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30 novembre 2018

Ginevra:L’ultimo allarme del WMO: rischio di più 3-5°C nelle temperature globali

Tratto da rinnovabili.it          Ginevra, 30 novembre 2018
  • L’ultimo allarme del WMO: rischio di più 3-5°C        nelle temperature globali

    • Elena Wanaenkova “Questi sono più che semplici numeri: ogni  frazione di grado di riscaldamento fa la differenza”
    temperature globali


    L’ultimo allarme ONU sulle temperature globali prima della COP 24 in Polonia




  • (Rinnovabili.it) – La crescita delle temperature globali terrestri non mostra segni di rallentamento: di questo passo, per la fine del secolo, il termometro mondiale segnerà dai 3° ai 5° C di aumento. Vale a dire ben oltre la soglia di più 1,5° C consigliata dal mondo scientifico. A solo un giorno dall’inizio della COP 24 sui cambiamenti climatici di Katowice, l’agenzia meteorologica delle Nazioni Unite, la World Meteorological Organization (WMO) rinnova le preoccupazioni verso la diffusa inazione.
    Dall’intesa climatica raggiunta nel 2015 durante la COP21 (e messa nera su bianco nell’Accordo di Parigi) a oggi, si contano più passi indietro che avanti: i primi impegni nazionali presentati per ridurre la CO2 sono ben lontani dall’obiettivo; gli USA vogliono ritirarsi fuori dall’accordo e il Brasile potrebbe chiedere altrettanto; dopo alcuni anni di calo, le emissioni di gas serra sono tornate a crescere toccando un livello record e i sussidi ai combustibili fossili godono di ottima salute.

    “Non siamo sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi climatici e frenare gli aumenti di temperatura”, ha dichiarato il segretario generale del WMO, Petteri Taalas. “Le concentrazioni di gas serra sono ancora una volta ai livelli record e se la tendenza attuale dovesse continuare, potremmo assistere a un aumento della temperatura di 3-5° C entro la fine del secolo. E se dovessimo sfruttare tutte le risorse conosciute di combustibili fossili, l’aumento della temperatura sarà considerevolmente più alto”.

    L’organizzazione ha pubblicato ieri la “Dichiarazione provvisoria sullo Stato del Clima nel 2018”, una relazione che include tutti i dettagli degli impatti climatici sulla base dei contributi dei partner ONU.

    Il documento mostra che le temperature globali medie per i primi dieci mesi dell’anno sono state di circa 1° C sopra la linea di base preindustriale (1850-1900). Dati che confermano, se ce ne fosse bisogno, quanto già riportato dal report IPCC. “Questi sono più che semplici numeri”, ha spiegato il Segretario generale Elena Wanaenkova. “Ogni frazione di grado di riscaldamento fa la differenza per la salute umana e l’accesso al cibo e all’acqua dolce, per evitare l’estinzione di animali e piante, per la sopravvivenza delle barriere coralline e della vita marina. Fa la differenza per la produttività economica, la sicurezza alimentare e la resilienza delle nostre infrastrutture e città. Fa la differenza per la velocità della fusione del ghiacciaio e delle risorse idriche e per il futuro delle isole basse e delle comunità costiere. Ogni elemento in più conta”.

    Continua qui



29 novembre 2018

Nell' Oregon: Ventuno cittadini fanno causa a Trump per il clima

Tratto da Il Cambiamento

Ventuno cittadini fanno causa a Trump per il clima

Non è la prima volta che succede. Ma va comunque seguita con attenzione la causa civile che si apre presso una corte federale a Eugene, nell’Oregon, Stati Uniti, intentata da 21 cittadini americani contro l’Amministrazione di Washington colpevole di compromettere il futuro di vecchie e nuove generazioni con la sua politica del clima.


Donald Trump e l’ambiente, diffondere idee insane è facile. Rimediare no
Questa causa va seguita attentamente per doversi motivi.
Il primo è che quei 21 cittadini che hanno portato alla sbarra l’Amministrazione sono giovani, che pongono il problema del patto intergenerazionale: noi abbiamo il dovere di restituire ai nostri figli e nipoti il pianeta così come lo abbiamo ricevuto dai nostri padri e nonni. Per quanto possibile. Questo è un cardine del diritto ecologico sancito in diverse assise delle Nazioni Unite, a partire dalla Conferenza sull’Ambiente e lo Sviluppo (UNCED) tenuta a Rio de Janeiro nel 1992. Ma che qualcuno chiami un tribunale (civile) a decidere se un governo ha una precisa responsabilità a rispettare questo diritto, beh questo non è usuale.
Il secondo motivo è che i 21 giovani non chiedono che il tribunale sentenzi un risarcimento preventivo in denaro, ma una precisa politica ecologica. Insomma, chiedono che i giudici ordinino una precisa politica sui cambiamenti climatici, tesa ad abbattere le emissioni di gas serra degli Stati Uniti. La domanda è: può un giudice decidere la politica ecologica di un governo? Vale più il diritto delle future generazione a vivere in un pianeta con un clima desiderabile o il diritto di un governo eletto democraticamente a decidere la politica che ritiene più opportuna? Il quesito è decisamente inedito e la risposta non è affatto scontata. Farà scuola.
Ma, forse, la maggiore novità di questa causa che sta per iniziare – a meno di interventi della Corte Suprema – sta nella difesa. L’avvocatura che deve, per l’appunto, difendere la posizione dell’Amministrazione sta adottando una strategia che non riflette esattamente la proposta politica di chi il governo federale lo dirige, Donald Trump.
Richiamiamo alla memoria qual è la posizione del presidente degli Stati Uniti. Ha vinto le elezioni, Donald Trump, sostenendo che i cambiamenti del clima sono un’invenzione della Cina per attaccare l’economia e il benessere degli americani. E, in coerenza con questa posizione, ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dagli accordi di Parigi che hanno deciso una prima e incompleta politica di prevenzione del climate change.
Si tratta, come sappiamo, di una posizione che non riconosce la validità degli studi scientifici – compresi quelli poderosi e rigorosi degli scienziati americani – che invece affermano che i cambiamenti climatici siano in atto e causati dalle attività umane.
Ed è qui che la novità diventa apparente. Gli avvocati che si presenteranno presso la corte federale a Eugene, nell’Oregon, non contestano l’esistenza dei cambiamenti climatici. La danno, nei margini dell’incertezza che attiene a ogni proposizione scientifica (in questo caso davvero minima), per acclarata. Quello che contestano è la ineluttabilità degli scenari più catastrofici. E, soprattutto, la possibilità deterministica di associare ogni singolo evento meteorologico – un uragano, un’alluvione, un’onda di calore – ai cambiamenti climatici. Possibilità negata da ogni serio scienziato del clima.
I climatologi sostengono che certi fenomeni meteorologici diventano più probabili – talvolta molto più probabili – a causa dei cambiamenti climatici. Ma nessuno sostiene che un singolo evento sia determinato dal climate change.
Ora, noi non sappiamo cosa decideranno i giudici federali dell’Oregon, ma il riconoscimento da parte dell’avvocatura che difende la posizione di Trump che il cambiamento climatico non è un’invenzione – tantomeno un’invenzione della Cina – ma una realtà costituisce una novità importante.
Da questo momento l’Amministrazione di Washington avrà molta difficoltà a sostenere quanto Donald Trump ha proclamato in campagna elettorale e nei primi anni della sua presidenza. D’ora in poi potrebbe essere più difficile per il presidente USA giustificare l’uscita dagli accordi di Parigi.
Il tribunale dell’Oregon potrebbe non avere il diritto e il potere giuridico per imporre la politica ecologica di Donald Trump. 
Ma il presidente dovrà spiegare agli americani e al mondo perché, se crede ormai che i cambiamenti climatici sono una realtà, non intende fare nulla per prevenirli e/o minimizzarne gli effetti. 

28 novembre 2018

Sicilia: Relazione tra inquinamento e malattie, quel rapporto commissionato ma mai esaminato

Tratto da La Sicilia.it

Relazione tra inquinamento e malattie, quel rapporto commissionato ma mai esaminato

La Procura incaricò il prof. Bianchi del Cnr di Pisa: «La relazione è pronta 

da un anno»

Relazione tra inquinamento e malattie, quel rapporto commissionato ma mai esaminato«Se mi vogliono, i miei numeri di telefono
 li hanno. La relazione è pronta, non l’ho depositata perché nessuno me l’ha più chiesta». 
C’è una storia curiosa sul rapporto malattie/inquinamento industriale nella nostra 
provincia,sotto l’aspetto giudiziario. Una perizia su questo tipo di incidenza, i cui autori
 ritengono molto vicina a individuare profili di responsabilità, che non è mai stata consegnata.
 Un’indagine, insomma, partita dalla Procura siracusana nel 2016, che forse a causa 
delle recenti vicissitudini, sarebbe ferma.

A parlare, infatti, è il professor Fabrizio Bianchi, responsabile dell’unità di Epidemiologia
 ambientale del Cnr di Pisa. Ai primi del 2016 l’ex procuratore capo Francesco Paolo Giordano
 lo volle nel collegio dei tre consulenti che si sarebbe dovuto occupare del rapporto malattie/inquinamento attorno al Petrolchimico. Una collaborazione, su base medico-scientifica, 
per arrivare a sbrogliare quella matassa del rapporto causa/effetto, fino a individuare responsabilità. Una indagine ambiziosa partita assieme a quella che, nel luglio del 2017, aveva portato al sequestro degli impianti Isab e Esso e all’accusa per 8 dirigenti dei due colossi di inquinamento ambientale colposo. Questa sull’inquinamento dell’aria, che ritiene di aver individuato “fonti certe”, è ancora in corso. Dell’altra il maggiore dei tre esperti arruolati dalla Procura dice di non aver avuto più notizie: «Non sono stato più avvicinato da nessuno – dice -, silenzio assoluto».


Nel frattempo sia l’ex procuratore capo Giordano, sia la sostituta che seguiva l’indagine, Margherita Brianese, sono stati trasferiti. Ognuno dei tre consulenti aveva una relazione su cui lavorare. Quella del professor Bianchi era la più complessa: il rapporto tra fonti di emissione e popolazione residente. Pronta, dopo il lavoro di un anno, per ora è rimasta nel suo cassetto. Un’altra perizia, invece, il cui autore ha fatto in tempo a consegnarla, è quella sugli effetti dell’inquinamento sui lavoratori. L’ha stilata e consegnata nell’estate 2017 il dottor Paolo Crosignani. Anch’egli individuato dalla Procura come componente del collegio di periti (il terzo è il ricercatore esperto in malattie genetiche, Sebastiano Bianca) è l’ex direttore di Epidemiologia ambientale all’Istituto dei Tumori di Milano, già perito di parte nel processo che a Porto Marghera portò alla condanna di cinque dirigenti Montedison.

A fine estate 2017, dopo il deposito della sua relazione a Siracusa, diceva: «A Porto Marghera si arrivò alla condanna degli imputati su una base tutto sommato minima, casi attribuibili a esposizioni lavorative. Qui c’è maggiore possibilità di arrivare a profili di responsabilità, l’indagine è molto più larga». Un’indagine di questo tipo e di questa complessità non è mai stata portata avanti nel territorio, per cui le parole del prof. Crosignani furono deflagranti. «Ancora due mesi – disse a nome del collegio - e il lavoro sarà completato». E prometteva dati e deduzioni tali da segnare un’altra pagina epocale nel rapporto tra magistratura inquirente, in questa area geografica, e un settantennale modello di sviluppo con trenta chilometri di impianti chimici, petrolchimici, raffinerie, aree portuali, amianto, discariche.

Non bastava, infatti, lo storico provvedimento con cui il 21 luglio 2017 il gip di Siracusa, su richiesta della Procura, metteva sotto sequestro tre stabilimenti di Esso e Isab, imponeva prescrizioni e indagava otto dirigenti con l’accusa, tra le altre, di inquinamento ambientale. Tre esperti si stavano occupando di un altro filone di indagine che riguardava, appunto, l’incidenza tra quell’inquinamento e le malattie nell’area. E, com’è ovvio, l’intento di una Procura non è puramente statistico. Bensì di arrivare a quelli che tecnicamente si chiamano “profili di responsabilità”, ossia accertare il nesso di causalità tra le malattie e l’inquinamento, prima, e tra malattie inquinatori poi. In questo delicato passaggio, a tre quarti di lavoro finito, nelle parole di uno dei componenti di quel collegio c’erano indicazioni importanti: «È un lavoro lungo ma potrebbe portare a esitare anche una serie di accuse», diceva Crosignani.

Il procedimento su cui si è basato lo studio che ha portato alle relazioni è abbastanza complesso. «Si tratta – per come spiegano gli esperti - di descrivere in termini di danno l’incrocio di alcune variabili». Raccolti dunque i dati sanitari, ossia le schede di dimissione ospedaliera di tutti i residenti (anche quelli ricoverati al Nord) e quelle delle mortalità, incrociarli con una cosiddetta “mappa di ricaduta”, una sorta di schedatura delle emissioni inquinanti già redatta dall’Istituto superiore di sanità. «Tra stime effettuate sulla base di modelli matematici che comprendono le emissioni, la meteorologia e l’ubicazione degli impianti – spiegano gli esperti - e la suddivisione della popolazione indagata secondo la diversa esposizione alle emissioni, si arriva a un criterio che permette risultati ritenuti dall’Istituto superiore di Sanità molto affidabili». Una parte del lavoro, come detto, è già stata completata e consegnata ai magistrati: riguarda i profili professionali, ossia le malattie che hanno colpito i lavoratori del petrolchimico. «Abbiamo trovato una serie di tumori d’amianto”, disse l’ex direttore di Epidemiologia ambientale all’Istituto dei Tumori di Milano. Che aggiunse: “La Procura ha già avviato un percorso verso l’individuazione di profili di responsabilità: ossia chi imputare».

E questa sarebbe solo una parte di tutta la vicenda. Quella più eclatante sarebbe dovuta arrivare poco più avanti. Ma, una volta finito – come detto -, lo studio non è stato richiesto e perciò non consegnato. Sarebbe eclatante perché, secondo gli esperti, molto più chiaro. Mentre, infatti, per quel tipo di malattie professionali (come anche per i tumori al polmone) risalire alle responsabilità è più complicato perché sono frutto di esposizioni lontane nel tempo, per altre patologie, conseguenza di esposizioni recenti, le responsabilità sarebbero – secondo i consulenti della Procura - a portata di mano. Due malattie su tutte, secondo i periti, porterebbero in sé le carte d’identità dei responsabili: le leucemie e le malformazioni congenite.

Anche per lo studio effettuato dal professor Bianchi, che riguarda tutti i residenti, il metodo è stato l’incrocio di una mappa di ricaduta con i dati delle schede di dimissioni ospedaliera degli ultimi 18 anni (dal 2000 a oggi). L’obiettivo, tentare di quantificare il danno derivante complessivamente dalle emissioni. Un quadro di quanto le emissioni abbiano portato dei rischi per la salute dei residenti. Da un archivio di tutte le persone residenti che si sono ammalate è stato sviluppato un discernimento tra quelle che abitano più vicine agli impianti e quelle che abitano più distanti. Poi il confronto con la mappa di ricaduta. «Più di un anno di lavoro – conclude Bianchi, curatore anche del rapporto Sentieri sulle malformazioni – è pronto: se qualcuno me lo chiede, lo consegno»

23 novembre 2018

Gas serra, record spaventoso di inquinamento:


I livelli di gas serra nell'atmosfera raggiungono un nuovo record. Secondo l'Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), non vi è alcun segno di un'inversione di tendenza. I gas serra, principali responsabili dei cambiamenti climatici a lungo termine, continuano a crescere.

Il bollettino sul gas serra del WMO tiene traccia delle concentrazioni atmosferiche di gas a effetto serra. Le emissioni rappresentano ciò che entra nell'atmosfera. Le concentrazioni invece sono ciò che rimane dopo il complesso sistema di interazioni tra atmosfera, biosfera, litosfera, criosfera e oceani. Circa un quarto delle emissioni totali viene assorbito dagli oceani e un altro quarto dalla biosfera. Ma non basta, ne produciamo troppe.

Il bollettino ha mostrato che le concentrazioni medie globali di anidride carbonica (CO2) nel 2017 hanno raggiunto 405,5 parti per milione (ppm), erano 403,3 ppm nel 2016 e 400,1 ppm nel 2015.
Poco incoraggianti anche le concentrazioni di metano e protossido di azoto ma anche la ricomparsa di una potente sostanza chiamata CFC-11, regolata da un accordo internazionale per proteggere lo strato di ozono.
Il Greenhouse Gas Bulletin si basa sulle osservazioni del programma WMO Global Atmosphere Watch, che traccia i livelli dei gas serra come risultato dell'industrializzazione, dell'uso di energia da fonti fossili, delle pratiche agricole più intensive, dell'aumento dell'uso del suolo e della deforestazione.
Questi dati si aggiungono a quelli forniti dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) sul riscaldamento globale, secondo cui le emissioni nette di CO2 devono arrivare a zero (la quantità di CO2 che entra nell'atmosfera deve essere uguale alla quantità che viene rimossa) entro il 2050 se vogliamo sperare di contenere l'aumento della temperatura al di sotto di 1,5° ....
"La scienza è chiara. Senza rapidi tagli alla CO2 e ad altri gas a effetto serra, i cambiamenti climatici avranno impatti sempre più distruttivi e irreversibili sulla vita sulla Terra. La finestra di opportunità per l'azione è quasi chiusa ", ha dichiarato il segretario generale del WMO, Petteri Taalas. "L'ultima volta che la Terra ha sperimentato una concentrazione paragonabile di CO2 era 3-5 milioni di anni fa, quando la temperatura era di 2-3 ° C più calda e il livello del mare era 10-20 metri più alto di adesso".
I cambiamenti climatici sono sempre esistiti, vero, ma adesso per mano dell'uomo stanno accelerando pericolosamente.

19 novembre 2018

Salvate i nostri bambini dall'inquinamento. L'Italia è il Paese europeo in cui i bambini sono più esposti

Tratto da Corriere Quotidiano

Salvate i bambini dall'inquinamento. L'Italia è il Paese europeo in cui i bambini sono più esposti

I bambini del Nord Italia sono i più esposti all'inquinamento atmosferico.. i più esposti di tutta Europa. Un dato allarmante che ci costringe a prendere delle misure atte a contenere il problema. 
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In Ue la cifra di incenerimento considerata ottimale è il 23%. Sempre che il problema fossero i rifiuti urbani (e non lo sono). Quindi, comunque, sia in Lombardia che in Campania si incenerisce troppo e i bambini si ammalano più che in tutta Europa anche per questo!
 Nei giorni scorsi, a Napoli, accompagnando quale consulente tecnico padre Maurizio Patriciello, abbiamo incontrato “de visu” il ministro dell'Interno Matteo Salvini sul tema " Terre dei fuochi". Abbiamo illustrato con chiarezza le nostre priorità di richiesta di intervento sui rifiuti industriali e tossici e in particolare sui rifiuti industriali prodotti in regime di evasione fiscale che, insieme, costituiscono circa il 90% dei rifiuti prodotti alla base del fenomeno delle “Terre dei Fuochi” in tutta Italia! Al primo punto è stato quindi ribadito un intervento diretto alla emersione fiscale del “lavoro a nero” nella linea prioritaria di intervento indicata sin dal 2014 dal prefetto Donata Cafagna. Immediatamente dopo, è stato richiesto un intervento quanto più efficace e veloce possibile sulla "tracciabilità dei rifiuti industriali", al momento da decenni totalmente assente e che – per le ovvie maggiori quantità di rifiuto industriale prodotto – mette in gravissimo pericolo di disastro ambientale e danno sanitario innanzitutto le Terre dei Fuochi del Nord, in particolare la provincia di Brescia.
Successivamente – e con i precedenti punti come presupposto – intervenire sull’impiantistica necessaria che, in Campania come altrove, deve vedere prioritaria l’impiantistica per il corretto smaltimento dei rifiuti industriali e non certo solo urbani, a cominciare dagli impianti per i rifiuti ospedalieri e per i rifiuti tossici come l’amianto, non certo ulteriori quanto inutili inceneritori. Abbiamo fatto presente infatti che la Campania è già dotata di un maxi inceneritore che, da solo, equivale e già brucia più di tutti gli inceneritori (otto) oggi presenti nel LazioToscana,UmbriaMolisePuglia e Marche messi insieme e che gli indispensabili impianti di compostaggio non sono bene accetti dalla popolazione a seguito della mancata tracciabilità certa dei rifiuti in ingresso, nella perdurante assenza di tracciabilità sia dei rifiuti industriali che dei rifiuti umidi urbani. Abbiamo chiesto un intervento di legge immediato sulla tracciabilità di tutti i manufatti specie del settore tessile e pellettiero, a tutela della qualità del marchio italiano, sulla base del principio, già in vigore per il prodotto agroalimentare, che “ogni manufatto non tracciato è di per se stesso un manufatto insalubre!”.
A completamento e integrazione di quanto affermato abbiamo quindi consegnato al ministro, che ha letto con attenzione, la allegata tabella di produzione totale dei rifiuti in Italia, per kg di produzione procapite/anno, sulla base dei dati Ispra 2018 sui rifiuti speciali pubblicati la settimana scorsa, da cui si evince chiaramente l’enorme sproporzione di produzione dei rifiuti soprattutto in evasione fiscale tra Nord e Sud di Italia. Le Terre dei Fuochi – cioè il mancato controllo e corretto smaltimento dei rifiuti industriali e non urbani e soprattutto dei rifiuti industriali prodotti in regime di evasione fiscale e quindi da smaltire obbligatoriamente in modo illegale e tossico – sono in gran parte al Nord con problemi anche sanitari più che doppi rispetto al Sud!
Questa enorme sproporzione di produzione di rifiuti industriali, che nei decenni scorsi era stata la base del flusso di rifiuti tossici dal Nord verso il Sud, è oggi – in presenza di una legge che punisce penalmente con oltre cinque anni di reclusione “l’incendio dei rifiuti abbandonati” – il movente preciso per cui gli incendi si sono spostati dai bordi delle strade all'interno dei depositi di stoccaggio legali, sia al Sud che al Nord di Italia, e dell’inversione dei flussi di rifiuti tossici dal Sud verso gli impianti legali del Nord ma soprattutto, dal momento che si è sempre a Sud di qualcuno, di intensi quanti pericolosi flussi di rifiuti tossici in provenienti dal Sud della Germania e indirizzati innanzitutto verso gli impianti legali della Lombardia (Procura di Trento) con eccezionale nocumento della salute pubblica soprattutto in alcune province lombarde (Brescia!).
Abbiamo quindi lasciato al ministro Salvini un preciso messaggio: salva i bambini, ma innanzitutto i bambini lombardi prima dei napoletani! Lo andremo a ribadire direttamente a Brescia ai Comitati Ambientalisti della Lombardia martedì 20 novembre in presenza del ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Salvate i bambini. ....

17 novembre 2018

Rifiuti, Ministro Costa: "L'economia circolare è la strada da seguire, non gli inceneritori.



Tratto da You tube
Roma, 16 Novembre 2018 - "La strada che noi dobbiamo seguire è quella dell'economia circolare, non quella degli inceneritori". Queste le parole del ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, intervistato a margine del convegno su sicurezza e legalità

16 novembre 2018

Padova, salgono i casi di sclerosi multipla nelle zone più inquinate

Tratto da Il Fatto Quotidiano

Padova, salgono i casi di sclerosi multipla nelle zone più inquinate. Ne parliamo?               di Patrizia Gentilini 

Risultati immagini per sclerosi multipla
In questi giorni è comparso sulla stampa veneta un articolo sulla diffusione della sclerosi multipla in provincia di Padova rimasto purtroppo confinato nei media locali, ma che viceversa offre spunti di grande interesse per tutti. Nell’articolo si riportano i dati del Centro regionale ad alta specializzazione dedicato a tale patologia diretto dal professor Paolo Gallo, ed emerge che nel territorio indagato i casi di sclerosi multipla sono in preoccupante aumento.
I dati sono stati raccolti con il contributo delle Neurologie dell’ospedale Sant’Antonio di Padova e degli ospedali di Cittadella, Camposampiero, Piove di Sacco e Monselice. L’incidenza della sclerosi multipla è passata da 0,9 nuovi casi l’anno ogni 100mila abitanti negli anni Sessanta, a 6,5 casi nel 2015, mantenendo costante la differenza di genere che vede le donne più colpite degli uomini (7,9 contro 4,1). I malati sono passati in 50 anni da 16 ogni 100mila abitanti a 182, aumentando di 11,4 volte, con costi sociali ed assistenziali elevatissimi. Come affermato dal professor Gallo il costo medio di un paziente è di circa 40mila euro l’anno e dato che si stima che i malati in Italia siano oltre centomila, se ne deduce che la malattia costa allo Stato circa 4 miliardi di euro, lo 0,21% del Pil.

Nell’indagine padovana tutti i casi sono stati georeferenziati e, tramite satellite in grado di monitorare il PM2.5 con la collaborazione del Cnr e del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, è stato possibile sovrapporre la mappa dell’inquinamento da PM 2.5 con la distribuzione dei pazienti. Si è così evidenziato che nelle aree dove l’inquinamento atmosferico è maggiore c’è anche il maggior numero di malati. Questo dato non è che una ulteriore conferma dei rischi per la salute rappresentati dalla cattiva qualità dell’aria, problema come ben noto originato dai processi di combustione e specie in questa stagione ricorrente.
Tuttavia, per quanto annoso, tale problema è ben lungi dall’essere risolto visto che sono circa 60.000 le morti premature che ogni anno si registrano in seguito ad esso. E se gli effetti a carico del sistema cardiocircolatorio e respiratorio sono fra i primi ad essere stati studiati, quelli al sistema nervoso – specie in via di sviluppo –  sono sempre più documentati. In questa recentissima revisione, studi condotti in varie parti del mondo (Usa, Polonia, Cina, Spagna, Italia, Corea) confermano che per esposizione ad alcuni comuni inquinanti dell’aria (Idrocarburi Policiclici aromatici IPA, PM2,5, PM10, NO2, NOx) negli adulti si registra incremento della demenza, della depressione, alterazioni della memoria e Parkinson e nei bambini alterazioni del comportamento e dello sviluppo cerebrale, diminuzione del quoziente intellettivo, aumento del deficit di attenzione ed iperattività (ADHD), riduzione della sostanza bianca dell’emisfero sinistro e della BDFN (brain-derived neurotrophic factor), fondamentale fattore protettivo dello sviluppo cerebrale
E dovrebbe destare allarme il pericoloso aumento dei disturbi del linguaggio che si segnala in Italia, ma sulle cui cause non sembra ci si interroghi in modo adeguato.
I motivi di preoccupazione sono più che fondati anche perché a tali rischi se ne aggiungono altri quali malformazioni cardiache, infertilità, abortività spontanea, diabete, patologie tutte in drammatico aumento e gravate da alti costi umani e sociali. D’altro canto aumentano anche le evidenze che ad un miglioramento della qualità dell’aria si associano rapidamente benefici per la salute quali la diminuzione di pericolosi inquinanti nel cordone ombelicale e migliori performance neurocognitive nei nati dopo chiusura di centrale a carbone in Cina o miglioramento della funzione polmonare e riduzione dell’asma in bambini in California in seguito a riduzione di PM2,5, PM10 e biossido di azoto.
Queste tematiche dovrebbero essere centrali nel dibattito politico, ma purtroppo così non è anche perché nell’opinione pubblica non vi è ancora la percezione precisa dell’incombente crisi ambientale, climatica e quindi della salute. A questo proposito si è recentemente levata anche la voce autorevole di Vincenzo Balzani che, unitamente ad altri scienziati, ha richiamato l’urgente necessità di “ridurre i consumi energetici e utilizzare le fonti rinnovabili, perché solo la seconda soluzione, oggi matura e perseguibile, può farci uscire dalla crisi ambientale, sociale ed economica”
Come è possibile continuare a non capirlo e quindi a non agire di conseguenza?

VENAFRO – Inquinamento e salute, decade la convenzione tra Isde e Regione. Studio pagato da Mamme per la salute

Tratto da www.molisenetwork.net

VENAFRO – Inquinamento e salute, decade la convenzione tra Isde e Regione. Studio pagato da Mamme per la salute


SALUTE – Qualche giorno fa si è tenuto un incontro organizzato da Isde, Mamme per la salute e l’ambiente di Venafro e il CNR di Pisa per illustrare i dati degli studi effettuati nella Valle del Volturno su inquinamento e salute.

Lo studio condotto dal dott. Bianchi del CNR di Pisa ha portato alla luce dati preoccupanti circa lo stato di salute degli abitanti di Venafro, Pozzilli e Sesto Campano. Dati che hanno spinto a richiedere un ulteriore studio più approfondito per individuare le cause delle patologie che stanno colpendo la popolazione.
A quanto pare, però, la Regione Molise non parteciperà. A spiegarlo sono proprio l’Isde e le Mamme per la salute che raccontano che la convenzione tra Isde e Regione, stipulata ad ottobre 2017, per condurre lo studio epidemiologico in realtà è decaduta. Secondo l’accordo, la Regione avrebbe messo a disposizione del dott. Bianchi 3000 euro, mentre l’Isde Molise avrebbe partecipato a titolo gratuito.
“Il dott. Bianchi – si legge in una nota di Mamme per la salute – nonostante l’esigua somma messa a disposizione dalla Presidenza del Consiglio Regionale, accettava l’incarico preannunciando non un vero e proprio studio epidemiologico ma una prima valutazione dello stato di salute dei cittadini molisani. L’associazione ‘Mamme per la Salute e l’Ambiente Onlus’ di Venafro, venuta a conoscenza della convenzione in essere, chiedeva che si tenessero nella giusta considerazione le criticità della Valle del Volturno dando subito massima collaborazione e mettendo a disposizione ogni documento, dati e notizie in possesso dell’associazione. Lo studio, concluso nei tempi stabiliti, presentava dati statisticamente significativi che imponevano l’obbligo morale di renderli pubblici quanto prima”.

“Nonostante lo studio fosse pronto già da fine marzo 2018 – continua – per essere reso pubblico e nonostante l’ultimo sollecito dell’ottobre scorso, esso non veniva pagato. Il mancato pagamento e la natura della convenzione stipulata tra Isde Molise e Presidenza del consiglio regionale, di fatto proprietari dello studio, ne impedivano la pubblicazione. Non potendo procrastinare la pubblicazione di dati tanto importanti per la tutela della salute dei cittadini si è deciso che l’Isde Molise avrebbe inviato nota di decadenza della convenzione alla Presidenza del Consiglio e che lo studio sarebbe stato pagato dall’Associazione ‘Mamme per la Salute e l’Ambiente Onlus’ di Venafro. In data 9 novembre 2018 l’Isde ha inviato alla Presidenza del Consiglio una nota nella quale dichiara decaduta la convenzione stipulata nell’ottobre del 2017 e che i dati scaturiti da detto studio restano di esclusiva proprietà dell’ISDE”.
I dati raccolti dal dott. Bianchi, infine, sono stati presentati lo scorso 12 novembre e il lavoro svolto sarà pagato appunto dalle Mamme per la salute grazie ai fondi derivanti dal tesseramento annuale dei soci, dal ricavato dei banchetti dell’8 dicembre e dalle donazioni del 5×1000 
Inoltre, l’Amministrazione comunale di Venafro si è resa disponibile per stipulare un nuovo accordo insieme a Isde e Mamme per la salute, per effettuare un vero e proprio studio epidemiologico-eziologico.
             Continua qui 

15 novembre 2018

ISDE Italia «O si cambia o si soccombe» -Position Paper Cambiamenti climatici, salute, agricoltura ...

Tratto da Il Cambiamento

I Medici per l'Ambiente: «O si cambia o si soccombe»

Compatti nello stigmatizzare un "sistema" che non solo fa acqua da tutte le parti ma che si ostina anche a volersi autoperpetrare per non ledere interessi acquisiti. Ma così non si può andare avanti, lo rimarcano i medici dell'associazione Isde che hanno diffuso un documento chiarissimo, il cui senso è: «O si cambia o si soccombe».....

I Medici per l'Ambiente: «O si cambia o si soccombe»
Ecco cosa chiede e/o auspica Isde:
- Il settore della produzione e distribuzione di energia ha il più ampio
potenziale di riduzione delle emissioni di gas serra, che dovrebbero 
essere completamente eliminate entro il 2050 grazie all’abbandono
dei combustibili fossili, al ricorso alle energie rinnovabili e alle
“smart grids”.
- Il settore dei trasporti dovrebbe essere orientato verso scelte di mobilità
 elettrica e, nel caso di veicoli pesanti (ad es. traffico aereo), verso l’utilizzo
 di biocarburanti prodotti con limitate e misurate finalità, evitando
speculazioni.
È infatti strategico subordinare tali scelte a programmi di mobilità 
sostenibile orientati alle effettive necessità delle Comunità. ....
- I Paesi economicamente più avanzati dovrebbero investire risorse per
 ridurre l’impatto delle modificazioni climatiche sulla salute e il benessere
non solo delle proprie popolazioni ma anche di quelle che vivono in aree
geografiche a basso  e medio reddito.........Leggi tutto Qui
«E - conclude Isde - tutto questo non è più
 rimandabile».

Leggi su Isde
Position Paper Cambiamenti climatici, salute, 
agricoltura ... - ISDE Italia



Agostino Di Ciaula, Patrizia Gentilini, Ferdinando Laghi, Gianni Tamino, Ugo Corrieri,. Maria Grazia Petronio, Antonio Faggioli. 

The Guardian L’inquinamento atmosferico è una emergenza sanitaria mondiale





Tratto da Internazionale

L’inquinamento atmosferico è una emergenza sanitaria mondiale

Perché l’inquinamento atmosferico

 è sempre più preoccupante?
Per vivere è essenziale respirare: nell’arco della nostra vita nei nostri 
polmoni passano circa 250 milioni di litri d’aria. Eppure, camminando
 in un’affollata strada urbana, si possono incamerare fino 20 milioni 
di polveri sottili a ogni inspirazione.
Oggi, l’inquinamento atmosferico è la causa principale di
 morti premature nel mondo, ed è responsabile di un
 decesso su nove. Uccide sette milioni di persone all’anno, molte
più di quante ne uccidano l’hiv, la tubercolosi e la malaria insieme
 –tanto per fare un esempio. La dottoressa María Neira, direttrice
 del dipartimento di sanità pubblica dell’Organizzazione mondiale
 della sanità (Oms) che si occupa dell’inquinamento atmosferico, non
 usa mezzi termini: “Si tratta di un’emergenza globale in 
termini di sanità”.
Quanto ci costa?
Le morti e i danni alla salute provocati dall’inquinamento atmosferico hanno un costo enorme: 225 miliardi di 
dollari in termini di reddito da lavoro perduto nel 2013,
cioè 5.110 miliardi all’anno (circa un milione di dollari al minuto)
 sommando anche le perdite nella previdenza sociale in base ai dati
 di una relazione del 2016 della Banca mondiale, che li indica come 
un “preoccupante campanello d’allarme”.
L’inquinamento dell’aria è in continuo aumento nei paesi meno
 industrializzati e, mentre in alcuni di quelli industrializzati la
situazione sta migliorando, aumenta rapidamente la nostra
 conoscenza dei danni che esso provoca alla nostra salute,
 fisica e mentale.
Da secoli ormai conviviamo con l’aria inquinata – prima non ci si
 faceva nemmeno caso – eppure non esiste certificato di morte che
 riporti l’inquinamento atmosferico tra le cause di decesso. I danni 
per la nostra salute sono diventati chiari solo negli ultimi
 decenni e solo in anni più recenti questa emergenza sanitaria ha
 ricevuto una diffusa attenzione grazie alle scoperte nel campo della ricerca
, alle battaglie legali perse dal governo e allo scandalo 
sulle emissioni dei diesel Volkswagen.
Tuttavia, bisogna sottolineare che le misure contro l’inquinamento
 dell’aria hanno un impatto positivo nel breve termine e sono efficaci
 nella lotta al riscaldamento climatico a lungo termine.
Chi sono le persone colpite?
Praticamente chiunque. Più del 90 per cento della popolazione 
mondiale vive dove l’inquinamento atmosferico è al di sopra dei 
livelli di sicurezza indicati dall’Oms......
L’inquinamento atmosferico, tuttavia, continua a interessare anche i
paesi più ricchi. “ Rispetto agli ultimi 50 anni siamo in una fase positiva,
 ma bisogna capire quanti decessi si è disposti ad accettare”, dichiara Neira.
  “In Europa continuano a morire mezzo milione di persone 
all’anno e questo è assolutamente intollerabile”.
Il corpo di un bambino in piena crescita è più vulnerabile degli altri, eppure 300 milioni di minori vivono dove l’inquinamento atmosferico è estremo, con livelli di emissioni tossiche che
 possono essere sei volte più elevati di quelli indicati nelle
 linee guida internazionali.
Esistono diversi tipi di inquinamento atmosferico?
Sì. Gli inquinanti più dannosi, ma anche più studiati e compresi,
 sono i particolati che non solo penetrano nei polmoni, ma finiscono
in circolo con il sangue. Oggi la convinzione generale è che penetrino
anche negli altri organi vitali, cervello incluso, e i test di laboratorio
 hanno dimostrato la loro presenza in fegato, milza e reni delle cavie.
Il particolato atmosferico può contenere carbonio elementare (black
 carbon), nitrati, solfati, ammoniaca o polveri minerali, sostanze in
gran parte prodotte dalla combustione di carburanti fossili (come il
petrolio) o di legname.....
L’inquinamento dell’aria esterna, secondo
 l’Oms, è la causa di 4,2 milioni di morti premature                           continua qui
Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.