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16 settembre 2011

1)Chi inquina deve pagare per le bonifiche 2) Premio Ambientalista 2011 3)Galles, una nuova tragedia in miniera di carbone

Tratto da Peacelink

Chi inquina deve pagare per le bonifiche e adottare tutte le tecnologie del caso per eliminare le emissioni nocive

Non accettate quei soldi, sono trenta denari offerti per tradire la causa della difesa di questa città

16 settembre 2011 - Giovanni Matichecchia

Le perplessità sono legittime. Si possono accettare soldi da chi inquina e ammorba questa città mettendo a repentaglio la vita nostra e dei nostri figli? Chiedere alle grandi aziende di contribuire alla vita sociale e culturale di questa città significa avere un´idea strana delle responsabilità di chi inquina. E forse anche della cultura. Intanto chi inquina deve pagare per le bonifiche e adottare tutte le tecnologie del caso per eliminare le emissioni nocive. Alla gente comune basterebbe questo. Senza sconti o strane partite di giro. Del tipo, faccio un po´ di pubblicità e tu non mi attacchi ogni giorno. Del tipo, ti do un po´ di soldi per la squadra del calcio, tanto il popolo, si sa, con la pancia piena e un po´ di spettacoli (panem et circenses) si assopisce. Del tipo, una stagione concertistica fa dimenticare i problemi o rende gli autori dell´inquinamento più umani, meno pervicacemente interessati al profitto. Non accettate quei soldi, sono trenta denari offerti per tradire la causa della difesa di questa città. Come potrà parlare in libertà chi, accettando i trenta denari, in altra parte del giornale dovrà raccontare dei tumori in crescita, dei miasmi nauseabondi che ammorbano la città, dell´oblio che è calato sui tanti morti "in nome del progresso".
Come potranno le paludate testate giornalistiche parlare ancora della protervia del profitto. Perché di questo si tratta. Di far vincere su tutto il profitto e la competitività.
Il mercato.
Quel mercato cieco sia in materia di ecologia che di giustizia.
Se anche le testate giornalistiche, che dovrebbero essere fredde testimoni della realtà, perdono la capacità di raccontare con lucidità quel che accade a questa città, dobbiamo davvero temere per il nostro futuro, abbandonato nelle mani di chi serve solo il Dio Profitto.


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Tratto da Rinnovabili .it

Premio Ambientalista 2011, sono 8 i candidati al riconoscimento green

(Rinnovabili.it) – Legambiente e La Nuova Ecologia stanno promuovendo la quinta edizione del Premio Ambientalista 2011, riconoscimento simbolico a cui sono state candidate 8 personalità eterogenee del panorama green. Le nomination, annunciate da una commissione di esperti presieduta dal portavoce nazionale di Legambiente Alberto Fiorillo, vanno da Matteo Cerruti, avvocato difensore delle cause degli ambientalisti a Elio Riccarand, un appassionato difensore di cime, presidente comitato internazionale per la protezione della montagna più alta d’Europa che raggruppa 25 associazioni d’Italia, Francia e Svizzera conosciuto come “Pro Mont Blanc”, passando per industriali, sindaci, giornalisti e semplici cittadini che si sono dedicati all’ambiente. Otto persone che rappresentano ognuna uno spaccato di vita quotidiana, impegnate sul fronte lavorativo o sociale e accomunate dall’interesse per la sostenibilità ambientale.
L’edizione 2011 del Premio Ambientalista è stata dedicata alla memoria della donna simbolo della lotta all’amianto Luisa Minazzi, protagonista di numerose battaglie e co-fondatrice di Legambiente a Casal Monferrato. Saranno i lettori della rivista e i soci dell’associazione ambientalista ad esprimere le preferenze che designeranno il vincitore votando sul sito della rivista o inviando la loro preferenza alla redazione web.

Per votare basta compilare la scheda di partecipazione all’interno della rivista, inviandola in redazione entro e non oltre sabato 12 novembre (farà fede il timbro postale) oppure sul sito www.lanuovaecologia.it inviando la propria preferenza all’indirizzo ambientalista2010@lanuovaecologia.it.

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Tratto da Senzacolonne

«Cardiopatie nei feti I casi sono in crescita»

BRINDISI – No, le cose non stanno esattamente così. Lo studio degli 11 ricercatori del Cnr che rivela come la probabilità che a Brindisi un bambino nasca con problemi cardiaci sia del 67 percento superiore alla media europea, porta alla luce una verità sì agghiacciante, reale, scientifica, ma ancora parziale. Perché la realtà, quella quotidiana, quella con cui ogni giorno medici e famiglie impietosamente si scontrano, è di gran lunga più terrificante. Quella indagine, spiega il dirigente di neonatologia di Brindisi Enrico Rosati, responsabile dell’Unità semplice di cardiologia fetale e neonatale, con tutti i suoi lodevoli meriti, non può dirsi del tutto completa: “Questo perché – rivela – lo studio tralascia del tutto la fase prenatale. Si occupa cioè dei bambini che vengono alla luce, e non anche di quelle gravidanze interrotte proprio a causa delle anomalie cardiache complesse che colpiscono i feti prima della nascita”. E in quanti non ce la fanno? “Quasi il 50 percento”. Insomma: dei feti interessati da patologie cardiache complesse, solo uno su due viene al mondo. E chi non ce la fa, non rientra nemmeno nella statistica dell’indagine condotta dagli undici ricercatori. Quindi, se l’obiettivo dello studio è capire non quanti neonati vengano al mondo con problemi cardiaci in questa città di industrie chimiche e carbone, ma scoprire quanti ne vengano colpiti al di là del successo della gravidanza, allora quei dati già di per sé spaventosi, andrebbero aggiornati, integrati, completati. Non solo: “Quello che mi sento di evidenziare e che preoccupa – spiega ancora Rosati – parlando non solo come medico, ma anche come padre di tre figli, è che questo trend è in continuo e costante aumento. Rispetto al passato abbiamo sempre più casi di feti colpiti da cardiopatie complesse. Mi riferisco a quelle che dopo la nascita richiedono un intervento chirurgico, o che causeranno problemi al bambino per il resto della sua vita. Grazie al miglioramento delle tecniche di diagnosi stiamo riuscendo ad avere un quadro più completo della situazione, e quel che ne è emerge è un dato sicuramente preoccupante”. Un altro dato che desta allarme, è quello relativo alle malformazioni cardiache rare. “Mi riferisco – spiega Rosati – a quelle anomalie del cuore che, in base alle statistiche, ci aspetteremmo di trovare una volta ogni 5 anni. E invece a Brindisi, e più precisamente nell’area comprendente anche parte del restante territorio salentino, abbiamo riscontrato un’incidente di 4, perfino 5 volte superiore”........: “Quello di cui ora abbiamo bisogno – spiega Rosati – per sciogliere ogni dubbio, è di un’indagine epidemiologica pulita, vera, concreta e definitiva, scevra da scremature e interpretazioni”. Leggi tutto

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Tratto da La Repubblica

Galles, una nuova tragedia in miniera per gli "uomini dalla faccia sporca".

Quattro vittime in una miniera di carbone di Gleison inondata dall'acqua. Difficili i soccorsi.

LONDRA
- Una nuova tragedia colpisce la terra dei minatori. Quattro persone hanno perso la vita in una miniera inondata dall'acqua nel Galles del sud. L'incidente è cominciato a delinearsi giovedì, quando una parete che separava la miniera di carbone di Gleison è crollata, facendo invadere gallerie e cunicoli da un torrente d'acqua e detriti che ha trascinato un gruppo di minatori fino a 90 metri di profondità. Tre di essi sono riusciti quasi subito a mettersi in salvo, anche se due hanno perso conoscenza per l'acqua e il fango ingeriti e sono stati ricoverati d'urgenza nel più vicino ospedale a Swansea. Quattro sono invece rimasti intrappolati sotto terra e una vasta operazione di soccorsi ha avuto inizio giovedì sera ed è continuata per tutta la giornata di oggi, con specialisti dei vigili del fuoco, polizia e ambulanze...

Purtroppo col passare delle ore dalla miniera sono arrivate solo cattive notizie.

Le famiglie dei minatori e tutta la comunità locale si sono raccolti in un centro sociale vicino alla miniera. "Siamo molto tristi, questa è una botta tremenda per tutti noi", ha detto uno di loro alla Bbc.
Non è la prima, tuttavia, per questa gente. Nell'Ottocento e per gran parte del Novecento, il Galles è stato uno degli epicentri dell'industria del carbone britannica. Solo negli anni '80, dopo il lungo, feroce e spesso violento braccio di ferro tra il governo della Thatcher e i sindacati dei minatori, le miniere hanno cominciato a chiudere.
Alcune però resistono, come quella di Gleison, una piccola miniera di carbone, molto antica, già colpita da una disgrazia analoga nel 1909: anche allora l'acqua invase le gallerie, uccidendo cinque minatori, di cui due di appena 14 anni.
Ma la storia, per gli "uomini dalla faccia sporca", si ripete sempre uguale, come se non potesse cambiare mai niente.
(16 settembre 2011) Leggi tutto
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