Sbagliamo o le due ciminiere sono di Vado Ligure? |
Tratto da QualEnergia
I conti sporchi del carbone
È la più inquinante tra le fonti fossili:
in Italia fa danni per circa 1,6 miliardi e causa oltre 360 morti
premature l'anno. In un dettagliato rapporto Greenpeace svela il lato
oscuro del carbone. Un modo di produrre energia che, se le esternalità
negative fossero fatte pagare ai produttori, sarebbe un suicidio anche
economicamente.
Carbone pulito? Sembra proprio di no a leggere il rapporto presentato a Roma da Greenpeace che punta il dito contro le "nuove" politiche energetiche del gigante
energetico Enel, fondate principalmente sullo sviluppo della grande
generazione a carbone, dopo lo stop del nucleare (vedi allegati in
basso). E il centro dello scontro è la riconversione a carbone della
centrale di Porto Tolle che la società vorrebbe realizzare, nonostante a
breve distanza sia stato messo recentemente in funzione uno dei più
grandi tra i rigassificatori operanti nel Mediterraneo.
«Si
tratta di una scelta che va contro la difesa dell'ambiente. - ha detto
Massimo Scalia, docente di fisica all'Università di Roma "La Sapienza"
durante la presentazione del rapporto -
Il carbone, infatti, emette ben
800 grammi di CO2 per kWh contro i 250 del gas naturale». Ma
Kyoto non è l'unico punto saliente del rapporto, realizzato dal centro
di ricerca indipendente sulle multinazionali olandese SOMO; il carbone
di Enel, infatti, ha emesso nel 2009 888 tonnellate di PM10, 19.825 di
NOx, 24.033 di SOx e 27,7 milioni di tonnellate di CO2, tutto inquinamento che tradotto in danni economici fa 1,7 miliardi di euro, di cui 840 milioni di costi esterni per inquinamento, 932 per la CO2e
3,5 milioni di danni diretti all'agricoltura.
In base all'analisi
comparata svolta da Greenpeace, rispetto agli altri combustibili fossili
il carbone si conferma il leader dell'inquinamento visto che è
responsabile dei danni ambientali in una percentuale tra il 70 e il 100%
a seconda della tipologia d'inquinamento, morti premature comprese.
Lo studio di SOMO, infatti, imputa alla produzione elettrica da carbone di Enel nel 2009 ben 366 morti,
contro le 94 delle altre fonti fossili. «Le centrali a carbone emettono
grandi quantità di sostanze precorritrici del particolato come SOx e
NOx. - ha affermato Lauri Myllyvirta, economista di Greenpeace
International - Ai quali si aggiungono il monossido di carbonio, una
serie di metalli pesanti, i composti organici e gli isotopi radioattivi.
E la minaccia principale è quella del PM 2,5 al quale è
collegato il 90% delle morti premature nelle persone che sono
sottoposte a un'esposizione a lungo termine».
E quando parliamo di morti
premature in questo caso non si tratta di alcune settimane o mesi ma di
ben dieci anni in media di aspettativa di vita in meno, cosa che ha risvolti socioeconomici rilevanti.
Per
approdare a queste conclusioni e "blindare" dal punto di vista
scientifico la ricerca, SOMO e Greenpeace non hanno utilizzato una
metodologia di ricerca realizzata ad hoc, ma hanno fatto propria quella
utilizzata dal programma europeo CAFE (Clean Air for Europe) adottata
per stimare gli impatti sanitari dell'inquinamento, tra gli altri,
dall'Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), dal Progetto GAINS e
dall'Agenzia Europea per l'Ambiente (EEA), appoggiandosi sui dati del
registro E-PRTR che contiene le emissioni degli impianti fornite dagli
stessi Stati membri, sul modello atmosferico EMEP, sui dati di densità
della popolazione di Eurostat e sui fattori di rischio dell'OMS,
dell'EEA, valutando il valore economico dei danni sanitari in base ai
valori massimi di qest'ultima.
«In Italia si produce il 13% d'elettricità da carbone e di questa percentuale il 70% lo fa Enel.
- afferma Andrea Boraschi, reponsabile energia e clima Greenpeace
Italia - E l'azienda ha inserito a pieno titolo nel suo sviluppo
strategico il carbone con l'obiettivo di portare la quota di produzione
nazionale da questa fonte al 20%».
La conversione di Porto Tolle
in realtà è scomparsa dall'ultimo piano industriale di Enel, ma fonti
interne all'azienda affermano che si è pronti a reinserirla non appena
saranno stati superati gli scogli autorizzativi e le opposizioni degli
ambientalisti. «La nostra richiesta a Enel - prosegue Boraschi - è
quella di non sviluppare il proprio "piano carbone" e di accelerare la
dismissione degli impianti più obsoleti, a partire da Genova».
E la vera battaglia si gioca, oltre che a Porto Tolle, sulla centrale Federico II di Brindisi che
è l'impianto dei record negativi, visto che per l'EEA è al 18° posto
per inquinamento in Europa e al primo in Italia. Con i suoi 2.640 MWe,
la Federico II è uno dei più grandi impianti d'Europa e nella classifica
di Greenpeace è la top dei danni con 13 Mt di CO2 emessa,
7.300 tonnellate di NOx, 6.540 di SOx, 473 di PM10 e 119 morti
premature. «È un impianto che, se si dovessero contabilizzare i danni
ambientali che sono di 707 milioni di euro l'anno,
andrebbe chiuso subito. - afferma Giuseppe Onufrio, direttore di
Greenpeace Italia - Si tratta di una somma, infatti, maggiore di quanto
l'impianto faccia guadagnare a Enel. Con questa centrale Enel produce a
costi di 20 euro a MWh e vende a 62: i costi sanitari sono pari a ciò
che incamera».
La lotta contro il carbone, secondo Greenpeace, non dovrebbe avere confini, visto che se fossero completate tutte le circa mille centrali a carbone progettate nel Mondo
avrebbero, come dimostrato dallo studio, impatti tragici a livello
locale e provocherebbero, come effetto a livello globale, l'aumento di
temperatura di sei gradi al 2100, a causa della maggiore concentrazione
di CO2 in atmosfera. E non sono possibili miglioramenti
tecnici per limitare le emissioni inquinanti, a meno che non si punti
sulla dubbia e costosa tecnologia del sequestro per la CO2 (CCS),
mentre per gli altri inquinanti non ci sono ulteriori margini di
miglioramento a meno di utilizzare tecnologie molto costose, ragione per
la quale il passaggio ad altri combustibili più puliti è, secondo
Greenpeace, un passaggio obbligato.
Molto interessanti le osservazioni di Enel,
alla quale il rapporto è stato sottoposto in anteprima, che non ha
messo in dubbio i dati, ma l'utilizzo della metodologia che è stato
definito "improprio" e il fatto che il registro E-PRTR non censisce
tutte le emissioni, come per esempio quelle da traffico e dall'utilizzo
domestico del gas.
Obiezioni respinte
al mittente da SOMO che nel primo caso ha affermato che gran parte
degli impatti economici dell'EEA sono sanitari, ma non sono esplicitati,
mentre nel secondo il centro studi ha ribadito che gran parte degli
impianti Enel sono tra i più inquinanti e il fatto che esistano fonti
d'inquinamento non sposta il problema della responsabilità dell'azienda.
«Del resto - ha concluso Fleur Scheele, ricercatrice di SOMO - il
carbone è responsabile dell'emissione di circa l'80% degli ossidi di
zolfo e non è un caso che Enel dimentichi questo nei commenti».
21 maggio 2012
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