COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE.

QUESTO BLOG UTILIZZA COOKIES ,ANCHE DI TERZE PARTI.SCORRENDO QUESTA PAGINA ,CLICCANDO SU UN LINK O PROSEGUENDO LA NAVIGAZIONE IN ALTRA MANIERA ,ACCONSENTI ALL'USO DEI COOKIES.SE VUOI SAPERNE DI PIU' O NEGARE IL CONSENSO A TUTTI O AD ALCUNI COOKIES LEGGI LA "COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE".

30 luglio 2012

TARANTO ILVA , I PM : «ECCO LE PROVE»

Tratto da Il Secolo XIX|

Ilva, i pm: «Ecco le prove»


Spiega un magistrato del pool che «c’è un equivoco di fondo, e cioè che il diritto al lavoro sia uguale al diritto alla vita. Sbagliato. 
Tutti i diritti sono moderatamente comprimibili tranne quello, sostiene la Costituzione. 
Altrimenti si arriverebbe a una contrattazione folle: mille posti di lavoro, due morti all’anno. Diecimila posti, venti morti. Inaccettabile».  
Non tutti la pensano così. 
L’Ilva ha sempre negato il problema. 
Venerdì il riesame non riguarderà solo il sequestro degli stabilimenti tarantini, ma un modello industriale e sociale consolidato: potrebbe davvero succedere di tutto.


Taranto - C’è una nuvola rossa che si staglia contro la luna: «Ferro!». C’è una nuvola nera che si adagia sul mare: «Carbone!». 


 E via così, 400 sfiati abusivi documentati dalle telecamere e dalla voce entusiasta del perito, «sono immagini ad altissima risoluzione». Il perito è un carabiniere, nucleo operativo ecologico, capacità investigativa e strumentazioni sofisticatissime. Per quaranta giorni e quaranta notti ha registrato le malefatte dell’Ilva, comprese le «emissioni fuggitive»: quelle che non vengono convogliate nelle ciminiere né risultano diffuse nei parchi minerali, per manifestarsi invece dove non devono. «O l’impianto era rotto, oppure lo hanno fatto apposta».

Stavolta Riva è davvero nei guai. 
Lo inchiodano fotografie, dati, protocolli non rispettati, evidenti tentativi di corruzione. In un filmato si vede un perito del tribunale incontrare un dirigente Ilva, di notte, dietro un distributore di benzina a ottanta chilometri dalla città. Un pm del pool ecologico: «Ha preso e messo in tasca una busta bianca. Certo, magari era un’indagine epidemiologica interna. E quel dirigente, la mattina, aveva ritirato diecimila euro dalle casse aziendali per fare beneficenza». 

Venerdì si riunisce il Tribunale del riesame, e potrà revocare il sequestro solo se l’azienda dimostrerà di aver già avviato la messa in sicurezza degli impianti. Difficile: l’ordinanza ricorda ben quattro protocolli di intesa sottoscritti dall’Ilva, tra il 2004 e il 2006, e regolarmente disattesi.
«Basta leggere l’ultimo - scrive il giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco - per rendersi conto della colossale presa in giro». Come potrà, il Riesame, accordare fiducia a un imprenditore che si comporta da anni «come se il problema delle 680 tonnellate di polveri provenienti dai parchi non esistesse, e così quello del benzo(a)pirene ed Ipa proveniente dalle cokerie, e della diossina proveniente dall’agglomerato con l’avvelenamento e l’abbattimento di oltre 2.170 animali...?». Un elenco impietoso, che per la magistratura «dimostra la volontà di continuare pervicacemente in un’attività criminale e pericolosa per la salute delle persone», e che in questi giorni registra pure la distruzione coatta di venti tonnellate di mitili: diossina, tanto per cambiare.

Difficile concedere una prova d’appello a Riva, come hanno invocato il sindaco Stefàno, il governatore Vendola, i sindacati, i partiti, persino il ministero dell’Ambiente che «dovrebbe essere parte lesa», sono rimasti sbalorditi in Procura, «e costituirsi parte civile, al processo, per chiedere i danni».  
Corrado Clini ha invece convenuto che certe prescrizioni sono «ridondanti rispetto all’obiettivo del risanamento», altre «non fattibili»: e insomma c’è uno schieramento trasversale, che va da Taranto a Roma a Genova (se si bloccano gli altiforni saltano anche i posti di lavoro del ciclo a freddo) che sta facendo pressioni enormi sulla magistratura.

Giovedì, alla vigilia della sentenza, gli operai sfileranno in città con le mogli e i figli per mano, pagati come se fossero rimasti in fabbrica. Due giorni fa il sindaco ha concordato, il particolare è incredibile, l’occupazione del consiglio comunale da parte dei dimostranti. Anzi, l’ha suggerita lui. Un’insurrezione comprensibile, considerando che sono in ballo almeno 15 mila posti di lavoro diretti e lo stesso ruolo dell’Italia tra i paesi produttori di acciaio.
«Tuttavia - si ragiona in Procura - l’idea che ci possa essere una trattativa con la magistratura è assolutamente sbagliata.  
Le nostre controparti non sono i politici, sono gli imputati: e qui nessuno sembra prendere in considerazione che Riva e l’Ilva subiranno comunque un processo, al di là del sequestro, e che nulla potrà più essere come prima». 
 I reati contestati vanno dal disastro ambientale alla violazione di mezzo codice penale: avvelenamento di sostanze alimentari, danneggiamento aggravato di beni pubblici, violazione delle norme sulla sicurezza, inquinamento di aria e acqua… Se non c’è l’omicidio colposo «è solo perché mancano i nomi e i cognomi da mettere in relazione accertata con la causa di morte».
I pm del pool ecologico di Taranto sanno bene che ora comincia la partita politica:
 «Ma ci auguriamo che gli operai non vadano sul serio a manifestare davanti al Tribunale del riesame, sarebbe uno smacco per l’intera collettività». Figurarsi. Lo stesso governo nazionale, se non si spinge a suggerire il dissequestro tout court, «si augura» che ciò avvenga, e non spende una parola sul disastro ambientale e sanitario.

Spiega un magistrato del pool che «c’è un equivoco di fondo, e cioè che il diritto al lavoro sia uguale al diritto alla vita. Sbagliato. Tutti i diritti sono moderatamente comprimibili tranne quello, sostiene la Costituzione. 
Altrimenti si arriverebbe a una contrattazione folle: mille posti di lavoro, due morti all’anno. Diecimila posti, venti morti. Inaccettabile». Non tutti la pensano così.
 L’Ilva ha sempre negato il problema. 
Venerdì il riesame non riguarderà solo il sequestro degli stabilimenti tarantini, ma un modello industriale e sociale consolidato: potrebbe davvero succedere di tutto.

Leggi anche su Il Fatto Quotidiano

La dottoressa Barbara Amurri lavora all'ospedale Moscati di Taranto e racconta perché lavorare in questa città è la sua missione: "Qui muoiono come mosche e vedono morire i loro figli, eppure cercano una ‘sistemazione’ all’Ilva o all’Eni o alla Cementir anche per loro. É la dannazione di questa terra: il non pensare al futuro"

Leggi l'articolo integrale su Il Fatto Quotidiano

Leggi anche su Peacelink 

Comunicato stampa

La malapolitica a Taranto non ha protetto il suo territorio e la salute della collettività

In questo momento deve prevalere il senso di responsabilità per dare un futuro a tutti i lavoratori e per costruire assieme un'alternativa di sviluppo ecosostenibile

 Leggi l'articolo integrale

Nessun commento: