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19 febbraio 2021

Recommon : LA” PORCATA”

Tratto da Recommon 

 LA” PORCATA”


[di Antonio Tricarico]

Un’udienza piena di colpi di scena, quella datata 16 febbraio del processo per disastro ambientale e sanitario colposo legato all’attività della centrale di Vado Ligure, che vede alla sbarra a Savona 26 manager e amministratori di Tirreno Power.

Secondo Giuseppe Lo Presti, direttore generale del ministero dell’Ambiente e all’epoca dei fatti dirigente responsabile per il rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali, nel maggio 2014 ci fu un tentativo politico di predisporre un atto normativo che avrebbe consentito alla società Tirreno Power di riavviare gli impianti a carbone dell’impianto di Vado Ligure, secondo un piano predisposto dall’azienda. Mossa predisposta per aggirare il sequestro penale dei gruppi a carbone, che era stato ordinato due mesi prima per motivi di sicurezza sanitaria.

Dopo un esame contrassegnato da tanti “non so” del testimone ministeriale, convocato dall’avvocato del comitato di cittadini Uniti per la Salute, che con il suo esposto ha dato gambe all’indagine sul caso nel lontano 2010, alla fine Lo Presti ha fatto ben capire cosa intendeva dire quando definì il suddetto piano una “porcata” nel corso di una telefonata poi intercettata dagli organi inquirenti. Il provvedimento preparato dal ministero dello Sviluppo economico, secondo Lo Presti, sarebbe dovuto essere “migliorato” dai dirigenti del ministero dell’Ambiente, da cui sono scaturite le forti preoccupazioni del direttore generale del ministero poi svelate dall’inchiesta: ‘Stiamo facendo una porcata… Stiamo scardinando i principi generali dell’ordinamento…. mi sputerei in faccia…”.

Dopo che nel 2016 la posizione dei vari amministratori locali e dirigenti ministeriali con la contestazione di abuso di ufficio era stata sorprendentemente stralciata dal procedimento penale per poi essere archiviata in fretta dalla Procura di Roma, nell’udienza del 16 febbraio sono state finalmente acquisite le intercettazioni. Proprio in base a queste e a quanto riferito da Lo Presti il provvedimento normativo ad hoc sarebbe dovuto essere successivamente consegnato direttamente all’avvocato di Tirreno Power Paola Severino (ex ministro della Giustizia del governo Monti) e all’allora ministro dello sviluppo economico Federica Guidi. Lo Presti ha anche confermato al giudice Francesco Giannone che all’epoca dei fatti c’erano stati contatti tra lui, il dirigente del ministero Mariano Grillo e l’amministratore delegato di Tirreno Power Massimiliano Salvi.

Le dichiarazioni di Lo Presti che gettano un’ombra inquietante sulle interferenze politiche nella tragica vicenda della centrale e sono giunte dopo che nella precedente udienza del 9 febbraio il professor Fabrizio Minichilli, epidemiologo dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa, si era espresso in questi termini: “In tutta la mia lunga attività professionale ed epidemiologica non ho mai riscontrato dati [epidemiologici] così alti come quelli di Vado Ligure”. 

Minichilli è stato l’estensore di uno studio sulla possibile correlazione tra le emissioni dei gruppi a carbone della centrale di Vado Ligure e le patologie riscontrate in maniera rilevante tra i residenti nelle aree di ricaduta delle emissioni, commissionato dalla Regione Liguria e completato nel 2017, ma reso pubblico solamente nel 2019 dopo la peer review di prestigiose riviste scientifiche internazionali e infine depositato a processo. I risultati, che confermano se non addirittura rafforzano gli studi prodotti dagli esperti della procura nel corso dell’indagine, hanno evidenziato eccessi di mortalità per tutte le cause in entrambi i sessi. Il rapporto tra il rischio di mortalità nell’area più esposta rispetto a quella meno esposta indica, nella classe più esposta, un 49% di mortalità in più per cause naturali.

Per capirci, più del doppio di quanto riscontrato da uno studio simile nella martoriata area di Taranto. Incrementi ancora maggiori si sono registrati per quanto riguarda il sistema respiratorio (+90% di mortalità tra i maschi per patologie associate, +62% tra le femmine) e i tumori+59% nella classe più esposta per quanto riguarda quelli a bronchi, trachea e polmoni+119% nei maschi e +48% per quelli del tessuto linfatico. In valore assoluto si tratterebbe di più di 3mila morti nel corso di un decennio.

A fronte di tali dati inconfutabili, per fortuna il piano degli alti livelli ministeriali del governo Renzi, denunciato in aula da Lo Presti, fallì e sotto le pressioni della cittadinanza la Tirreno Power, controllata al 50 per cento dai francesi di Engie, decise nel 2016 di chiudere definitivamente i due gruppi a carbone della centrale e di rinunciare alla costruzione di uno nuovo, lasciando così in funzione solo un gruppo a turbogas.

Ma l’agonia per la cittadinanza della zona non sembra finita: lo scorso anno la società, nel cui azionariato è subentrato a Sorgenia il fondo F2i controllato da numerose fondazioni bancarie e nato su iniziativa di Cassa Depositi e Presititi, ha presentato la richiesta di realizzare una nuova unità a ciclo combinato a gas di più 800 MW di potenza.

Il nuovo piano ha subito trovato una forte opposizione di larga parte della cittadinanza e i dubbi del comune di Quiliano, a fronte del sostegno invece di quello di Vado Ligure. I proponenti hanno presentato una valutazione di impatto sanitario del progetto che non fa alcun riferimento alla grave situazione epidemiologica pregressa nell’area, come se nulla fosse successo.

Paradossalmente oggi la Tirreno Power si vanta di essere una delle prime realtà ad aver chiuso con il carbone – anche se al suo impianto sono stati posti i sigilli – e di scegliere il gas fossile come il combustibile “pulito” della transizione energetica.

Come dettagliato dalle osservazioni alla VIA presentate da Uniti per la Salute e sostenute da Re:Common, il metano con le sue emissioni fugitive ha un impatto climalterante paragonabile a quello del carbone e dal punto di vista sanitario è fonte di emissioni di nano particolato, soprattutto nei transitori di funzionamento, con seri impatti sulla salute pubblica da approfondire. Nelle sue osservazioni al progetto, lo stesso Istituto Superiore di Sanità ha chiesto numerosi chiarimenti. Insomma il rischio che una porcata letale continui è ancora grande e la cittadinanza della zona chiede giustizia e un futuro senza fossili.

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