Ambiente in genere.Controlli ambientali
IL CONTROLLO AMBIENTALE “AMICHEVOLE” DEL GOVERNO DEI PROFESSORI
a cura di Gianfranco Amendola
Chi si occupa di normativa
ambientale sa bene che i problemi di fondo sono due: la pessima qualità
delle leggi e la mancanza di controlli.
Si tratta, peraltro, di
problematiche in qualche modo connesse perché proprio la pessima qualità
delle leggi condiziona la qualità e la quantità dei controlli, sempre
più spesso demandati a strutture inadeguate e carenti per mancanza di
mezzi, di personale e di professionalità; di modo che troppo spesso i
(pochi) controlli che vengono effettuati, in presenza di norme
complicate, confuse e contraddittorie, si limitano a riscontrare solo
eventuali situazioni macroscopiche di illegalità, senza prendere neppure
in considerazione settori che richiedono un approfondimento di
indagini. Basta pensare a quello che è successo per il trasporto di
rifiuti dopo l’allucinante tira e molla sul SISTRI.
Del resto, basta guardarsi
attorno o leggere i giornali per capire che nel settore della tutela
ambientale, i controlli vanno potenziati con grande determinazione: come
è possibile, tanto per fare due esempi su illegalità “facili facili” da
controllare, che nel 2012, 36 anni dopo la legge Merli, vi siano ancora
numerosi scarichi fognari pubblici immessi nell’ambiente allo stato
bruto, senza alcuna depurazione e autorizzazione; oppure che esistano
centinaia di discariche abusive ?
Purtroppo, invece del
potenziamento, con il governo dei Professori è arrivata la
“semplificazione” dei controlli. Nel decreto legge n. 5 del 9 febbraio
2012, entrato in vigore il 10 febbraio, -oltre a 2 articoli (23 e 24) di
semplificazione della normativa ambientale su cui ci riserviamo un
intervento più approfondito-, esiste un ineffabile art. 14, intitolato “Semplificazione dei controlli sulle imprese”, la cui ratio dichiarata è di limitare al massimo i controlli sulle imprese al fine di recare alle stesse “il minore intralcio” possibile.
L’apice, a mio sommesso avviso, si raggiunge quando si stabilisce che i controllori devono adeguarsi al principio di “collaborazione amichevole con i soggetti controllati al fine di prevenire rischi e situazioni di irregolarità”.
Se con questo si voleva
dire che i controlli devono essere effettuati con educazione e senza
vessare e intimidire i poveri industriali, trattasi, ovviamente, di
norma del tutto superflua.
Ma questo non vuol dire
“collaborazione amichevole”. I controlli sono controlli e non si può
imporre alcuna “collaborazione amichevole” tra controllori e
controllati. Né spetta ai controllori dare amichevoli consigli
all’industriale su quello che deve fare al fine di prevenire rischi e
situazioni di irregolarità. L’industriale, se ha dei dubbi, ha tutti i
diritti di pagarsi una consulenza privata o rivolgersi in modo formale e
diretto alle istituzioni competenti e di ricevere risposta.
Ma il pubblico
controllore, se riscontra reati, deve farne denuncia all’A.G. e non può
essere invischiato nei problemi del controllato.
Se, a questo punto, ci
focalizziamo sul settore dei controlli ambientali (dalle disposizioni
dell’art. 14 sono esenti solo i controlli in materia fiscale e
finanziaria), appare ancora più evidente la pericolosità di questo
stravagante principio.
E’ noto, infatti, che l’organo deputato al controllo tecnico delle violazioni ambientali è l’ARPA.
In proposito, recentemente la Cassazione ha evidenziato che “i
funzionari dell’ARPA, preposti al controllo e alla vigilanza
ambientale, sono titolari di una posizione di garanzia in relazione all'
impedimento dei reati commessi dai terzi e, pertanto, qualora, venuti a
conoscenza dell'effettuazione irregolare di operazioni di gestione di
rifìuti, omettano di intervenire, sono responsabili ex art. 40, 2° comma, c.p. dell 'illecito smaltimento del rifìuto” (Cass. Pen, sez. 3, c.c. 15 dicembre 2010, n. 3634, Zanello).
Oggi si dice agli stessi funzionari che devono collaborare amichevolmente con i soggetti controllati.
Se, in questo quadro,
aggiungiamo che già esiste un altro scellerato principio legislativo in
base al quale, per fare cassa, l’ARPA può accettare consulenze a
pagamento anche dai soggetti che dovrebbe controllare (ed eventualmente
denunciare), diventa ancor più concreto il rischio che la collaborazione
“amichevole” possa talvolta essere intesa come collaborazione a
pagamento, dove chi paga si assicura l’amichevole collaborazione del
controllore ora e per il futuro......E chi vuole capire capisca!
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