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18 marzo 2013

In Norvegia uno studio su Taranto: ‘Disastro strisciante per decenni '

Dalla Norvegia uno studio su Taranto: "Disastro strisciante per decenni"

Lo stabilimento Ilva in attività
DOSSIER. Bergen. La scienziata italiana Bruna De Marchi pubblica uno studio che analizza l'inquinamento a Taranto: 
"Un disastro strisciante per decenni"
di Gabriele Caforio


Ad ottobre e dicembre scorso, il Ministero della Salute prima e l'Arpa Puglia poi, hanno reso noto quello che accade negli ultimi anni alla salute dei cittadini tarantini e pugliesi. Infatti, sono stati pubblicati i dati che mostrano il grave aumento delle incidenze, alcune delle quali ricollegabili direttamente all'inquinamento industriale, e delle morti per neoplasie di vario tipo tra gli abitanti delle province di Taranto, Brindisi e Lecce. (Una scheda che fotografa questa triste realtà si può leggere qui).

Bruna De Marchi, del Centro delle scienze e discipline umanistiche dell'Università di Bergen (in Norvegia), ha recentemente pubblicato sulla rivista "Epidemiologia & Prevenzione" uno studio che si interroga criticamente sulle necessità di ricerca e prevenzione epidemiologica che dovrebbero partire da subito a Taranto ......
Se il termine più appropriato per definire le vicende dell'Ilva è la parola "disastro", allora secondo la De Marchi i danni che oggi si vedono non sono il vero disastro ma "la manifestazione conclamata che un disastro strisciante si è perpetuato (e perpetrato) per decenni". 


 Si tratta di danni che non risultano da un evento o da una causa singola, bensì dalla concreta "conseguenza di una mancata volontà di affrontare le questioni della produzione e del lavoro nel loro contesto e con una visione temporale di lungo periodo".
Proprio a proposito della visione e del contesto, lo studio sottolinea che la particolare "vulnerabilità sociale" di un determinato territorio condiziona la risposta che quel territorio fornirà alle minacce ed agli eventi esterni. Che cos'è questa vulnerabilità? 

Un esempio: così come un edificio risponde ad un terremoto non solo in base all'intensità della scossa ma anche in base alle caratteristiche della sua struttura, così un "sistema umano" risponde agli eventi a seconda delle sue dotazioni iniziali sia materiali che immateriali. Tra quelle immateriali ci sono: 

1) la conoscenza delle fonti di pericolo, 2) la fiducia su chi è istituzionalmente preposto ad occuparsi dell'emergenza, 3) la coesione interna della comunità e la sua capacità di attrarre attenzione e risorse esterne.

....La sfida di Taranto, ora, è proprio quella di non cadere in queste risposte preconfezionate nel cercare una soluzione alla crisi ambientale che sta attraversando.
Alle indagini fatte finora, quindi, ne vanno aggiunte di nuove che puntino a difendere ambiente e persone esposte......Non solo conoscenze scientifiche quindi, ma anche un sano coinvolgimento della comunità locale in un "processo di ricerca e prevenzione integrato", civico, non "prefabbricato", una risorsa comune che porti le popolazioni locali nei processi decisionali.
Taranto non è un caso isolato né in Italia né tanto meno in Puglia; a Cerano (Br), infatti, c'è un'altra bomba ad orologeria.
Ci sono i danni su persone e territorio causati dall'inquinamento prodotto dalla centrale elettrica a carbone Federico II, per la quale il processo si è aperto lo scorso 7 gennaio.

L'altra bomba già innescata è nel leccese. Il Rapporto del Registro Tumori 2012 ha evidenziato infatti dei dati ancora più preoccupanti. Questa terra, oltre all'inquinamento che produce in loco sconta pure il suo essere "sole, mare e vento". Nel vento infatti si nascondono tanti inquinanti che arrivano sia dal polo industriale di Taranto, che da quello di Brindisi. E i dati degli eccessi tumorali per la provincia di Lecce parlano chiaro, dicono che si muore di più.

Evidenze scientifiche come quelle dello studio "Sentieri" e del Registro Tumori dovrebbero far entrare a pieno titolo l'epidemiologia e la ricerca all'interno dei processi decisionali. La Puglia, invece, da questo punto di vista sconta ancora tanti ritardi. Gli studi e le mappature, infatti, stanno solo confermando, senza prevenire, una realtà che i cittadini ormai da anni toccano con mano, nelle proprie case e nei propri affetti. 

È per questo che una qualunque garanzia di futuro e di sviluppo non può che passare per un investimento ed una nuova programmazione in materia di ricerca e prevenzione sanitaria e ambientale. 

Leggi anche sul blog del Comitato per Taranto

COMUNICATO: Arpa Puglia comunica alla Procura inadempienze dell'Ilva e il potere politico si preoccupa

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