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04 novembre 2013

“Malformazioni neonatali legate all’inquinamento.E ciò rende più vischiosa l’insidia”

Riportiamo un importante Post del  Gennaio 2013  pubblicato 

su  Il Fatto Quotidiano

Brindisi come Taranto: “Malformazioni neonatali legate all’inquinamento”.

Ha assunto validità scientifica l’indagine che, nel capoluogo pugliese, correla le troppe anomalie congenite dei bimbi nati in città con i veleni delle fabbriche     di  
...C’è una novità, ora, a togliere il sonno 
anche a chi crede di aver visto abbastanza.
Dal 27 dicembre, ha assunto validità 
scientifica l’indagine sul rapporto tra inquinamento industriale e malformazioni neonatali. 


Ricercatore  E. A. Luca Gianicolo
Lo studio, condotto dall’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr di Lecce,
 ha ottenuto la pubblicazione sulla rivista BMC Pregnancy and Childbirth ed è entrato a far parte 
delle banche dati della letteratura
 mondiale. Dimostra che, su 8.503
 nuovi nati da madri residenti
a Brindisi,194 hanno avuto anomalie congenite. 

Una media di 228,2 ogni 10mila bambini a fronte di quella europea di 165,5.
 Sono le malattie coronariche le più preoccupanti.
 In 83 casi, infatti, sono stati riscontrati disturbi congeniti
 al cuore. Un tasso di 97,6 ogni 10mila neonati, un terzo 
al di sopra di quello europeo. E con un 10,8% di 
probabilità media di morte perinatale.

C’entrano i veleni industriali?  
“I fattori di rischio ambientali – è scritto nella 
ricerca – possono giocare un ruolo importante nella nascita dei disturbi cardiaci congeniti.
Inquinanti di interesse per l’impatto sulla salute comprendono il biossido di azoto, biossido di zolfo, monossido di carbonio,
 l’ozono, il particolato, metalli pesanti 
e composti organici, in particolare diossine
 e furani, policlorobifenili, idrocarburi policiclici aromatici (Ipa)”.     
C’è tutto questo nell’aria, nel suolo e nel sottosuolo di  Brindisi,città che dal 1986 è inclusa 
tra quelle ad elevato rischio  di crisi ambientale, dal 1997 è
 tra i 57 Siti di interesse nazionale, dal 1998 è nel Piano nazionale di disinquinamento,     nel 2007 ha visto vietare la 
coltivazione dei terreni vicini alla centrale di Cerano.....
Città in cui, stando al rapporto dell’
Agenzia Europea sull’Ambiente, 
ogni anno si producono danni 
sanitari per 700milioni di euro, ma

 che, per sapere cosa sputano fuori le ciminiere, deve affidarsi alle autocertificazioni delle industrie, non ha sistemi di monitoraggio in continuo dei camini, non ha enti terzi che ispezionino il combustibile bruciato,dispone di una sola centralina per rilevare gli Ipa.
Falle che fanno il paio con quelle che dovrebbero 
fotografare lo stato di salute. Mancano gli accertamenti
 sulla popolazione lavorativa dei grandi impianti.
Per le incidenze tumorali, l’indagine è stata diluita 
Dottor Maurizio Portaluri
su tutta la provincia e ridotta a un solo anno.
“Continuare a presentare così i dati – spiega il dottor Portaluri – favorisce il formarsi di una idea per cui si può abitare intorno o sopra aree inquinate,
senza che la popolazione subisca alcuna conseguenza.

 Possono crederci solo gli ingenui. 
Abbiamo interi quartieri a ridosso delle fabbriche, divisi dall’
area del Sito nazionale da una stradina. Non sono mai stati 
fatti rilievi mirati, come quelli disposti dalla magistratura 
per i Tamburidi Taranto”. 60km separano Brindisi dalla città dell’Ilva.
Un abisso in termini di presa di coscienza, perché “lì le polveri rosse danno un colore
 al problema, costringono tutti a guardarlo.
 Qui i segni visibili sono ridotti.


E ciò rende più vischiosa l’insidia.

Dottor Giuseppe  Latini

 Leggi l'articolo integrale su  Il Fatto Quotidiano

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