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23 novembre 2009

2009/09/24 Cina. Nuova strage in miniera: 108 morti. La schiavitù dei minatori del carbone/No al carbone nel parco del Delta

Tratto da Dazebao L'informazione on line

Cina. Nuova strage in miniera: 108 morti. La schiavitù dei minatori del carbone

Lunedì 23 Novembre 2009
di Ferdinando Pelliccia

Sono 108 i morti e almeno 60 i feriti, di cui 6 gravi, tutti ricoverati per problemi respiratori o per fratture. Un bilancio questo conseguenza dell'esplosione avvenuta sabato scorso nella miniera di carbone Xinxing a Hegang nella provincia nordorientale di Heilongjiang.

Si tratta del più grave incidente in una miniera cinese verificatosi negli ultimi due anni. Il triste primato andava finora all'incidente verificatosi il 6 dicembre 2007 a Linfen nella provincia dello Shanxi in cui morirono oltre 100 minatori.

Al momento dell'incidente erano 528 i minatori che stavano lavorando nelle viscere della terra. Per un centinaio di loro non c'è stato scampo, mentre gli altri 420 sono stati tutti tratti in salvo dalle squadre di soccorso accorse sul posto.

La causa è da attribuirsi ad una fuoriuscita del micidiale gas grisou che ha provocato un'esplosione la cui potenza è stata avvertita fino a 10 chilometri di distanza. Il recupero dei minatori è stato ostacolato oltre che dalle impalcature crollate nei tunnel e dalle continue esalazioni di gas, dal fatto che i lavoratori erano dispiegati in 20 diversi punti della rete di tunnel che corre nella miniera fino a 500 metri di profondità.

La miniera Xinxing è una delle più antiche e importanti della Cina, il suo giacimento di carbone è stimato a 3 miliardi di tonnellate ed ha una produzione annua di 12 milioni di tonnellate di carbone. La miniera è di proprietà del gruppo 'Heilongjiang Longmay Mining', con sede a Harbin, capoluogo della provincia. Un'inchiesta è stata aperta mentre il numero uno, il numero due e l'ingegnere capo della miniera sono stati sollevati dalle loro funzioni.

Il fabbisogno di carbone e le condizioni di lavoro dei minatori cinesi

In Cina il carbone fornisce circa il 70 percento dell'energia. Un forte fabbisogno energetico del Paese a cui corrispondono livelli di sicurezza per i lavoratori del settore minerario molto al di sotto degli standard internazionali.
Un fatto questo che è all'origine di molti dei disastri verificatisi negli ultimi dieci anni. In tal senso, le miniere cinesi di carbone sono considerate le più pericolose al mondo.
I morti per l'incidente di sabato si vanno ad aggiunge ad una lunga lista che dal 2000 ad oggi annovera migliaia di vittime. Secondo stime ufficiali sono oltre 3.200 i minatori morti soltanto lo scorso anno. Purtroppo i dati ufficiali sono viziati dal fatto che numerosi incidenti vengono nascosti dalle società che gestiscono le miniere.
La legge cinese prevede che ogni incidente con più di 10 vittime vada denunciato alle autorità centrali e provinciali e la miniera, di conseguenza, deve essere chiusa.
La Cina non è tra i Paesi firmatari della ‘Convenzione internazionale sulla sicurezza nelle miniere’ stilata dall’International Labour Organization nel 1995. Pertanto, garantire la sicurezza dei minatori è prerogativa del governo centrale e degli amministratori locali. Le conseguenze sono facilmente riscontrabili.
Un minatore cinese lavora un minimo di 14 ore al giorno, con un solo giorno di riposo al mese per uno stipendio di 150 euro al mese. Moltissimi minatori soffrono di gravi danni alla salute. Oltre la metà degli affetti nel mondo da pneumoconiosi, una malattia dei polmoni causata dall’inalazione di polveri, vive in Cina dove si registrano oltre 15mila casi ogni anno a fronte di oltre 200mila malati che non sono in grado di curarsi per l’estrema povertà.

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Riportiamo da Carta.org
lunedì 23 novembre 2009
No al carbone nel parco del Delta

Il ministero dell'ambiente ha detto sì, ora manca la firma del ministro Scajola. Ma a combattere il carbone dell'Enel, nel Delta del Po, con gli ambientalisti ci sono anche le categorie economiche, che insieme ricorrono al Tar. Silenzio invece dall'Emilia Romagna, patria del segretario del Pd Bersani, noto sostenitore del combustibile fossile.

E’ l’ora dei ricorsi al Tar contro la riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle,nel cuore del parco naturale del Delta del Po, che ha ricevuto il via libera del ministero dell’ambiente e attende il decreto del ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola.
A tentare l’ultima resistenza è un manipolo di associazioni, comitati cittadini, pescatori e operatori turistici. L’idea di un camino fumante in mezzo al Delta non piace agli ambientalisti, ma preoccupa anche Rosolina, il più importante centro balneare della provincia di Rovigo. Così tra i promotori del ricorso al Tar del Lazio, depositato la settimana scorsa dall’avvocato Matteo Ceruti, ci sono l’Assagaime, associazione di agenzie immobiliari e turistiche con un migliaio di appartamenti a Rosolina, il Consorzio operatori balneari, in rappresentanza di una decina di stabilimenti, i villaggi Club Srl e Rosapineta Sud e anche i Consorzi pescatori Delta Nord e Po di Maistra, oltre ai «soliti» Greenpeace, Italia Nostra, Wwf e Comitato cittadini liberi di Porto Tolle.
Insomma, ci sono anche le categorie produttive, che evidentemente sognano per il Delta uno sviluppo economico basato sulle peculiarità del territorio e non sulle dubbie ricadute economiche della centrale.
Ventisette i punti toccati dal ricorso, a partire dall’emendamento inserito dal Governo nel «decreto incentivi», una vera e propria norma ad hoc sul carbone, pensata per aggirare la legge del Parco del Delta del Po. Peccato però che lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in una lettera inizialmente riservata, abbia espresso dubbi sulla legittimità costituzionale e sulla pertinenza dell’emendamento, ma anche sulla sua sostenibilità economica: se a regime la centrale emetterà oltre 10 milioni di tonnellate l’anno di anidride carbonica, per rispettare i limiti del trattato di Kyoto l’Italia dovrà comprare quote da altri paesi «virtuosi» oppure pagare multe salate. Tra i punti deboli dell’iter che ha autorizzato la riconversione, l’avvocato Ceruti rileva l’esclusione della Regione Emilia Romagna e quella ancora più clamorosa dell’Ente parco del Delta del Po. Un capitolo a parte va poi dedicato ai pareri ignorati, da quello dell’Arpa Veneto che imponeva limiti alle emissioni più rigorosi di quelli autorizzati, a quello della soprintendenza di Verona, secondo cui l’impianto non è armonizzabile in alcun modo con il paesaggio del Delta. E, ancora, la mancanza di un confronto con la soluzione a metano, la scarsa considerazione dell’impatto sull’ambiente di una zona umida unica al mondo e l’assenza di valutazioni sull’apporto di polveri e metalli pesanti nel bacino padano.
Dopo il Tar, resta ancora possibile fare ricorso al capo dello Stato entro metà dicembre, soluzione già annunciata dal Comune di Rosolina......

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Tratto da Terranauta

La gestione privata dell’acqua pubblica è legge

Con 302 voti favorevoli e 263 voti contrari passa anche alla Camera il decreto Ronchi che segna l'apertura al privato della gestione dell'acqua pubblica.
Il decreto legge che privatizza l'acqua, dopo aver incassato la fiducia al Senato, passa anche alla Camera con 302 sì e 263 no, in aula a votare, e a dimostrare quanto il governo tenga a questo decreto, anche Silvio Berlusconi.

Nato per rispondere a quelli che vengono definiti obblighi comunitari, nel decreto è stato infilato di tutto e di più tra cui anche l'articolo 15 che tratta la privatizzazione dell'acqua e che per questa segna una data precisa: il 31 Dicembre 2011. Il countdown è quindi cominciato, entro quella data tutte le società di gestione del servizio idrico "in House" le cosiddette "municipalizzate" dovranno trasformarsi in società a capitale misto pubblico-privato (in cui il privato abbia almeno il 40% delle azioni) oppure totalmente private.

L'approvazione del provvedimento ha suscitato le proteste dell'opposizione (l'Idv ha alzato cartelli di protesta) e del Forum dei Movimenti per l'Acqua, i cui rappresentanti si sono incatenati alle transenne antistanti Montecitorio recitando lo slogan: "Se voti la privatizzazione dell'acqua non lo fai in mio nome".

Così mentre le proteste contro una scelta più che discutibile - visto il valore intrinseco del bene acqua - si fanno sempre più consistenti al punto che già si parla di referendum abrogativo, l'onorevole Ronchi, da cui prende il nome il decreto stesso, nega tutto: "L'acqua è un bene pubblico e il decreto non ne prevede la privatizzazione. Nel provvedimento” - ha aggiunto Ronchi – “viene rafforzata la concezione che l'acqua è un bene pubblico, indispensabile. Si vogliono combattere i monopoli, le distorsioni, le inefficienze con l'obiettivo di garantire ai cittadini una qualità migliore e prezzi minori".
E' la solita storia, dai un servizio pubblico che funziona male in mano al privato e il privato lo farà funzionare bene, ma non solo, visto che di privati ce ne saranno tanti anche i prezzi scenderanno in nome della concorrenza. Peccato che la realtà abbia già dimostrato più volte come questa bella storia sia in realtà una favola valida solo per le lezioni di economia del primo anno di università, o forse neanche più per quelle .

La realtà, sia delle esperienze italiane di AcquaLatina che di quelle internazionali e più estreme di Cochabamba, ma non solo, insegnano che la privatizzazione del servizio idrico porta ad aumenti di prezzo stimabili tra il 30 e 40% senza apprezzabili e corrispondenti miglioramenti del servizio. Ma non basta, anche la moderna Parigi dopo oltre vent'anni è tornata all'acqua pubblica a dimostrazione che pubblico ed efficienza non sono per forza un ossimoro.

Si spiegano così le accuse di chi dice che con questo provvedimento il governo stia facendo un regalo ai privati, cosa che tra l'altro pare già rivelarsi realtà visto che solo ieri Acque Potabili e Mediterranea Acque (due leader del settore privato dell'acqua pubblica....ecco l'ossimoro!) hanno registrato un vero e proprio aumento record del valore delle proprie azioni .
Lo stato quindi si arrende e alza bandiera bianca. Su 100 litri d'acqua 40 vengono sprecati nel sistema idrico italiano.
Le ragioni sono molte e non tutte di semplice soluzione, di certo c'è che qualche risultato soprattutto in Puglia dove gli sprechi sono diminuiti del 38% si stava ottenendo.
Ora però, con decreto Ronchi, si riparte da zero e si demanda la soluzione di uno dei problemi storici del paese ad un privato che dovrebbe spendere (per migliore il servizio)per guadagnare e che probabilmente, invece, farà spendere di più noi, per guadagnare lui. Ma questo come si diceva è il libero mercato.

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Tratto da Peacelink
Acqua privatizzata
“MALEDETTI VOI….!”
19 novembre 2009 - Alex Zanotelli

Noi continueremo a gridare che l'acqua è vita, l'acqua è sacra, l'acqua è diritto fondamentale umano.
E' la più clamorosa sconfitta della politica. E' la stravittoria dei potentati economico-finanziari, delle lobby internazionali. E' la vittoria della politica delle privatizzazioni, degli affari, del business.
A farne le spese è ‘sorella acqua', oggi il bene più prezioso dell'umanità, che andrà sempre più scarseggiando, sia per i cambiamenti climatici, sia per l'aumento demografico. Quella della privatizzazione dell'acqua è una scelta che sarà pagata a caro prezzo dalle classi deboli di questo paese( bollette del 30-40% in più, come minimo),ma soprattutto dagli impoveriti del mondo......
Noi siamo per la vita, per l'acqua che è vita, fonte di vita. E siamo sicuri che la loro è solo una vittoria di Pirro. Per questo chiediamo a tutti di trasformare questa ‘sconfitta' in un rinnovato impegno per l'acqua, per la vita , per la democrazia. Siamo sicuri che questo voto parlamentare sarà un "boomerang" per chi l'ha votato.
Il nostro è un appello prima di tutto ai cittadini, a ogni uomo e donna di buona volontà. Dobbiamo ripartire dal basso, dalla gente comune, dai Comuni.
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