COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE.

QUESTO BLOG UTILIZZA COOKIES ,ANCHE DI TERZE PARTI.SCORRENDO QUESTA PAGINA ,CLICCANDO SU UN LINK O PROSEGUENDO LA NAVIGAZIONE IN ALTRA MANIERA ,ACCONSENTI ALL'USO DEI COOKIES.SE VUOI SAPERNE DI PIU' O NEGARE IL CONSENSO A TUTTI O AD ALCUNI COOKIES LEGGI LA "COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE".

28 luglio 2012

Ilva, è la mancanza di una politica industriale italiana che genera il conflitto tra ambiente e lavoro

Tratto da Greenreport

Ilva, è la mancanza di una politica industriale italiana che genera il conflitto ambiente-lavoro

[ 27 luglio 2012 ]
Claudio Passiatore
La sostenibilità ambientale dei processi industriali e la necessità di una riconversione ecologica di alcuni settori di attività, restano sul tappeto.
 Nonostante Taranto. Ancora di più dopo Taranto.
 L'attuale situazione che vive la città pugliese non deve infatti far dimenticare che continuare a contrapporre lavoro e ambiente, come se si trattasse di uno scontro tra due fazioni o tra due squadre di calcio, conduce solo al perpetuarsi dei tanti disastri compiuti fino ad oggi.
Disastri ambientali, è vero. Ma soprattutto disastri strategici, che vedono gli operai lottare per il loro lavoro mentre i giudici, troppo spesso chiamati a prendere decisioni che altri non hanno preso in passato, sono obbligati a far chiudere un impianto: apoteosi di una mancanza di una programmazione sostenibile e di una vera politica industriale.
Per ripartire da un nuovo modello di sviluppo, il primo passo da compiere è dunque quello di abbandonare l'inutile dibattito sul binario morto del lavoro/ambiente, vicolo cieco che ospita contesti simili a quelli dell'Ilva (e non sono pochi in Italia).
Ciò che serve, è invece fissare le fondamenta di un'economia che possa contare su norme chiare, su una politica industriale ben definita e che guardi a una gestione sostenibile dei flussi di materia e di energia. E poi servono anche investimenti sulla ricerca, e, non per ultimi, servono prodotti di qualità.
Perché fino a quando penseremo di competere con Cina e India producendo più auto con meno costi (magari costi della manodopera), non andremo da nessuna parte. 
E non c'è solo Taranto. Nel nostro Paese, i contesti simili all'Ilva sono centinaia,  e evidenziano tutti non tanto la crisi economica che attanaglia le imprese e talvolta intere città, ma l'inesistenza di un'idea, di un progetto, di una "lunga veduta". 
 Appare perciò dovuto ma pur sempre tardivo il Consiglio dei ministri di oggi al centro del quale c'è il caso dell'acciaieria pugliese.
Nella seduta è stata esaminata la questione relativa alle misure urgenti per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione territoriale di Taranto e il ministro dell'Ambiente ha illustrato i contenuti del protocollo d'intesa sottoscritto il 26 luglio ........

Il ministro dell'Ambiente Clini si è inoltre soffermato sulla «la necessità di sostenere la continuazione del programma di risanamento ambientale degli impianti di Taranto». Tutto questo mentre l'assemblea dei lavoratori svoltasi stamani dinanzi allo stabilimento, ha confermato lo sciopero a oltranza con presidi in tutta la città per tenere alta l'attenzione.
 Il calo della domanda di acciaio pare irreversibile, forse lo hanno capito anche in una della città più monoculturali d'Italia e in molti ora si stringono attorno alla fabbrica. Purtroppo, però, battere la stessa strada e insistere sulla produzione di un certo acciaio, quello che è stato l'orgoglio dell'altoforno toscano per più cento anni, non è una soluzione.
Perché per sopravvivere, Taranto come Piombino, dopo aver sanato le ferite ambientali, deve guardare alla qualità dei prodotti e puntare alla sostenibilità ambientale dei processi industriali. Solo così, non vedremo più operai e giudici "contendersi" una fabbrica.
Leggi l'articolo integrale su Greenreport
 __________________

Sequestro siderurgico Ilva, Taranto tra disastro ambientale e sociale

Dopo i sigilli agli impianti della più grande fabbrica d'acciaio d'Europa, ottomila operai marciano sul capoluogo ionico e paralizzano la circolazione. In cinquemila rischiano di restare senza lavoro 

Basta poco, la conferma di una notizia nera come la polvere di carbone che segna i viali che portano alla fabbrica, e scoppia l’ira degli operai. “Fermiamo la città”...... E’ sciopero a oltranza.
 Per la prima volta nella sua storia, l’Italsider, la fabbrica che a Taranto significa pane per 20mila famiglie, e veleni, malattie e morte per la città, rischia il collasso come un gigante dai piedi d’argilla.
E’ successo quello che era prevedibile nelle ultime settimane, 
impensabile fino a qualche anno fa. 

Emilio Riva, l’ottantaseienne re italiano dell’acciaio, suo figlio Nicola e una schiera di dirigenti, manager e responsabili dell’Ilva sono agli arresti domiciliari. Sei aree vitali per la produzione dell’acciaio sotto sequestro. Ferme, bloccate, non utilizzabili.

 “Non può essere consentita una politica imprenditoriale che punta alla massimizzazione del risparmio sulle spese per le performance ambientali del siderurgico”, scrive il gip Patrizia Todisco nel suo provvedimento.

L’Ilva e i Riva hanno accumulato profitti enormi negli anni passati senza preoccuparsi dei veleni che i fumi e le polveri diffondevano nell’aria ammorbando la città. 
“E io, con la mia busta paga da 1.200 euro, con i turni massacrati davanti a un altoforno, in una fabbrica dove è più facile morire che vivere, sarei il nemico di Taranto, della mia città? Io sarei il responsabile dei morti di tumore, delle malattie? Ma lo sai dove vivo con i miei figli, a Tamburi. Vai a vedere”. 
Marco G., operaio addetto agli altoforni è esasperato come i suoi compagni e ci fornisce una sintesi drammatica ma perfetta del rapporto tra l’Ilva e la città. Gli anni in cui l’osmosi tra i caschi gialli e Taranto era totale, appartengono alla “preistoria”, ora i tarantini vedono “la fabbrica” come un nemico che ti fa ammalare e morire, violenta la tua terra e il tuo mare e ti ruba il futuro. E basta andare a Tamburi e vedere le case annerite dal fumo, le panchine scure di povere di carbone, i pochi spazi verdi per i bambini ingrigite dall’aria malata, per capire tante cose.
Lasciamo stare le lunghe perizie che sono alla base dell’inchiesta e delle dolorose decisioni della magistratura, fermiamoci su un dato solo. Terribile.
A Tamburi, hanno calcolato gli esperti, i bambini hanno i polmoni incatramati come un adulto che fumi 6-7 sigarette al giorno, tanta è la concentrazione di benzopirene nell’aria. 
 Così a San Paolo, l’altro quartiere cresciuto a ridosso dell’Ilva. “Chiedano conto a Riva e compagni, spieghino loro come oggi sono aumentati i livelli di produttività dello stabilimento. Più in alto degli anni passati quando in fabbrica eravamo in 23mila. La ricetta è semplice: tecnologia spinta, macchinari al massimo e sfruttamento degli operai”. Dice così il sindacalista Donato Stefanelli, segretario della Fiom. E con lui è d’accordo l’arcivescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro che ieri ha denunciato “gli anni ed anni di omissioni e i danni subiti dalla gente”. Gli operai ieri non hanno fatto come il 30 marzo, quando la rabbia si concentrò contro i magistrati che indagavano sull’Ilva
 “Quello che è accaduto – riconosce l’arcivescovo – non poteva essere ignorato dalla magistratura, alla quale non spetta il compito di negoziare soluzioni, ma quello di applicare le leggi”.
I fumi che hanno ammorbato l’aria, i materiali ferrosi che viaggiavano su nastri trasportatori scoperti (sono stati adeguati solo pochi anni fa), i parchi minerali, un’area grande come decine di campi da calcio dove vengono stoccati i minerali necessari alla produzione, proprio a ridosso del quartiere Tamburi.
Insomma, il cancro dell’Ilva. Taranto brucia , città disperata e divisa, schiacciata tra la prospettiva di un disastro sociale, migliaia di lavoratori in mezzo a una strada, e i veleni che la uccidono lentamente. 
 “E’ come se oggi ci presentassero il conto”, dice un vecchio operaio.
..... Oggi alle sette del mattino, si riuniranno tutti nella loro fabbrica. “Per difendere la vita mia e quella dei miei figli”, ci dice Marco G. E per Taranto sarà un’altra giornata di passione.
Leggi l'articolo integrale

Nessun commento: