Brindisi, 01/03/2012
Enel: notificata la conclusione di indagini a 15 persone
Le ipotesi di reato contestate concernono gli articoli del codice penale inerenti getto pericoloso di cose, danneggiamento aggravato e deturpamento di edifici.
Le accuse non riguarderebbero eventuali danni alla salute.
In particolare, si contesta la presunta mancata adozione all’interno della centrale Enel di Cerano di misure idonee alla diffusione delle polveri di carbone sulle colture e sugli edifici circostanti.
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L'inchiesta avviata da tempo dal pool di magistrati della Procura di Brindisi si è avvalsa dell'operato degli agenti della Digos diretti dal Dott. Vincenzo Zingaro.
Nel 2008, gli stessi agenti, assieme agli uomini della polizia scientifica, erano stati sui terreni attigui alla centrale di Cerano per procedere ad alcuni prelievi allo scopo di avviare le analisi sull'eventuale presenza di sostanze atte a danneggiare la produzione.
Il 6 Ottobre 2010 la Procura di Brindisi aveva notificato 12 avvisi di garanzia ad altrettanti dipendenti Enel tra manager, responsabili di settore e di impianto.
"In merito alla decisione della Procura di Brindisi, Enel - si legge in una nota dell' azienda - nella piena convinzione di aver sempre operato nel rispetto delle leggi e nell' interesse della collettività, attende con fiducia i successivi sviluppi".
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Tratto da AlguerDisastro ambientale, Petrolchimico a giudizio
Lunedì 5 Marzo, alle ore 9, nel tribunale di Sassari si aprirà il
processo nei confronti di alcuni dirigenti delle aziende coinvolte
PORTO TORRES - Al petrolchimico di Marghera ci sono stati 157 lavoratori morti per tumore a causa della nocività del lavoro e delle materie chimiche trattate e 103 lavoratori ammalati delle stesse patologie tra gli operai addetti alle lavorazioni del Pvc. Per non parlare delle forme di inquinamento ambientale dovute agli scarichi industriali nella laguna veneta, ancora più indegno fu il fatto che i dirigenti sapevano e che i 28 imputati vennero assolti. Furono chiesti per il disastro ambientale a Montedison ed Enichem un risarcimento di 71 mila miliardi, ma a pochi giorni dalla sentenza il Ministero dell'Ambiente e la Montedison si sono accordati su un rimborso di 525 miliardi per la bonifica di nove aree del petrolchimico non sufficienti alla bonifica dell’intera area.
Le aziende del Petrolchimico di Porto Torres sembrerebbero aver provocato un bomba ecologica della stessa portata e con un capo di imputazione ben più grave, lunedì 5 Marzo, alle ore 9, nel tribunale di Sassari si aprirà il processo nei confronti di alcuni dirigenti delle aziende coinvolte. A giudizio ci sono Gianfranco Righi, legale rappresentante della Syndial; Guido Safran, manager della Sasol Italia; Diego Carmello e Francesco Maria Apeddu, rispettivamente legale rappresentante e direttore di stabilimento della Ineos Vinyls.
Secondo il pubblico ministero Michele Incani, nelle acque del golfo dell’Asinara sarebbero state riversate ingenti quantità di composti chimici e metalli altamente pericolosi per la salute quali cadmio, mercurio, cromo, cianuri, benzene e una lunga serie di altre sostanze cancerogene. Nell’atto conclusivo dell’inchiesta, inizialmente il pubblico ministero ha ascritto agli indagati la colpa per il disastro ambientale e l’avvelenamento di acque e sostanze alimentari. Tale colpa ora sarebbe invece riconosciuta come dolo nella formulazione finale delle imputazioni. Chi ha inquinato, insomma, sapeva esattamente ciò che stava facendo.
.... «Non siamo disposti ad accettare nessun tipo di accordo o compromesso - sostengono gli attivisti e le attiviste di iRS - che non veda come insindacabile priorità l’inizio dei lavori per le bonifiche che portino al totale risanamento ambientale delle aree contaminate».Leggi tutto
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TRATTO DA QUOTIDIANO DI SICILIA
Petrolchimici, bombe ad orologeria
di Rosario BattiatoPRIOLO (SR) – Neanche le prove scientifiche smuovono la pachidermica lentezza dell'industria. Gli incontri scientifici sul tema della prevenzione antisismica svolti a Milazzo e ad Augusta - prossimamente uno anche a Messina - hanno avuto il merito di affrontare un tema tabù come quello della sicurezza antisismica degli impianti petrolchimici, senza che dai grandi gruppi ci siano state risposte di qualche tipo. Gli addetti ai lavori avvertono: questa volta non si può aspettare un sisma per vedere l'effetto provocato sulle aree urbane dove insistono impianti a rischio incidente rilevante. E non ci sono compensazioni che tengano, soltanto perché potrebbe non esserci più niente da compensare. LEGGI TUTTO
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Leggi su " La Repubblica "
Di Antonio Cianciullo
L’allarme censurato
L’allarme
fu dato dai tecnici e cancellato dai politici. Alla vigilia dei 12 mesi
dal disastro di Fukushima l’agenzia Kyodo rende noto un retroscena. Un
comitato di ricerca del governo giapponese cancellò da un suo rapporto
un allarme tsunami per la costa nord orientale appena otto giorni prima
che l’area fosse effettivamente colpita dal sisma e dal maremoto dell’11
marzo dell’anno scorso.
Analizzando i sedimenti del fondale marino, gli esperti avevano trovato le tracce di 4 importanti tsunami negli ultimi 2500 anni: erano avvenuti con un intervallo fra i 450 e gli 800 anni e dall’ultimo ne erano passati 500. Dunque c’era una probabilità staticamente non trascurabile di un evento come quello che si è effettivamente prodotto. Ma mentre per gli scienziati non era trascurabile, il comitato di cui facevano parte esponenti del ministero della Scienza e di alcune compagnie elettriche, fra cui la Tepco (gestore della centrale Daiichi di Fukushima), ha deciso di trascurarla omettendo di pubblicare gli studi.
Analizzando i sedimenti del fondale marino, gli esperti avevano trovato le tracce di 4 importanti tsunami negli ultimi 2500 anni: erano avvenuti con un intervallo fra i 450 e gli 800 anni e dall’ultimo ne erano passati 500. Dunque c’era una probabilità staticamente non trascurabile di un evento come quello che si è effettivamente prodotto. Ma mentre per gli scienziati non era trascurabile, il comitato di cui facevano parte esponenti del ministero della Scienza e di alcune compagnie elettriche, fra cui la Tepco (gestore della centrale Daiichi di Fukushima), ha deciso di trascurarla omettendo di pubblicare gli studi.
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