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Uno dei problemi più gravi
del nostro Paese, al giorno d'oggi, è l'inquinamento ambientale, causa
di innumerevoli decessi e anche di disoccupazione, inevitabile
conseguenza dell’immediato blocco produttivo delle fabbriche inquinanti.
Giornalisti ed esperti hanno approfondito tale problematica partendo
dal divieto di produzione imposto all'acciaieria Ilva di Taranto, a
seguito di indagini preliminari ordinate dal gip Patrizia Todisco lo
scorso 26 Luglio 2012. Alcuni studi finanziati dal Ministero Della
Salute sull'inquinamento ambientale hanno anche evidenziato ,dagli anni
Sessanta ad oggi, un incremento notevole di diossine, benzene e polveri
sottili nell'aria, responsabili di circa 1200 decessi l'anno.
Alla luce
di tali tragedie, è stato esaminato un altro polo
industriale con il più alto tasso d'inquinamento: Brindisi.
Oggetto di
scalpore, questa volta, però, è stata la morte improvvisa di tre
contadini. A riguardo, un'indagine avviata dalla Procura della
Repubblica, ha dichiarato colpevole la vecchia centrale termoelettrica
Federico II di Brindisi, produttrice di pulviscolo nocivo che,
propagatosi su circa quattrocento ettari di terreno, lo ha reso arido ed
inutilizzabile. .... altre ricerche hanno
dimostrato che, oltre a distruggere l'ambiente, tali polveri hanno
provocato malattie tumorali, aborti e malformazioni tra gli abitanti.
Una situazione molto simile, si è verificata presso la città di Sarroch,
in provincia di Cagliari, dove il Comune ha chiesto ed ottenuto una
riduzione superiore al 40 per cento delle emissioni di anidride
solforosa, principale responsabile di malattie respiratorie e
alterazioni nel Dna dei bambini.
Il tutto è avvenuto grazie, però, a
degli studi condotti già in precedenza dall'epidemiologo Annibale
Biggeri che ha riscontrato nell'ambiente una buona quantità di
idrocarburi e benzene, dannosi non solo per la natura, quanto per gli
abitanti stessi.
Da ciò si evince come il numero delle centrali “killer”
sparse in tutto il Paese sia cresciuto in modo esponenziale negli
ultimi anni minacciando seriamente l’incolumità di lavoratori e
cittadini.
Un gruppo di ricerca internazionale guidato dall’epidemiologo
fiorentino Annibale Biggeri ha recentemente pubblicato sulla rivista
internazionale Mutagenesis uno studio che affronta questo tema.
La ricerca ha confrontato i danni al DNA di 75 bambini e bambine in età compresa tra 6 e 14 anni che vivono a Sarroch con quanto accade al DNA di un gruppo di coetanei che vivono a Burcei.
Sarroch è un paese della provincia di Cagliari di poco più di 5.000
abitanti. A Sarroch sono presenti un impianto petrolchimico tra i più
vasti d’Europa e una centrale termoelettrica a ciclo combinato che è la
più grande al mondo e la terza in Italia, dopo la centrale a carbone a
sud di Brindisi e l’acciaieria di Taranto, per costi sanitari causati da
emissioni in atmosfera di sostanze quali, per esempio, SO2 ed NOx (Fonte: Agenzia Ambientale Europea, 2011).
Il complesso industriale di Sarroch produce un particolare mix di
inquinanti che include: composti organici volatili (COV) come benzene ed
etil-benzene; formaldeide; metalli pesanti quali il cromo esavalente,
il piombo e il nichel; idrocarburi policiclici aromatici (IPA) come il
benzo(a)pirene.
I bambini e le bambine di Sarroch vivono ad una distanza compresa tra i 160 metri e 1 km e mezzo dagli impianti industriali.
Burcei è un villaggio rurale in provincia di Cagliari di circa 3000
abitanti, con scarso traffico automobilistico e nessun insediamento
industriale.
Gli studiosi hanno misurato le concentrazioni di benzene ed
etil-benzene nei giardini delle scuole dei due comuni e prelevato in
campione di epitelio nasale per valutare la prevalenza di specifici
addotti del DNA che si generano a seguito di una interazione
dell’organismo umano con composti chimici.
I risultati mostrano sia misure di benzene più alte nei giardini
delle scuole di Sarroch sia una maggiore prevalenza di danni al DNA tra
le bambine e i bambini che le frequentano.
I risultati sono in linea con i dati presenti in letteratura. In
altri studi è stato osservato, infatti, che i bambini che vivono nelle
vicinanze di impianti industriali mostrano più alti livelli di
biomarcatori di stress ossidativo, processo che è alla base della
generazione di addotti del DNA.
La formazione di addotti al DNA è un forte indicatore di esposizione
ad agenti cancerogeni di tipo genotossico. Gli addotti, se non riparati
in maniera efficiente, possono causare mutazioni in geni regolatori
importanti (es. geni soppressori di tumore), con conseguenti effetti
cancerogeni.
La risposta alla domanda posta nel titolo appare, dunque, affermativa. Secondo i ricercatori, infatti, questi risultati “sembrano
suggerire che il complesso industriale possa essere il fattore che ha
causato gli incrementi di danni al DNA osservati nei bambini”.
In
conclusione, gli scienziati auspicano interventi per il miglioramento
della qualità dell’aria giacché alti livelli di addotti del DNA in età
giovanile possono essere associati ad un peggiore stato di salute in età
adulta.
Malondialdehyde-deoxyguanosine and bulky DNA adducts in schoolchildren resident in the proximity of the Sarroch industrial estate on Sardinia Island, Italy. Peluso M, Munnia A, Ceppi M, Giese RW, Catelan D, Rusconi F, Godschalk RW, Biggeri A. Mutagenesis. 2013 Feb
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