...


I combustibili fossili hanno prodotto un’abbondanza eccessiva e non sono più in grado di soddisfarla: la produzione petrolifera ha già passato il suo picco e presto vedremo i costi della benzina tornare a salire. La transizione è in corso, il processo è già iniziato. Abbiamo le basi per traghettare la nostra economia verso un “post carbon world”, cioè un mondo con sempre meno emissioni di CO2, organizzato intorno a comunità locali che sono quasi autosostenibili.

Come agisce la vostra organizzazione?

Operiamo supportando associazioni di attivisti locali radicate nel territorio e fornendo valutazioni e scenari. Nel nostro team di ricerca ci sono 30 esperti stipendiati, ricercatori che provengono dalla Nasa, dalle università e da altri grandi centri. Con il loro apporto speriamo di pubblicare, entro il 2010, una road map per la transizione, con modelli e risposte per cittadini e amministrazioni.

Qualche anticipazione?

Bisogna lavorare sulla decrescita, sulle tecnologie per il risparmio idrico e sulla produzione del cibo che, insieme al risparmio energetico legato alle abitazioni, è la sfida più grande. Noi promuoviamo un’alimentazione senza alcun uso di idrocarburi, come ad esempio il progetto “Growing power”, dove si col tiva a impatto zero. Una scommessa che si può vincere, visto che negli Usa esistono oltre 10 milioni di orti urbani.

Cambiare le abitudini degli americani non è semplice...

Assistiamo a cambiamenti virtuosi e inaspettati. Tuttavia le persone non abbandoneranno la comoda mentalità consumistica: i cambiamenti avverranno con nuovi eventi “catastrofici”.

La green economy è un fenomeno che sta dilagando?

Ci sono gruppi che cercano di spingere la green economy. La nostra organizzazione sostiene che un’economia verde non significhi carbone pulito o utilizzo delle auto elettriche. Il problema è l’impatto generale della produzione di merci: non pos siamo mantenere i nostri livelli di consumo, sia con energie inquinanti che rinnovabili.

Su quali tecnologie bisogna puntare?

Ce ne sono migliaia interessanti. È necessario, però, capire quali sono quelle verdi fondamentali e insostituibili.

I media possono avere un ruolo nella decrescita?

Oggi la stampa è eccessivamente filo corporativa e non appoggia i veri processi di trasformazione. Sono i piccoli giornali indipendenti e ambientalisti, il citizen journalism e i blog a offrire un’informazione completa, attenta ed educativa.

Il conto alla rovescia continua...

È questione di anni per la prossima crisi. E intanto non possiamo sfuggire dalla transizione verso una società basata sulle energie rinnovabili.

Nessun commento: