COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE.

QUESTO BLOG UTILIZZA COOKIES ,ANCHE DI TERZE PARTI.SCORRENDO QUESTA PAGINA ,CLICCANDO SU UN LINK O PROSEGUENDO LA NAVIGAZIONE IN ALTRA MANIERA ,ACCONSENTI ALL'USO DEI COOKIES.SE VUOI SAPERNE DI PIU' O NEGARE IL CONSENSO A TUTTI O AD ALCUNI COOKIES LEGGI LA "COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE".

02 aprile 2014

1)"Era prevedibile che Lünen chiudesse" 2)Il vero costo dell’Italia a carbone



Quando un anno fa abbiamo realizzato la nostra prima inchiesta L’Italia è un Paese da bonificareavevamo fatto i conti solo con una parte delle emergenze ambientali e sanitarie di questo Paese..
La mappa partecipata dei siti inquinanti
Ma la partecipazione diretta dei comitati e dei cittadini alla campagna di crowdmapping ci ha presentato quasi subito un quadro ancora più preciso sui siti inquinati in Italia. Quelli dove insistono impianti industriali ancora funzionanti soggetti a discusse Autorizzazioni Integrate Ambientali (AIA). Tanto che tra i primi luoghi mappati risulta la Centrale ENEL a carbone Eugenio Montale di La Spezia, (grazie al contributo di Spezia Via dal Carbone e Spezia Polis). Così come tra le prime associazioni registrate appaiono le mamme di Brindisi, Passeggino Rosso, in prima linea nella difesa della tutela della salute dei bambini, alle prese con l’aumento di malformazioni congenite dovuta all’esposizione alle sostanze inquinanti delle donne in gravidanza, così come accertato da diversi studi dellIstituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa e Lecce.

Il sequestro della Centrale Tirreno Power di Vado Ligure.

Indagini epidemiologiche su tutti i territori inquinati
Tutti contributi della cittadinanza scientifica che fanno luce sull’Italia che vive ancora nell’era del carbone, ben distante dalla tanto auspicata era della “green economy“, con ancora 16 centrali in tutto il territorio nazionale. 
Drammatica realtà riportata dall’onore delle cronache con l’inchiesta della procura di Savona sulla centrale Tirreno Power di Vado Ligure con il sequestro degli impianti lo scorso 11 marzo, a seguito dei risultati dall’indagine epidemiologica commissionata dalla stessa procura, che ha accertato i forti danni alla salute ai residenti intorno alla Centrale gravanti soprattutto sui bambini con l’aumento delle malattie respiratorie fino a 457 casi tra il 2005 e il 2010, asma da 94 a 129 nello stesso periodo, ed un aumento dei ricoveri per patologie cardiache e respiratorie negli adulti tra 1674 e 2097 casi. Oltre 400 decessi dal 2000 al 2007 per malattie cardiache e respiratorie.
Dati drammatici che hanno confermato i timori dei cittadini e dei comitati che vivono intorno alle altre centrali a carbone e agli altri poli industriali della penisola, su quale possa essere la situazione sanitaria e ambientale. Domanda, sollevata su Epidemiologia e Prevenzione, rivista dell’Associazione Italiana di Epidemiologia, da Giovanni Ghirga dell’ISDE di Civitavecchia a cui ha risposto Pietro Comba, Direttore del Dipartimento Epidemiologia Ambientale dell’Istituto Superiore di Sanità e coordinatore del gruppo di lavoro che ha redatto il rapporto SENTIERI, (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio inquinamento): “Ci sono aree del Paese altamente inquinate, e nelle quali è stato accertato un effetto sulla salute delle esposizioni ambientali, che tuttavia non sono oggetto di un’attività sistematica di sorveglianza epidemiologica quale quella rappresentata dal Progetto SENTIERI“. Ma che dovrebbero esserlo....

Green economy o black carbon economy?

Ma l’appello pubblicato ieri su Cittadini Reattivi riporta la voce unanime dei comitati e delle maggiori associazioni ambientaliste emiliane e nazionali, ci fa intravvedere come la ragnatela dell’Italia a carbone e ad alto impatto ambientale avvolga ancora fittamente questo Paese.
Proprio nel giorno in cui si conclude il processo di primo grado per i danni ambientali causati dalla centrale termoelettrica di Porto Tolle con una condanna per gli ex vertici Enel, Franco Tatò e Paolo Scaroni, colpevoli di disastro ambientale doloso “in Emilia Romagna gli enti pubblici si oppongono alla confinante centrale a carbone di Porto Tolle sul Delta Veneto- sottolineano le associazioni nel documento- la principale azienda a controllo pubblico della Regione (HERA) supporta progetti similmente dannosi in altre regioni d’Italia, come la centrale a carbone a Saline Joniche in Calabria”. Un preoccupante paradosso che ha portato le associazioni a richiedere ai Sindaci azionisti del Gruppo Hera, di uscire dall’azienda partecipata per non finanziare un progetto in contraddizione con la ricerca indispensabile di un futuro sostenibile per l’ambiente e per la salute. Insomma di scegliere tra carbone e fonti rinnovabili, che coprono ad oggi il 30% del fabbisogno nazionale.

Qui l'articolo integrale

Nessun commento: