
Se le emissioni moleste non sono quotidiane si ha diritto al risarcimento del danno?
Si!
Così afferma la Cassazione nella recentissima pronuncia del 24 maggio,
n. 19637. La fattispecie riguardava le emissioni moleste di una
acciaieria, che, però, non si manifestavano quotidianamente, ma in
orario per lo più notturno ed ogni 2-3 settimane.
Nonostante la
mancanza di ripetitività giornaliera della condotta illecita si è
riconosciuto ugualmente il diritto dei cittadini residenti nelle
vicinanze dello stabilimento al risarcimento del danno.
I reati permanenti, argomenta la Corte, sono quelli nei quali
l’offesa al bene giuridico tutelato si protrae nel tempo per effetto
della persistente condotta del soggetto agente.
La condotta illecita
deve avere, dunque, carattere continuativo e ad essa l’agente può porre
fine con condotta volontaria.
Il carattere
continuativo delle emissioni moleste non si identifica con la
ripetitività giornaliera delle stesse, bastando che esse si protraggano -
senza interruzioni di rilevante entità - per un lasso apprezzabile di
tempo, a cagione della duratura condotta colpevole del soggetto agente .
Nella vicenda in esame, ha sottolineato la Corte, la natura
permanente del reato è risultata correttamente affermata poiché lo stato
antigiuridico si è protratto fino al gennaio 2008, senza che siano
state adottate idonee misure di contenimento delle emissioni.
Si ricorda che la giurisprudenza ha sottolineato che le emissioni
moleste configurano un reato di pericolo, essendo sufficiente
l’attitudine delle emissioni a offendere o molestare le persone[1] e che
per molestia si intende la situazione di disturbo della tranquillità e
della quiete, con impatto negativo sulle normali attività della
persona[2].
Si è sostenuto in dottrina e giurisprudenza che il giudizio sulla
sopportabilità delle emissioni si effettui alla stregua del criterio
della normale tollerabilità ex art. 844, c.2 c.c.
Altra opinione è che in presenza di molestie olfattive sia
configurabile il reato di cui all’art. 674 c.p., in quanto non esiste
una normativa statale che preveda disposizioni specifiche e valori
limite in materia di odori. Di conseguenza, il criterio della stretta
tollerabilità è il parametro di valutazione della legalità delle
emissioni[3].
Di recente la Cassazione ha ribadito tale tesi, affermando che “quando
non esista una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni,
si deve aver riguardo al criterio della stretta tollerabilità e non a
quello della normale tollerabilità di cui all’art. 844 cod. civ.,
anch’esso comunque condizionato, come quello della normale
tollerabilità, dalla situazione ambientale e dalle altre circostanze che
caratterizzano l’emissione molesta”[4].
A cura dello Staff di Ambientelegale
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