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24 settembre 2017

Dopo Harvey & Irma: Intervista a Naomi Klein sui cambiamenti climatici

Dopo Harvey & Irma: Intervista a Naomi Klein

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AMY GOODMAN: Siamo su  Democracy Now!, democracynow.orgThe War and Peace Report.  Sono Amy Goodman.  Questo caos climatico, che sembra non arrestarsi più, ha spinto numerose celebrità a mettere in guardia contro i pericoli del riscaldamento globale.....  Ma cosa dobbiamo dire, non solo su quanto  dice il Presidente Trump, ma anche sulla mancanza di copertura mediatica su questo argomento e sulla mancanza di informazioni sulle connessioni che esistono tra gli ultimi terribili uragani, già passati e in arrivo, sugli incendi, le tempeste,  la siccità e su tutte le altre catastrofi che succedono nel resto del mondo e che ci fanno impallidire se mettiamo a confronto il numero dei decessi avvenuti nel nostro paese con i 1.300 provocati dalle inondazioni nel Sud asiatico ?
NAOMI KLEIN:......Credo che sia davvero il momento di spiegare le connessioni tra questi eventi, perché  gli scienziati del clima ci avvertono da decenni che viviamo su un pianeta più caldo ed il caldo tra rendendo questo : un pianeta estremo. E un mondo estremo diventa una specie di palla che rimbalza tra il troppo e il non abbastanza. Troppe precipitazioni che diventano eventi estremi, non solo la pioggia, ma anche la neve –  ricordiamoci di quelle bizzarre tempeste di Boston, poi ci sono inverni con poca neve e all’improvviso si scarica giù una quantità di neve mai vista – e poi non c’è abbastanza acqua, così si creano le condizioni perfette per i fuochi che bruciano e che scappano fuori da ogni controllo. Ma il fuoco è una parte normale del ciclo delle foreste, solo che quello che vediamo ora è molto di più, ecco perché vediamo incendi e fuochi in quantità mai registrate, per esempio nell’area urabana di Los Angeles, un filo di fumo che un paio di settimane fa ha attraversato il paese dal Pacifico all’Atlantico,  un intero continente coperto da un pennacchio di fumo, e nessuno che ne abbia parlato, perché era più importante parlare di  Irma che stava per arrivare giù in Florida.
Quindi, questo è il mondo estremo — stiamo cominciando a intravederlo — quel mondo dal quale  avevano cercato di metterci  in guardia. E sentiamo frasi come “la nuova normalità”, ma queste sono parole è un po’ fuorvianti, perché non credo che – in queste cose – esista una normalità. Vedi, è esattamente la imprevedibilità che dobbiamo cercare di capire. E penso che un mondo più caldo significhi  solo che ci sono sempre meno intervalli tra un evento estremo e un altro.
AMY GOODMAN: Quindi adesso abbiamo il sindaco di Houston, Sylvester Turner, che ha annunciato di aver nominato Chief Recuperation Officer di Houston, l’ex CEO della Shell Oil Company, Marvin Odum. Turner ha dichiarato in una intervista: “Con tutte le risorse e gli ingegni che esistono a Houston, per me è stato un passo naturale cercare qualcuno capace di risolvere i problemi e creare partnership pubblico-privato, e cercarlo fuori dallo staff del mio municipio, qualcuno desideroso di aiutarci nella ricostruzione dopo inondazioni senza precedenti.  …   E con questo arriviamo al tuo libro The Shock Doctrine: The Rise of Disaster Capitalism. Quando ci si trova in mezzo ad un disastro, come si deve affrontare per trasformarlo in una opportunità?
NAOMI KLEIN:  Bene, voglio dire noi dobbiamo reagire a crisi come questa. Le crisi sono messaggi. Sono messaggi che ci dicono che qualcosa non funziona nel sistema. Sai, non si tratta solo di  disastri naturali. Si tratta di disastri che sono diventati qualcosa di innaturale, che sono diventati innaturalmente delle catastrofi, certamente per effetto dell’impatto del cambiamento climatico, ma anche per effetto della deregulation, per effetto delle diseguaglianze e delle ingiustizie razziali.
E l’industria del petrolio ne è  il centro nevralgico. Se guardiamo al modo in cui una tempesta si trasforma da disastro in catastrofe, come è successo con Harvey, vediamo dove si può arrivare quando l’impatto dell’intersezione dei flussi dell’acqua, impatta con una industria del petrolio e del gas che sono state deregolate  e con una industria petrolchimica capace di creare una infernale zuppa tossica, come tu hai ampiamente detto, Amy, giusto?  E la stessa cosa accade con la violenza delle tempeste, che diventano ancora più forti per effetto dell’impatto globale provocato da queste e anche da altre industrie. Quindi, l’industria del petrolio e del gas sta rendendo più violento l’impatto delle tempeste a livello locale, cosa che abbiamo visto in città come Houston, e poi a livello mondiale, e questo per un effetto cumulativo della combustione  di tutti questi carburanti fossili.
E allora, chi andiamo a cercare per fare il responsabile della ricostruzione se non un ex CEO della Shell Oil, una delle più grandi società petrolifere che conosciamo — e di cui conosciamo le responsabilità — per l’impatto delle emissioni globali che provengono essenzialmente dalla combustione di materiali fossili. Questa roba dovrebbe essere lasciata dove sta e non dovrebbe essere usata. E questo parlando della Exxon, della Shell, della BP e delle altre società dell’industria e naturalmente del carbone, perché hanno tutte contribuito a rendere ancora più grave questo disastro. Quindi è davvero un mondo che si sta andando al rovescio, un mondo in cui quelli che sono i responsabili, quelli che dovrebbero pagare il conto dei disastri prodotti, invece vengono chiamati, come esperti, a pianificare come spendere il denaro pubblico, cosa questa che è una vera necessità ma che dovrebbe — in un mondo che avesse una mente sana  — essere speso per progettare una transizione veloce verso il 100% di energie rinnovabili, usando tutte le tecnologie disponibili. 
 Un progetto che potrebbe in effetti essere ridisegnato in tempi brevissimi e in modo equo e giusto, ma questo significherebbe che le persone che sono state maggiormente danneggiati dal modo di fare di oggi, quelle comunità che sono state avvelenate da queste industrie, quegli uomini che hanno respirato l’aria tossica, dovrebbero essere in prima fila nel possedere e nel controllare come si produce la loro propria energia rinnovabile, lavorandoci dentro, ecco, assicurandosi che i lavoratori che perdono il posto di lavoro perché le vecchie industrie chiudono, vengano prontamente riqualificati e impiegati nella produzione e nella economia di una nuova energia pulita.  Beh, pensiamo davvero che la Shell possa essere il buon pastore per guidare un processo come questo? Ovviamente no. ....
continua su Comedonchisciotte

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